MANDATO ALL’ARIA IL CONTRATTO DI QUARTIERE DI VIA SELVA



Questo articolo è stato pubblicato, assieme ad alcune tavole progettuali, nel supplemento speciale all’ultimo numero di “8” (maggio 2004), il giornale del Circolo delle Formiche, disponibile in formato .pdf a questo link:

https://www.enzocolonna.com/otto/

IL CONTRATTO DI QUARTIERE DI VIA SELVA.

UNA STORIA DI ILLUSIONI, PASSATEMPI E GIOCHI DI POTERE.

Hanno affossato il “Contratto di Quartiere”?. Alle sei del mattino del giorno 6 aprile 2004, la fuga dal Consiglio comunale dei consiglieri Michele Clemente (ex Udeur, ora Popolari per la Puglia); Franco Petronella (Socialisti Autonomisti); Pietro Genco (Rinnovamento Puglia); Giacinto Forte, Michele Micunco, Francesco Angelastri, Arcangela Vicenti e Paolo Lorusso (Democratici di Sinistra) ha determinato il venir meno del numero legale in aula consiliare e, quindi, l’impossibilità  di deliberare l’approvazione di uno dei progetti presentati (clicca qui per la notizia data da Notizie-online del 7 aprile e qui per un commento di Giuseppe Clemente, redattore di Free).

Ricordiamo in breve le tappe di questa emblematica vicenda amministrativa.

La cronaca.

Il 23 febbraio 2004, Enzo Colonna presentava alla Giunta una proposta deliberativa finalizzata ad avviare la procedura di definizione di un Contratto di Quartiere ed a pubblicare un avviso pubblico con il quale si sollecitavano imprese, cooperative, associazioni, enti, a proporre progetti o programmi di riqualificazione di quartieri della città  degradati e privi di servizi ed infrastrutture pubbliche. La proposta deliberativa per la Giunta era articolata e completa di tutti i suoi elementi formali e sostanziali (clicca qui per leggere il testo integrale della proposta).

Solo il 14 marzo 2004 (a questo proposito clicca qui per leggere “Che fine ha fatto il contratto di quartiere?” di Enzo Colonna) il Sindaco e la Giunta provvedevano a deliberare (deliberazione n. 85), accogliendo con due significative modifiche la proposta presentata: la Giunta deliberava la “promozione di un programma in ambito urbano finalizzato alla riqualificazione edilizia e urbanistica di quartieri degradati”? e la pubblicazione di un avviso pubblico con il quale l’amministrazione invitava gli interessati a presentare proposte progettuali finalizzate alla “riqualificazione degli insediamenti residenziali ubicati nelle zone periferiche dell’abitato mediante l’integrazione e l’ampliamento delle aree pubbliche e private destinate ad edilizia residenziale pubblica (ERP)”? (la limitazione alle sole zone di edilizia residenziale pubblica e la possibilità  di “integrare ed ampliare”? tali zone costituivano le modifiche introdotte dalla Giunta rispetto alla proposta deliberativa presentata da Enzo Colonna) (da qui per l’articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 17 marzo).

L’avviso comunale veniva pubblicato il 17 marzo. Alla sua scadenza (ore 12.00 del 27 marzo 2004), in Comune risultavano pervenute 8 proposte di intervento. L’istruttoria effettuata dall’Ufficio Tecnico concludeva per la conformità  al bando regionale e l’ammissibilità  di uno solo dei progetti presentati, in quanto gli altri sette presentavano interventi singoli (ad esempio, la realizzazione di una scuola, la sistemazione di una piazza, la realizzazione di immobili di edilizia residenziale pubblica), in sé apprezzabili, ma che non coinvolgevano un intero quartiere e non contemplavano la riqualificazione (mediante anche la loro integrazione ed il loro ampliamento) delle zone attualmente esistenti di edilizia residenziale pubblica (che nel nostro Comune sono ubicate in Via Carpentino, Via Selva e Via Corato).

Il programma di interventi dichiarato ammissibile e proposto formalmente dal sindaco e dall’ingegnere comunale all’esame ed approvazione del consiglio comunale ”“ convocato proprio per questo d’urgenza per il giorno 3 aprile 2004 (il termine ultimo di presentazione delle domande di finanziamento era infatti il 6 aprile) ”“ è stato proposto da due imprese altamurane (l’Edil Costruzioni Simone e Costruzioni di Barozzi e Pallotta) ed era corredato da 22 tavole planimetriche, numerose relazioni tecniche e schede. Il piano era firmato dai seguenti giovani progettisti: l’ingegnere Vincenzo Dicecca, gli architetti Domenico Berloco, Maria Cornacchia, Giovanni Dibenedetto, Antonia Ventricelli, l’agronomo Vincenzo Lorusso. Per visionare, in formato .pdf, la planimetria generale ed alcune tavole del progetto pubblicate nell’ultimo numero di “8” di maggio CLICCA QUI.

Cosa prevedeva il “Contratto di quartiere di Via Selva”?.

Le cifre, le informazioni, i dati che riferiamo di seguito sono stati ricavati dai documenti e dagli atti che accompagnavano la proposta di deliberazione presentata al Consiglio comunale; trattandosi di documentazione ufficiale e pubblica, chiunque sia interessato può prenderne visione presso l’Ufficio Tecnico Comunale.

Le due imprese proponenti prevedevano un investimento complessivo pari a circa 34 milioni di euro: 14 milioni destinati alla realizzazione di opere ed infrastrutture pubbliche e 20 milioni destinati ad opere private. Il piano proposto prevedeva la riqualificazione del quartiere che si sviluppa lungo via Lago Passarello (zona di Via Selva) e l’ampliamento delle zone 167 (come previsto appunto dall’avviso comunale approvato dalla Giunta). I tempi di attuazione del piano erano fissati in 3 anni, con circa 375 unità  lavorative impegnate nelle attività  di cantiere e del relativo indotto.

Le due imprese altamurane chiedevano di realizzare, mediante l’ampliamento delle zone 167 già  esistenti, nuove palazzine (di massimo tre piani ciascuna) destinate all’edilizia residenziale convenzionata (per una superficie residenziale complessiva di circa 17.500 metri quadrati, vale a dire circa 130 nuovi appartamenti di edilizia convenzionata, cioè alloggi che sarebbero stati venduti o dati in locazione a prezzi bloccati e calmierati) e strutture destinate ad uffici ed attività  commerciali (per una superficie di circa 8000 metri quadrati), con annessi spazi di verde attrezzato (circa 10000 metri quadrati) e parcheggi (quasi 15000 metri quadrati) di pertinenza.

A fronte di tali opere private, le imprese offrivano di realizzare, senza alcun onere per il Comune, una serie di interventi di riqualificazione degli edifici esistenti e nuove opere ed infrastrutture pubbliche:

1) la risistemazione delle palazzine esistenti e delle relative aree di pertinenza, tutte di edilizia residenziale pubblica, per intenderci quelle ubicate nelle piazze Generale Dalla Chiesa, Piscitelli, Risorgimento, Europa, Italia;

2) la realizzazione, secondo le tecniche della bio-edilizia e dell’edilizia sperimentale, di due palazzine di proprietà  pubblica (di circa 1300 metri quadrati) con relative pertinenze (parcheggi, verde, locali per attività  sociali) i cui alloggi sarebbero stati assegnati a giovani coppie ed anziani;

3) la realizzazione di un nuovo edificio scolastico (di una superficie di oltre 2000 metri quadrati) destinato a soddisfare il fabbisogno di due interi cicli di scuola elementare (10 aule, palestra, biblioteca, uffici, parcheggi e spazi esterni);

4) la realizzazione di un teatro-tenda (850 posti; una superficie coperta di circa 1400 metri quadrati) che sarebbe stato ceduto gratuitamente in proprietà  al Comune e di cui i soggetti proponenti si riservavano la gestione per alcuni anni garantendone la disponibilità  e l’uso gratuiti per un minimo di 30 giornate all’anno al Comune ed alle compagnie altamurane (cinque avevano già  manifestato formalmente il proprio interesse);

5) la realizzazione di un centro socio-culturale polivalente (di una superficie complessiva di circa 2000 metri quadrati coperti), con spazi e chioschi esterni di pertinenza, la cui proprietà  sarebbe stata ceduta gratuitamente al Comune e destinato ad ospitare una biblioteca di quartiere (su indicazione del Comune, affidata al CRSEC o all’ABMC), un centro per disabili affidato all’ANFFAS (che aveva già  manifestato formalmente il suo interesse), un laboratorio, destinato agli scambi interculturali, di animazione sociale e culturale con annesse stanze ad uso foresteria affidato all’Associazione LINK (attiva ad Altamura nel campo degli scambi di volontari europei e che aveva già  manifestato formalmente il suo interesse), un centro per anziani, un locale riservato ad attività  promosse dalla Curia o da enti ed organizzazioni da questa indicati, una saletta (da cento posti circa) per incontri e conferenze. Le imprese si impegnavano, nella proposta, a garantire gratuitamente per 10 anni la manutenzione straordinaria della struttura, mentre le spese di gestione e di manutenzione ordinaria sarebbero state a carico delle associazioni a cui sarebbero stati affidati gratuitamente i locali;

6) la realizzazione di una nuova bretella stradale interna al quartiere lunga circa 1 chilometro con annessa pista ciclabile ed alberature;

7) la realizzazione di quattro strade interne, di cui 3 carrabili ed una solo pedonale, con annesse piste ciclabili;

8) la realizzazione di due campi multifunzionali da gioco (calcio, calcetto, pallavolo, pallacanestro, ecc.);

9) la realizzazione di un mercato rionale con 35 postazioni;

10) la realizzazione di spazi attrezzati destinati a verde di quartiere e parcheggi (nei pressi della scuola, del centro socio-culturale, del teatro-tenda, del mercato rionale).

Si era in presenza di un piano complesso ed articolato, che si sviluppava su una superficie pari a circa 11 ettari e che interessava aree di proprietà  privata già  destinate dal Piano Regolatore ad edilizia residenziale pubblica, aree agricole, aree destinate a servizi di quartiere (di cui una di proprietà  comunale).

Per realizzare gli interventi proposti, quindi, si chiedeva di operare una variante al piano regolatore “mediante l’ampliamento delle aree destinate ad edilizia residenziale pubblica”? [variante ”“ è bene ripeterlo ”“ espressamente prevista in tali termini dall’avviso pubblico deliberato all’unanimità  dalla Giunta comunale e chiaramente dichiarata possibile dal bando regionale (si legga il paragrafo 6.3 del bando il cui testo è riportato nell’articolo pubblicato sull’altra pagina)]. In termini di volumetrie, il nuovo carico urbanistico era minimo: infatti i proponenti chiedevano di utilizzare sia i volumi già  esistenti e disponibili (secondo il vigente piano regolatore) per complessivi 56.000 metri cubi, sia altri 74.000 metri cubi da attribuire, con l’ampliamento proposto della zona 167, all’intera area delimitata da questo piano. In totale, dunque, i volumi a realizzarsi (per opere pubbliche e private) su una superficie di circa 110.000 metri quadrati erano circa 130.000 metri cubi (di cui, si ripete, 56.000 già  disponibili in base al vigente piano regolatore).

Insomma, altri 74.000 metri cubi giustificati, dai proponenti, con la necessità  di compensare i costi per la realizzazione delle opere pubbliche previste dal piano (14 milioni di euro), più precisamente per compensare gli investimenti privati destinati alla realizzazione di opere ed infrastrutture pubbliche che in ogni caso non sarebbero stati coperti dai finanziamenti messi a disposizione dal bando regionale (comunque limitati ad un massimo di 5 milioni di euro).

Due ultime precisazioni. La proposta di deliberazione consiliare prevedeva anche una sorta di clausola di salvaguardia: si precisava, infatti, che ove la Regione non avesse approvato e finanziato il Contratto di Quartiere proposto, non ci sarebbe stata nessuna variante, in altri termini, quella che si andava ad adottare sarebbe stata priva di ogni effetto. In secondo luogo, contrariamente a quanto ambiguamente sostenuto da qualcuno, la disponibilità  di tutte le aree interessate dal piano da parte dei soggetti proponenti e del comune non era una condizione assoluta imposta dalla legge o dal bando regionale, in quanto è proprio la legge urbanistica regionale (n. 20 del 2001, artt. 15 e 16) a prevedere che per la formazione di tali piani di riqualificazione urbana è sufficiente la disponibilità  del 51% della superficie (in questo caso, la disponibilità  raggiungeva l’80%) ed inoltre, trattandosi di un programma di interventi proposto dai privati ma fatto proprio dal Comune, le altre aree non disponibili (circa il 20% della superficie totale) sarebbero state acquisite successivamente, come peraltro era precisato nella proposta di deliberazione, o con la creazione di un consorzio tra tutti i proprietari, o con il loro acquisto da parte delle due società  proponenti il piano, o comunque, in via subordinata, con il loro esproprio con oneri a carico delle due società  proponenti.

Il falso scandalo della variante.

74.000 metri cubi. Un’inezia, se si considerano le decine di migliaia di metri cubi che questa amministrazione comunale e questa coalizione (per non parlare della precedente) hanno, in questi tre anni, assentito, concesso, autorizzato, riconosciuto o semplicemente tollerato ad occhi chiusi, in svariate occasioni e con diverse procedure (alcune del tutto abnormi) di variante: con gli accordi di programma per la realizzazione, in ordine sparso, di capannoni industriali su terreni agricoli; con gli ampliamenti di capannoni industriali su suoli agricoli; con concessioni edilizie per capannoni di improbabile uso agricolo; con concessioni di ristrutturazione che hanno consentito aumenti di superficie e trasferimenti di volumetrie; con semplici autorizzazioni per ampliamenti tecnologici di inesistenti (o esistenti a chilometri di distanza) manufatti industriali ed artigianali; con concessioni in sanatoria di opere e manufatti di data ed esistenza incerta; con semplici deliberazioni di consiglio e di giunta. Giusto un dato di raffronto: solo i 5 ampliamenti di capannoni industriali all’ordine del giorno del medesimo consiglio comunale (3 aprile 2004) prevedevano complessivamente la realizzazione di oltre 15.000 metri cubi su terreni con destinazione agricola.

Centinaia di migliaia di metri cubi riconosciuti in questi anni, variando o dimenticando il piano regolatore, senza che ci sia stato un seppur minimo ritorno per la collettività  in termini di servizi, opere o infrastrutture pubbliche: non una scuola, non un teatro-tenda, non una struttura sportiva, non una strada; non una pista ciclabile, non un giardino o un albero.

Opere pubbliche, peraltro, che da anni il Comune non riesce nemmeno a realizzare con i propri creativi assessori, con i propri dirigenti chiamati (senza concorso) da ogni dove tranne che da Altamura, con propri progetti, con proprie risorse. Quando mai è stata realizzata una struttura per una biblioteca? Quando mai è stato realizzato un centro per disabili? Quando l’ultima pista ciclabile? L’ultimo ed unico teatro è stato costruito 110 anni fa ed è chiuso da 15! L’ultima strada cittadina realizzata dal Comune risale invece a 15 anni fa, come pure l’ultimo edificio scolastico. Per l’ultimo campetto da gioco si deve addirittura risalire alle amministrazioni Marroccoli e Zaccaria.

Insomma, tempi mai vissuti o comunque felicemente lontani dall’inventiva di un assessore ai lavori pubblici come l’attuale, l’ingegnere Antonio Cardano (diessino a Toritto, ex Udeur ad Altamura).

Ed ora, dinanzi a questi 74.000 metri cubi da spalmare su una superficie di 11 ettari e da riconoscere in cambio di un bel paniere di opere ed infrastrutture pubbliche si è eretto un muro di ignoranza, indifferenza, cialtroneria e malafede.

La cosa peggiore è che tutto ciò è stato ammantato da falso perbenismo e volgare arroganza: gli ipocriti (coloro che non hanno visto, sentito o parlato, in questi tre anni, dinanzi alle più o meno camuffate varianti al piano regolatore) hanno gridato scandalizzati alla speculazione edilizia; gli arroganti (coloro che hanno promosso, giustificato o difeso, in questi tre anni, varianti di ogni genere) hanno addirittura scomodato concetti (a loro difficilmente comprensibili) come illegalità , illegittimità .

Deliri.

Su tutti, imperturbabile, lei, la dottoressa Rachele Popolizio, sindaco di questa città , icona indifferente ed annuente ad ogni fatto ed al suo contrario. Capace di definire in consiglio comunale, sfacciatamente e smentendo clamorosamente se stessa, il “Contratto di Quartiere”? un “fuori programma”?, quasi che parlare e decidere di un piano di riqualificazione di un quartiere da decenni senza servizi e strutture pubbliche fosse un intermezzo musicale, un’improvvisazione teatrale, una pausa ricreativa per persone ed amministratori diversamente impegnate in cose ben più serie, un passatempo senza importanza, un “lascia o raddoppia”? dall’esito truccato e senza senso (se va bene, bene; se va male, che ci frega!).

Su tutte, un’immagine: quella dell’ultimo consiglio comunale, nella notte tra il 5 ed il 6 aprile.

5,30 del mattino, il dirigente dell’ufficio tecnico stava terminando il suo (per una volta chiaro, convinto, quasi appassionato) intervento: il progetto proposto di “Contratto di Quartiere”? ”“ spiegava ”“ non solo è in perfetta regola e conforme al bando regionale, ma è un’occasione straordinaria, irripetibile, per riqualificare un quartiere che presenta ampie zone (anche di proprietà  comunale) ridotte ad immondezzaio e realizzare opere ed infrastrutture pubbliche al servizio del quartiere (strade, verde attrezzato, scuola, teatro-tenda, biblioteca, centro socio-culturale, campi sportivi) che l’ente comunale mai riuscirà  a fare con proprie risorse. Stava appunto dicendo questo, l’ingegnere Mona. Qualcuno gli urla contro, tenta di bloccare il suo discorso, sembra quasi che lo si voglia intimidire inducendolo a dire qualcosa che l’ingegnere non può e non vuole dire, cioè che il progetto non è in regola, che è illegittimo. L’ingegnere prosegue senza tentennamenti nel suo ragionamento, conferma la bontà  dell’iniziativa, dice di condividere appieno le parole e le argomentazioni a favore dell’iniziativa utilizzate nel suo intervento dal consigliere Enzo Colonna ed, infine, sollecitato dal consigliere Mario Stacca, conclude: «Certo che il consiglio comunale può votare questo piano di riqualificazione! È perfettamente legittimo. Quando mai il Comune potrà  fare tutte le cose previste da questo piano?!». A quel punto, Michele Clemente (ex Udeur), prende un microfono, interrompe l’ingegnere comunale e, in un delirio di onnipotenza, “ordina”? al comandante dei vigili urbani di sequestrare tutta la documentazione ed ai consiglieri di maggioranza di abbandonare l’aula chiedendo la verifica del numero legale, vale a dire la presenza di almeno 16 consiglieri. Senza alcuna spiegazione, a capo chino, seguendo i passi e le direttive di Michele Clemente, abbandonano l’aula i consiglieri Franco Petronella (Socialisti Autonomisti), Pietro Genco (Rinnovamento Puglia), Giacinto Forte, Michele Micunco, Francesco Angelastri, Arcangela Vicenti e Paolo Lorusso (Democratici di Sinistra).

In aula restano, oltre al sindaco ed al presidente del consiglio, i consiglieri Dionigi Loiudice, Donato Clemente, Francesco Viti e Silvio Teot (Margherita); Enzo Colonna (indipendente eletto nella lista dei DS); Vito Menzulli (Rifondazione Comunista); Nicola Laterza, Vito Dibenedetto e Franco Miglionico (Forza Italia); Giuseppe Sanrocco (AN); Michele Colonna e Mario Stacca (UDC). Sono 14, non c’è più numero legale, si scioglie la seduta.

Si è così impedito ai consiglieri presenti di esercitare il proprio sacrosanto diritto-dovere di votare un provvedimento importante, di votare ”“ è bene precisarlo ”“ sia favorevolmente sia in senso contrario. Una fuga dalle scelte, dalla responsabilità  di un voto e di una decisione (positiva o negativa che fosse), una fuga immotivata dai propri doveri amministrativi e dagli impegni assunti con la città .

Non si è trovato di meglio che fuggire via, avviandosi verso l’uscita, a brucare i soliti e già  battuti spazi elettorali.