I TARTUFI NEL CONSIGLIO REGIONALE.

Continua il ballo dei tartufi in Consiglio regionale. Quella riprodotta nell’immagine è una norma inserita nella proposta di legge di stabilità regionale 2021 (c.d. legge di bilancio) che è sottoposta all’esame e al voto dell’aula domani o dopodomani.
Come sapete, il mio mandato è cessato da mesi. Non posso fare a meno, però, di confessare il mio sgomento dinanzi alla pervicacia con cui da due anni si conduce una battaglia contro una norma che introdussi nella legge regionale n. 8/2015 in materia di raccolta dei tartufi. In realtà, una puntualizzazione ispirata solo al buonsenso, nulla di più, nulla di più profondo. Solo buonsenso.
Avevo inserito, nell’articolo di quella legge che disciplina le modalità di rilascio delle autorizzazioni per la raccolta dei tartufi nelle aree protette, un criterio di priorità a favore dei residenti in tali ambiti territoriali. Contro questo criterio di priorità, da due anni una consigliera del M5S ha messo in campo una serie di tentativi per cancellarlo, che negli ultimi due anni sono riuscito, con il voto in consiglio, a far respingere. Evidentemente le elezioni non sono servite a far superare questo cruccio. Sarà anche il clima di intesa e di pacificazione raggiunto dal e con il movimento grillino a livello regionale, quel che appare evidente è che questo ennesimo tentativo ha la stessa ispirazione e mano, essendo la formulazione identica alle precedenti.
Insomma, il ballo dei tartufi continua.
La norma (art. 4 della l.r. 8/2015), sin dalla sua originaria formulazione, letta nel suo complesso prevede che sia la Regione, assieme agli organismi di gestione delle aree protette, a stabilire “modalità e tempi per esercitare la ricerca e la raccolta di tartufi nelle aree ricomprese negli ambiti amministrativi degli enti parco nazionali e regionali, stabilendo il numero massimo delle autorizzazioni che possono essere rilasciate … in relazione alla necessità di non alterare gli ecosistemi che caratterizzano le aree di raccolta”.
In altri termini, c’è un numero chiuso, limitato, di autorizzazioni. Nell’area del Parco dell’Alta Murgia, ad esempio, da diversi anni, sono 70 (un numero che, probabilmente, andrebbe aggiornato e un po’ aumentato). Il problema è dunque: che si fa, come si procede a assegnare le autorizzazioni quando il numero delle domande è superiore?
Su questo tema, molte regioni sono intervenute con legge a disciplinare i criteri per selezionare l’accesso a questa risorsa della terra, tra cui anche quello della residenza o quello che fa salva l’utenza territoriale nelle aree gravate da demani collettivi o usi civici.
In tutta sincerità, negli anni scorsi non sono riuscito a comprendere cosa non fosse chiaro nella formulazione della norma pugliese allorquando si precisa che, in condizioni di parità di requisiti per l’ottenimento delle autorizzazioni alla raccolta, è stabilita semplicemente una priorità a favore dei residenti nelle aree protette, senza che siano previste esclusioni di sorta a danno di alcuno. Ovviamente nell’ipotesi in cui si ponga il problema di far fronte ad un numero di domande superiore a quello delle autorizzazioni rilasciabili.
Ho sempre ricordato, a motivare la contrarietà alla soppressione di tale criterio, che la legge quadro sulle aree protette (n. 394/91), proprio a fronte del particolare e stringente regime vincolistico cui sono sottoposte dette aree, prevede azioni positive di valorizzazione del territorio e delle comunità residenti, come, appunto, le iniziative dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività, tra le quali ben può rientrare la possibilità di conseguire l’autorizzazione alla raccolta di prodotti spontanei come i tartufi.
La formula introdotta due anni fa in Consiglio, ribadisco, non esclude affatto la possibilità per alcuno di conseguire l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di raccolta, ma si limita a introdurre un semplice (e banale, mi verrebbe da dire) criterio di priorità a favore dei residenti nel rilascio di tali autorizzazioni, proprio in coerenza alle disposizioni della legge quadro nazionale.
E questo vale a maggior ragione in territori, ad esempio, come la Murgia o il Gargano (due aree pugliesi in cui insistono parchi nazionali), che peraltro da secoli sono gravate in larga parte anche da usi civici, vale a dire la possibilità di trarre utilità dal terreno in favore proprio di chi abita quei territori e che contano su una popolazione, rispettivamente, di quasi mezzo milione e oltre duecentomila persone.
Quindi, la mia formulazione andava nella direzione di risolvere un problema che gli enti di gestione delle aree protette si trovavano ad affrontare ogni anno, al momento del riconoscimento delle autorizzazioni (tanto da dover addirittura ricorrere al sorteggio), e di fornire un criterio coerente con le esigenze di tutela e promozione dei territori, delle attività e dei residenti delle aree protette.
Tutto mi sarei aspettato, nei miei anni in consiglio regionale, tranne che essere costretto ad affrontare un “caso tartufi” e per questo essere costretto a fare esercizio di semplice buonsenso e razionalità, oltre di doverosa difesa dei territori interessati, dal Gargano alla Murgia.
Beh, l’ho fatto in questi anni; ora non ho più ruolo e strumenti. Mi auguro che tali ragioni e tale ragionevolezza siano ripresi dai consiglieri regionali in carica, in particolare da quelli legati ai territori più direttamente interessati, e motivino la presentazione di un emendamento soppressivo di questo articolo 10.