Il 15 aprile boicotta la guerra

So far, positive response on a Global Day of Boycott Actions come from the Netherlands, Finland, US, Japan, Canada, Greece, Philippines, UK and Switzerland.
International Global Days of Action have been successfully tried, spread and abolished, though it’s still a widespread tool for joining a common struggle. Hence for the boycott we wish to call for decentralised boycott remarking actions organised unitedly on this Global Day of Action against the War. It is very short notice, but bombs and bullets are not stopping to rain over Iraq.
SIGN-UP fop ACTION
Sign up with your group!! Let us know that you want to be part of this, let us hear your ideas! We are very interested to hear from organisers in other and all parts of the world.
The Boycott Action gives the power to the consumers, with the inspiration of non-violent civil-disobedience consumers actions around the world; from picketing an Esso/Exxon Mobile and/or Texaco petrol station [successful in Belgium with meps participating], having restaurant owners announce they withdraw US products from their menu, schools evicting Coke machines to be replaced with local alternatives, e-mail avalanches spreading call for boycott, …. .
The list of possible actions could be long and should be shared and spread to as many boycott web sites and networks as possible. Help to spread the boycott within your networks.
It only works the more the many …
There are plans for an ‘Boycott Kit’ within a week. Contribution of ideas and comments are very welcome, please contact ‘For Mother Earth’ mailto:pol@motherearth.org
See also www.boycottwar.net, www.boycottamerica.org, amongst other boycott calls.
More links on http://www.motherearth.org/USboycott/links_en.php
On http://www.motherearth.org/USboycott/global_en.php regular updates on world wide boycott progress and successes will be posted. With information YOU PROVIDE and MAKE HAPPEN. Let’s Network!
Please sign on with your contact details to the address below
Contact information for Global Day of Boycott action Tuesday April 15th: For Mother Earth – p.a. Gents Ecologisch Centrum – K. Maria Hendrikaplein 5 – Belgium – 9000 Gent
Tel +32-9-242 87 52 – Fax +32-9-242 87 51 – pol@motherearth.orgwww.motherearth.org

Musica contro la guerra

il sito che tiene il monitoraggio di centinaia di iniziative di musicisti, scrittori, cineasti e poeti contro la guerra negli Stati Uniti, collegato all’appello Not In Our Name: http://www.artistsnetwork.org

il sito ufficiale dei Rem sul quale trovate da ascoltare gratuitamente la loro canzone The Final Straw:
http://www.remhq.com

il sito ufficiale di Michael Franti, dove trovate da scaricare gratuitamente due versioni della canzone degli Spearhead Bomb The World:
http://www.spearheadvibrations.com

il sito linkato a quello dei Blur e molti altri, dove venti studiosi tengono il conto aggiornato del numero di vittime civili dell’intervento anglo-americano in Iraq:
http://www.iraqbodycount.net

il sito della compilation anglo-australiana contro la guerra Peace Not War, con le canzoni e i testi (fra questi Self Evident di Ani di Franco e The Price of Oil di Billy Bragg):
http://www.peace-not-war.org

il sito ufficiale dell’inglese Stop The War Coalition sostenuta da Ken Loach, Blur e Massive Attack fra gli altri:
http://www.stopwar.org.uk

nuova etichetta per pubblicare canzoni contro la guerra e per un recupero della canzone di protesta, fondata da Thurston Moore dei Sonic Youth:
http://www.protest-records.com

sito brasiliano che ospita la canzone anti-Bush di Tom Zé:
http://portal.trama.com.br

sito dell’etichetta di dj inglesi Ninja Tune, fondata da Jonathan More e Matt Black di Coldcut, che offre gratuitamente le canzoni contro la guerra del poeta e rapper afroamericano Saul Williams:
http://www.ninjatune.co.uk

sito sui Blur con il testo di Out Of Time e il link a Iraqbodycount:
http://www.caramel.org.uk

sito ufficiale dei mucisti americani che fanno campagna per l’esercizio del voto alle presidenziali da parte dei più giovani; qui è scaricabile We want peace di Lenny Kravitz e Kazem Al Sahir:
http://www.rockthevote.com

sito ufficiale dell’ex cantante dei Rage Against The Machine Zack De La Rocha dove è possibile scaricare il suo brano con DJ Shadow March of Death:
http://www.zackdelarocha.com

sito ufficiale dei Public Enemy, autori del brano Son of a Bush:
http://www.publicenemy.com

sito ufficiale dei Beastie Boys, dal quale è possibile scaricare il loro brano In a world gone mad:
http://www.beastieboys.com

sito che ospita quello dei Musicians United To Win Without War (David Byrne, Lou Reed, Missy Elliott, ecc):
http://www.moveon.org/musiciansunited/

sito ufficiale del regista Michael Moore:
http://www.michaelmoore.com

sito di collegamento tra fan dei gruppi rock e questioni politiche creato dal chitarrista Tom Morello (Rage Against The Machine, Audioslave) e Serj Tankian (System Of a Down):
http://www.axisofjustice.org

sito ufficiale dei Green Day, con dichiarazioni, petizioni da firmare e la canzone Life during wartime:
http://www.officialgreenday.com

L’Indecorosa Guerra da Studio

di Antonio Padellaro

Per noi de l’Unità  c’è sicuramente un aspetto positivo nel far parte della lista nera dei giornali e dei giornalisti che, per ordine superiore, non devono per nessunissima ragione apparire su Raiuno (vicenda di cui la Commissione parlamentare di vigilanza dovrà , prima o poi, occuparsi; sempre che la Rai sia ancora almeno formalmente un servizio pubblico e non come ogni giorno di più essa è, il servizio privato di Berlusconi, Fini e Bossi).
Il nostro motivo di soddisfazione consiste nel potere stare alla larga da trasmissioni tipo «Porta a Porta», in modo particolare il «Porta a Porta» andato in onda martedì sera. Riassumiamo. Dopo che il generale Arpino non ha reso un servizio alla sua onorata carriera, continuando ad armeggiare con soldatini e cannoncini intorno al plastico-risiko, Bruno Vespa redarguisce un signore del pubblico, scudo umano reduce dall’Iraq, reo di non avere difeso gli sciiti dal massacro del 1991. Vespa è indignato: «Ah, è colpa degli americani! Mai vista una marcia allora! Marciate, marciate e vedrete che bel risultato!». Per par condicio, chiede la parola il ministro Marzano: «Vespa ha detto quello che volevo dire io». Vespa: «Sentiamo adesso il giornalista di “Repubblica”?, Magdi Allam». Allam: «Sì, volevo dire che di sciiti Saddam ne ha ucciso un milione».
Siamo convinti che questo vivace contrasto di opinioni faccia parte della assoluta normalità  di un talk-show progettato e orchestrato per dare sempre e comunque il più ampio sostegno alle tesi del governo. Speriamo sinceramente che Vespa non si offenda di nuovo. In fondo, questo è l’unico vero, grave punto di dissenso che abbiamo con lui. Lo consideriamo un giornalista attento e un conduttore preparato. Ma, per carità , assolutamente lontano da quel ruolo di giornalista oggettivo e conduttore equidistante, che invece si ostina a rivendicare. E non pensiamo neppure lontanamente che all’origine di questa sua, diciamo così, inclinazione ci siano ragioni meno che nobili. Insomma, vedere Vespa che sta sempre da una certa parte, fa ormai parte del paesaggio circostante. Ci siamo abituati. Come siamo abituati al cavallo di viale Mazzini. Che non pretende, però, di essere Varenne.
Come tutte le sere, l’altra sera a «Porta a porta» si parlava di guerra. Un’altra serata di bombe su Baghdad e di battaglie sanguinose. Un’altra serata con Lilli Gruber, Giovanna Botteri e gli altri inviati al fronte, a cui va tutta la nostra ammirazione. Era una normale sera di orrenda guerra, eppure non era una sera normale. Infatti, martedì sera, in tutte le redazioni dei giornali, di tutti i giornali del mondo, i migliori reporter stavano scrivendo della spaventosa strage di civili straziati ad Hilla dagli elicotteri americani, della carneficina di donne e bambini uccisi, per errore, dai marines al check point di Najaf. E allora abbiamo pensato: «Porta a Porta» è una trasmissione orientata a favore della guerra; Bruno Vespa ritiene che la fine del sanguinario dittatore Saddam giustifichi l’invasione degli angloamericani; sicuramente, però, questa sera Vespa dedicherà  l’intera «Porta a Porta» alla strage degli innocenti. Lo farà , cercando magari di spiegare, di giustificare il comportamento di quei soldati impauriti da una guerra che si è improvvisamente rivelata molto più pericolosa del previsto, terrorizzati dalle trappole di un territorio ostile, dagli agguati mortali dei kamikaze. Ma Vespa lo farà . Perché è un bravo giornalista che ha rispetto, innanzitutto, per la notizia. Anche per quella orrenda notizia, che certamente non accresce la popolarità  della guerra di Bush, ma che domani sarà  il titolo di apertura di tutti i grandi giornali del mondo. Anche dei giornali americani che stanno con la guerra di Bush. Lo farà , pensavamo, approfondirà  il tema delle vittime senza colpa della guerra, perché Vespa ha intuito politico e sa bene che ammettere con la dovuta schiettezza gli errori dell’esercito Usa, costituisce il modo più diretto ed efficace per esaltare la superiorità  morale di una grande democrazia, che anche nei momenti più difficili sa essere trasparente. Se Vespa, martedì sera, avesse dedicato «Porta a Porta» al massacro di Hilla, alla strage di Najaf, avrebbe con un colpo d’ala di grande giornalismo spazzato via tutto lo stupido chiacchiericcio dei salotti televisivi, le vane esibizioni di esperti e giornalisti, sulla pelle degli altri. E avrebbe meritato l’applauso anche di chi non è d’accordo con lui.
Ma Vespa non lo ha fatto. Non ha mostrato le foto mostrabili dei bambini uccisi per errore. Non ha raccontato, prendendola da «El Pais» come l’indomani faranno molti quotidiani, la storia del piccolo Alì Smain, 12 anni che ha perso le braccia e tutta la sua famiglia. Non ha letto in diretta la cronaca, già  su tutte le agenzie, dell’inviato del “Washington Post”? che ha sentito l’ordine del capitano Ronny Johnson e ha visto la Toyota con i quindici civili saltare in aria. No, martedì sera, «Porta a Porta» è andata in onda come al solito. Con un generale alle prese con i cannoncini di plastica.
Con un giornalista immerso nei suoi risentimenti, e che se l’è presa con uno scudo umano.

TEATRO MERCADANTE: GLI EVENTI DELL’ULTIMO ANNO E MEZZO

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ALTAMURA, 1° APRILE 2003

Ore decisive per il Teatro Mercadante. Si susseguono le prese di posizioni e le presunte novità . In realtà  nulla ancora è successo. Lunedì scorso, 24 marzo, alle ore 17.30, era convocata la Giunta Comunale chiamata ad esaminare ed approvare la proposta di deliberazione da me ufficialmente depositata l’11 marzo 2003. Il testo della proposta è reperibile al seguente link:

TEATRO MERCADANTE: ORA BASTA!

La Giunta ha esaminato e discusso per due ore la proposta, ma, in virtù delle novità  comunicate con una nota presentata e protocollata la mattina stessa del 24 dal Consorzio, ha deciso di soprassedere nell’adozione del provvedimento e di attendere: non si sa bene cosa, ma di attendere.
A questo riguardo, netta, puntuale e pienamente condivisibile è stata la presa di posizione del Direttivo dei DS di Altamura, espressa con una dichiarazione rilasciata dal Segretario cittadino, Massimo Iurino, e pubblicata dalla Gazzetta del Mezzogiorno di oggi, 28 marzo 2003: si deve proseguire con l’esproprio, «la via maestra è dare corso alla decisione del consiglio comunale di tre anni fa che fortemente anche noi abbiamo voluto. Non vediamo altre strade per la riapertura del Mercadante. Invitiamo quindi la giunta a provvedere in tal senso in tempi rapidissimi. Poniamo la questione come una delle condizioni per restare al tavolo della maggioranza». Ma ancora ieri pomeriggio, 31 marzo 2003, la Giunta ha deciso ancora di rinviare la decisione per dissapori e contrasti all’interno della coalizione di governo (l’Assessore dello SDI ha abbandonato i lavori della giunta).

Un fatto è certo, comunque: a partire dall’11 marzo 2003, data in cui ho presentato ufficialmente la proposta deliberativa per la Giunta, tutti sembrano essersi risvegliati da un torpore durato mesi.

La Provincia, con una nota del 18 marzo 2003, invita Soprintendenza di Bari, Comune di Altamura e Consorzio Teatro Mercadante ad un incontro, da tenersi il 31 marzo, “finalizzato a discutere i termini per il possibile restauro e per la riapertura al pubblico del Teatro Mercadante di Altamura”?, facendo sapere inoltre di aver “previsto nel proprio piano triennale degli investimenti la somma di € 516.456”?. In questo incontro, il Presidente della Provincia, Marcello Vernola, ha indicato due percorsi semplici e condivisibili nella loro chiarezza: o Comune e Provincia rilevano la proprietà  dell’immobile (ma è necessaria la disponibilità  a vendere del Consorzio), così da poterci investire le risorse pubbliche a loro disposizione; oppure Comune e Provincia danno vita ad una Fondazione, interamente controllata da tali enti pubblici, che prenderebbe in affitto il Teatro, per almeno 30 anni (come si è fatto per il Petruzzelli di Bari). In questa seconda ipotesi, sarebbe onere del Consorzio provvedere all’integrale recupero dello stabile.

Il Consorzio, dopo otto mesi di silenzio (nonostante i ripetuti solleciti), fa pervenire, in rapida successione, al Comune ben tre comunicazioni.
La prima, del 17 marzo, con cui informa che il Comitato di Amministrazione del Consorzio “si è riunito nella serata di giovedì scorso (13 marzo) e per il protrarsi dei lavori sino a tardi, ha dovuto aggiornarsi al giorno 20 p.v. per l’assunzione di decisioni conclusive”?.
La seconda, del 24 marzo (giorno in cui era convocata la Giunta per l’adozione della deliberazione che dava il via libera alla procedura espropriativa), con cui fa sapere che il Comitato di Amministrazione, nella seduta del 20 marzo, ha ritenuto
«meritevole di considerazione la proposta formulata dalle Ditte e/o imprese in data 26 aprile 2002 e successiva del 3 marzo 2003, rappresentate dalla Capo Gruppo “Costruzioni S.r.l.”?, di seguito denominata “Società  Capo Gruppo”?nei termini così riformulata: a) incaricare al Società  Capo Gruppo ad istruire e proporre, in nome e per conto del Consorzio, la pratica per l’ottenimento di finanziamenti necessari per il recupero e la riapertura del Teatro, in ogni caso senza alcun onere per il Consorzio; b) convenire che i lavori di recupero devono eseguirsi sulla base della progettazione elaborata dai tecnici di fiducia del Consorzio già  incaricati, eventualmente riveduta e rielaborata a richiesta delle Autorità  preposte. Tali opere dovranno essere realizzate dalla Società  Capo Gruppo».
Comunica pure che il Comitato di Amministrazione
«ritiene possibile, inoltre, ad avvenuto recupero del Teatro, la costituzione di una Società  a cui affidarne la gestione, tra il Consorzio, la Società  Capo Gruppo ed il Comune di Altamura, ognuno presente nell’ambito della propria autonomia istituzionale e/o giuridica, con pari dignità  e rappresentatività . La Società  di gestione dovrà  essere articolata nella sua regolamentazione, tenendo a base quanto segue: a) il Consorzio interverrà  mettendo a disposizione il complesso del Teatro, con esclusione dei locali adibiti a pizzeria che rimarranno sotto il suo esclusivo dominio, recuperato e funzionate; b) la Società  Capo Gruppo parteciperà  anticipando, senza lucro e percepimento di interessi, le somme necessarie alla esecuzione dei lavori; c) il Comune si assocerà  assegnando annualmente, per la dotazione finanziaria della società , una somma pari almeno alle spese annuali di manutenzione e gestione ordinaria; d) al Consorzio sarà  corrisposto il costo dei lavori già  eseguiti per la messa a norma del Teatro; e) alla Società  Capo Gruppo dovrà  restituirsi, senza la corresponsione di alcun onere aggiuntivo a titolo alcuno, solo la quota ammessa a finanziamento in conto capitale secondo le erogazioni che si otterranno dallo Stato, convenendo che la somma non ammessa al finanziamento rimarrà  a suo carico esclusivo; f) il Consorzio rimane esonerato dalla contribuzione della pro-quota della eventuale passività  di gestione; g) la società  di gestione avrà  una durata non superiore ad anni 10 (dieci)».
Il Consorzio, inoltre, avverte che si è deciso di
«porre nel nulla, per effetto delle intervenute decisioni di cui ai precedenti punti del dispositivo, la proposta formulata dal rappresentante del Comune in seno alla Commissione paritetica istituita per la riapertura del Teatro». Firmano il verbale del Consorzio, il Presidente geom. Paolo Simone ed il Segretario ing. Alfredo Striccoli.
La terza (in appena dieci giorni) comunicazione del Consorzio risale al 28 marzo ed è firmata dal Presidente Paolo Simone: dopo aver letto le dichiarazioni riportate dalla Gazzetta (penso che ci si riferisca alla posizione dei DS), si chiede al Sindaco di essere urgentemente ascoltati dalla Giunta.

Per quanto mi riguarda, mi limito a fare due sole considerazioni:
1) condivido in pieno la presa di posizione del Direttivo dei DS di Altamura;
2) tocca ora al Sindaco prendere una decisione: o, nella prossima giunta (giovedì 3 aprile?!), mette comunque ai voti la deliberazione proposta (sulla quale sia i DS che la Margherita si sono espressi a favore); oppure, poiché si tratta di un mero atto di indirizzo politico con il quale si faceva una ricognizione dello stato della procedura espropriativa, decide che non è necessaria la deliberazione di giunta e, con un suo atto interno, dispone che il Dirigente prepari la documentazione richiesta dalla Soprintendenza nel novembre 2000, dando così seguito ad un indirizzo unanimemente adottato dal Consiglio comunale nel marzo 2000.

Quale che sia il percorso, dare via libera all’esproprio è un atto obbligato per il Sindaco e la Giunta, tenuti a dar seguito ad un indirizzo espresso all’unanimità  dal consiglio comunale nel marzo 2000 ed a preservare e soddisfare l’interesse che la collettività  altamurana ha su quel bene. Fallito il tentativo, durato mesi, di intesa con il Consorzio non mi pare che si presentino altre strade al Comune, a meno che la Giunta non ritenga di avventurarsi nuovamente in un’estenuante ed ulteriore trattativa, come quella ora sollecitata dai rappresentanti del Consorzio con la nota pervenuta all’ultimo minuto, il 24 marzo.

Come si può ritenere seria e credibile la disponibilità  dei rappresentanti del Consorzio ad una nuova trattativa quando la precedente, pur condotta con rigore e trasparenza, è fallita per precise e documentabili indisponibilità  di coloro che, ora, ne chiedono una nuova?
C’è qualcuno, Sindaco o Assessori, disponibile ad assumersi il rischio di esperire un nuovo tentativo di intesa, per vederla fallire tra un anno e mezzo, come è avvenuto per la precedente?
Non è preferibile, invece, mettere un punto fermo, dare via libera alla procedura espropriativa e semmai essere disponibili a bloccarla solo ed unicamente in presenza di un accordo chiaro, legittimo, rispettoso degli interessi collettivi e soprattutto sottoscritto dal Consorzio?

Ritengo che le risposte a questi interrogativi siano scontate; mi auguro che lo siano anche per l’Amministrazione comunale. Che la procedura espropriativa, una volta avviata, potrebbe in qualunque momento arrestarsi in presenza di una reale, chiara, puntuale e sottoscritta intesa che assicuri la conservazione e la fruizione pubblica del Teatro, non sono io a dirlo, ma è la legge: l’esproprio è finalizzato, secondo l’art. 91 del Testo Unico sui beni culturali, alla “conservazione” ed al “godimento pubblico del bene”?. Ove questo sia, per altra via garantito, verrebbero meno le ragioni ed i presupposti di legge per l’esproprio.

CONCLUDO CON UNA DOVEROSA PRECISAZIONE.

Da consigliere delegato, assieme ad un altro consigliere della maggioranza, Donato Clemente, ed all’assessore dell’epoca, Gianfranco Loiudice, ho seguito tutta la fase delle trattative avviate e sviluppate dal Comune nell’ultimo anno e mezzo. Apprendo ora, per vie traverse (la già  menzionata comunicazione del Consorzio del 24 marzo 2003) e dopo mesi di solleciti e di vana attesa di una qualsivoglia risposta, che il Comitato di Amministrazione ha deliberato, il 20 marzo scorso, di “porre nel nulla ”¦ la proposta formulata dal rappresentante del Comune in seno alla Commissione paritetica istituita per la riapertura del Teatro”?.
Grazie per la risposta.
Voglio solo precisare, contrariamente a quanto qualcuno in modo malizioso va dicendo, che quella sottoposta all’attenzione del Consorzio, sin dal 19 luglio 2002, non è la mia proposta; è stata da me elaborata ed articolata, ma la formulazione è l’esito di una trattativa condotta in quella sede con i rappresentanti del Consorzio stesso, quindi è opera tanto mia (o meglio dell’amministrazione che, in quella sede, rappresentavo), quanto degli stessi rappresentanti del Consorzio.
Prendo ora atto che il Comitato di Amministrazione ha così voluto, con il suo ultimo deliberato, smentire il suo precedente deliberato risalente agli inizi di dicembre 2001 ed il successivo lavoro dei suoi rappresentanti.

Venuto meno l’obbligo alla riservatezza che ci eravamo imposti nella fase delle trattative, posso ora documentare quanto appena scritto. Lo faccio unicamente per dar conto del mio operato, svolto sempre in maniera trasparente e per atti ufficiali, ed al fine anche di avvertire che l’esperienza dell’ultima trattativa dovrebbe imporre cautela, nell’arrischiarsi in un nuovo ed ulteriore tentativo di intesa, e suggerire alla Giunta una presa di posizione chiara e ferma, come l’esproprio.

La trattativa intercorsa ”“ ricordo ”“ ha preso avvio, dopo una serie di contatti informali (tra cui uno tenutosi alla Provincia nel settembre 2001), con la nota del Sindaco Rachele Popolizio risalente al 21 novembre 2001 ed indirizzata al Presidente del Consorzio ed a tutti i Consorziati. Il Sindaco così scriveva:
«Questa Amministrazione è impegnata ad individuare una soluzione definitiva e legittima all’ormai decennale problema del recupero alla pubblica fruizione del Teatro Mercadante, patrimonio culturale di rilevante ed indubbio interesse storico ed artistico.
Pur essendo in itinere un procedimento ablatorio avviato ex art. 91 T.U. 29 ottobre 1999 n. 490, a seguito di decisione unanime del Consiglio Comunale, non si ritiene trascurabile la possibilità  di addivenire ad una definizione bonaria della questione.
Soluzione auspicata dallo stesso prof. avv. Franco Gagliardi Lagala, che, incaricato dal Comune di Altamura di prestare assistenza legale alla procedura espropriativa dell’immobile de quo, con lettera del 6/04/2000 indirizzata all’avv. Raffaele Caso, allora Presidente del Consorzio, evidenziava come una sinergia tra il Consorzio ed il Comune che si traduca in atti formali produrrebbe sicuramente vantaggi per la collettività , e recupererebbe appieno l’autentico spirito che informò la nascita del Consorzio.
È di tutta evidenza come la procedura espropriativa, certamente comportebbe gravosi oneri per la collettività  stessa cui sottrarrebbe risorse e non determinerebbe, di converso ,alcun beneficio patrimoniale diretto per il singolo consorziato. Comunque, ove non si addivenisse in tempi ragionevoli a tale tale auspicata definizione bonaria, suo malgrado, l’Amministrazione Comunale che rappresento, esprime la ferma intenzione di definire la procedura ablatoria avviata.
Alla luce di tali premesse si sottopone alla Sua attenzione una ipotesi di soluzione, articolata con indiscussa competenza, sulla base di una pregevole analisi storico-giuridica della “vita”? del Teatro Mercadante, dall’avv. Vincenzo Colonna, Consigliere Comunale e componente della Commissione Consiliare Cultura.
Si ritiene che detta ipotesi di soluzione, che si presenta formalmente come proposta dell’Amministrazione Comunale, sia meritevole di esame e valutazione da parte del Consorzio da Lei rappresentato, che potrà  determinarsi in merito, e rappresentare la propria posizione nell’incontro a tenersi mercoledì 5 Dicembre c.a. alle ore 17,00 presso la sala Consiliare del Palazzo di Città .
».

L’ipotesi di soluzione e l’analisi storico-giuridica da me proposte ed a cui si riferiva il Sindaco erano riportate in una Relazione del 29 ottobre 2001 e da tale data disponibile ai seguenti link:

TEATRO MERCADANTE. IPOTESI DI SOLUZIONE

L’OPEROSA COLLABORAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO

Alla riunione del 5 dicembre 2001 presero parte il Sindaco, l’onorevole Piglionica, i Capigruppo, i membri della Commissione Consiliare “Cultura”?, il Presidente della Consulta, avv. Loreto De Stefano, i funzionari comunali Anelli e Zubbo, il Presidente del Consorzio Paolo Simone, i consiglieri di amministrazione del Consorzio Ascanio Turco e Giacinto Moramarco.
Dopo una breve introduzione, il Sindaco invitava i presenti a voler esprimere una valutazione sulla proposta inviata il 21 novembre 2001. «Il Presidente del Consorzio Teatro Mercadante ”“ si legge nel verbale dell’incontro ”“ ringrazia dell’invito il Sindaco, condividendo l’auspicio del Capo dell’Amministrazione di individuare una soluzione. Circa la proposta allegata all’invito di oggi riferisce che il Consiglio di Amministrazione del Consorzio, dopo essersi riunito, ha approvato un ordine del giorno, che consegna e si allega al verbale, del 3 dicembre 2001 (Allegato B)».
La discussione proseguì ed emerse la volontà  del Consorzio, a differenza di quanto contemplato nella proposta inviata dall’amministrazione, di conservare la proprietà  della sala posta al primo piano dell’immobile, oltre che dei locali dove è ubicata la pizzeria (nella proposta originaria dell’amministrazione, il consorzio avrebbe conservato la proprietà  dei locali del bar a piano terra e della pizzeria).
Si decise di dar vita ad una commissione paritetica che avrebbe affrontato questo problema ed i punti messi in evidenza nel documento presentato dal Consorzio (l’Allegato B del verbale). In questo documento erano segnalate le condizioni contrattuali che, a detta del Consorzio, avrebbero dovuto essere recepite nell’intesa e che imponevano una modifica e/o integrazione della proposta inviata dal Comune.

Di seguito le SEI RICHIESTE contenute nel documento presentato dal Consorzio:
«1) Cessione condizionata della proprietà  della sala spettacoli del Teatro;
2) Gestione del Teatro con una “fondazione”? della quale farà  parte anche il Consorzio;
3) Il Consorzio reintegrerà  la proprietà  della sala spettacoli del teatro, qualora non si eseguono i lavori di restauro ed anche se la “fondazione di gestione”? dovesse incorrere in fallimento;
4) Pagamento delle somme sin ora sostenute dal Consorzio per lavori eseguiti per la conservazione del Teatro, pari a circa Lire 200.000.000;
5) Riconoscimento del lavoro sin ora svolto dai tecnici professionisti (l’ingegnere Alfredo Striccoli e l’architetto Restucci) per conto del Consorzio per il recupero del teatro e riconferma degli incarichi ai medesimi per il prosieguo dei lavori di restauro a farsi;
6) L’attività  del Teatro deve essere finalizzata a spettacoli di cultura, arte varia e/o altra attività  similare, nonché a spettacoli cinematografici di “cult”? ovvero da cineforum
».

La Commissione paritetica fu costituita (Paolo Simone, Ascanio Turco e Giacinto Moramarco per il Consorzio; io, Donato Clemente e Gianfranco Loiudice per l’Amministrazione comunale); si è riunita in più occasioni, esaminando le condizioni, prima enumerate, poste dal Consorzio e definendo altri dettagli dell’intesa (quote di rappresentanza nel consiglio di amministrazione della fondazione di gestione; clausole dello statuto della fondazione; ecc.); ha lavorato speditamente ed in un clima disteso nei mesi gennaio-luglio 2002.

Ebbene, pubblico ora e per la prima volta, la bozza di intesa finale da me redatta e trasmessa il 19 luglio 2002, con l’invito a sottoscriverla, a tutti i membri di quella Commissione, in particolare ai rappresentanti del Consorzio (Paolo Simone, Giacinto Moramarco, Ascanio Turco):

TEATRO MERCADANTE: ECCO L’INTESA NON FIRMATA!

INVITO TUTTI:
– a verificare e giudicare con quanta serietà , correttezza e puntualità  sia stato condotto, da parte del Comune, questo tentativo di intesa;
– a verificare come tutte le condizioni avanzate dal Consorzio (i sei punti prima richiamati, oltre che la condizione della proprietà  della sala al primo piano) siano state recepite nella bozza finale di intesa (non si è potuta recepire l’indicazione di cui al numero 5 del documento del Consorzio, in quanto la materia degli affidamenti di incarichi ai professionisti da parte della Pubblica Amministrazione ha una precisa regolamentazione di legge che prevede bandi pubblici per la selezione dei professionisti);
– a verificare e giudicare quanto ingiustificata ed inspiegabile sia stata la condotta dei rappresentanti del Consorzio che prima, per otto mesi, non hanno dato alcun riscontro alle sollecitazioni del Comune e poi, all’ultimo minuto, hanno comunicato di essere in trattativa (da un anno) con altri soggetti privati (nulla di male, ma bastava dirlo!), di “porre nel nulla”? il lavoro precedentemente svolto e di ritenere ora “possibile”? il coinvolgimento del Comune con una nuova trattativa da avviare su basi e condizioni completamente differenti da quelle di qualche mese fa.

È TUTTO. ATTENDO ORA LE DECISIONI DEL SINDACO E DELLA SUA GIUNTA.

Enzo Colonna
Consigliere Comunale Delegato
enzo@altamura2001.com

Sai cos’é sufficiente per giustificare la guerra contro l’Iraq ?

QUESTIONARIO

Sai cos’è sufficiente per giustificare la guerra contro l’Iraq ?



  1. Che percentuale della popolazione mondiale hanno gli Stati Uniti?
    R = 6%

  2. Che percentuale di ricchezza mondiale detengono gli Stati Uniti?
    R = 50%

  3. Quale Paese possiede le maggiori riserve di petrolio?
    R = L’Arabia Saudita

  4. Quale paese occupa il secondo posto nelle riserve di petrolio?
    R = L’Iraq

  5. A quanto ammonta il bilancio annuale mondiale delle spese militari?
    R = 900 mila milioni di dollari Usa.

  6. Di questi, quale percentuale spendono gli Stati Uniti?
    R = 50%

  7. Quale percentuale delle spese militari degli USA, secondo l’ONU, potrebbe garantire le necessità  di base a tutta la popolazione mondiale?
    R = 10% (circa 40mila milioni di dollari, equivalente alla quantità  iniziale richiesta per pagare le spese del vendicativo attacco all’Afghanistan).

  8. Quanta gente è morta nei conflitti dalla II Guerra Mondiale?
    R = 86 milioni.

  9. Da quanto tempo l’Iraq possiede armi chimiche e biologiche?
    R = Dall’inizio degli anni ”˜80.

  10. L’Iraq ha prodotto queste armi chimiche e biologiche con i propri mezzi?
    R = No, i materiali e la tecnologia furono forniti dal governo degli USA, unitamente alla Gran Bretagna e da corporazioni private.

  11. Il governo USA condannò l’uso di gas letali contro l’Iran?



R = No.
12. Quanta gente uccise Saddam Hussein, con questi gas, nella città  curda di Halabja nel

1988?
R = 5.000 persone.



  1. Quanti Paesi occidentali condannarono quest’azione, a quei tempi?



R = ZERO
14. Quanti galloni di “agente orange” usarono gli USA nel Vietnam?


R = 17 milioni di galloni.
15.Esiste qualche prova che vincoli l’Iraq con l’attacco terrorista dell’11 settembre?

R = No.
16. Quale fu il numero stimato di perdite di civili durante la Guerra del Golfo?
R = 35.000.
17. Quante perdite inflisse l’esercito iracheno alle forze occidentali durante la Guerra del
Golfo?
R = ZERO
18. Quanti soldati iracheni in ritirata furono sepolti vivi al fronte, dall’esercito degli Usa,
con carri armati con aratri montati?
R = 6.000
19. Quante tonnellate di uranio degradato lasciarono gli USA in Iraq e nel Kuwait dopo la
Guerra del Golfo?
R = 40 tonnellate.
20. Quale fu la proporzione d’aumento del cancro in Iraq, secondo l’ONU, tra il 1991 ed il
1997?
R = 700%.
21. Qual è la capacità  militare dell’Iraq che gli USA annunciarono di aver distrutto nel
1991?
R = 80%.
22. Esiste qualche prova che l’Iraq intendesse usare queste armi per qualsiasi fine, fosse la
dissuasione o l’autodifesa?
R = No.
23. L’Iraq presenta ora qualche minaccia maggiore, per la pace mondiale, di 10 anni fa?
R = No.
24. Quante morti di civili ha previsto il Pentagono in caso d’attacco all’Iraq nel 2002/’03?
R = 10.000
25. Che percentuale di questi sarebbe composta da bambini?
R = Approssimativamente il 50%.
26. Da quanti anni gli USA stanno bombardando l’Iraq?
R = Da 11 anni.
27. Gli USA e la Gran Bretagna, tra il dicembre 1998 ed il settembre 1999, erano stati in
guerra con l’Iraq ?
R = No.
28. Quante libbre di esplosivi si sganciarono sull’Iraq tra il dicembre 1998 ed il settembre
1999?
R = 20 milioni.
29. Da quanti anni si è introdotta la risoluzione n. 661 dell’ONU imponendo all’Iraq
ristrette sanzioni su importazioni ed esportazioni?
R = 12 anni.
30. Qual’era la proporzione di morte infantile in Iraq nel 1989 (ogni 1000 nascite)?
R = 38.
31. Qual è la proporzione di morte infantile stimata nel 1999 (ogni 1000 nascite)?
R = 131 (aumento del 345%).
32. Quanti iracheni si calcola che siano morti, dall’ottobre dei 1999, in conseguenza
delle sanzioni dell’ONU?
R = 1.500.000
33. Quanti bambini si calcola che siano morti, dal 1997, in conseguenza di dette
sanzioni?
R = 750.000
34. Saddam ordinò agli ispettori d’andarsene dall’Iraq?
R = No.
35. Quanti ispettori erano presenti tra il novembre ed il dicembre 1998?
R = 300.
36. Quanti di questi ispettori ebbero problemi?
R = 5.
37. Si permise agli ispettori delle armi d’entrare a Baath Party HQ?
R = Si.
38. Chi disse, nel dicembre 1998, “Di fatto, l’Iraq è stato disarmato ad un livello
impensabile e senza precedenti nella storia moderna”.
R = Scott Ritter, capo delle UNSCOM.
39. Quanta capacità  di produrre armi di distruzioni di massa, rispetto a quella del 1991,
annunciarono gli ispettori delle armi dell’ONU, nel 1998, di aver scoperto e distrutto ?
R = 90%.
40. L’Iraq permetterà  il ritorno degli ispettori delle armi?
R = Sì.
41. Quante risoluzioni dell’ONU ha violato Israele a partire dal 1995?
R = Circa 65.
42. A quante risoluzioni contro Israele posero il veto gli USA tra il 1972 ed il 1990?
R = 30.
43. Quanti paesi riconoscono di possedere armi nucleari?
R = 8.



  1. Quante ogive nucleari possiede l’Iraq?
    R = ZERO

  2. Quante ogive nucleari possiedono gli USA?
    R = Più di 10.000.

  3. Qual è l’unico Paese che ha usato armi nucleari?
    R = Gli Stati Uniti.

  4. Quante ogive nucleari ha Israele?
    R = Più di 400.

  5. Chi ha detto: “Le nostre vite cominceranno a finire in giorno in cui staremo zitti sulle



cose importanti”.
R = Dr. Martin Luther King Jr.
Lluis Magrina, sj International Director, SERVIZIO DEI GESUITI PER I RIFUGIATI
E-mail: lluis.magrina@jrs.net online: http://www.jrs.net
Tel. +39 06 689 386 Fax. +39 06 68 80 64 18
Indirizzo postale: C.P. 6139, 00195 ROMA PRATI
JRS International Office List.
_____________________________________________________________________________
Traduzione: SEGRETARIATO CLARETTIANO DI JPIC.

Piazza Duomo, non un parcheggio

E’ fondamentale che il disagio avvertito da tantissimi cittadini trovi espressione concreta in un’azione volta a sensibilizzare l’opinione pubblica e a sollecitare il rispetto delle regole di convivenza civile.
Legambiente Altamura invita tutti i cittadini, le associazioni, i coordinamenti cittadini, sabato 5 aprile, a partire dalle ore 20, a presidiare p.zza Duomo, ostacolando il traffico e la sosta attraverso tutti gli strumenti possibili (barriere fisiche, sit-in, biciclette, bandiere,etc,).
La zona in questione, infatti, per il suo valore storico e artistico è zona a traffico limitato (istituita con delibera di Giunta Comunale 456 del 25/10/2001) e deve tornare ad essere fruibile dai cittadini a piedi.
Legambiente Altamura
per informazioni: legambiente_altamura@yahoo.it

TEATRO MERCADANTE: ECCO L’INTESA NON FIRMATA!

IL TESTO E’ IL FRUTTO DI UNA TRATTATIVA CONDOTTA IN SVARIATI INCONTRI TRA I RAPPRESENTANTI DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE E DEL CONSORZIO.
LA TRATTATIVA AVEVA PRESO AVVIO CON LA PROPOSTA INVIATA DAL SINDACO POPOLIZIO IL 21 NOVEMBRE 2001, CONSULTABILE AI SEGUENTI LINK:

Teatro Mercadante. Ipotesi di soluzione

L’operosa collaborazione tra pubblico e privato

ENZO COLONNA
consigliere comunale
enzo@altamura2001.com

UN PARCO DI PACE

– 
Com’è noto – la Regione ha deliberato “con riserva” circa la perimetrazione provvisoria, atto indispensabile per poter procedere alla convocazione della Conferenza Unificata che ha il compito di ratificare eventualmente l’accordo conclusivo prima della firma del Presidente Ciampi e quindi del Decreto istitutivo del Parco nazionale dell’Alta Murgia.

Il prossimo passaggio quindi, – prima della definizione del DPR
istitutivo del Parco nazionale, è rappresentato dalla decisione della Conferenza Unificata. Conferenza che si articola in due distinti momenti: il primo di natura squisitamente tecnica ( è il luogo, a mio parere, dove i nostri ‘amici’ istituzionali possono recuperare l’ulteriore danno imposto dalla Regione Puglia al territorio, facendo valere indubbie ragioni giocando prevalentemente sulla contraddizione della stessa Regione tra la perimetrazione della ZPS (habitat prioritario) e quella ignobile proposta del 19 u. s.) dove partecipano amministratori e tecnici di tutti i Comuni, Comunità  Montana, Provincia, Regione, Ministero Ambiente, ANCI, UPI e UNCEM interessati; il secondo di decisione politica dove partecipano, oltre al Ministero dell’Ambiente, i Coordinatori di Regione (Chigo), Province (Ria), Anci (presidente) e Uncem (presidente). Solitamente la decisione politica definitiva rispecchia gli accordi e le intese che si definiscono in sede di riunione tecnica, ma probabilmente questa volta non andrà  in questo modo. Forti sono le perplessità  sulla “riserva” della Regione e si può ragionevolmente supporre che in quella sede saranno tentate le ultime grandi manovre per compromettere ulteriormente la perimetrazione con le zoonizzazioni già  concordate.
E’ necessario perciò fare un ultimo sforzo da parte nostra per concordare le azioni da fare, soprattutto coinvolgere i sindaci “amici” del parco e preparare eventualmente delle richieste non peggiorative della perimetrazione che andrà  ratificata.
L’appello, che segue,- è diretto ad un – più grande coinvolgimento al fine di preparare un Marcia per la pace e per il parco.
L’incontro è fissato alle ore 15,00 del giorno 5 aprile presso la Masseria Martucci Contrada Parisi SS 378 Altamura-Corato KM 9 (sulla strada ci sarà  la bandiera della Pace a segnalare il sito. NON MANCATE!!!

Piero Castoro

Centro Studi Torre di Nebbia





– 
UN PARCO DI PACE
– 
Fino agli anni ’70 il Patto di Varsavia ed il conseguente pericolo “comunista” spingono le Forze Armate italiane e la NATO a guardare al Nord est italiano come zona ad alto rischio dove accumulare le principali servitù militari. Con la crisi petrolifera, prima, la fine del Patto di Varsavia poi, e con il crescere delle tensioni nell’area del Mediterraneo, si assiste ad uno spostamento dell’attenzione delle Forze Armate e della NATO verso l’area del Mediterraneo. Ne discende la necessità  di creare e configurare una “task force” capace di intervenire nei punti caldi del Mediterraneo che ha nel porto di Taranto e nell’aeroporto di Gioia del Colle i suoi capisaldi offensivi.
Vengono iniziati i lavori per l’ampiamento del porto militare di Taranto per ospitare la portaerei “Garibaldi”, si parla di dotare l’aereonautica militare di nuovi aerei AMX e di localizzarli a Brindisi.
In questo quadro internazionale mutato, vengono riviste anche le servitù militari presenti sulla Alta Murgia: l’Esercito ha sempre più bisogno di ritagliarsi uno spazio consistente di territorio e di averlo a propria completa disposizione, dove poter fare esercitare le sue brigate motorizzate, i suoi nuovi aerei Tornado, dove poter fare esercitazioni interforze con altre nazioni.
– La presenza complessiva delle servitù militari ( stabilite dalla Legge 24. dicembre 1976, n° 898 e successive modifiche intervenute con Legge 2 maggio 1990) si accresce quindi sempre più in tutta la Puglia e della conseguente necessità  di spazi esercitativi.
È degli anni ’80 una vasta mobilitazione di agricoltori e allevatori che protestano contro l’espropriazione media di 180 giorni all’anno dei loro terreni e di una presenza militare che rende di fatto impossibile ogni ipotesi di sviluppo aziendale e zootecnico dell’area.
Il crescente interesse militare all’Alta Murgia si concretizza in una delibera regionale n° 400 del 23 febbraio 1983-  che approva la D. di G. n° 9116 del 20. 9. 1982 con la quale si destina, a poligoni militari permanenti, un’area complessiva di 14000 ettari. Una elargizione incomprensibile da parte della Regione Puglia, in quanto le autorità  militari chiedevano ufficialmente, nel loro promemoria (1980): “la disponibilità  certa e stabile di un poligono di 4000 /4500 ettari (pari ad un terzo del poligono originario di Torree di Nebbia”.
I poligoni sono quelli di “Parisi Vecchio”, di “Madonna di Buoncammino” e di “Torre di Nebbia”, quest’ultimo nei pressi della-  polveriera di Poggiorsini, sito quest’ultimo ritenuto “idoneo” da uno studio di fattibilità  dell’ENEA per ospitare le scorie radioattive presenti sull’intero territorio nazionale.
L’opposizione a detta delibera comincia a concretizzarsi nell’opposizione di vari Consigli Comunali e della Comunità  Montana, nella presa di posizione di varie autorità  religiose, oltre a varie forze politiche e a organizzazioni sindacali e di categoria .Questa mobilitazione popolare sfocia in una grande “Marcia della Pace” nel dicembre del 1985 da Gravina ad Altamura a cui aderiscono i sindaci dei Comuni dell’Alta Murgia, oltre a 26 consiglieri regionali.
È del 1986 la lettera di Don Tonino Bello, “Il sogno di Isaia”, firmata da circa 10000 persone e presentata al Consiglio Regionale del luglio 1986.
La mobilitazione del movimento pacifista pugliese, raccogliendo l’adesione di un vasto schieramento trasversale formato da associazioni di base, antimilitaristi, sindacati e forze politiche, continua-  a chiedere con forza l’abrogazione della delibera regionale prospettando un futuro di pace e di lavoro per l’Alta Murgia. In questa occasione Don Tonino Bello, insieme ad altri vescovi pugliesi, firma un documento: “Terra di Bari, terra di pace”, che trova uno straordinario consenso. La grande seconda-  “marcia per la pace” Gravina-Altamura del 19. 12. 1987, organizzata dal Coordinamento contro la Militarizzazione e per lo Sviluppo dell’Alta Murgia, registra un coinvolgimento di massa (più di 5.000 persone vi partecipano). La manifestazione riesce, tuttavia, solo a congelare l’esproprio ma non ad abrogare-  la delibera regionale. Attualmente, in piena guerra contro l’Irak, le esercitazioni continuano indisturbate in tutti i poligoni della Murgia.
Da quel momento in poi l’impegno dei Comitati territoriali dell’Alta Murgia (CAM) è consistito principalmente nel cercare di individuare le linee di un progetto di sviluppo eco-compatibile in grado di rispondere alle esigenze di tutela del territorio e alla vocazione di pace delle popolazioni che lo abitano.
– L’esito più importante e tuttavia ancora provvisorio di questo articolato percorso va individuato, come è noto, nell’approvazione della L.S. 426 del dicembre 1998 che sancisce la volontà  da parte del Parlamento di istituire il Parco nazionale dell’Alta Murgia, previa l’intesa tra Ministero dell’Ambiente e Regione Puglia.
Questa intesa è stata raggiunta seppure approvata “con riserva”, forse sperando di restringere ulteriormente il perimetro del parco all’interno della Conferenza unificata che dovrà  ratificare l’intesa.
Il territorio dell’Alta Murgia risulta oggi subire una sorta di ultimo assalto. Oltre ai Poligoni militari e al pericolo dei depositi di scorie radioattive, le forme di degrado continuano a compromettere in maniera irreversibile i suoi delicati ecosistemi: invasi artificiali inutili, cementificazioni selvagge a 360 gradi, le innumerevoli cave ma, soprattutto, sta letteralmente scomparendo, nell’indifferenza generale, grazie alla pratica cosiddetta dello SPIETRAMENTO. Tale pratica costituisce, senza eufemismi, un vero e proprio disastro ambientale che dovrebbe far arrossire di vergogna chi continua a praticarla o ad autorizzarla. E invece ogni giorno, con velocità  inaudita, pezzi consistenti di murgia vengono trasformati in deserti lunari con conseguenze pericolose che nessuno sembra prevedere.
Tutto questo impone a noi tutti il senso di una profonda responsabilità  a fronte soprattutto delle capacità  che dovremmo invece avere nell’affrontare e risolvere la complessità  dei problemi in campo.
Dovremmo considerare quest’area come il campo privilegiato dove sperimentare a pieno tutte le nostre energie con la consapevolezza delle difficoltà  di comporre interessi, a volte contrapposti, e di difendere la qualità  delle differenze. Dovremmo perciò impegnarci in direzione di un maggiore confronto non dimenticando che, al di là  di inutili e sterili polemiche, il nostro obiettivo principale è quello di porre un argine al progressivo degrado di una tra le più interessanti aree di Puglia ma anche d’Italia.
Il “Parco rurale”, cosi come lo abbiamo concepito finora, oltre a rappresentare una reale opportunità  di salvare l’Alta Murgia dagli innumerevoli attacchi cui è sottoposta e di valorizzare quindi il suo enorme e originale patrimonio storico-ambientale, è inteso come un laboratorio di restauro ambientale e produttivo quale modello per il rilancio delle aree interne.
Un progetto essenzialmente politico ed ambientale e perciò teso a soddisfare, in primo luogo, le ataviche esigenze legate all’agricoltura e alla pastorizia con mezzi e strumenti che non siano solo compatibili con l’ambiente ma tali da determinarne il miglioramento e la ricostituzione. Ma ancora più importante è intendere il Parco come sperimentazione di una rinnovata e pacifica convivenza e solidarietà  umana che aiuti le nostre comunità  a superare positivamente le crisi che attraversano.
L’obiettivo più immediato consiste nel pervenire al più presto al Decreto istitutivo del Parco che il Presidente della Repubblica dovrà  emanare e continuare ad attivare il confronto tra tutti i soggetti-  ed Enti interessati.
Ciò è tanto importante e urgente in considerazione del fatto che i fenomeni di degrado e di trasformazione in atto rischiano di trasformare l’Alta Murgia in un “parco della vergogna” .
– 
Il nostro impegno per questo tende a ricongiungersi con quello espresso negli anni passati-  del vasto movimento che si mobilitò contro i poligoni militari sull’Alta Murgia e che si è impegnato con coerenza fino ad oggi, individuando nel progetto di costituzione del parco uno scopo concreto da raggiungere al più presto. Oggi come allora ribadiamo la nostra convinzione che la Terra di- Bari vuole continuare ad essere “Terra di Pace” e di onesto lavoro.
Se diciamo No alla guerra diciamo No alla militarizzazione del territorio, convinti come lo fu Don Tonino Bello, che bisogna invece pronunciare tre Si al cerchio della speranza:
il primo Si all’istituzione del parco nazionale dell’ Alta Murgia, ad un futuro del nostro territorio- nel segno della pace e di uno sviluppo ecocompatibile;
il secondo Si al presente della nostra Regione che deve impegnarsi a costruire un raccordo tra le molteplici e le diverse culture e le diverse religioni;
Il terzo è un Si al passato, che ci tramanda l’istintiva attitudine della nostra terra ai moduli della non violenza.
– 
Torre di Nebbia
Centro Studi e Documentazione sulle Aree Interne
– 

LA MAGGIORANZA LITIGA SUL TEATRO MERCADANTE

Altamura / Puglia / Politica / 28-03-2003 (18:17:32)

Come annunciato ieri, si è fatta avanti una cordata di imprenditori e ditte edili locali per ristrutturare il teatro “Mercadante” restituendolo alla fruizione pubblica. E’ la proposta inviata dal Consorzio che è proprietario dell’immobile all’amministrazione comunale. In estrema sintesi la trattativa è così incardinata:
– l’associazione di imprese anticipa le somme per i lavori di recupero del teatro per arrivare alla riapertura;
– il Consorzio attiverà  delle misure per ottenere finanziamenti pubblici statali per coprire una parte delle spese (l’altra parte tocca a fondo perduto alle imprese stesse);
– una volta recuperato, il teatro sarà  gestito da una società  che sarà  costituita con pari dignità  e rappresentatività  dal Consorzio e dall’associazione di imprese e dal Comune e dalla Provincia (a cui sarà  chiesto di corrispondere una somma annua per la manutenzione).
I passaggi dunque sono diversi. Potrebbe essere comunque una via più breve rispetto all’esproprio, ipotesi che fu votata in consiglio comunale tre anni fa e che è stata nuovamente sollevata alcuni giorni fa. La trattativa è comunque ancora da definire.
Già  si accende lo scontro politico. Democratici di sinistra e Socialisti democratici si sfidano. Per i Ds ha parlato il segretario Massimo Iurino: “La via maestra è dare corso alla decisione del consiglio comunale di tre anni fa che fortemente anche noi abbiamo voluto. Così ha deciso il direttivo dei Ds. Invitiamo quindi la giunta a provvedere in tal senso in tempi rapidissimi”. Parole forti. Ma c’è già  la replica. Per l’assessore Antonio De Lucia e per il consigliere Franco Petronella dello Sdi bisogna “verificare la praticabilità  del nuovo percorso che è stato ipotizzato, sospendendo l’attivazione di qualsiasi altra procedura”.
I Ds, comunque, hanno detto di più. Cioè, che sono pronti anche alla rottura con la maggioranza. E’ evidente che c’è qualche segno di nervosismo. Indiscrezioni rivelano che nel centrosinistra si sta giocando un’altra partita a scacchi sulle nomine dei nuovi dirigenti. Alla minaccia dei Ds, i Socialisti rispondono invitando gli alleati “a concentrarsi maggiormente su temi molto più gravi come quelli dell’urbanistica”.
Tra i due litiganti, spunta la minoranza di centrodestra. “O esproprio o nuova trattativa – spiegano i portavoce – è bene fissare un tempo certo entro il quale decidere. Altrimenti rischiamo di trascinarci in un’altra lunga attesa”.

Onofrio Bruno

Chi fa la guerra NON va lasciato in pace

Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia
possibile.
Numero di abbonati attuali: 6 112
ATTENZIONE:
tutti i Granelli di Sabbia sono a disposizione sul sito in versione .pdf e
.rtf al seguente indirizzo:
http://www.attac.org/italia/granello/indice.htm
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Indice degli argomenti

Chi fa la guerra NON va lasciato in pace
Invitandovi a contestare la “guerra globale, militare – economica – sociale”
in tutte le iniziative di movimento, reti e associazioni (dalle
manifestazioni al sostegno del tavolo per la solidarietà  promosso da “Un
ponte per .” www.unponteper.it), vi segnaliamo alcune iniziative specifiche
(ricordandovi che le iniziative sono consultabili su
www.fermiamolaguerra.it)

1 – Le nostre giornate a Baghdad, una guerra ai bambini, non a Saddam
Rapporto della “Asian Peace Mission” in Iraq, 13-18 marzo 2003
Traduzione a cura di Daniele Migrino e Andrea Grechi (Traduttori per la
Pace)

2 – Il monopolio della realtà 
di PierPaolo Ascari (ATTAC Modena)
Questo articolo è stato scritto poche ore prima dell’attacco

3 – La salvaguardia dell’egemonia: prima l’Iraq, poi l’Iran.
Intervista del Wochenzeitung (Zurigo) del 06 marzo a Michel Chossudovsky
Traduzione a cura di Silvia Necco

4 – Diecimila soldati Usa nella Repubblica Dominicana: un altro fronte di
guerra
di Pascual Serrano
Un accordo tenuto accuratamente segreto stabilisce l’ingresso di diecimila
soldati degli Stati Uniti nel territorio della Repubblica Dominicana tra il
primo gennaio e il 31 marzo di quest’anno. Così è stato rivelato dal
principale partito della sinistra domenicana, Fuerza de la Revolucion.
Traduzione a cura di Andrea Pieralli

5 – Il Wto collassa sotto la sua stessa ambizione
di Nicole Bullard (Focus on Global South)
Appena un anno dopo che i paesi industrializzati avevano annunciato
trionfantemente il lancio del “ciclo di sviluppo di Doha” nei negoziati
commerciali, il WTO sta collassando sotto il peso delle sue stesse
ambizioni.
Traduzione a cura di Paola Albergamo

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Chi fa la guerra NON va lasciato in pace
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Invitandovi a contestare la “guerra globale, militare – economica – sociale”
in tutte le iniziative di movimento, reti e associazioni (dalle
manifestazioni al sostegno del tavolo per la solidarietà  promosso da “Un
ponte per .” www.unponteper.it), vi segnaliamo alcune iniziative specifiche
(ricordandovi che le iniziative sono consultabili su
www.fermiamolaguerra.it)

“Fuori la guerra dalla spesa”
La lista dei prodotti da boicottare per fermare la guerra all’Iraq
Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo, tra i fondatori della Rete Lilliput e
diretto da Francuccio Gesualdi, autore della Guida al Consumo Critico edita
dalla EMI, rende nota una lista di prodotti, statunitensi e non, da
boicottare per fermare la guerra all’Iraq.
Per Francuccio Gesualdi, “non possiamo essere complici di questa guerra, noi
cittadini/consumatori possiamo usare l’arma potente e pacifica del
boicottaggio. Il responsabile ultimo della guerra all’Iraq è George W. Bush
perché è lui che ha impartito l’ordine d’attacco. Ma Bush sa che da solo non
andrebbe da nessuna parte. Per portare avanti i suoi folli progetti,
infatti, ha bisogno di denaro e consenso. Dunque se vogliamo indebolire
Bush, dobbiamo colpire chi lo finanzia”.
Un mezzo per ottenere questo risultato è il boicottaggio delle imprese
americane che hanno contribuito alla campagna elettorale di Bush e/o che
forniscono beni all’esercito americano. “Per una maggiore efficacia di
azione – prosegue Gesualdi – consigliamo di concentrare il boicottaggio sui
seguenti prodotti chiave, oltre che sostenere il boicottaggio contro la Esso
[ www.greenpeace.it/stopesso ]”.
Ecco la lista, redatta dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo, realizzata
sulla base delle informazioni raccolte nell’ambito dell’aggiornamento della
Guida al Consumo Critico ed. 2003.
* Sottilette Kraft – latticini – Altria
* Liebig – maionese e salse varie – Campbell
* Coca Cola – bibite – Coca Cola
* Soflan – detersivo – Colgate Palmolive
* Del Monte – banane – Fresh Del Monte
* Dole – banane – Dole
* Tenderly – carta assorbente – Georgia Pacific
* Mare Blu – tonno e sardine – Heinz
* Carefree – assorbenti e tamponi – Johnson & Johnson
* Anitra WC – detersivo – Johnson Wax
* Kellogg’s – cereali prima colazione – Kellogg
* Scottex – carta assorbente – Kimberly – Clark
* M&M’s – cioccolatini – Mars
* Gatorade – bevanda dietetica – Pepsi Cola
* Linex – assorbenti e tamponi – Procter & Gamble
* Badedas – bagnoschiuma e shampoo – Sara Lee

Una notizia di pace al giorno, leva la guerra di torno?
Vi segnaliamo il quotidiano virtuale sulla guerra realizzato dal gruppo
Comunicazione del Forum Sociale Europeo, da stampare attaccare e diffondere
ovunque (come un giornale murale o da distribuire)
L’indirizzo a cui potete scaricarlo e diffonderlo è
http://213.136.155.105/
ciccate sulla scritta “15febbra1o”
Ogni giorno – forze permettendo – un volantino/manifesto/murale/ da leggere
on-line, anche, ma soprattutto da stampare, duplicare, diffondere,affiggere
distribuire ai cortei, alle tende della pace, alle scuole, nelle buche delle
lettere del vostro condominio.
Per questo è in versione grande (A3) e piccola (A4), a colori e in grigio,
con un agenda nazionale o con uno spazio vuoto per metterci le iniziative
locali.
Urgono collaboratori!
per collaborare alla redazione: pizzo@carta.org
per collaborare alla realizzazione/impaginazione (necessari QuarkXPress ed
Acrobat) carlo@sconfini.net

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1 – Le nostre giornate a Baghdad, una guerra ai bambini, non a Saddam
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Rapporto della “Asian Peace Mission” in Iraq, 13-18 marzo 2003

Per giustificare la guerra all’Iraq, gli USA sono passati dall’affermazione
che il paese detiene armi di distruzione di massa e nasconde terroristi,
all’affermazione che il suo presidente è un tiranno brutale, che deve essere
deposto per “liberare” il popolo irakeno.
La prima di queste ragioni è ben poco fondata, visto che le sue
argomentazioni sono basate su documenti falsificati, dossier artefatti e
notizie di intelligence gonfiate. Addirittura Hans Blix, il capo degli
ispettori ONU, ha accusato gli USA di fabbricare l’evidenza; persino la CIA
e l’FBI hanno protestato contro le distorsioni apportate ai propri report di
intelligence.
E’ evidente che le ispezioni dell’ONU hanno portato il paese a disarmare, e
continuano a farlo; non c’è nessuna ragione per fermarle ora.

Una Missione asiatica di Pace, composta di esponenti della società  civile e
parlamentari, si è recata in Iraq non solo per esprimere solidarietà , ma
anche per constatare in prima persona le condizioni reali degli iracheni e i
possibili effetti di una guerra sulla popolazione.
La missione è stata guidata da Loretta Ann Rosales, presidente della
commissione per i diritti umani del Parlamento delle Filippine. Tra i
membri: Hussin Amin, sempre del Parlamento filippino, in rappresentanza
della provincia di Sulu, probabile nuovo bersaglio di un attacco USA; Dita
Sari, dirigente sindacale indonesiana e insignita del prestigioso
riconoscimento Magsaysay; Walden Bello, direttore generale di “Focus on
Global South”, un centro di ricerca e di supporto alle politiche regionali
con uffici a Manila, Mumbai e Bangkok; e Zulfiqar Ali Gondal, membro
dell’Assemblea Nazionale Pakistana.

La delegazione è uscita dall’Iraq qualche ora dopo la scadenza
dell’ultimatum, convinta di almeno una cosa: questa non sarà  una guerra
contro Saddam Hussein. Questa sarà  una guerra contro il popolo iracheno,
metà  del quale è composto da bambini. I bambini soffrono per una guerra
continua, fatta sotto la maschera delle sanzioni economiche, e le loro
sofferenze verranno solo aumentate da un ulteriore conflitto.
Inoltre, l’affermazione spesso ridimensionata, eppure altrettanto spesso
ripetuta, della similitudine tra Saddam Hussein e Adolf Hitler, mirata a
rafforzare l’impressione della minaccia arrecata dall’Iraq, e quindi per
giustificare la guerra, non regge. La Germania, ai tempi di Hitler, era la
nazione industrialmente più avanzata del mondo. I membri della missione
hanno constatato che l’Iraq, a prescindere dalla descrizione che ne fanno
gli iracheni, è un paese effettivamente in ginocchio, un paese devastato.

Sono queste le persone che volete uccidere?
Il gruppo è arrivato a Damasco giovedì 13 marzo ma, dopo ore di attesa
all’aeroporto, è riuscito a muoversi verso Baghdad soltanto venerdì sera.
Dopo il ricevimento da parte del rappresentante del parlamento irakeno,
nella mattinata del 15 marzo la missione si è subito diretta all’ospedale
infantile Al Mansour, per vedere da vicino alcuni degli effetti nefasti
provocati dall’embargo ancora in vigore nel paese.
Nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra del Golfo, nel 1991,
gli USA, sotto l’egida dell’ONU, hanno proibito le importazioni in Iraq di
tutti i prodotti che potevano essere utilizzati nella costruzione di armi di
distruzione di massa. Nei fatti, ciò ha significato l’impossibilità  di
fornire a migliaia di bambini malati le cure e i medicinali necessari.
Secondo l’ONU, più di mezzo milione di bambini sono morti per diretta
conseguenza delle sanzioni economiche.
All’ospedale, la missione di pace ha visitato Salah, un paziente di cinque
anni malato di leucemia, che attende semplicemente di morire. La sua vita
avrebbe potuto essere salvata se si fosse sottoposto alla radioterapia, ma
le sostanze chimiche necessarie sono tra quelle che, secondo gli USA,
potrebbero servire a produrre armi nucleari, e quindi non sono a
disposizione dei medici. I casi di cancro sono aumentati notevolmente dopo
gli attacchi americani all’uranio impoverito condotti durante la prima
guerra del Golfo.
La missione ha poi incontrato Murtazan, un bambino di tre anni colpito da un
linfoma, che potrebbe sopravvivere se le cure continueranno, cosa molto
incerta vista l’arbitrarietà  e i ritardi cui sono sottoposte le richieste di
medicinali.
Secondo il dottor Murtada Hassan, la mancanza di medicinali è stata una
catastrofe per i bambini iracheni. Prima dell’inizio delle sanzioni, nel
1989, la mortalità  dei bambini sotto i cinque anni era di 56 su 1000. Nel
1999, questa cifra è più che raddoppiata, fino a 131 su 1000. Solo
nell’ospedale del dottor Hassan muoiono due o tre bambini ogni settimana per
varie tipologie di cancro e relative complicazioni.
“Quando vado nel reparto a visitare i pazienti sono davvero affranto”, ha
detto il dottore ai membri della missione, “perché non posso fare nulla in
mancanza di medicinali adeguati”.
Il dottor Hassan, che non può nemmeno permettersi di comprare libri di
medicina aggiornati, e tanto meno partecipare a conferenze mediche
internazionali, ha guidato i membri della missione nell’ospedale. La
pressione economica dovuta all’embargo, spiega, ha portato al deterioramento
delle strutture ospedaliere. Degli otto ascensori, solo due funzionano. Non
c’è collegamento a Internet.
Solo un numero limitato di condizionatori d’aria sono disponibili, e molte
delle camere dell’ospedale diventeranno insopportabilmente calde durante
l’estate, quando la temperatura sfiorerà  i 60°. E Al Mansour è uno dei
migliori ospedali, negli altri le condizioni sono di gran lunga peggiori.
Il dottore fa osservare come gli USA, tramite l’utilizzo dell’uranio
impoverito, hanno provocato malattie a migliaia di bambini iracheni. Ora,
con le sanzioni, impediscono le loro cure e, di fatto, assicurano loro una
morte certa e dolorosa.
Dopo aver incontrato i bambini in punto di morte nel reparto di oncologia,
la missione è stata portata nella stanza “artistica” dell’ospedale, dove il
dottor Hassan ha fatto vedere i dipinti e i manufatti dei bambini ormai
morti. Appese al muro, le foto dei piccoli pazienti iracheni, corredate
dalla domanda: “Mr Bush, sono queste le persone che lei vuole uccidere?”.
A un certo punto il dottore ha preso alcune foto dagli scaffali, dicendo:
“questo lo abbiamo perso la scorsa settimana, quest’altro un mese fa”.

Abbastanza sano per morire
La missione di pace si è recata in seguito agli uffici dell’UNICEF di
Baghdad, dove un rappresentante dell’organizzazione, il dottor Carel de
Rooy, ha illustrato la situazione dei bambini iracheni tracciando
un’immagine a dir poco atroce e desolante.
L’Iraq ha uno dei più elevati tassi di mortalità  infantile al mondo.
Nell’ultimo decennio ha avuto il più alto tasso di crescita della mortalità ,
maggiore anche dei paesi più poveri del mondo.
Tutto ciò, però, non costituisce una sorpresa, visto che l’incidenza delle
malattie prevenibili è aumentata di più del 100% dal 1990. Cinque milioni di
persone in Iraq non hanno accesso all’acqua potabile. Tra le donne, tre su
cinque sono anemiche. La percentuale dei bambini sotto i cinque anni che
risultano cronicamente malnutriti è, secondo le parole di de Rooy,
“assurdamente alta”.
De Rooy ha messo in evidenza come le sanzioni non solo siano da biasimare,
ma anche che “hanno provocato danni, danni tremendi”. Alla radice dei mali
iracheni, ha affermato, c’è l’embargo economico.
Di fronte alla guerra imminente, l’UNICEF si sta assicurando che gli
iracheni possano resistere almeno alle malattie causate dalla guerra stessa,
dice De Rooy. Se gli USA colpiscono, come già  fecero nel 1991, acquedotti e
fognature, gli effetti in termini di igiene e diffusione di malattie saranno
catastrofici.
Ciò che l’UNICEF sta facendo, in poche parole, e considerata l’elevata
possibilità  di epidemie, è assicurare che i bambini siano abbastanza sani
nel momento della morte.

Il vero terrorismo
Dopo aver visitato i malati e i morenti, la missione si è recata a visitare
i morti.
Nel febbraio del 1991, mentre gli USA iniziavano a bombardare Baghdad, molte
famiglie si nascosero nei rifugi di Al-Amiriya nella speranza di
sopravvivere alla guerra. Gli spessi muri dell’edificio si rivelarono di
nessuna protezione.
Verso le quattro del mattino del 12 febbraio, una bomba lanciata dagli USA
cadde sul tetto dell’edificio, fece un buco di tre metri nel pavimento ed
esplose. 407 persone, per la maggior parte donne e bambini che dormivano,
morirono all’istante. Un numero del quale il Segretario di Stato USA Colin
Powell, a una domanda sulla quantità  di civili uccisi durante la guerra, si
disse “non particolarmente impressionato”.
Le immagini di alcune di queste 407 persone, vittime di un crimine di
guerra, sono oggi visibili sui muri delle stanze di Al-Amiriya, trasformato
in un museo che intende preservare il luogo come fu ridotto dai
bombardamenti. I muri sono ancora neri per la cenere e la fuliggine. I
grandi buchi sul soffitto e il pavimento sono oggi la maggiore attrazione
del luogo. Cavi e sbarre, ricurvi o spezzati, sono ancora arrotolati attorno
alle colonne. Scure e dense macchie di sangue marcano ancora il pavimento in
corrispondenza dei corpi delle vittime.
Nell’istante in cui la bomba esplose, una madre che stava cullando il
proprio bambino venne sbattuta violentemente contro la parete, lasciando
un’immagine visibile simile a una “Madonna col bambino” sullo sfondo nero
del muro.
“Questo è il vero terrorismo” ha detto un turista commosso alla vista delle
immagini dei corpi carbonizzati.
Verso sera, la missione ha fatto una visita di cortesia all’ex ambasciatore
in Germania e Francia, Abdul Razzaq Al Hashmi, il quale ha affermato che le
sanzioni e la minaccia di guerra hanno ridotto il paese a un enorme campo
profughi, dove la gente non fa altro che mangiare e dormire.

Più sicuri di sé
Il giorno successivo, 16 marzo, la missione si è recata in visita dal
ministro della sanità . Il dottor Umaid Mubarak ha rimarcato gli effetti
delle sanzioni e della guerra. Ha raccontato di come gli uffici del suo
ministero fossero tra quelli bombardati nella prima guerra come obiettivi
militari. Per qualche oscura ragione, anche farmacia e ambulatori vennero
distrutti.
Mubarak sottolinea ancora l’iniquità  e l’ingiustizia con cui sono state
applicate le sanzioni e gestito il programma “Oil for Food”. Secondo il
programma, l’Iraq poteva vendere il petrolio per acquistare generi di prima
necessità . Ma questi non sono decisi dall’Iraq, bensì da un comitato ONU
virtualmente controllato dagli USA.
L’Iraq può richiedere solo alcuni tipi di prodotti, include le medicine, le
quali sono sottoposte al giudizio di questo comitato. Una procedura non solo
tediosa, ma spesso anche capricciosa. Alcuni prodotti, ipoteticamente utili
per la costruzione di armi, ma assolutamente necessari per portare avanti
certe terapie mediche, sono stati negati. Circa 5,2 miliardi di dollari di
richieste per cibo e medicine, ottenuti dall’Iraq dalla vendita del
petrolio, devono ancora essere consegnati alla gente che ne ha un disperato
bisogno.
Nonostante ciò, riferisce Mubarak, la gente irachena non solo riesce ad
andare avanti, ma è diventata anche più fiduciosa in se stessa e
autosufficiente. “Siamo iracheni diversi da quelli del 1991”.

Come Tebaldo
All’università  di Baghdad, la missione ha visto con i propri occhi la
volontà  degli studenti di non lasciare entrare la guerra nella propria
educazione. Alla vigilia della guerra, i corsi continuavano come sempre. Gli
studenti affollavano i corridoi, giocavano a pallavolo e studiavano Romeo e
Giulietta di Shakespeare.
Il gruppo è entrato in una classe durante una lezione di letteratura inglese
ed ha parlato con quasi cinquanta studenti, per la maggior parte donne, per
chiedere loro cosa pensassero della guerra.
Gli studenti erano perfettamente al corrente di quali fossero le vere
ragioni di questa guerra. Conoscevano la loro storia. Per rispondere
all’affermazione di Bush secondo cui i bombardamenti sono necessari per
liberarli, uno studente dice: “E’ ciò che hanno detto, da secoli, tutti
quelli che volevano conquistare l’Iraq”.
Gli USA e i suoi alleati sperano che le sofferenze provocate dall’embargo e
dalla guerra convincano il popolo iracheno a ribellarsi contro Saddam
Hussein. Al contrario, non fanno che aumentare il consenso verso il regime.
Questo era del tutto evidente dal modo in cui tutti gli studenti
dichiaravano il proprio apprezzamento per Saddam e il disgusto per Bush. “E’
come Tebaldo” dice uno studente, riferendosi al personaggio di Romeo e
Giulietta.
Il professor Abdul Sattar Jawad dice che nonostante alcuni degli edifici
dell’università  siano stati bombardati nel 1991, lui e i suoi studenti
vedono ancora la scuola come un rifugio. Racconta di come uno studente abbia
discusso la sua tesi di dottorato proprio mentre le bombe cadevano sul resto
della città .
Jawad considera una pia illusione l’idea che la gente irachena corra nelle
strade e gioisca per l’arrivo dei liberatori a Baghdad. A suo avviso
l’embargo ha peggiorato notevolmente il sistema educativo, rendendo molto
difficile l’importazione di libri e impossibile la partecipazione a
conferenze internazionali.
Jawad, che insegna letteratura americana e autori come William Faulkner e F.
Scott Fitzgerald, sostiene che sta diventando sempre più difficile far
capire agli studenti la differenza tra cultura americana e aggressione
americana. Di fronte alla pioggia di bombe, chiede, “come posso convincere i
miei studenti che la cultura e la democrazia americana sono cose buone?”.
Egli ne è, tuttavia, convinto, e così sembrano i suoi studenti. Alla domanda
se i libri che studiano mostrino che gli USA siano intrinsecamente
aggressivi e violenti, la risposta unanime è “No”.
Tutti gli studenti sono d’accordo nel ritenere che l’unico modo per non
essere soverchiati dalla minaccia della guerra è quello di continuare ad
andare a scuola. Stare a casa, dicono, è già  un segno di disperazione e di
resa.

Solidarietà  internazionale
Dopo la visita all’università , la missione si è recata al Press Center del
ministero per l’Informazione, dove alcune emittenti internazionali si sono
accampate per monitorare la situazione a Baghdad. Durante la conferenza
stampa, alla presenza degli inviati di diversi media europei, canadesi e del
Medio oriente, la delegazione ha esposto gli obiettivi della missione in una
fase così critica come quella attuale.
Etta Rosales ha posto l’accento sulla necessità  di esprimere un forte
messaggio di solidarietà  inter-asiatica al popolo iracheno. Hussin Amin, dal
canto suo, ha ricordato il rischio che la provincia filippina del Mindanao,
da cui proviene, possa essere uno dei prossimi obiettivi dell’azione
militare statunitense. Zulfiqar Gondal ha risposto ad alcune domande sull’
atteggiamento del popolo pachistano verso la guerra. Dita Sari ha espresso
la solidarietà  degli indonesiani verso i fratelli musulmani che saranno
colpiti dall’intervento armato.
La conferenza stampa è stata trasmessa in serata dalla televisione di stato
irachena e da altre emittenti arabe, consentendo così il raggiungimento di
uno dei principali obiettivi della missione: far pervenire direttamente il
messaggio di solidarietà  asiatica al popolo iracheno nell’ora del bisogno.
Successivamente, alcuni componenti della delegazione hanno presenziato,
nella Piazza della Libertà  di Baghdad, alla cerimonia d’inaugurazione di un
gigantesco murale, opera del famoso artista coreano Choi Byung Soo. In
quella sede hanno avuto l’opportunità  di incontrare altre delegazioni di
pace provenienti da Messico, Giappone e Corea. A un certo punto, un uomo si
è avvicinato esprimendo, in un inglese incerto, la gratitudine degli
iracheni per la presenza della delegazione nella loro città .
La missione ha poi organizzato una Serata di Solidarietà  asiatica per
confrontarsi e discutere con i numerosi gruppi stranieri giunti a Baghdad
per opporsi alla guerra. Hanno così avuto modo di condividere impressioni,
pareri e progetti con pacifisti provenienti da un gran numero di paesi quali
Australia, Ucraina, Russia, Italia, Canada, Svezia, Corea del sud, Giappone,
Regno unito e Stati Uniti.
L’incontro è stato anche l’occasione per esprimere formale ringraziamento
alla preziosissima assistenza di Kathy Kelly, di “Voices in the Wilderness”,
l’organizzazione che ha fatto arrivare a Baghdad alcuni gruppi di cittadini
statunitensi, tra cui alcuni rappresentanti delle vittime dell’11 settembre;
a Han Sang Jin, dell’organizzazione coreana “Nonviolent Peaceforce”; a Wadah
Qasimy e Hasan al-Baghdadi, del ministero degli Esteri iracheno; a Fahdi
Hefashy, console onorario delle Filippine in Siria; e a Grace Escalante,
ambasciatrice filippina in Iraq.
Alcuni delegati stranieri hanno intenzione di rimanere in Iraq anche durante
la guerra. Ritengono di avere appena il 20% di possibilità  di sopravvivenza
in caso di conflitto. C’è chi è assolutamente determinato a posizionarsi
come “scudo umano” a protezione di obiettivi militari come ospedali, ponti,
centrali elettriche e impianti di trattamento idrico. Eventuali
bombardamenti di questi siti sarebbero da considerare come crimini di
guerra.

Evacuazione
Il programma della missione è stato discusso e organizzato in piena
autonomia dai componenti della delegazione – senza alcuna ingerenza da parte
delle autorità  irachene. In aggiunta, c’è stata l’opportunità  di interagire
con la gente della strada – tassisti, camerieri, funzionari statali,
negozianti, poliziotti, ecc.
Queste interazioni sono state assolutamente spontanee e casuali, e non
arrangiate a bella posta dagli strateghi del governo iracheno.
La notte del 16 marzo, nei locali del Palestine Hotel, dove soggiornavano i
membri della delegazione e numerosi giornalisti e pacifisti stranieri,
oggetto di tutte le conversazioni era l’ultimatum lanciato da Bush all’Onu e
a Saddam Hussein. Non pochi, tra i delegati che avevano deciso di restare,
si sono sciolti in lacrime nell’accomiatarsi da coloro che erano in
partenza.
Inizialmente la missione aveva previsto di restare fino alla notte del 17
marzo, eventualmente anche fino al 18, ma a quel punto il volo per Damasco
era già  stato cancellato. Il costo dell’eventuale noleggio di pulmini per
raggiungere la Siria via terra nel frattempo era più che triplicato, e la
possibilità  di accreditarsi come personale diplomatico o di agenzie dell’Onu
diminuiva di ora in ora, così come quella di trovare un iracheno disposto ad
accompagnarli, data la limitata disponibilità  di veicoli. L’evacuazione di
Baghdad era iniziata già  prima dell’arrivo della missione, ed aveva subito
un’accelerazione la notte del 16 marzo, in coincidenza con l’ultimatum
statunitense.
Per queste ragioni, nonostante la loro intenzione di proseguire la missione,
i membri della delegazione si sono visti costretti a fare i bagagli e a
partire la mattina seguente, anche per la pressante insistenza dell’
ambasciatrice filippina. Lungo la strada per Damasco, la missione ha
incontrato file di macchine con famiglie che si affrettavano a trasferirsi
in località  più sicure, e lunghe code alle stazioni di benzina.
Giunti in prossimità  del confine con la Siria, la missione ha fatto
conoscenza con un gruppo di volontari provenienti da Marocco, Algeria,
Palestina e Siria, che stavano entrando in Iraq per combattere gli Stati
Uniti e le truppe alleate.
Dopo un estenuante viaggio di 15 ore, la missione è giunta a Damasco il 18
marzo per poi partire alla volta di Manila, Giacarta e Karachi il giorno
seguente.
La delegazione ha promesso di farsi portavoce del messaggio proveniente dal
popolo iracheno nei rispettivi paesi di appartenenza. Questa non è una
guerra contro dei terroristi. Non è una guerra contro Saddam. E’ una guerra
contro il popolo iracheno, in particolar modo contro i bambini, che
costituiscono la metà  della popolazione.

I componenti della missione:
Loretta Ann Rosales, responsabile della missione, esponente del partito
Akbayan! al Parlamento filippino e presidente della Commissione per i
diritti umani;
Prof. Walden Bello, direttore generale di “Focus on the Global South”
(Mumbai, Bangkok, Manila);
Zulfiqar Ali Gondal, membro dell’Assemblea nazionale Pachistana;
Dita Sari, attivista sindacale indonesiana, insignita del prestigioso
riconoscimento Magsaysay nel 2001;
Hussin Amin, parlamentare filippino del primo distretto di Sulu
Jim Libiran e Ariel Fulgado, rispettivamente inviato e operatore del
programma d’inchiesta “The Correspondents”;
Herbert Docena, ricercatore di “Focus on the Global South”.

Traduzione a cura di Daniele Migrino e Andrea Grechi (Traduttori per la
Pace)

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2 – Il monopolio della realtà 
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di PierPaolo Ascari (ATTAC Modena)

Questo articolo è stato scritto poche ore prima dell’attacco

A questo punto e’ una questione di ore, poi i missili cominceranno a
fischiare. Missili convenzionali, missili cui manca qualche trascurabile
diottria, missili con una scritta divertente e liberatoria, “in culo a
Saddam” o ragazzate affini. Due o tre di questi missili rovineranno subito
sul Ministero dell’Informazione,, tranciando i cavi che permettono a Saddam
di cucinare le notizie di guerra e di drogare l’opinione dei suoi sudditi.
Dalle competizioni elettorali alla guerra, la superficie sulla quale si
estende il dominio della rappresentazione deve essere totale, senza
increspature e zone franche, tanto da tramutarsi in una vera e propria
privatizzazione della realta’. A settembre, quando i ministri dei paesi che
aderiscono al WTO si troveranno a Cancun, in Messico, per aggiornare
l’elenco dei servizi privatizzabili, bisognera’ che qualcuno lo dica: la
realta’ non e’ in vendita, se ne sono esaurite le scorte. Chi gestisce il
telecomando e’ il vero padrone di casa. I padroni della realta’ controllano
il modo in cui viene rappresentata e rendono narcotica la sovranita’ del
padrone di casa. C’e’ tutta una storia della guerra a luci soffuse che
comincia con l’invasione delle Malvinas, passa per il Kossovo e la Cecenia e
arriva a Kabul…
Non e’ solo una storia di falsi e di contrabbandieri, ma un romanzo
dozzinale di ciechi e di black-out che arrivano a scioglierne l’intreccio.
Oggi quel romanzo ricomincia: bisogna tagliare la lingua di Saddam, per
questo il Ministero dell’Informazione rimane uno dei target più prevedibili.
Poi la guerra delle notizie tracimera’ in un secondo tempo, più delicato e
paradossale: quello in cui chi e’ bombardato riceve informazioni, sul fatto
di essere bombardato, da chi lo bombarda. Non tramite la tivu’, la radio,
gli SMS, il satellite o internet. Niente di tutto questo. Probabilmente –
visto che da qualche giorno se ne fa un uso massiccio in alcune zone del
paese – verra’ rispolverato lo stesso mass-media adoperato dal generale
Alexander, nel 1944, per sbandare i nostri partigiani: il volantinaggio
aereo. Privatizzare, anche nel caso della realta’, non significa fornire un
buon servizio, all’avanguardia e competitivo, ma evitare che ne vengano
forniti altri.
Ma e’ davvero possibile? Davvero crediamo che un buon grafico e un signor
volantinaggio possano intaccare lo spirito nazionale di un popolo temprato
da decenni di esclusione (su tutti i fronti, compreso quello della pieta’
internazionale)? Che la promozione della guerra scalfisca gli orientamenti
prodotti dalla miriade di Saddam che tappezzano quelle strade e quelle
piazze? Che l’operazione di marcketing degli alleati faccia fiorire bande di
patrioti e comitati di liberazione nazionale? Che gli iracheni possano
rimanere ammaliati da un nuovo e cosi’ compromesso erogatore di realtà ,
insomma? Io francamente sono molto scettico. E penso inoltre che farsi
questo genere di illusioni significhi aver drammaticamente perso il senso
della misura, sovrastimarsi, non essere piu’ capaci di ammettere che ci sono
identita’ culturali e situazioni politiche più resistenti della nostra al
nostro modo di smerciare modelli di vita. C’è parecchio eurocentrismo – come
lo si chiamava una volta – in chi crede di convincere gli altri con un
volantinaggio: un’inconscia teologia del tutto-mercato, che giustifica e
redime, che si vende in ogni contesto e che, anzi, lo riconfigura.
Questa prospettiva può convincere i fattorini della democrazia d’asporto, ma
difficilmente modifichera’ gli orientamenti di chi riceve dagli stessi aerei
il lutto, la morte ”“ e la buona novella. Per la buona novella non si uccide:
al limite, ma proprio al limite, si muore. Del resto lo sanno anche al
Pentagono, nonostante lo ignorino parecchie migliaia di elettori che vivono
dell’area di egemonia del Dipartimento di Rumsfelds e che commettono
l’errore imperdonabile di confondere la democrazia con le definizioni
commerciali che escono dai nostri centri di comando. Il 15 febbraio, se non
altro, sta li’ a testimoniare che il numero di questi elettori e’ in una
fase di erosione.
Sicuramente al Pentagono, sul conto dei volantinaggi, non si fanno
illusioni. Certo, sanno di poter contare su un numero imprecisato di
disertori, ma in questo caso sara’ il terrore ”“ più che la
controinformazione ”“ a pilotare le scelte. Cosi’ dobbiamo concludere che
l’abbattimento del Ministero e dei ripetitori, i volantini, la lana di vetro
ideologico che gli esperti militari avvolgeranno intorno agli altoparlanti
di regime siano solo una manovra additiva, il contorno coreografico con cui
gli alleati serviranno la guerra sulle tavole di Baghdad? Un di piu’,
insomma, una misura supplementare, per non lasciarsi sfuggire nemmeno quella
dozzina di iracheni che – non ricevendo piu’ informazioni e venendo in
possesso delle modalita’ d’uso diffuse dalla Air-Force – gireranno tacchi e
fucili di 180 gradi?
No, o comunque non solo. Il target nel target, il vero destinatario del
missile che demolira’ il palazzo del Ministero e del putiferio di fotocopie
che piovera’ sull’Iraq saremo noi. Quel missile scongiurera’ l’ipotesi che
gli operatori di Saddam riprendano scene inopportune, le montino (come si
montano le immagini in un paese dittatoriale) e le spediscano alla redazione
dell’Al-Jazeera di turno. Quelle immagini potrebbero arrivare nei nostri
tinelli, accanto alle notizie più corroboranti montate dall’ufficio militare
che e’ stato appositamente allestito nei locali della CNN, accanto a una
retorica della democrazia a (doppio) domicilio, il nostro e quello iracheno.
E non e’ bello.
La propaganda di Saddam non rischia quindi di inquinare la buona
informazione degli iracheni, ma il monopolio della realta’ che si esercita
sul circuito delle notizie e delle opinioni occidentali. Non credo che ci
sia bisogno di troppa malizia per ammettere che questo sara’ l’effetto non
troppo collaterale del bombardamento al Ministero (riabilitato, reso
ragionevole dai volantinaggi), degli uffici di censura e dei miliardi di
fotogrammi che nelle prossime settimane usciranno da Washington per saturare
la nostra semiosfera. Per questo, tra le scritte dei missili che
cominceranno a precipitare fra poche ore sui tetti dell’Iraq, spero che un
soldato in vena di zingarate menzioni, oltre al tirannico sfintere di
Saddam, quello più democratico (ma non per questo meno praticabile) dell’
opinione pubblica mondiale.

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3 – La salvaguardia dell’egemonia: prima l’Iraq, poi l’Iran.
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Intervista del Wochenzeitung (Zurigo) del 06 marzo a Michel Chossudovsky*

WoZ: Cosa dovrebbe accadere perche’ si eviti l’incombente guerra in Iraq?
Michel Chossudovsky: Innanzitutto dobbiamo capire le cause e le conseguenze
di una guerra. Questa e’ una guerra di conquista che e’ soltanto al suo
inizio. Il governo di George W. Bush lo ha fatto capire chiaramente: prima
l’Iraq, poi l’iran. E’ una guerra che portera’ alla militarizzazione di una
grossa regione: dalla costa est del Mediterraneo fino al confine occidentale
della Cina. E non e’ solo una guerra indirizzata contro l’Iraq o l’Iran,
bensi’ anche contro gli interessi petroliferi degli stati europei. C’e’
un’enorme rivalita’ tra compagnie petrolifere, in particolare tra le ditte
angloamericane BP, Chevron-Texaco, Exxon e le compagnie europee come
Total-Fina-Elf e l’italiana ENI. Abbiamo dunque una contrapposizione tra il
blocco USA-Gran Bretagna e Francia-Germania. Questo non riguarda solo il
petrolio, ma anche l’industria degli armamenti.

WoZ: A causa di questa rivalita’ deve automaticamente essere condotta una
guerra contro l’Iraq?
Michel Chossudovsky: Si tratta dell’occupazione militare dei campi
petroliferi. Questo e’ un obiettivo importante. Gli Europei si trovano di
fronte alla domanda se parteciparvi o no al fine di ottenere una presenza
militare in Medio Oriente, come in Jugoslavia. Ma la forte rivalita’ tra le
grandi potenze rende difficile un’azione militare comune in questo momento.

WoZ: Il governo Bush ha altri interessi economici per portare avanti una
guerra?
Michel Chossudovsky: L’egemonia statunitense potrebbe rafforzarsi
ulteriormente con questa guerra di conquista che e’ in programma. Con
l’introduzione dell’Euro, il Dollaro si e’ ritrovato una concorrenza. In
alcuni stati dell’ex blocco dell’Est, ad esempio nelle ex repubbliche
Sovietiche dell’Asia centrale, si e’ affermato il Dollaro. In Europa
dell’est, Jugoslavia e in alcuni stati dell’ex Unione Sovietica si e’ invece
imposto l’Euro.

WOZ: Il direttore della Banca Centrale statunitense, Alan Greenspan, mette
pero’ in guardia da una guerra in Iraq, perche’ potrebbe indebolire
ulteriormente le congiunture…
Michel Chossudovsky: Ci sono molte contraddizioni, e viviamo in un mondo
molto complesso. Ma io sono fermamente convinto che la meta delle operazioni
militari e strategiche del governo statunitense sia anche la
destabilizzazione dei sistemi monetari di altre nazioni, per poter cosi’
assicurare il predominio statunitense nel mondo.

WOZ: Quanto e’ forte l’intreccio militare e politico negli Stati Uniti?
Michel Chossudovsky: Negli Stati Uniti c’e’ una massiccia deviazione di
denaro pubblico a favore dell’ambito militare. Una ditta di armamenti non
produce per il mercato libero, bensi’ vende al Ministero della Difesa. Senza
l’acquirente statale questa ditta e’ morta. Gli importi che vanno a finire
nell’industria degli armamenti anziche’ nei servizi sociali sono enormi: il
budget della Difesa statunitense e’ del trenta per cento piu’ alto
dell’intero prodotto interno lordo della Federazione Russa, in cui vivono
piu’ di 150 milioni di persone. Le ditte di armamenti esercitano un enorme
influsso sullo stato, insieme alle compagnie petrolifere, finanziare e
farmaceutiche. L’apparato militare, i servizi come la CIA o i Ministeri sono
fortemente legati a livello personale con gli interessi di queste compagnie.
Nei consigli di vigilanza dell’industria degli armamenti si incontrano
spesso ex direttori della CIA, e dei generali lavorano per le compagnie
petrolifere.

WoZ: Tutto cio’ non suona un po’ come una teoria del complotto?
Michel Chossudovsky: Il legame degli interessi economici e militari cosi’
come l’influsso dei servizi segreti sul settore pubblico sono molto
evidenti. Per questo ultimamente ho concentrato la mia ricerca economica
sulle operazioni nascoste dei servizi segreti con le quali si preparano le
guerre. Il governo Bush afferma in malafede di voler condurre la guerra
contro l’Iraq per motivi umanitari. Afferma l’esistenza di un legame tra il
governo iracheno e Al-Quaeda di Osama Bin Laden, il che e’ pura propaganda.
Non e’ invece propaganda il fatto che la CIA per motivi di anticomunismo
abbia contribuito all’affermazione dei Mujaheddin in Afghanistan. Ancora
durante la presidenza di Bill Clinton il governo statunitense ha appoggiato
gruppi islamici in collegamento con Al-Quaeda.

WoZ: Questo pero’ si riferisce alla guerra in Jugoslavia ed era prima
dell’11 settembre?
Michel Chossudovsky: Si, era in Bosnia, ma dopo la guerra fredda. D’altra
parte abbiamo mantenuto relazioni con il servizio segreto pakistano ISI, che
fino all’11 settembre aveva buoni legami con il regime Talebano cosi’ come
con i servizi statunitensi. Da questo non traggo nessuna conseguenza
definitiva sui gesti concreti, ma questi fatti non possono andare dossolti
della discussione politica.

Michel Chossudovsky (60) e’ Professore di Economia presso l’Universita’ di
Ottawa, Canada e direttore della rivista “Global Outlook”.

Traduzione a cura di Silvia Necco

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4 – Diecimila soldati Usa nella Repubblica Dominicana: un altro fronte di
guerra
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di Pascual Serrano www.pascualserrano.net

Un accordo tenuto accuratamente segreto, trapelato dalle notificazioni
diplomatiche riservate del 2 e del 22 novembre 2002, stabilisce l’ingresso
di diecimila soldati degli Stati Uniti nel territorio della Repubblica
Dominicana tra il primo gennaio e il 31 marzo di quest’anno. Così è stato
rivelato dal principale partito della sinistra domenicana, Fuerza de la
Revolucion.
L’accordo, denominato Programma Nuovo Orizzonte, ha come obiettivo militare
disporre di una testa di ponte che serva da base per le loro forze di
operazioni rapidi radicali in Porto Rico. Fonti della sinistra dominicana
pensano che queste intenzioni del governi Bush confermino i suoi grandi
timori di fronte alla possibile espansione dell’attuale onda trasformatrice
rappresentata oggi dalla Rivoluzione Bolivariana del Venezuela, l’
insurrezione colombiana, il trionfo di Lula in Brasile, la vittoria di Lucio
Gutierrez in Ecuador e l’intensificarsi delle lotte in Bolivia, Uruguay,
Argentina e Perù.
Le truppe nordamericane arriveranno in gruppi di 200 effettivi ogni due
settimane fino a completare il totale del contingente, non dovranno
rispettare nessun requisito migratorio, né avranno la licenza di guida e non
dovranno pagare nessuna imposta o tariffa locale.
Allo stesso tempo potranno usare uniformi e armi senza alcun limite,
potranno spostare gruppi militari e civili (inclusi aerei, elicotteri, navi,
armi, veicoli) senza che possano essere ispezionati dalle autorità 
dominicane. Potranno, inoltre, utilizzare le acque territoriali, lo spazio
aereo, lo spazio radar e il loro sistema di comunicazioni a piacere e senza
costo alcuno. La giustizia dominicana non avrà  nessun competenza sulle
azioni di quelle truppe sul proprio territorio, la giurisdizione sarà  solo
degli Stati Uniti, cosa che coprirà  la totale impunità  delle azioni di un
contingente militare straordinario. Così, qualunque reclamo da parte di
terzi dovrà  essere presentato alle autorità  statunitensi senza la
partecipazione della autorità  dominicana, cosa che prevede in pratica l’
impossibilità  di qualunque reclamo per danni o perdite umani o materiali.
D’altro canto, il governo USA, il suo personale e i suoi titolari di
contratti potranno importare, esportare, utilizzare qualunque proprietà 
personale, gruppi tecnologici, servizio del personale, effettuare
addestramento senza alcun tipo di restrizione e senza alcun costo. Il
personale statunitense sfrutterà  tutte le risorse per garantirsi sicurezza
in aria, terra e mare, e il governo dominicano dovrà  cooperare in tutto
quello che gli verrà  chiesto. L’accordo ha la firma a tergo del presidente
dominicano Hipolito Mejia.
Le autorità  nordamericane giustificano questo intervento militare senza
precedenti dall’invasione del 1965, come “controllo di frontiere,
costruzione di opere civili, collaborazione e addestramento truppe per
combattere il narcotraffico, il terrorismo e l’immigrazione illegale”.

Tratto da www.rebellion.org

Traduzione a cura di Andrea Pieralli

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5 – Il Wto collassa sotto la sua stessa ambizione
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di Nicole Bullard (Focus on Global South)

Appena un anno dopo che i paesi industrializzati avevano annunciato
trionfantemente il lancio del “ciclo di sviluppo di Doha” nei negoziati
commerciali, il WTO sta collassando sotto il peso delle sue stesse
ambizioni.
Il mese scorso, le discussioni su TRIPS e la salute – viste da molti come
l’unico risultato positivo di Doha – sono cadute nello scompiglio quando i
governi africani le hanno lasciate con disgusto. Alla settimana prima della
fine dell’anno non c’è ancora alcun segno di accordo, nonostante i pesanti
sforzi degli USA di ricattare i governi del Sud perché accettino che le loro
richieste sull’accordo siano limitate a tre malattie, più una lunga serie di
altre limitazioni che avrebbero in realtà  l’effetto di distruggere
l’industria farmaceutica locale nei paesi in via di sviluppo in cui già 
esiste e forzerebbe gli altri dipendere dall’Occidente. Questa è la “grande
vittoria” di Doha.
Il WTO è anche scosso da un’agitazione sindacale, perché il personale del
segretariato si è impegnato in uno sciopero bianco per richiedere aumenti e
nuove assunzioni. Il sindacato del personale sostiene che gli stipendi sono
rimasti invariati per dodici anni (dai tempi del GATT), che il carico di
lavoro è aumentato del 30 per cento dal 1999, che il numero totale di
parole tradotte è aumentato del 29%, gli incontri formali e informali del
35%, mentre le attività  di assistenza tecnica sono aumentate del 25%.
Tuttavia, il numero del personale è aumentato solo del 5% in questo periodo
e i costi per il personale solo del 7,8%. Mentre in ottobre il Dr Supachai
ha ricevuto un aumento significativo, retrospettivo al 1 settembre, data di
inizio dell’incarico, di circa 45.600 CHF (31.875 USD) all’anno al suo
stipendio annuale base di 287.000 CHF (200.610 USD).
Il problema non è nuovo: molte delegazioni dei paesi in via di sviluppo
conoscono in prima persona l’impossibilità  di tenere il passo con gli
impegni eccessivi, quando semplicemente non hanno il personale per coprire
tutti gli incontri e continuare i negoziati – perfino quando sono in gioco
i loro stessi interessi commerciali.
Sembra che il personale del WTO abbia tratto la stessa conclusione: l’agenda
del WTO è troppo piena e il carico di lavoro è impossibile da gestire.
Questo avvantaggia i paesi ricchi che hanno una grande quantità  di esperti
legali, giuristi del commercio e negoziatori per seguire gli incontri di
ogni commissione e leggere tutti i documenti, ma è un ostacolo enorme per le
delegazioni dei paesi in via di sviluppo. La soluzione non è forzare i paesi
in via di sviluppo e il personale a mantenersi all’altezza di pochi paesi
ricchi, bensì rallentare tutta l’agenda, in modo di dare a tutti – personale
compreso – il tempo di compiere il proprio lavoro in modo corretto e
appropriato.
Anche il Dr Supachai Panitchpakdi, direttore generale del WTO, è nervoso a
causa dell’agenda troppo carica, una preoccupazione che è stata espressa
molto chiaramente ai primi di Dicembre, quando ha detto che “con il numero
di scadenze che ci attende, dobbiamo essere coscienti del rischio di
rinviare troppe cose. Non possiamo rischiare di sovraccaricare l’agenda per
i Ministri a Cancun. Se quella conferenza non è un successo, ho paura che
l’intero ciclo potrebbe essere messo a repentaglio.
L’avvertimento di Supachai è pensato per far pressione su tutti i membri per
risolvere le loro differenze, ma mostra anche che la paura che Cancun si
risolva in un disastro non è lontana dai suoi pensieri, cosa non
sorprendente, visto che Supachai ha puntato il proprio successo sulla
conclusione dei negoziati di Doha entro il 2005.
L’ultimo segno di una crisi profonda nel WTO è il documento riassuntivo
delle modalità  agricole divulgato il 18 dicembre dal presidente della
commissione sull’agricolturoa Stuart Harbinson. Nelle parole
dell’osservatore veterano del WTO Chakravarthi Raghavan, il documento di 90
pagine “scava la fossa all’ “agenda dello sviluppo” del nuovo ciclo di
negoziati ed al programma di lavoro lanciato al 4° incontro ministeriale a
Doha nel novembre 2001″, mentre l’Istituto Statunitense per l’Agricoltura e
la Politica Commerciale (IATP) ha detto che tale documento mostra “quanto
rimangono lontani i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo” “Pensare
che il WTO possa prendere 90 pagine di grandi differenze e le converta i 10
accordi in tre mesi e che gli accordi aggiunti reggano, sembra realmente
esagerato” è stata la risposta iniziale dello IATP.
Forse il miglior giudizio su dove si stia dirigendo il WTO viene dal vice
segretario del PSI Mike Waghorne che, in un e-mail di fine anno sullo stato
dell’attività  ha citato Aleksandr Solzhenizyn: “Puoi avere potere sulle
persone finché non gli togli tutto. Quando hai derubato un uomo di tutto
quello che ha, non è più in tuo potere – è di nuovo libero.”

Traduzione a cura di Paola Albergamo


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