PROPOSTA DI DELIBERAZIONE CONSILIARE PER L’ADESIONE AL PARCO DELL’ALTA MURGIA



Oggetto: Legge n. 394 del 6 dicembre
1991 e Legge n. 426 del 9 dicembre 1998, art. 2, comma 5 –
Adesione del Comune di Altamura all?istituendo Parco
Nazionale dell?Alta Murgia.



________

Il Consiglio Comunale di Altamura,

PREMESSO CHE

  • le dinamiche messe in atto dai processi di trasformazione
    territoriale e gli effetti indotti dai profondi cambiamenti che
    hanno investito il mondo rurale, hanno determinato, negli ultimi
    anni, un processo di intensa modificazione anche dell?uso
    e dell’immagine stessa del paesaggio murgiano. Sia le componenti
    antropico-insediative che quelle fisiche naturali appaiono oggi,
    per varie cause concomitanti, in uno stato di forte degrado;
  • l’Alta Murgia rischia di diventare ricettacolo
    di fanghi di depurazione e reflui, in violazione al Piano Regionale
    delle Acque;
  • la proliferazione, inoltre, a 360° di costruzioni
    residenziali e no (alcuni dei quali di dimensioni ragguardevoli)
    continua a “consumare” e frammentare porzioni sempre più
    vaste di territorio;
  • l’Alta Murgia paga il prezzo di una pesante servitù
    militare: 5 poligoni di tiro, tre dei quali in agro di Altamura,
    pressoché permanenti ed una polveriera (quella di Poggiorsini)
    su cui non solo grava il sospetto di essere stata già  utilizzata
    come deposito di scorie nucleari ma che uno studio commissionato
    all?ENEA individuerebbe quale sito “idoneo” per
    il Deposito nazionale di materiali radioattivi;
  • la scoperta dell?Uomo di Altamura e delle
    Orme dei Dinosauri avvenuta nel territorio di Altamura, arricchiscono
    un patrimonio di rilevanza mondiale che attende ancora di essere
    studiato e valorizzato ai fini turistici con la prevedibile e
    positiva ricaduta economica su ampi settori della produzione e
    dei servizi locali.

RILEVATO CHE

  • la salvaguardia delle risorse naturali di questo
    territorio non può limitarsi ad una semplice logica di
    conservazione passiva, ma deve semmai passare attraverso un processo
    complessivo di rivitalizzazione dei suoi complessivi assetti territoriali;
  • le qualità  di quest?area richiedono
    pertanto un intervento non settoriale di semplice istituzione
    di un’area protetta, ma piuttosto una strategia complessa capace
    di avviare, insieme ad una politica di attenta salvaguardia delle
    risorse ambientali, un processo di riequilibrio territoriale;
  • l’importante valore ecologico, storico e culturale
    del paesaggio altomurgiano e la stessa difesa del patrimonio di
    diversità  biologica non possono prescindere, anzi in questo
    caso dipendono, da una attenta salvaguardia dei paesaggi agricolo-pastorali
    prodotti dalla millenaria azione dell’uomo, si intende attraverso
    l’istituzione di un parco creare le condizioni affinché
    questo territorio possa diventare il laboratorio di una convivenza
    tra uomo e natura; un laboratorio in cui sperimentare un progetto
    concreto di valorizzazione e di promozione della straordinaria
    ricchezza umana, culturale e naturale presente in questo contesto,
    in grado di realizzare l’obiettivo del riequilibrio territoriale,
    attraverso la gestione sostenibile delle risorse naturali e territoriali;
  • andando oltre la politica dei veti e dei divieti,
    si intende promuovere l’istituzione di un parco che faccia della
    salvaguardia attiva, della promozione dello sviluppo rurale, in
    chiave ecologicamente sostenibile, nonché della reinterpretazione
    del patrimonio ereditato dal passato, l’obiettivo prioritario
    da raggiungere;
  • si intende in questo modo non solo conservare –
    in quanto essenziale per il mantenimento della biodiversità 
    a livello continentale – questo particolare “giardino di pietra”,
    esito della millenaria interazione fra uomo e natura, ma anche
    lavorare per far sì che la “cultura del paesaggio”, che
    ha prodotto l’immagine e l’identità , ma anche la naturalità 
    stessa di questo territorio possano diventare il motore stesso
    di un nuovo progetto di sviluppo sostenibile per questo territorio;
  • a questo proposito si intende promuovere, con la
    stessa istituzione del parco ed in coerenza con gli obiettivi
    del V Programma d’azione europea, l’avvio di un approccio integrato
    che, escludendo la visione settoriale dei problemi esistenti,
    operi:
  1. per garantire certezza e futuro alla economia del
    mondo agricolo e zootecnico in considerazione del rischio di esclusione
    delle regioni del Sud Italia (attualmente ricomprese nell?Obiettivo
    1 delle Iniziative comunitarie) dalle future forme di intervento
    e sostegno economico-finanziario dello Stato italiano e dell?Unione
    Europea;
  2. per salvaguardare i caratteri geomorfologici, geologici
    e idrologici, le componenti biotiche del territorio;
  3. per valorizzare le aree rurali attraverso la loro
    qualificazione globale, ovvero sociale, ambientale, economica;
  4. per realizzare un equilibrio sostenibile tra l’attività 
    agricola, le altre forme di sviluppo rurale e le risorse naturali
    dell’ambiente;
  5. per salvaguardare in un?ottica attiva le strutture
    storiche e gli assetti di paesaggio;
  • l’obiettivo che l’istituzione di questo parco si
    prefigge non può evidentemente essere raggiunto semplicemente
    attraverso l?imposizione di decreti e di divieti, ma deve
    al contrario diventare l’esito di un progetto di costruzione
    collettiva
    ;
  • la costruzione di questo Parco deve a questo proposito
    trasformarsi in un’occasione per attivare, grazie alle risorse
    messe a disposizione dalla comunità  nazionale e internazionale,
    un vero e proprio cantiere pilota, di “produzione ambientale”,
    un grande “cantiere aperto” che potrà  svilupparsi
    solo nel tempo attraverso il diretto coinvolgimento, su diversi
    piani e livelli, dei diversi soggetti locali, e attraverso una
    molteplicità  di azioni, procedure e progetti che dovranno
    scaturire dall’imprevedibile creatività  di tutti coloro
    che vorranno partecipare al suo stesso svolgimento;
  • in questo senso il Parco anziché limitarsi
    ad agire per vincoli, dovrà  trasformarsi in una sorta di
    catalizzatore e in un diffusore di nuova progettualità 
    ambientale e territoriale;
  • perché questo avvenga è necessario
    impegnarsi per costruire processi nuovi attraverso cui attivare
    dal basso una nuova cultura dell’imprenditorialità  ambientale;
    sperimentare modalità  alternative di pianificazione e di
    programmazione degli interventi; esplorare nuove forme di coinvolgimento
    e sostegno degli operatori pubblici e privati; sviluppare tecnologie
    e saperi innovativi, garanti e rispettosi dell’identità 
    di questo territorio;
  • occorre lavorare ed agire in maniera tale che sia
    la stessa società  locale, a cui da sempre nel tempo è
    stata affidata la produzione e la manutenzione delle risorse ambientali,
    a trovare nelle “opportunità ” offerte dalla realizzazione
    di un parco, il motore attraverso cui attivare un nuovo progetto
    di sviluppo in grado di sgelare e di rimettere in moto “i margini
    di energia inutilizzata” e la creatività  diffusa in questo
    contesto;
  • solo in questo modo il Parco, anziché essere
    vissuto come una imposizione potrà  diventare uno strumento
    fatto proprio e scelto dalle popolazioni locali;
  • all’interno di questa logica il momento dell’istituzione
    rappresenta evidentemente un momento fondamentale: è con
    l’istituzione che si gettano le fondamenta per la costruzione
    del Parco, si individuano gli obiettivi e le finalità ,
    si definiscono i confini, si gettano le basi del riconoscimento
    delle qualità  e delle specificità  territoriali e
    soprattutto si costruiscono le basi del dialogo fra i diversi
    enti preposti alla sua stessa costruzione. Si mettono insomma
    le fondamenta per l’avvio di un “cantiere” che durerà  nel
    tempo.

CONSIDERATO CHE

  • l’Alta Murgia aspira ad assumere un ruolo di primo
    piano nel più vasto contesto territoriale in cui si colloca
    e ciò risponde alla necessità  di poter coniugare
    la tutela di un patrimonio di enorme valore storico ed ambientale
    con un’ipotesi di sviluppo sostenibile, in grado di emanciparla
    dalla condizione di marginalità  economica e dal degrado
    in cui sempre più versa;
  • il risultato del percorso compiuto da un vasto
    ed eterogeneo movimento di forze politiche e sociali consiste
    nel riconoscimento dell’Alta Murgia prima come “area di reperimento”
    per nuovi parchi nazionali (L. n. 394/91, art. 34) e poi come
    Parco Nazionale (L. 426/98, art. 2 comma 5, 0, 0);
  • l’istituzione del Parco, in realtà , non
    è altro che la presa d’atto di una serie di vincoli già 
    esistenti sul territorio. Infatti, per la particolarità 
    del sistema idrogeologico (vi si riscontra l’intera gamma dei
    fenomeni carsici presenti su tutto il territorio nazionale), l’Alta
    Murgia è sottoposta a vincolo [R.D. 30.12.1923 n. 3267;
    L. 10.5.76 n. 319 e sue modifiche; P.R.A. (Piano Regionale Acque)
    del. Cons. Reg. n. 455 del 10.5.1984];
  • l’Alta Murgia è stata individuata come Zona
    di Protezione Speciale (ZPS), ai sensi della Direttiva 79/409/CEE
    (Direttiva per la conservazione degli Uccelli selvatici selvatici
    – codice IT9120007; Sup. 143.152), con nota del 24.12.1998 per
    SCN/DG/98/20775 del Ministero dell?Ambiente. Si tratta di
    un?area di grande importanza che ospita specie ad habitat
    di interesse comunitario già  individuata come S.I.C. (Sito
    d?Interesse Comunitario) ai sensi della Direttiva 43/92 CEE
    “Habitat”;
  • insistono inoltre sul territorio altri vincoli
    quali quelli della Legge Galasso e successive modifiche (L. n.
    431/85 e L.R. n. 30/90), della direttiva 43/92/CEE relativa alla
    conservazione degli Habitat naturali e seminaturali nonché
    della flora e fauna selvatiche, del Piano Regionale Acque (Del.
    Cons. Reg. 455/84), del PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico, 0, 0);
  • i processi di degrado rischiano di cancellare per
    sempre gli ecosistemi naturali ed antropici dell’Alta Murgia;
  • la legge 426/98 art. 2 comma 5 istituisce il Parco
    Nazionale dell?Alta Murgia, previa intesa tra Ministero dell?Ambiente
    e Regione Puglia;
  • la Regione Puglia con la Legge Regionale che ha
    introdotto le “Norme per l’istituzione e la gestione delle
    aree naturali protette nella Regione Puglia”, nell’art.5,
    ha individuato l’Alta Murgia come area protetta;
  • il Ministero dell’Ambiente ha più volte
    sollecitato la Regione Puglia a sottoscrivere l’intesa (note del
    6/10/99 e del 22/12/99 del Servizio Conservazione Natura, 0, 0);
  • il Ministero dell?Ambiente e la Regione Puglia
    hanno già  erogato finanziamenti (Intervento E13 del Piano
    Triennale del Ministero dell?Ambiente) per uno “Studio
    per il Piano di Area dell?Alta Murgia”, attualmente
    in fase di avanzata elaborazione da parte del Politecnico di Bari,
    Dipartimento di Architettura e Urbanistica;
  • i Comuni inclusi nell’area dei Parco fino ad oggi
    – con l?eccezione del Comune di Altamura – hanno già 
    espresso, a più riprese, il loro assenso presso la Regione
    Puglia e il Ministero dell?Ambiente all’intesa per l’istituzione
    del Parco Nazionale dell’Alta Murgia [Documenti approvati in occasione
    delle Conferenze di Servizi (ex art. 14 L. 241/90 e art. 17, comma
    4, L. 127/97) tenute presso il Comune di Ruvo di Puglia il 27/02/98
    e di Andria il 27/10/2000];
  • il Consiglio Comunale di Altamura ha deliberato,
    in prima istanza, di aderire all?istituzione del Parco dell?Alta
    Murgia (Deliberazione di Consiglio Comunale n. 28 del 17.02.1992)
    e successivamente, senza tener conto della precedente deliberazione,
    ha deliberato di “demandare all?istituto del “Referendum
    consultivo”, così come previsto dall?art. 66
    dello Statuto di questo Comune, la determinazione in ordine alla
    istituzione del Parco dell?Alta Murgia” (Deliberazione
    di Consiglio Comunale n. 82 del 3 dicembre 1993, 0, 0);
  • tale Referendum consultivo, in realtà , non
    si è mai tenuto nel corso di questi otto anni, in quanto
    l?istituto referendario, pur previsto dallo Statuto comunale,
    non è mai stato vigente non essendo mai stato adottato,
    come dispone lo Statuto, il relativo regolamento;
  • non si ritiene di protrarre oltre la situazione
    di incertezza e contraddittorietà  determinatasi in virtù
    dell?adozione di due deliberazioni consiliari di tenore e
    contenuto differente (rispettivamente le deliberazioni n. 28/92
    e n. 82/93, 0, 0);
  • in particolare non si ritiene di procrastinare
    ulteriormente, subordinandola ad un istituto referendario privo
    ancora di efficacia ed operatività , ogni determinazione
    in ordine all?adesione del Comune di Altamura al Parco Nazionale
    dell?Alta Murgia (istituito, peraltro, con legge dello Stato
    n. 426/98), in quanto si registra un consenso diffuso e a più
    riprese rinnovato nella società  civile ed in altri settori
    produttivi, da parte dell’Università , del mondo della scuola
    e della ricerca scientifica, delle associazioni culturali, ambientaliste
    e professionali, delle comunità  ecclesiastiche e religiose;
  • le associazioni di categoria ed ambientaliste (ACLI,
    Confcommercio ed i sindacati unitari CGIL, CISLI, UIL) hanno espresso
    consenso all’istituzione del Parco; quest?ultime insieme
    alla COLDIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA, ITALIA NOSTRA, WWF e LEGAMBIENTE
    hanno sottoscritto un documento unitario (Bari ? 10 maggio
    1999) nel quale esprimono parere sostanzialmente favorevole all?istituzione
    del parco.

VISTO

  • l? art. 2, comma 5, della legge n. 426/98;
  • il DPR n. 357 del 8.9.97, “Regolamento di attuazione
    della direttiva 43/92/CEE relativa alla conservazione degli
    habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della
    fauna selvatiche;
  • la Direttiva 409/79/CEE;
  • il P.U.T.T. e P.B.A. (Piano Urbanistico Territoriale
    Tematico e Piano Beni Ambientali) adottati dalla Giunta Regionale
    con deliberazione n. 69165/1994;
  • il P.R.A. (Piano Regionale Risanamento Acque) approvato
    con deliberazione del Cons. Reg. n. 455 del 10.5.1984;
  • la L. n. 431/1985 (Tutela di zone di particolare
    interesse ambientale, 0, 0);
  • la L.R. 19/1997, art. 5 (individuazione dell’Alta
    Murgia come area protetta, 0, 0);
  • il DPR 12.4.1996 (atto di indirizzo e coordinamento
    concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto
    ambientale, 0, 0);
  • la nota dell’Assessorato Regionale all’Ambiente
    del 16.2.2000 recante le nome di attuazione dei DPR n. 357/97
    per la Zona di Protezione Speciale “Alta Murgia”;
  • il D.M. del 3.04.2000 (elenco siti SIC e delle
    zone di protezione speciale, G.U. n. 95 del 22.04.2000, 0, 0);
  • il Reg. CEE n. 1765/92, art. 9 (PAC seminativi, 0, 0);
  • il Reg. CEE n. 1257/99 (sostegno allo sviluppo
    rurale – FEOGA, 0, 0);
  • il Reg. CEE n. 1260/99 (disposizioni generali sui
    fondi strutturali, 0, 0);
  • il Programma Operativo Regionale (P.O.R.) 2000-2006
    (fondi strutturali, 0, 0);
  • la L.R. n. 7/98 (nome per l’esercizio delle funzioni
    relative agli usi civici e terre collettive, 0, 0);
  • le risultanze della Conferenza di servizi convocata
    dal Presidente Regione Puglia pro-tempore il 24.11.1993 in Bari,
    per la proposta di perimetrazione e di definizione delle norme
    di salvaguardia provvisoria del Parco Nazionale dell’Alta Murgia;
  • il documento approvato dai Comuni del Parco nella
    Conferenza di servizi convocata presso il Comune di Ruvo di Puglia
    il 27/02/98 ed il Comune di Andria il 27/10/ 2000,

DELIBERA

1) di revocare la precedente Deliberazione
di Consiglio Comunale n. 82 del 3 dicembre 1993;

2) di aderire alla istituzione
del Parco Nazionale dell?Alta Murgia, avendo individuato in
esso la perfetta rispondenza degli obiettivi di tutela ambientale
e di sviluppo economico delle attività  agro-silvo-pastorali
compatibili con il proprio territorio, con riferimento alla L. n.
394 del 6.12.91 e alla L. n. 426 del 9.12.1998, art. 2;

3) di invitare la Regione Puglia
a concludere tutte le procedure di sua competenza per pervenire
nel più breve tempo possibile alla sottoscrizione del documento
d?intesa con il Ministero dell?Ambiente (L. 426/98, art.
2, comma 5, 0, 0);

4) di invitare il Ministero dell?Ambiente
a concludere con urgenza le procedure previste dalle leggi su indicate
(punto 1) per l?emanazione del Decreto del Presidente della
Repubblica di Istituzione del Parco Nazionale dell?Alta Murgia
(L. 426/98, art. 2, comma 5, 0, 0);

5) di istituire un Comitato tecnico-istituzionale
coordinato dal Sindaco e dagli assessori competenti e con la partecipazione
delle Associazioni di categoria e ambientaliste al fine di seguire
attivamente e in sinergia con tutti gli altri Enti coinvolti, tutte
le fasi della questione, di redigere una mappa delle emergenze e
del degrado del territorio di Altamura, delle priorità  da
seguire, di formulare proposte operative;

6) di incaricare il Sindaco e gli
assessori competenti ad attivare tutte le iniziative ritenute necessarie
per il coinvolgimento attivo della comunità  cittadina e delle
sue espressioni politiche, economiche e culturali organizzate, ed
in particolare a porre in essere ogni iniziativa utile a garantire
la partecipazione e il coinvolgimento delle associazioni di categoria

e ambientaliste locali all?interno
dell?istituendo Comitato di gestione dell?Ente Parco;

7) di inviare copia del presente
deliberato al Ministro dell?Ambiente e al Servizio Conservazione
e Natura del Ministero dell?Ambiente, al Presidente della Regione
Puglia e all?Assessore regionale all?Ambiente, nonché
a tutti i Sindaci dei Comuni dell?Alta Murgia;

8) di dare mandato al Sindaco e
alla Giunta a provvedere alla revoca di ogni atto o determinazione
in contrasto con la presente deliberazione e di dare esecuzione
alla stessa;

9) di impegnare l?Amministrazione
comunale ad attivare sin da ora, sui rispettivi territori comunali
inseriti nell?area dell?istituendo parco, politiche urbanistiche
ed ambientali rispettose dei vincoli già  presenti e di salvaguardia
dei valori ambientali ivi presenti;

10) di dichiarare il presente provvedimento
immediatamente eseguibile ai sensi dell?art. 134, comma 4,
D.lgs 18 agosto 2000 n. 267.

La Classe morta di Genova

* * *

La
Classe morta di Genova

di enzo colonna
(consigliere comunale indipendente del gruppo DS)

 

Una premessa.

Pur avendo ancora saldamente impresse
negli occhi le immagini raccapriccianti degli episodi di Genova,
credo che non si possa ragionevolmente dubitare della natura e funzione
democratica delle forze dell’ordine italiane, nel loro complesso;
sono composte infatti dai nostri fratelli, padri, figli, da gente
soprattutto di questo Sud che in quel lavoro riesce a trovare l’unica
chance di vita e di futuro. Ciò che non mi convincono,
invece, sono i ragionamenti e le direttive dei vertici di queste
forze dell’ordine: i vertici di apparato ed i vertici politici.

Una considerazione.

Un tragediografo polacco, Tadeuz Kantor,
è passato alla storia del teatro di questo secolo con una
sua bellissima opera titolata “La Classe morta”. Nell’opera
compaiono ormai adulti ed invecchiati, ricoperti di ragnatele ed
impolverati, una serie di personaggi raffiguranti i suoi vecchi
compagni di classe, nel Liceo di Cracovia, tutti seduti sui banchi
a raccontarsi durante una nuova, ultima ed improbabile giornata
di scuola. Vi compaiono simboli, linguaggi, attitudini ed abitudini,
rappresentanti la galleria degli orrori di questo secolo: la prima
guerra mondiale, il nazismo, lo stalinismo, i campi di sterminio
ed i gulag, la Seconda Guerra Mondiale, Hiroshima e Chernobyl. Tutta
la classe vive questa giornata e compaiono sulla scena tutti i loro
vecchi insegnanti altrettanto impolverati, e con odor di vecchio.
Danzano scomposti tutti e sulle spalle reggono manichini/fantocci
raffiguranti i bambini che non sono più; alla fine, un grande
telone li ricopre, per il “grande imballaggio di fine secolo”. Il
regista autore, si muove per tutta l’opera come un estraneo
dentro la scena guardando dall’esterno questa rappresentazione
di ciò che una volta era realtà, ed oggi appare come
la decrepita e polverosa rappresentazione del passato. Lo spettacolo
appare un vero e proprio incubo con i colori ed i rumori dell’incubo
e dagli altoparlanti voci tetre che ricordano gli avvisi dettati
nei campi di sterminio, sirene, radio con voci d’epoca ravvivano
episodi già noti e vissuti, che riascoltati oggi appaiono
semplicemente ridicole rappresentazioni, purtroppo umane.

In questi giorni mi è tornata
alla mente la forza di quell’opera vista qualche anno fa’.

Non riesco ad immaginare diversi dai
personaggi della “classe morta”, gli uomini che insieme hanno pensato,
programmato e vissuto le giornate del G8 a Genova. Polvere, ragnatele,
ed odor di vecchio riavvolge questi uomini (tute nere e bianche,
da una parte; tute azzurre e grigie dall’altra) e credo che
a torto s’intraveda affacciarsi alle porte una nuova stagione
del terrorismo, per un verso, e del fascismo, per l’altro.

Si tratta solo di personaggi in vena
di apparizioni strumentali, che non si accorgono di portare con
se sulla scena l’orrida rappresentazione di una classe morta,
ridicola e scomposta, di maschere che accennano ad una danza che
appare macabra e parla un linguaggio che sembra urlato da vecchi
e gracchianti altoparlanti.

Dovevano essere solo delle belle giornate
di incontro, di protesta, di dialogo e di parole quelle che si apprestavano
a vivere le decine di migliaia di persone riunite a Genova e partite
da ogni parte del mondo, anche da Altamura, ed invece hanno incontrato
per strada molotov e lacrimogeni, estintori e pistole, bastoni e
manganelli, insomma una impolverata e decrepita “classe morta” che,
impaurita delle parole, ritiene ancora che si possano soffocarle
con una bastonata o una manganellata.

Ordine del Giorno su quanto avvenuto a Genova in occasione della riunione del G8

Consiglio Comunale del 27 luglio 2001

Noi Consiglieri

Premessa.

Pur avendo ancora saldamente impresse negli occhi le immagini raccapriccianti
degli episodi di Genova, crediamo che non si possa ragionevolmente dubitare della
natura e funzione democratica delle forze dell’ordine italiane, nel loro
complesso; sono composte infatti dai nostri fratelli, padri, figli, da gente soprattutto
di questo Sud che in quel lavoro riesce a trovare l’unica chance di
vita e di futuro. Ciò che non ci convince, invece, sono i ragionamenti
e le direttive dei vertici di queste forze dell’ordine: i vertici di apparato
ed i vertici politici.

Un tragediografo polacco, Tadeuz Kantor, è passato alla storia del teatro
di questo secolo con una sua bellissima opera titolata “La Classe morta”. Nell’opera
compaiono ormai adulti ed invecchiati, ricoperti di ragnatele ed impolverati,
una serie di personaggi raffiguranti i suoi vecchi compagni di classe, nel Liceo
di Cracovia, tutti seduti sui banchi a raccontarsi durante una nuova, ultima ed
improbabile giornata di scuola. Vi compaiono simboli, linguaggi, attitudini ed
abitudini, rappresentanti la galleria degli orrori di questo secolo: la prima
guerra mondiale, il nazismo, lo stalinismo, i campi di sterminio ed i gulag, la
Seconda Guerra Mondiale, Hiroshima e Chernobyl. Tutta la classe vive questa giornata
e compaiono sulla scena tutti i loro vecchi insegnanti altrettanto impolverati,
e con odor di vecchio. Danzano scomposti tutti e sulle spalle reggono manichini/fantocci
raffiguranti i bambini che non sono più; alla fine, un grande telone li
ricopre, per il “grande imballaggio di fine secolo”. Il regista autore, si muove
per tutta l’opera come un estraneo dentro la scena guardando dall’esterno
questa rappresentazione di ciò che una volta era realtà, ed oggi
appare come la decrepita e polverosa rappresentazione del passato. Lo spettacolo
appare un vero e proprio incubo con i colori ed i rumori dell’incubo e dagli
altoparlanti voci tetre che ricordano gli avvisi dettati nei campi di sterminio,
sirene, radio con voci d’epoca ravvivano episodi già noti e vissuti,
che riascoltati oggi appaiono semplicemente ridicole rappresentazioni, purtroppo
umane.

In questi giorni ci è tornata alla mente la forza di quell’opera di
qualche anno fa’.

Non riusciamo ad immaginare diversi dai personaggi della “classe morta”, gli uomini
che insieme hanno pensato, programmato e vissuto le giornate del G8 a Genova.
Polvere, ragnatele, ed odor di vecchio riavvolge questi uomini (tute nere e bianche,
da una parte; tute azzurre e grigie dall’altra) e crediamo che a torto s’intraveda
affacciarsi alle porte una nuova stagione del terrorismo, per un verso, e del
fascismo, per l’altro.

Si tratta solo di personaggi in vena di apparizioni strumentali, che non si accorgono
di portare con se sulla scena l’orrida rappresentazione di una classe morta,
ridicola e scomposta, di maschere che accennano ad una danza che appare macabra
e parla un linguaggio che sembra urlato da vecchi e gracchianti altoparlanti.

Dovevano essere solo delle belle giornate di incontro, di protesta, di dialogo
e di parole quelle che si apprestavano a vivere le decine di migliaia di persone
riunite a Genova e partite da ogni parte del mondo, anche da Altamura, ed invece
hanno incontrato per strada molotov e lacrimogeni, estintori e pistole, bastoni
e manganelli, insomma una impolverata e decrepita “classe morta” che, impaurita
delle parole, ritiene ancora che si possano soffocarle con una bastonata o una
manganellata.

CONSIDERATO CHE

  • La democrazia torna ad essere sospesa e minacciata. Dopo che la memoria
    dei nostri vecchi aveva faticosamente messo da parte i ricordi di Scelba e
    Tambroni, per limitarsi alla storia repubblicana, nuove e pesanti ombre minacciano
    il diritto al dissenso.
  • Ancora una volta alcune frange delle forze dell’ordine si fanno garanti
    e scudo di gruppi violenti per attaccare e reprimere i più convinti
    sostenitori delle libertà e dei diritti fondamentali degli individui.
    Ancora una volta ministri e governanti sostengono apertamente che l’unica
    democrazia possibile sia quella basata sull’ordine pubblico e sulla sicurezza.
  • In nome dell’Ordine e della Sicurezza è stato sospeso il Trattato
    di Schengen, è stata violata la Carta dei diritti fondamentali ed ogni
    altra minima garanzia delle libertà personali universalmente assicurate
    ad ogni individuo. Non solo, ma in questi giorni migliaia di persone continuano
    ad essere criminalizzati per aver manifestato il proprio dissenso da un sistema
    suicida ed autocelebrativo e per aver rubato la scena spettacolare per alcuni
    minuti agli otto potenti della Terra.

ESPRIMIAMO

il senso di incredulità per come è avvenuta la tragica morte del
giovane Carlo Giuliani, per come tanti manifestanti hanno scatenato falò
all’aperto, per come una città sia rimasta ferita, per come le immagini
di violenza abbiano fatto il giro del mondo, allo stesso tempo esprime solidarietà
a tutti coloro che hanno reso possibile quel dibattito che ha tenuto viva la coscienza
civile in questi giorni;

CONVENIAMO

  • che 1.300.000.000 di esseri umani vivono con meno di un dollaro al
    giorno;
  • che di 37.000.000 sieropositivi nel mondo, il 95% non ha accesso ai
    farmaci anti-aids;
  • che solo 366 persone hanno in mano il 40% della ricchezza del pianeta.

 

CONDANNIAMO

con fermezza le violenze di piazza, ma pure quelle compiute dai regimi, dai governi,
da chi detiene il potere sociale e sa compiere infamie tenendole ben nascoste
e rendendole persino accettabili con le buone maniere

INVITIAMO

Il Presidente della Repubblica e tutta la Magistratura a vigilare affinché
non vengano violate e messe in discussione le norme minime della convivenza civile
e dello stato di diritto

CONCORDIAMO

Con le richieste in queste ore avanzate

  • di dimissioni del Ministro dell’Interno Scajola per gravi responsabilità,
    omissive e commissive, nella gestione del territorio della città di
    Genova;
  • di istituire una Commissione d’inchiesta monocamerale affinché
    vengono accertate le modalità effettive della gestione dell’Ordine
    Pubblico nelle giornate dal 16 al 22 luglio nella città di Genova.

La delibera del Consiglio comunale sulla questione Oropan.

IL CONSIGLIO COMUNALE DI ALTAMURA
RIUNITOSI IN DATA 27 LUGLIO 2001

PREMESSO CHE

NEI GIORNI SCORSI SI SONO SVOLTE INIZIATIVE DI LOTTA PROMOSSE DAI SINDACATI DEI LAVORATORI DIPENDENTI DELL’INDUSTRIA DI PANIFICAZIONE DI ALTAMURA “OROPAN” A CAUSA DI UN MINACCIATO E POI MESSO IN ATTO “LICENZIAMENTO” DEL RAPPRESENTANTE SINDACALE AZIENDALE

TENUTO CONTO

CHE QUESTO GRAVE ATTO RISCHIA DI INCRINARE I POSITIVI RAPPORTI UNITARI FRA LE PARTI SOCIALI CHE HANNO FIN QUI SOSTENUTO LA REALIZZAZIONE DEL “DOP”PER IL PANE DI ALTAMURA, OLTRE CHE OFFRIRE UNA IMMAGINE ESTERNA NON POSITIVA DEL SETTORE E DELLA NOSTRA CITTA’ CHE HA BISOGNO DI TUTTE LE FORZE SANE E DEI CITTADINI IN TUTTI I PROCESSI DI SVILUPPO DEL NOSTRO TERRITORIO

PER TANTO AUSPICA

ED INVITA LA DIREZIONE AZIENDALE DELL?AZIENDA “OROPAN” A VOLER RECEDERE DALLA GRAVE DECISIONE DI LICENZIARE IL RAPPRESENTANTE SINDACALE AZIENDALE AL FINE DI FAVORIRE IL RIPRISTINO DELLE OTTIMALI CONDIZIONI DI RELAZIONI FRA LE PARTI SOCIALI PRESENTI NELLA NOSTRA CITTA’ NECESSARI ALLO SVILUPPO DELL’IMPRENDITORIA E DELL’OCCUPAZIONE.

DEPOSITO NAZIONALE DEI MATERIALI RADIOATTIVI SULLA MURGIA?

________

Il Consiglio Comunale di Altamura,

premesso che

  • in Italia, dopo la decisione di rinunciare definitivamente
    al nucleare da fissione come fonte energetica, si è posto
    il problema della definitiva messa in sicurezza dei rifiuti
    radioattivi
    e dello smantellamento degli impianti nucleari;
  • nel novembre 1997, il Ministro Bersani assunse
    l’impegno della costituzione di un tavolo. fra tutti gli attori
    interessati alla dismissione degli impianti nucleari in Italia
    per la definizione di un Piano di azione comune per la gestione
    degli esiti del nucleare;
  • ad aprile 1998 lo stesso Ministro ha proposto
    al Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e
    delle Province Autonome di Trento e Bolzano l’attivazione di un
    percorso partecipativo che permettesse una scelta concertata del
    sito e che consentisse la partecipazione delle Autonomie locali,
    sulla base di una corretta e completa informazione, scientificamente
    fondata, in quanto la disponibilità di un sito nazionale
    di smaltimento e deposito dei rifiuti radioattivi costituiva l’elemento
    essenziale e condizionante per la realizzazione del Piano. La
    proposta doveva concretizzarsi in un accordo di programma da stipularsi
    nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome;
  • nel luglio 1998 il Ministro ha istituito
    il “Tavolo Nazionale per la gestione degli esiti del nucleare”,
    composto da Governo, Regioni, UPI, ANCI, Organizzazioni Sindacali
    CGIL, CISL e UIL nazionali e di categoria, ENEL, ANPA ed ENEA,
    con il quale è stata avviata una fase di concertazione
    strategica sulle iniziative conseguenti alla chiusura del nucleare
    e sono state promosse le condizioni necessarie all’attuazione
    delle fasi operative della corretta gestione dei rifiuti radioattivi
    Al completamento della fase informativa, il Ministero dell’industria
    si attende che le regioni o gli enti locali possano manifestare
    un eventuale interesse a mettere a disposizione del Paese un sito
    che risponda, in via preliminare, ai requisiti di sicurezza necessari
    alla realizzazione di un centro di smaltimento;
  • a febbraio 1999, il Ministro Bersani durante
    un’audizione da parte della Commissione parlamentare d’inchiesta
    sul ciclo dei rifiuti si impegnò a presentare, entro 5-6
    mesi, un piano di gestione degli esiti del nucleare, anticipando
    già nella riunione alcuni punti sui quali si erano già
    consolidate opinioni certe;
  • a marzo 1999 è stato pubblicato il
    decreto legislativo n. 79 che ha dato attuazione alla direttiva
    96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia
    elettrica. Il decreto all’art. 13 prevede che l’ENEL costituisca,
    fra l’altro, una “Società per lo smaltimento delle centrali
    elettronucleari dismesse, la chiusura del ciclo del combustibile
    e le attività connesse e conseguenti, anche in consorzio
    con altri enti pubblici o società che, se a presenza pubblica,
    possono anche acquisirne titolarità”. Tale società,
    denominata SoGIN, è stata costituita a luglio 1999 e ad
    essa sono state conferite le quattro centrali elettronucleari
    ENEL, le risorse finanziarie accantonate nei fondi previsti a
    suo tempo per fare fronte ai futuri costi del decommissioning
    e della chiusura del ciclo del combustibile;
  • il 4 novembre 1999 è stato approvato
    l’Accordo di programma Stato-Regioni e Province autonome di Trento
    e Bolzano riguardante la definizione e l’allestimento di
    alcune misure volte a promuovere la gestione in sicurezza dei
    rifiuti radioattivi prodotti in Italia, nel cui ambito è
    anche previsto un percorso partecipativo, trasparente e consensuale
    per arrivare ad individuare e selezionare un sito per la realizzazione
    del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi;
  • il 14 dicembre 1999 è stato presentato
    il Piano per la gestione degli esiti del nucleare in Italia, ‘Documento
    di Indirizzi Strategici’, che il Ministro dell’Industria
    intende portare all’approvazione del Governo e del Parlamento,
    affinché, pur nei loro ruoli diversi, affrontino la sistemazione
    della eredità del nucleare con assunzione delle conseguenti
    responsabilità e decisioni. Il documento riporta gli obiettivi
    da conseguire, le risorse finanziarie necessarie e gli strumenti
    normativi e di gestione da adottare;
  • il 16 dicembre 1999 è stato costituito
    presso la Conferenza Stato — Regioni un Gruppo di lavoro
    composto da sette membri (designati dalle amministrazioni centrali
    e dalla conferenza dei presidenti delle regioni e delle province
    autonome) con il compito di sottoporre alla Conferenza stessa
    "un documento contenente: a) lo stato dell’arte
    degli studi e delle ricerche prodotti in ordine alla localizzazione
    e realizzazione del deposito, con eventuale prospettazione dei
    punti critici e degli argomenti di approfondimento; b)
    le proposte inerenti: le iniziative di informazione e gli strumenti
    di confronto e coinvolgimento delle popolazioni e degli Enti Locali;
    le procedure per la scelta del sito e gli strumenti di raccordo,
    con eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione
    strutturali e/o funzionali, che consentano la collaborazione e
    l’azione coordinata tra i diversi livelli di governo e di
    amministrazione, con evidenziazione delle soluzioni atte ad assicurare
    una maggiore semplificazione ed efficacia dell’azione amministrativa;
    le soluzioni e gli strumenti volti a promuovere e realizzare le
    condizioni per l’armonico inserimento del deposito nel contesto
    territoriale circostante";
  • tale Gruppo di lavoro avrebbe dovuto concludere
    le proprie attività entro luglio 2000 ma — si è
    appreso dalla risposta fornita il 13.03.2001 dall’allora
    Ministro dell’Industria Enrico Letta all’interrogazione
    4-25621 presentata dall’On.le Zaccheo – essendo "risultata
    l’istruttoria richiesta più complessa ed impegnativa di
    quanto previsto in sede di approvazione dell’accordo di programma
    si è deciso, in sede di Conferenza Stato-Regioni, di prorogare
    la durata dell’incarico fino a marzo 2001".

 

Rilevato altresì che

  • già all’inizio degli anni ’90
    presso "l’allora ENEA-DISP, un gruppo di qualificati
    specialisti ha svolto una indagine preliminare sui siti del demanio
    militare, allo scopo di verificare, in tale ambito, l’esistenza
    di siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito centralizzato
    nazionale di smaltimento definitivo dei rifiuti a media e bassa
    attività e a media-breve vita media. Dallo studio effettuato,
    che ha comportato anche indagini in situ mediante prelievi e carotaggi,
    sono risultati potenzialmente candidabili un sito nell’Italia
    meridionale e, in via subordinata, un sito nell’Italia centro-settentrionale"
    (così si legge nell’Appendice 2 del Documento
    di "Indirizzi Strategici per la gestione degli esiti del
    nucleare" elaborato dal Ministero dell’Industria e diffuso
    il 14 dicembre 1999, 0, 0);
  • nella seduta del 23 giugno 2000, rispondendo
    alla interrogazione 3-03260 presentata dal Senatore Prof. Ferdinando
    Pappalardo in ordine alla prevista installazione di un deposito
    di scorie radioattive nel territorio della Murgia barese, il Sottosegretario
    di Stato per l’industria, il commercio e l’artigianato e per il
    commercio con l’estero Senatore Passigli ha riconosciuto che l’ENEA
    ha eseguito nel recente passato uno studio di fattibilità
    volto alla individuazione di un sito idoneo ad ospitare un deposito
    di rifiuti radioattivi, prendendo in considerazione "due
    siti del demanio militare, uno in provincia di Piacenza e uno
    in provincia di Bari, nel territorio della Murgia", anche
    se ha subito dopo affermato che "detti siti non sono stati
    presi in considerazione in quanto il primo è di estensione
    troppo limitata mentre, nel secondo, è in uso un deposito
    militare";
  • nel corso del 1996 l’ENEA ha costituito
    una Task Force per individuare il sito nazionale di deposito
    dei rifiuti radioattivi; in particolare l’Ente è stato
    incaricato di intraprendere le azioni di natura sitologica e progettuale
    dirette all’individuazione e alla caratterizzazione di uno o più
    siti idonei ad ospitare il centro di deposito ed alla definizione
    concettuale del sistema ingegneristico. La priorità assegnata
    alla task force è stata quella di avviare le azioni
    preliminari, volte alla scelta del sito nel quale realizzare le
    strutture necessarie allo smaltimento dei rifiuti radioattivi
    di media e bassa attività;
  • dal "Documento su una strategia d’intervento
    per la disattivazione degli impianti nucleari e per la sistemazione
    dei rifiuti radioattivi di media e bassa radioattività,
    inclusi quelli derivanti dallo smantellamento degli impianti nucleari"

    approvato dalla ‘Commissione parlamentare d’inchiesta
    sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso
    connesse
    ’ il 29 aprile 1999, si evince che "a
    tutt’oggi la task force ha svolto le seguenti attività:
    1) completamento ed analisi critica dell’inventario nazionale
    di rifiuti e materiali destinati al sito di smaltimento, al fine
    di acquisire i dati per il dimensionamento del centro di deposito;
    2) elaborazione di un progetto concettuale per l’individuazione
    di un sito di smaltimento proponibile, sulla base delle caratteristiche
    qualitative e quantitative dei rifiuti italiani [il lavoro è
    stato commissionato all’agenzia francese ANDRA (Agenzia nazionale
    per i rifiuti radioattivi), che ne ha verificato l’adattabilità
    a due siti italiani indicati dall’ENEA]; 3) avvio di uno studio
    di performance assessment, avente per oggetto l’individuazione
    e l’applicazione di una metodologia di calcolo per la valutazione
    del comportamento ai fini del contenimento della radioattività,
    di un sistema di strutture modulari e del sito relativo nelle
    condizioni di esercizio normale ed in quelle incidentali; 4) caratterizzazione
    più dettagliata diretta a meglio definire le caratteristiche
    geochimiche ed idrogeologiche, antropiche, climatiche, eccetera,
    al fine di disporre di dati più precisi per la valutazione
    quantitativa di performance assessment e, quindi, meglio
    qualificare il programma ed il modello di calcolo. Inoltre la
    task force sito dell’ENEA ha messo a punto un sistema informativo
    geografico, SIG, riferito all’intero territorio nazionale per
    l’individuazione di siti potenzialmente idonei allo smaltimento
    di rifiuti a bassa e media radioattività. Il metodo si
    avvale di un sistema multiparametrico a punteggi e pesi che vengono
    assegnati alle diverse caratteristiche del sito. La caratteristica
    maggiormente valorizzata è quella socioeconomica: uso del
    suolo, distribuzione e densità della popolazione, vie di
    comunicazione. Le altre caratteristiche che attengono alla valutazione
    della sicurezza, sia a breve che a medio e lungo termine, sono:
    la quota, la pendenza, la precipitazione, le caratteristiche idrogeologiche,
    la sismicità. La metodologia adottata che può essere
    rivisitata ha permesso di assegnare ad alcune regione del centro
    e del sud dell’Italia (con esclusione delle isole) la classe di
    idoneità alta. Le stesse regioni presentano anche caratteristiche
    litologiche di tipo argilloso, marnoso o argilloso/marnoso di
    notevole interesse tecnico";
  • il Documento di "Indirizzi Strategici per
    la gestione degli esiti del nucleare"
    elaborato dal Ministero
    dell’Industria e diffuso il 14 dicembre 1999 informa
    che "il quantitativo totale dei rifiuti radioattivi italiani,
    inclusi quelli derivanti dal completo smantellamento di tutte
    le installazioni nucleari dismesse, è stimato attualmente,
    in forma condizionata, in circa 120-150.000 m3. La maggior parte
    di essi (circa il 98% in termini volumetrici) è costituita
    da quelli di bassa attività, o a vita breve (II categoria).
    Per questo tipo di rifiuti lo smaltimento avviene in tutto il
    mondo mediante il deposito definitivo in speciali strutture ingegneristiche
    (solitamente di superficie), localizzate in un sito con caratteristiche
    naturali e antropiche adeguate e custodito per periodi dell’ordine
    di qualche secolo… I rifiuti ad alta attività o a
    vita lunga (III categoria, secondo la classificazione italiana)
    sono costituti essenzialmente dai rifiuti ad alta attività
    vetrificati… Per questa tipologia di rifiuti, la soluzione
    presa in considerazione in tutto il mondo è lo smaltimento
    in speciali formazioni geologiche profonde che ne garantiscano
    l’isolamento dalla biosfera per periodi molto lunghi (migliaia
    di anni ed oltre). Il reperimento e la qualificazione di un sito
    simile richiede, oltre a investimenti ingenti, diversi decenni
    di studi e valutazioni, come dimostra il fatto che paesi con massicce
    produzioni di rifiuti a vita lunga (Francia, UK, USA) sono, nei
    casi più avanzati, ancora nella fase di costruzione di
    laboratori o impianti sperimentali sotterranei. La soluzione di
    breve-medio termine che si ritiene di adottare in Italia per questi
    rifiuti è lo stoccaggio temporaneo in strutture ingegneristiche
    di superficie". La conclusione, si legge nel medesimo Documento,
    è che "considerando la situazione logistica e l’inventario
    dei rifiuti italiani, le azioni da intraprendere con priorità
    riguardano: per i rifiuti di Seconda Categoria, la predisposizione
    di un deposito definitivo di tipo superficiale e quindi il reperimento
    di un sito adeguato per la sua localizzazione; per i rifiuti di
    Terza Categoria (includendo in essi anche i combustibili nucleari
    irraggiati non inviati all’estero per il ritrattamento), la predisposizione
    di una adeguata struttura ingegneristica per il loro immagazzinamento
    temporaneo (dell’ordine di alcune decine di anni), localizzata
    nello stesso sito di deposito definitivo dei rifiuti di Seconda
    Categoria";
  • lo stesso Documento di Indirizzi Strategici illustra
    le caratteristiche richieste per il deposito: "Il
    deposito definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa attività
    è costituito da un sistema di strutture ingegneristiche
    che assicurano un confinamento completo della radioattività.
    Oltre alle unità di deposito vere e proprie, un sito di
    questo tipo è destinato ad ospitare installazioni ausiliarie
    costituite da stazioni di condizionamento locale dei rifiuti,
    laboratori di analisi e controllo, sistemi remotizzati di movimentazione
    e trasporto, edifici di servizio e amministrativi, un centro accoglienza,
    locali per il personale, ecc. Il sito, per le sole esigenze del
    deposito dei rifiuti radioattivi, dovrebbe avere un’estensione
    di un centinaio di ettari. La superficie addizionale per l’installazione
    del sistema di immagazzinamento dei rifiuti di III categoria è
    dell’ordine di qualche ettaro, incluse le aree di servizio.
    Per quanto riguarda le caratteristiche geologiche richieste,
    esse non sono particolarmente critiche, dato che l’isolamento
    totale dei rifiuti è assicurato dalle strutture artificiali.
    Sono tuttavia necessari alcuni prerequisiti di base che riguardano
    sia l’area geografica, nel suo complesso, che il sito stesso.
    Alcuni di questi sono necessari per dimostrare, nel Rapporto di
    Sicurezza che dovrà essere presentato all’autorità
    licenziante (MICA e ANPA), che il deposito è sicuro nel
    lungo periodo (almeno trecento anni) ed in tutte le condizioni
    normali e perturbate prese a base per il progetto.Come sopra indicato,
    depositi di questo tipo sono in realtà centri di attività
    tecnologiche connesse con la gestione e custodia dei rifiuti e
    sono compatibili con altri tipi di attività, in particolare
    tecnico-scientifica, che possa insediarsi in un sito e in un’area
    con le caratteristiche sopra viste. Essi possono in una certa
    misura costituire poli di sviluppo e persino di attrazione per
    un’area, come è avvenuto all’estero";
  • per la realizzazione del deposito, il Documento
    di Indirizzi Strategici ha previsto che venga rispettato il seguente
    programma temporale:
    • dichiarazione di eventuale interesse da parte
      degli Enti locali 06/2000
    • caratterizzazione dei siti proposti 06/2001
    • indicazione del sito da parte della Conferenza
      Stato-Regioni 12/2001
    • qualificazione del sito e preparazione del Rapporto
      di Sicurezza 06/2003
    • presentazione del Rapporto di sicurezza al Ministero
      dell’Industria 12/2003
    • autorizzazione e inizio della costruzione del
      deposito e avvio




interventi orientati sul territorio 06/2005



    • termine costruzione e interventi orientati sul
      territorio 06/2008
    • avvio dell’esercizio 12/2008
  • la "Task Force per il sito nazionale di
    deposito dei materiali radioattivi
    " operante presso l’Enea
    ha presentato nel novembre 2000 un primo rapporto che ha
    illustrato il Sistema Informativo Geografico (GIS) per l’individuazione
    di aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Deposito
    Nazionale dei Materiali Radioattivi. Le tecniche GIS (Sistema
    Informativo Geografico) agevolano l’analisi contestuale dei fattori
    e dei requisiti territoriali (superficie topografica, idrogeologia,
    vie di comunicazione, reticolo idrografico, distribuzione della
    popolazione, attività socioeconomiche, idrogeologia regionale,
    uso del suolo, sismicità, climatologia, ecc.). Tale analisi
    permette di individuare le aree sul territorio nazionale che rispondono
    ai principali requisiti fisici e di contesto territoriale per
    la localizzazione dell’impianto di progetto. La selezione
    avviene attraverso l’applicazione di una serie dei criteri
    di esclusione che sono stati preventivamente individuati in relazione
    al dettaglio dei dati disponibili. Il Sistema Informativo ha prodotto
    la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee alla scala
    1:200.000. Le aree in essa rappresentate sono attualmente oggetto
    di una ulteriore selezione (GIS di terzo livello) attraverso una
    estensione dei dati e un approfondimento delle analisi;
  • il risultato ottenuto dalle elaborazioni GIS di
    1° e 2° livello è rappresentato dalla Carta
    delle Aree Potenzialmente Idonee
    riportata nella Fig. 1. "Queste
    aree — si legge nel rapporto della Task Force – manifestano
    i requisiti fisici e territoriali che è stato possibile
    valutare attraverso l’applicazione dei criteri di esclusione
    esposti in precedenza. La potenziale idoneità risiede quindi
    nel fatto che su di essa non sono presenti condizioni sfavorevoli
    rispetto a ciò che è valutabile da analisi a scala
    regionale. La verifica della effettiva idoneità è
    oggetto delle attività ancora in corso". Nella Fig.
    1 sono riportate tutte le aree potenzialmente idonee: "queste
    hanno estensioni molto diverse e sono comprese tra 4 e 8700 ha;
    le aree con estensione inferiore a 300 ha non sono state considerate
    nella attuale fase di analisi (GIS 3) in quanto l’ordine
    di grandezza della superficie che dovrà essere occupata
    dagli impianti del deposito e dei suoi annessi è di 300
    ha; il numero totale delle aree individuate sul territorio nazionale
    è di 8107 per 330000 ha delle quali soltanto 214 superano
    l’estensione di 300 ettari… Le 214 aree selezionate
    sono ora oggetto di verifica e quindi di ulteriore selezione attraverso
    l’esecuzione delle analisi GIS di terzo livello";
  • la metodologia selettiva adottata è
    così riassunta dalla stessa Task Force:
    • Definizione e applicazione della serie di criteri
      di esclusione implementabili in un sistema informativo territoriale
      e coerenti con le informazioni territoriali disponibili su tutto
      il territorio nazionale (analisi GIS di primo livello).
    • Iterazione della definizione e applicazione di
      criteri di esclusione su porzioni più ristrette del territorio
      nazionale ma a livelli di maggiore dettaglio di scala (analisi
      GIS di secondo livello).
    • Definizione e implementazione nel sistema informativo
      di una procedura di analisi parametrica sui singoli fattori
      fisici che determinano l’idoneità e descrivono le
      condizioni antropiche e infrastrutturali delle aree. Ciò
      utilizzando dati a scala locale e inserendo giudizi professionali
      (analisi GIS di terzo livello).
    • Selezione e classificazione delle aree potenzialmente
      idonee applicando una procedura appositamente sviluppata per
      il calcolo del grado di idoneità e dell’indice
      di inserimento territoriale
      .




Il lavoro delle analisi territoriali
è stato quindi svolto per gradi ed è stato strutturato
su tre livelli di dettaglio per scendere dall’analisi
dell’intero territorio nazionale alle valutazioni a scala
locale sulle aree individuate. In particolare:



    • le analisi GIS di I livello sono state effettuate
      con dati e cartografia a scala 1:250.000 – 1:500.000;
    • al II livello sono stati utilizzati dati a scala
      1:100.000 – 1:250.000;
    • al III livello la scala di analisi sale a 1:10.000
      – 1:100.000



Criteri di esclusione adottati
I criteri di esclusione sono stati definiti singolarmente
per le analisi automatizzate di I e II livello. Nel complesso
della loro applicazione risultano, a valle delle analisi di
II livello, escluse le aree:
– insulari;
– entro 50 km dai confini nazionali continentali;
– entro:



    • 15 km da centri abitati con più di 100.000
      abitanti
    • 10 ” 20.000-¸ 100.000 ”
    • 5 ” 20.000-¸ 10.000 ”
    • 3 ” 10.000-¸ 1.000 ”
    • 2 ” 200-¸ 1.000 ”



– entro:



    • 2 km da autostrade e superstrade
    • 1 km da strade statali
    • 1 km dalle ferrovie



protette, i parchi e le riserve naturali;
– prossime ai corsi d’acqua;
– che insistono su formazioni rocciose fratturate o solubili
o sedimenti alluvionali recenti ed attuali;
– con pendenza > 5°;
– ad altitudini < 20 m s.l.m. e > 600 m s.l.m.;
– boscate e le zone umide;
– ad elevata pericolosità sismica (valore di accelerazione
al suolo, comprensiva degli effetti di sito, pari o superiore
a 0,3 g per una probabilità di occorrenza del 90% in
300 anni ovvero tempo medio di ritorno di circa 3000 anni).



  • dalla Carta delle Aree Potenzialmente Idonee elaborata
    dalla Task Force e riportata nella Fig. 1, nonché da notizie
    diffuse da organi di stampa, si è tratta la convinzione
    che la Murgia, insieme alla Maremma, sia una delle aree
    verso cui, con maggiore convinzione e plausibilità, si
    sta indirizzando la scelta tecnica di individuazione del sito
    per il Deposito Nazionale dei materiali radioattivi.

 

Considerato che

  • l’Alta Murgia rivela un fascino raro e prezioso.
    La sua specificità consente una molteplicità di
    prospettive che invitano a scrutare curiosi un universo ancora
    non del tutto esplorato: innanzitutto lo spazio che si apre su
    uno scenario di rara primitività e bellezza e percorribile
    in lungo e in largo in tutte le direzioni; poi il clima che corona
    la sua altitudine e la sua posizione strategica sia rispetto al
    mare che alle montagne. Lo spazio e il clima dell’Alta Murgia
    dovrebbero essere posti nel novero di terapie efficaci e guarire
    particolari malattie della nostra civiltà moderna, prima
    fra tutte la congestione di uomini e cose;
  • l’Alta Murgia presenta un paesaggio duro,
    ma anche delicato e puro che estende i suoi colori e i suoi profumi
    su un’area che rappresenta l’unico residuo di vegetazione
    spontanea della provincia barese e in cui si riscontrano quasi
    tutti i maggiori fenomeni del carsismo. In queste dune calcaree
    si dispongono e si confondono, senza distonie con l’ambiente
    circostante, le opere varie e complesse dell’ingegno e dell’arte
    contadina e pastorale, frutti di un lavoro secolare. Chilometri
    di muri a secco, tratturi, trulli, cisterne, neviere, splendidi
    jazzi e masserie, casali e castelli testimoniano un fenomeno di
    altissimo valore storico e culturale che, oltre a sancire l’equilibrio
    tra attività agro-silvo-pastorali ed esigenze abitative,
    ha implicato un’esemplare assetto sociale che si prefiggeva
    il controllo dell’ambiente. Un patrimonio architettonico
    rurale dunque dislocato in vario modo sul territorio che, pur
    registrando oggi un relativo stato di abbandono, è necessario
    sottrarre al progressivo degrado perché sia recuperato
    e riutilizzato. Infine, le scoperte dell’Uomo di Altamura
    e delle Orme dei Dinosauri avvenute nel territorio di Altamura,
    arricchiscono un patrimonio di rilevanza mondiale che attende
    ancora di essere studiato e valorizzato ai fini turistici con
    la prevedibile e positiva ricaduta economica su ampi settori della
    produzione e dei servizi locali;
  • l’Alta Murgia rappresenta, allora, un connubio
    straordinario ed unico di valori paesaggistici, naturalistici
    e storico-culturali destinato a crescere negli anni a venire.
    Questa consapevolezza contribuisce a rimuovere le troppe ambiguità
    che la parola "sviluppo" porta con sé: lo sviluppo
    cui si vuole tendere non consiste in una mera espansione della
    capacità produttiva del territorio o nella definizione
    di sparuti interventi di tutela ambientale. La sperimentazione
    che si vuole progettare è nella direzione di uno sviluppo
    socio-economico compatibile che salvaguardi l’integrità
    fisica, biologica e paesaggistica dell’Alta Murgia, uno sviluppo
    che operi su questo patrimonio per arricchirlo e tutelarlo creando,
    nel contempo, concrete opportunità di lavoro nei settori
    dell’agricoltura biologica, delle nuove tecniche di allevamento
    zootecnico, del turismo rurale, della produzione scientifica e
    culturale;
  • alla luce di quanto esposto precedentemente, la
    salvaguardia delle risorse naturali di questo territorio non può
    limitarsi ad una semplice logica di conservazione passiva, ma
    deve semmai passare attraverso un processo complessivo di rivitalizzazione
    dei suoi complessivi assetti territoriali. Le qualità
    di quest’area richiedono pertanto un intervento non settoriale
    di semplice istituzione di un’area protetta, ma piuttosto una
    strategia complessa capace di avviare, insieme ad una politica
    di attenta salvaguardia delle risorse ambientali, un processo
    di riequilibrio territoriale;
  • l’importante valore ecologico, storico e culturale
    del paesaggio altomurgiano e la stessa difesa del patrimonio di
    diversità biologica non possono prescindere, anzi in questo
    caso dipendono, da una attenta salvaguardia dei paesaggi agricolo-pastorali
    prodotti dalla millenaria azione dell’uomo;
  • si intende attraverso l’istituzione di un parco
    creare le condizioni affinché questo territorio possa diventare
    il laboratorio di una convivenza tra uomo e natura; un laboratorio
    in cui sperimentare un progetto concreto di valorizzazione e di
    promozione della straordinaria ricchezza umana, culturale e naturale
    presente in questo contesto, in grado di realizzare l’obiettivo
    del riequilibrio territoriale, attraverso la gestione sostenibile
    delle risorse naturali e territoriali;
  • a tal fine, si intende promuovere l’istituzione
    di un parco che faccia della salvaguardia attiva, della promozione
    dello sviluppo rurale, in chiave ecologicamente sostenibile, nonché
    della reinterpretazione del patrimonio ereditato dal passato,
    l’obiettivo prioritario da raggiungere;
  • si intende in questo modo non solo conservare –
    in quanto essenziale per il mantenimento della biodiversità
    a livello continentale – questo particolare “giardino di pietra”,
    esito della millenaria interazione fra uomo e natura, ma anche
    lavorare per far sì che la “cultura del paesaggio” che
    ha prodotto l’immagine e l’identità, ma anche la naturalità
    stessa di questo territorio possa diventare il motore stesso di
    un nuovo progetto di sviluppo sostenibile per questo territorio;
  • a questo proposito si intende promuovere, nella
    stessa istituzione del parco, in coerenza con gli obiettivi del
    V Programma d’azione europea, l’avvio di un approccio integrato
    che, escludendo la visione settoriale dei problemi esistenti,
    operi: per salvaguardare i caratteri geomorfologici, geologici
    e idrologici, le componenti biotiche del territorio; per valorizzare
    le aree rurali attraverso la loro qualificazione globale, ovvero
    sociale, ambientale, economica; per realizzare un equilibrio sostenibile
    tra l’attività agricola, le altre forme di sviluppo rurale
    e le risorse naturali dell’ambiente; per salvaguardare in un’ottica
    attiva le strutture storiche e gli assetti di paesaggio.

 

Precisato che

  • l’Alta Murgia aspira ad assumere un ruolo di primo
    piano nel più vasto contesto territoriale in cui si colloca
    e ciò risponde alla necessità di poter coniugare
    la tutela di un patrimonio di enorme valore storico ed ambientale
    con un’ipotesi di sviluppo sostenibile, in grado di emanciparla
    dalla condizione di marginalità economica e dal degrado
    in cui sempre più versa;
  • il risultato del percorso compiuto da un vasto
    ed eterogeneo movimento di forze politiche e sociali consiste
    nel riconoscimento dell’Alta Murgia prima come “area di reperimento”
    per nuovi parchi nazionali (L. n. 394/91, art. 34) e poi come
    Parco Nazionale (L. 426/98, art. 2 comma 5, 0, 0);
  • l’istituzione del Parco, in realtà, non
    è altro che la presa d’atto di una serie di vincoli già
    esistenti sul territorio. Infatti, per la particolarità
    del sistema idrogeologico (vi si riscontra l’intera gamma dei
    fenomeni carsici presenti su tutto il territorio nazionale), l’Alta
    Murgia è sottoposta a vincolo [R.D. 30.12.1923 n. 3267;
    L. 10.5.76 n. 319 e sue modifiche; P.R.A. (Piano Regionale Acque)
    del. Cons. Reg. n. 455 del 10.5.1984];
  • l’Alta Murgia è stata individuata come Zona
    di Protezione Speciale (ZPS), ai sensi della Direttiva 79/409/CEE
    (Direttiva per la conservazione degli Uccelli selvatici – codice
    IT9120007; Sup. 143.152), con nota del 24.12.1998 per SCN/DG/98/20775
    del Ministero dell’Ambiente. Si tratta di un’area di
    grande importanza che ospita specie ad habitat di interesse comunitario
    già individuata come S.I.C. (Sito d’Interesse Comunitario)
    ai sensi della Direttiva 43/92 CEE "Habitat";
  • insistono inoltre sul territorio altri vincoli
    quali quelli della Legge Galasso e successive modifiche (L. n.
    431/85 e L.R. n. 30/90), della direttiva 43/92/CEE relativa alla
    conservazione degli Habitat naturali e seminaturali nonché
    della flora e fauna selvatiche, del Piano Regionale Acque (Del.
    Cons. Reg. 455/84), del PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico, 0, 0);
  • la legge 426/98 art. 2 comma 5 istituisce il Parco
    Nazionale dell’Alta Murgia, previa intesa tra Ministero dell’Ambiente
    e Regione Puglia;
  • la Regione Puglia con la Legge Regionale che ha
    introdotto le "Norme per l’istituzione e la gestione delle
    aree naturali protette nella Regione Puglia", nell’art.5,
    ha individuato l’Alta Murgia come area protetta;
  • le associazioni di categoria ed ambientaliste (ACLI,
    Confcommercio ed i sindacati unitari CGIL, CISLI, UIL hanno espresso
    consenso all’istituzione del Parco; che quest’ultimi insieme
    alla COLDIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA, ITALIA NOSTRA, W.W.F e
    LEGAMBIENTE) hanno sottoscritto un documento unitario (Bari, 10.05.99)
    nel quale esprimono parere sostanzialmente favorevole all’istituzione
    del parco;
  • si registra un consenso diffuso e a più
    riprese rinnovato nella società civile ed in altri settori
    produttivi, da parte dell’Università, del mondo della scuola
    e della ricerca scientifica, delle associazioni culturali, ambientaliste
    e professionali, delle comunità ecclesiastiche e religiose;
  • il Ministero dell’Ambiente ha più volte
    sollecitato la Regione Puglia a sottoscrivere l’intesa (note del
    6/10/99 e del 22/12/99 del Servizio Conservazione Natura, 0, 0);
  • i Comuni inclusi nell’area dei Parco fino ad oggi
    hanno già espresso, e a più riprese, il loro assenso,
    presso la Regione Puglia e il Ministero dell’Ambiente, all’intesa
    per l’istituzione del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (Documenti
    approvati dalle Conferenze di Servizi tenute presso il Comune
    di Ruvo di Puglia, il 27.02.98, ed il Comune di Andria il 27.10.2000, 0, 0);
  • il Ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia
    hanno già erogato fondi per uno "Studio per il Piano
    di Area dell’Alta Murgia", attualmente in fase di avanzata
    elaborazione da parte del Politecnico di Bari, Dipartimento di
    Architettura ed Urbanistica.

Tanto premesso, rilevato, considerato
e precisato,

il Consiglio Comunale del Comune
di Altamura

approva il seguente Ordine del
Giorno

con il quale si conferma che

  • l’obiettivo di questo Comune è di procedere,
    di intesa con le associazioni di categoria e ambientaliste, nonché
    con gli altri comuni dell’Alta Murgia, alla costruzione del
    Parco Nazionale dell’Alta Murgia, che rappresenta un’occasione
    unica ed irripetibile per attivare, grazie alle risorse messe
    a disposizione dalla comunità nazionale e europea, un vero
    e proprio cantiere pilota di “produzione ambientale, storico-culturale,
    agroalimentare, turistica”,

e pertanto si esprime

  • il dissenso e la contrarietà della comunità
    altamurana rispetto alla prospettiva di allocare il Deposito Nazionale
    di materiali radioattivi nel territorio della Murgia, in quanto
    ciò si porrebbe, per le ragioni suesposte, in netto contrasto
    con la vocazione ed il disegno di sviluppo e crescita che le comunità
    della Murgia hanno scelto ed intendono perseguire per sé
    e per le generazioni future.

Proposta di OdG contro la discarica nucleare.

Alla cortese attenzione del
Presidente del Consiglio Comunale
dott. Luigi Lorusso
– Palazzo di Città –

Egregio Presidente,

La prego di sottoporre all’attenzione del
Consiglio comunale, in occasione della prossima riunione fissata per il giorno
27 luglio 2001, l’allegato Ordine del Giorno che ho predisposto
in vista dell’esame del punto "Quale futuro per la Murgia? Quali
forme di sviluppo e di salvaguardia per il nostro territorio? — Atti di
indirizzo
".

Con il menzionato OdG il Consiglio comunale andrebbe
ad esprimere:



" … il dissenso e la contrarietà
della comunità altamurana rispetto alla prospettiva di allocare il
Deposito Nazionale di materiali radioattivi nel territorio della Murgia,
in quanto ciò si porrebbe, per le ragioni suesposte, in netto contrasto
con la vocazione ed il disegno di sviluppo e crescita che le comunità
della Murgia hanno scelto ed intendono perseguire per sé e per le
generazioni future
".



Le porgo i miei più cordiali saluti.

Altamura, 20 luglio 2001

Dr. Vincenzo
Colonna

(Indipendente del
gruppo consiliare DS)

Il Consiglio Comunale di Altamura,

premesso che

  • in Italia, dopo la decisione di rinunciare definitivamente
    al nucleare da fissione come fonte energetica, si è posto il problema
    della definitiva messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi
    e dello smantellamento
    degli impianti nucleari;
  • nel novembre 1997, il Ministro Bersani assunse l’impegno
    della costituzione di un tavolo. fra tutti gli attori interessati alla dismissione
    degli impianti nucleari in Italia per la definizione di un Piano di azione
    comune per la gestione degli esiti del nucleare;
  • ad aprile 1998 lo stesso Ministro ha proposto al Presidente
    della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome di
    Trento e Bolzano l’attivazione di un percorso partecipativo che permettesse
    una scelta concertata del sito e che consentisse la partecipazione delle Autonomie
    locali, sulla base di una corretta e completa informazione, scientificamente
    fondata, in quanto la disponibilità di un sito nazionale di smaltimento
    e deposito dei rifiuti radioattivi costituiva l’elemento essenziale e
    condizionante per la realizzazione del Piano. La proposta doveva concretizzarsi
    in un accordo di programma da stipularsi nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni
    e Province autonome;
  • nel luglio 1998 il Ministro ha istituito il “Tavolo
    Nazionale per la gestione degli esiti del nucleare”, composto da Governo,
    Regioni, UPI, ANCI, Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL e UIL nazionali e
    di categoria, ENEL, ANPA ed ENEA, con il quale è stata avviata una
    fase di concertazione strategica sulle iniziative conseguenti alla chiusura
    del nucleare e sono state promosse le condizioni necessarie all’attuazione
    delle fasi operative della corretta gestione dei rifiuti radioattivi Al completamento
    della fase informativa, il Ministero dell’industria si attende che le regioni
    o gli enti locali possano manifestare un eventuale interesse a mettere a disposizione
    del Paese un sito che risponda, in via preliminare, ai requisiti di sicurezza
    necessari alla realizzazione di un centro di smaltimento;
  • a febbraio 1999, il Ministro Bersani durante un’audizione
    da parte della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti
    si impegnò a presentare, entro 5-6 mesi, un piano di gestione degli
    esiti del nucleare, anticipando già nella riunione alcuni punti sui
    quali si erano già consolidate opinioni certe;
  • a marzo 1999 è stato pubblicato il decreto legislativo
    n. 79 che ha dato attuazione alla direttiva 96/92/CE recante norme comuni
    per il mercato interno dell’energia elettrica. Il decreto all’art. 13 prevede
    che l’ENEL costituisca, fra l’altro, una “Società per lo smaltimento
    delle centrali elettronucleari dismesse, la chiusura del ciclo del combustibile
    e le attività connesse e conseguenti, anche in consorzio con altri
    enti pubblici o società che, se a presenza pubblica, possono anche
    acquisirne titolarità”. Tale società, denominata SoGIN, è
    stata costituita a luglio 1999 e ad essa sono state conferite le quattro centrali
    elettronucleari ENEL, le risorse finanziarie accantonate nei fondi previsti
    a suo tempo per fare fronte ai futuri costi del decommissioning e della chiusura
    del ciclo del combustibile;
  • il 4 novembre 1999 è stato approvato l’Accordo
    di programma Stato-Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano riguardante
    la definizione e l’allestimento di alcune misure volte a promuovere la
    gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia, nel cui
    ambito è anche previsto un percorso partecipativo, trasparente e consensuale
    per arrivare ad individuare e selezionare un sito per la realizzazione del
    deposito nazionale per i rifiuti radioattivi;
  • il 14 dicembre 1999 è stato presentato il Piano
    per la gestione degli esiti del nucleare in Italia, ‘Documento di Indirizzi
    Strategici’, che il Ministro dell’Industria intende portare all’approvazione
    del Governo e del Parlamento, affinché, pur nei loro ruoli diversi,
    affrontino la sistemazione della eredità del nucleare con assunzione
    delle conseguenti responsabilità e decisioni. Il documento riporta
    gli obiettivi da conseguire, le risorse finanziarie necessarie e gli strumenti
    normativi e di gestione da adottare;
  • il 16 dicembre 1999 è stato costituito presso
    la Conferenza Stato — Regioni un Gruppo di lavoro composto da sette membri
    (designati dalle amministrazioni centrali e dalla conferenza dei presidenti
    delle regioni e delle province autonome) con il compito di sottoporre alla
    Conferenza stessa "un documento contenente: a) lo stato dell’arte
    degli studi e delle ricerche prodotti in ordine alla localizzazione e realizzazione
    del deposito, con eventuale prospettazione dei punti critici e degli argomenti
    di approfondimento; b) le proposte inerenti: le iniziative di informazione
    e gli strumenti di confronto e coinvolgimento delle popolazioni e degli Enti
    Locali; le procedure per la scelta del sito e gli strumenti di raccordo, con
    eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione strutturali
    e/o funzionali, che consentano la collaborazione e l’azione coordinata
    tra i diversi livelli di governo e di amministrazione, con evidenziazione
    delle soluzioni atte ad assicurare una maggiore semplificazione ed efficacia
    dell’azione amministrativa; le soluzioni e gli strumenti volti a promuovere
    e realizzare le condizioni per l’armonico inserimento del deposito nel
    contesto territoriale circostante";
  • tale Gruppo di lavoro avrebbe dovuto concludere le proprie
    attività entro luglio 2000 ma — si è appreso dalla risposta
    fornita il 13.03.2001 dall’allora Ministro dell’Industria Enrico
    Letta all’interrogazione 4-25621 presentata dall’On.le Zaccheo –
    essendo "risultata l’istruttoria richiesta più complessa ed impegnativa
    di quanto previsto in sede di approvazione dell’accordo di programma si è
    deciso, in sede di Conferenza Stato-Regioni, di prorogare la durata dell’incarico
    fino a marzo 2001".

 

Rilevato altresì che

  • già all’inizio degli anni ’90 presso
    "l’allora ENEA-DISP, un gruppo di qualificati specialisti ha svolto
    una indagine preliminare sui siti del demanio militare, allo scopo di verificare,
    in tale ambito, l’esistenza di siti potenzialmente idonei ad ospitare
    il deposito centralizzato nazionale di smaltimento definitivo dei rifiuti
    a media e bassa attività e a media-breve vita media. Dallo studio effettuato,
    che ha comportato anche indagini in situ mediante prelievi e carotaggi, sono
    risultati potenzialmente candidabili un sito nell’Italia meridionale
    e, in via subordinata, un sito nell’Italia centro-settentrionale"
    (così si legge nell’Appendice 2 del Documento di "Indirizzi
    Strategici per la gestione degli esiti del nucleare" elaborato dal Ministero
    dell’Industria e diffuso il 14 dicembre 1999, 0, 0);
  • nella seduta del 23 giugno 2000, rispondendo alla interrogazione
    3-03260 presentata dal Senatore Prof. Ferdinando Pappalardo in ordine alla
    prevista installazione di un deposito di scorie radioattive nel territorio
    della Murgia barese, il Sottosegretario di Stato per l’industria, il commercio
    e l’artigianato e per il commercio con l’estero Senatore Passigli ha riconosciuto
    che l’ENEA ha eseguito nel recente passato uno studio di fattibilità
    volto alla individuazione di un sito idoneo ad ospitare un deposito di rifiuti
    radioattivi, prendendo in considerazione "due siti del demanio militare,
    uno in provincia di Piacenza e uno in provincia di Bari, nel territorio della
    Murgia", anche se ha subito dopo affermato che "detti siti non sono
    stati presi in considerazione in quanto il primo è di estensione troppo
    limitata mentre, nel secondo, è in uso un deposito militare";
  • nel corso del 1996 l’ENEA ha costituito una Task
    Force
    per individuare il sito nazionale di deposito dei rifiuti radioattivi;
    in particolare l’Ente è stato incaricato di intraprendere le azioni
    di natura sitologica e progettuale dirette all’individuazione e alla caratterizzazione
    di uno o più siti idonei ad ospitare il centro di deposito ed alla
    definizione concettuale del sistema ingegneristico. La priorità assegnata
    alla task force è stata quella di avviare le azioni preliminari,
    volte alla scelta del sito nel quale realizzare le strutture necessarie allo
    smaltimento dei rifiuti radioattivi di media e bassa attività;
  • dal "Documento su una strategia d’intervento per la
    disattivazione degli impianti nucleari e per la sistemazione dei rifiuti radioattivi
    di media e bassa radioattività, inclusi quelli derivanti dallo smantellamento
    degli impianti nucleari"
    approvato dalla ‘Commissione parlamentare
    d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad
    esso connesse
    ’ il 29 aprile 1999, si evince che "a tutt’oggi
    la task force ha svolto le seguenti attività: 1) completamento
    ed analisi critica dell’inventario nazionale di rifiuti e materiali destinati
    al sito di smaltimento, al fine di acquisire i dati per il dimensionamento
    del centro di deposito; 2) elaborazione di un progetto concettuale per l’individuazione
    di un sito di smaltimento proponibile, sulla base delle caratteristiche qualitative
    e quantitative dei rifiuti italiani [il lavoro è stato commissionato
    all’agenzia francese ANDRA (Agenzia nazionale per i rifiuti radioattivi),
    che ne ha verificato l’adattabilità a due siti italiani indicati dall’ENEA];
    3) avvio di uno studio di performance assessment, avente per oggetto
    l’individuazione e l’applicazione di una metodologia di calcolo per la valutazione
    del comportamento ai fini del contenimento della radioattività, di
    un sistema di strutture modulari e del sito relativo nelle condizioni di esercizio
    normale ed in quelle incidentali; 4) caratterizzazione più dettagliata
    diretta a meglio definire le caratteristiche geochimiche ed idrogeologiche,
    antropiche, climatiche, eccetera, al fine di disporre di dati più precisi
    per la valutazione quantitativa di performance assessment e, quindi,
    meglio qualificare il programma ed il modello di calcolo. Inoltre la task
    force
    sito dell’ENEA ha messo a punto un sistema informativo geografico,
    SIG, riferito all’intero territorio nazionale per l’individuazione di siti
    potenzialmente idonei allo smaltimento di rifiuti a bassa e media radioattività.
    Il metodo si avvale di un sistema multiparametrico a punteggi e pesi che vengono
    assegnati alle diverse caratteristiche del sito. La caratteristica maggiormente
    valorizzata è quella socioeconomica: uso del suolo, distribuzione e
    densità della popolazione, vie di comunicazione. Le altre caratteristiche
    che attengono alla valutazione della sicurezza, sia a breve che a medio e
    lungo termine, sono: la quota, la pendenza, la precipitazione, le caratteristiche
    idrogeologiche, la sismicità. La metodologia adottata che può
    essere rivisitata ha permesso di assegnare ad alcune regione del centro e
    del sud dell’Italia (con esclusione delle isole) la classe di idoneità
    alta. Le stesse regioni presentano anche caratteristiche litologiche di tipo
    argilloso, marnoso o argilloso/marnoso di notevole interesse tecnico";

 

  • il Documento di "Indirizzi Strategici per la gestione
    degli esiti del nucleare"
    elaborato dal Ministero dell’Industria
    e diffuso il 14 dicembre 1999 informa che "il quantitativo totale
    dei rifiuti radioattivi italiani, inclusi quelli derivanti dal completo smantellamento
    di tutte le installazioni nucleari dismesse, è stimato attualmente,
    in forma condizionata, in circa 120-150.000 m3. La maggior parte di essi (circa
    il 98% in termini volumetrici) è costituita da quelli di bassa attività,
    o a vita breve (II categoria). Per questo tipo di rifiuti lo smaltimento avviene
    in tutto il mondo mediante il deposito definitivo in speciali strutture ingegneristiche
    (solitamente di superficie), localizzate in un sito con caratteristiche naturali
    e antropiche adeguate e custodito per periodi dell’ordine di qualche
    secolo… I rifiuti ad alta attività o a vita lunga (III categoria,
    secondo la classificazione italiana) sono costituti essenzialmente dai rifiuti
    ad alta attività vetrificati… Per questa tipologia di rifiuti,
    la soluzione presa in considerazione in tutto il mondo è lo smaltimento
    in speciali formazioni geologiche profonde che ne garantiscano l’isolamento
    dalla biosfera per periodi molto lunghi (migliaia di anni ed oltre). Il reperimento
    e la qualificazione di un sito simile richiede, oltre a investimenti ingenti,
    diversi decenni di studi e valutazioni, come dimostra il fatto che paesi con
    massicce produzioni di rifiuti a vita lunga (Francia, UK, USA) sono, nei casi
    più avanzati, ancora nella fase di costruzione di laboratori o impianti
    sperimentali sotterranei. La soluzione di breve-medio termine che si ritiene
    di adottare in Italia per questi rifiuti è lo stoccaggio temporaneo
    in strutture ingegneristiche di superficie". La conclusione, si legge
    nel medesimo Documento, è che "considerando la situazione logistica
    e l’inventario dei rifiuti italiani, le azioni da intraprendere con priorità
    riguardano: per i rifiuti di Seconda Categoria, la predisposizione di un deposito
    definitivo di tipo superficiale e quindi il reperimento di un sito adeguato
    per la sua localizzazione; per i rifiuti di Terza Categoria (includendo in
    essi anche i combustibili nucleari irraggiati non inviati all’estero per il
    ritrattamento), la predisposizione di una adeguata struttura ingegneristica
    per il loro immagazzinamento temporaneo (dell’ordine di alcune decine
    di anni), localizzata nello stesso sito di deposito definitivo dei rifiuti
    di Seconda Categoria";
  • lo stesso Documento di Indirizzi Strategici illustra le
    caratteristiche richieste per il deposito
    : "Il deposito definitivo
    dei rifiuti radioattivi a bassa attività è costituito da un
    sistema di strutture ingegneristiche che assicurano un confinamento completo
    della radioattività. Oltre alle unità di deposito vere e proprie,
    un sito di questo tipo è destinato ad ospitare installazioni ausiliarie
    costituite da stazioni di condizionamento locale dei rifiuti, laboratori di
    analisi e controllo, sistemi remotizzati di movimentazione e trasporto, edifici
    di servizio e amministrativi, un centro accoglienza, locali per il personale,
    ecc. Il sito, per le sole esigenze del deposito dei rifiuti radioattivi, dovrebbe
    avere un’estensione di un centinaio di ettari. La superficie addizionale per
    l’installazione del sistema di immagazzinamento dei rifiuti di III categoria
    è dell’ordine di qualche ettaro, incluse le aree di servizio.
    Per quanto riguarda le caratteristiche geologiche richieste, esse non
    sono particolarmente critiche, dato che l’isolamento totale dei rifiuti è
    assicurato dalle strutture artificiali. Sono tuttavia necessari alcuni prerequisiti
    di base che riguardano sia l’area geografica, nel suo complesso, che il sito
    stesso. Alcuni di questi sono necessari per dimostrare, nel Rapporto di Sicurezza
    che dovrà essere presentato all’autorità licenziante (MICA e
    ANPA), che il deposito è sicuro nel lungo periodo (almeno trecento
    anni) ed in tutte le condizioni normali e perturbate prese a base per il progetto.Come
    sopra indicato, depositi di questo tipo sono in realtà centri di attività
    tecnologiche connesse con la gestione e custodia dei rifiuti e sono compatibili
    con altri tipi di attività, in particolare tecnico-scientifica, che
    possa insediarsi in un sito e in un’area con le caratteristiche sopra viste.
    Essi possono in una certa misura costituire poli di sviluppo e persino di
    attrazione per un’area, come è avvenuto all’estero";

 

  • per la realizzazione del deposito, il Documento di Indirizzi
    Strategici ha previsto che venga rispettato il seguente programma temporale:
    • dichiarazione di eventuale interesse da parte degli Enti
      locali 06/2000
    • caratterizzazione dei siti proposti 06/2001
    • indicazione del sito da parte della Conferenza Stato-Regioni 12/2001
    • qualificazione del sito e preparazione del Rapporto di Sicurezza
      06/2003
    • presentazione del Rapporto di sicurezza al Ministero dell’Industria 12/2003
    • autorizzazione e inizio della costruzione del deposito e
      avvio




interventi orientati sul territorio 06/2005



    • termine costruzione e interventi orientati sul territorio 06/2008
    • avvio dell’esercizio 12/2008
  • la "Task Force per il sito nazionale di deposito dei
    materiali radioattivi
    " operante presso l’Enea ha presentato
    nel novembre 2000 un primo rapporto che ha illustrato il Sistema Informativo
    Geografico (GIS) per l’individuazione di aree potenzialmente idonee alla
    localizzazione del Deposito Nazionale dei Materiali Radioattivi. Le tecniche
    GIS (Sistema Informativo Geografico) agevolano l’analisi contestuale dei fattori
    e dei requisiti territoriali (superficie topografica, idrogeologia, vie di
    comunicazione, reticolo idrografico, distribuzione della popolazione, attività
    socioeconomiche, idrogeologia regionale, uso del suolo, sismicità,
    climatologia, ecc.). Tale analisi permette di individuare le aree sul territorio
    nazionale che rispondono ai principali requisiti fisici e di contesto territoriale
    per la localizzazione dell’impianto di progetto. La selezione avviene
    attraverso l’applicazione di una serie dei criteri di esclusione che
    sono stati preventivamente individuati in relazione al dettaglio dei dati
    disponibili. Il Sistema Informativo ha prodotto la Carta Nazionale delle Aree
    Potenzialmente Idonee alla scala 1:200.000. Le aree in essa rappresentate
    sono attualmente oggetto di una ulteriore selezione (GIS di terzo livello)
    attraverso una estensione dei dati e un approfondimento delle analisi;
  • il risultato ottenuto dalle elaborazioni GIS di 1° e 2°
    livello è rappresentato dalla Carta delle Aree Potenzialmente Idonee
    riportata nella Fig. 1. "Queste aree — si legge nel rapporto della
    Task Force – manifestano i requisiti fisici e territoriali che è stato
    possibile valutare attraverso l’applicazione dei criteri di esclusione
    esposti in precedenza. La potenziale idoneità risiede quindi nel fatto
    che su di essa non sono presenti condizioni sfavorevoli rispetto a ciò
    che è valutabile da analisi a scala regionale. La verifica della effettiva
    idoneità è oggetto delle attività ancora in corso".
    Nella Fig. 1 sono riportate tutte le aree potenzialmente idonee: "queste
    hanno estensioni molto diverse e sono comprese tra 4 e 8700 ha; le aree con
    estensione inferiore a 300 ha non sono state considerate nella attuale fase
    di analisi (GIS 3) in quanto l’ordine di grandezza della superficie che
    dovrà essere occupata dagli impianti del deposito e dei suoi annessi
    è di 300 ha; il numero totale delle aree individuate sul territorio
    nazionale è di 8107 per 330000 ha delle quali soltanto 214 superano
    l’estensione di 300 ettari… Le 214 aree selezionate sono ora oggetto
    di verifica e quindi di ulteriore selezione attraverso l’esecuzione delle
    analisi GIS di terzo livello";

 

  • la metodologia selettiva adottata è così
    riassunta dalla stessa Task Force:
    • Definizione e applicazione della serie di criteri di esclusione
      implementabili in un sistema informativo territoriale e coerenti con le
      informazioni territoriali disponibili su tutto il territorio nazionale (analisi
      GIS di primo livello).
    • Iterazione della definizione e applicazione di criteri di
      esclusione su porzioni più ristrette del territorio nazionale ma
      a livelli di maggiore dettaglio di scala (analisi GIS di secondo livello).
    • Definizione e implementazione nel sistema informativo di
      una procedura di analisi parametrica sui singoli fattori fisici che determinano
      l’idoneità e descrivono le condizioni antropiche e infrastrutturali
      delle aree. Ciò utilizzando dati a scala locale e inserendo giudizi
      professionali (analisi GIS di terzo livello).
    • Selezione e classificazione delle aree potenzialmente idonee
      applicando una procedura appositamente sviluppata per il calcolo del grado
      di idoneità
      e dell’indice di inserimento territoriale.




Il lavoro delle analisi territoriali è
stato quindi svolto per gradi ed è stato strutturato su tre livelli
di dettaglio per scendere dall’analisi dell’intero territorio
nazionale alle valutazioni a scala locale sulle aree individuate. In particolare:



    • le analisi GIS di I livello sono state effettuate con dati
      e cartografia a scala 1:250.000 – 1:500.000;
    • al II livello sono stati utilizzati dati a scala 1:100.000
      – 1:250.000;
    • al III livello la scala di analisi sale a 1:10.000 – 1:100.000



Criteri di esclusione adottati
I criteri di esclusione sono stati definiti singolarmente per le analisi
automatizzate di I e II livello. Nel complesso della loro applicazione
risultano, a valle delle analisi di II livello, escluse le aree:
– insulari;
– entro 50 km dai confini nazionali continentali;
– entro:



    • 15 km da centri abitati con più di 100.000 abitanti
    • 10 ” 20.000-¸ 100.000 ”
    • 5 ” 20.000-¸ 10.000 ”
    • 3 ” 10.000-¸ 1.000 ”
    • 2 ” 200-¸ 1.000 ”



– entro:



    • 2 km da autostrade e superstrade
    • 1 km da strade statali
    • 1 km dalle ferrovie



protette, i parchi e le riserve naturali;
– prossime ai corsi d’acqua;
– che insistono su formazioni rocciose fratturate o solubili o sedimenti
alluvionali recenti ed attuali;
– con pendenza > 5°;
– ad altitudini < 20 m s.l.m. e > 600 m s.l.m.;
– boscate e le zone umide;
– ad elevata pericolosità sismica (valore di accelerazione al suolo,
comprensiva degli effetti di sito, pari o superiore a 0,3 g per una probabilità
di occorrenza del 90% in 300 anni ovvero tempo medio di ritorno di circa
3000 anni).



  • dalla Carta delle Aree Potenzialmente Idonee elaborata dalla
    Task Force e riportata nella Fig. 1, nonché da notizie diffuse da organi
    di stampa, si è tratta la convinzione che la Murgia, insieme
    alla Maremma, sia una delle aree verso cui, con maggiore convinzione e plausibilità,
    si sta indirizzando la scelta tecnica di individuazione del sito per il Deposito
    Nazionale dei materiali radioattivi.

 

Considerato che

  • l’Alta Murgia rivela un fascino raro e prezioso. La sua
    specificità consente una molteplicità di prospettive che invitano
    a scrutare curiosi un universo ancora non del tutto esplorato: innanzitutto
    lo spazio che si apre su uno scenario di rara primitività e bellezza
    e percorribile in lungo e in largo in tutte le direzioni; poi il clima che
    corona la sua altitudine e la sua posizione strategica sia rispetto al mare
    che alle montagne. Lo spazio e il clima dell’Alta Murgia dovrebbero essere
    posti nel novero di terapie efficaci e guarire particolari malattie della
    nostra civiltà moderna, prima fra tutte la congestione di uomini e
    cose;
  • l’Alta Murgia presenta un paesaggio duro, ma anche delicato
    e puro che estende i suoi colori e i suoi profumi su un’area che rappresenta
    l’unico residuo di vegetazione spontanea della provincia barese e in
    cui si riscontrano quasi tutti i maggiori fenomeni del carsismo. In queste
    dune calcaree si dispongono e si confondono, senza distonie con l’ambiente
    circostante, le opere varie e complesse dell’ingegno e dell’arte
    contadina e pastorale, frutti di un lavoro secolare. Chilometri di muri a
    secco, tratturi, trulli, cisterne, neviere, splendidi jazzi e masserie, casali
    e castelli testimoniano un fenomeno di altissimo valore storico e culturale
    che, oltre a sancire l’equilibrio tra attività agro-silvo-pastorali
    ed esigenze abitative, ha implicato un’esemplare assetto sociale che
    si prefiggeva il controllo dell’ambiente. Un patrimonio architettonico
    rurale dunque dislocato in vario modo sul territorio che, pur registrando
    oggi un relativo stato di abbandono, è necessario sottrarre al progressivo
    degrado perché sia recuperato e riutilizzato. Infine, le scoperte dell’Uomo
    di Altamura e delle Orme dei Dinosauri avvenute nel territorio di Altamura,
    arricchiscono un patrimonio di rilevanza mondiale che attende ancora di essere
    studiato e valorizzato ai fini turistici con la prevedibile e positiva ricaduta
    economica su ampi settori della produzione e dei servizi locali;
  • l’Alta Murgia rappresenta, allora, un connubio straordinario
    ed unico di valori paesaggistici, naturalistici e storico-culturali destinato
    a crescere negli anni a venire. Questa consapevolezza contribuisce a rimuovere
    le troppe ambiguità che la parola "sviluppo" porta con sé:
    lo sviluppo cui si vuole tendere non consiste in una mera espansione della
    capacità produttiva del territorio o nella definizione di sparuti interventi
    di tutela ambientale. La sperimentazione che si vuole progettare è
    nella direzione di uno sviluppo socio-economico compatibile che salvaguardi
    l’integrità fisica, biologica e paesaggistica dell’Alta Murgia,
    uno sviluppo che operi su questo patrimonio per arricchirlo e tutelarlo creando,
    nel contempo, concrete opportunità di lavoro nei settori dell’agricoltura
    biologica, delle nuove tecniche di allevamento zootecnico, del turismo rurale,
    della produzione scientifica e culturale;
  • alla luce di quanto esposto precedentemente, la salvaguardia
    delle risorse naturali di questo territorio non può limitarsi ad una
    semplice logica di conservazione passiva, ma deve semmai passare attraverso
    un processo complessivo di rivitalizzazione dei suoi complessivi assetti territoriali.
    Le qualità di quest’area richiedono pertanto un intervento non settoriale
    di semplice istituzione di un’area protetta, ma piuttosto una strategia complessa
    capace di avviare, insieme ad una politica di attenta salvaguardia delle risorse
    ambientali, un processo di riequilibrio territoriale;
  • l’importante valore ecologico, storico e culturale del paesaggio
    altomurgiano e la stessa difesa del patrimonio di diversità biologica
    non possono prescindere, anzi in questo caso dipendono, da una attenta salvaguardia
    dei paesaggi agricolo-pastorali prodotti dalla millenaria azione dell’uomo;
  • si intende attraverso l’istituzione di un parco creare le condizioni
    affinché questo territorio possa diventare il laboratorio di una convivenza
    tra uomo e natura; un laboratorio in cui sperimentare un progetto concreto
    di valorizzazione e di promozione della straordinaria ricchezza umana, culturale
    e naturale presente in questo contesto, in grado di realizzare l’obiettivo
    del riequilibrio territoriale, attraverso la gestione sostenibile delle risorse
    naturali e territoriali;
  • a tal fine, si intende promuovere l’istituzione di un parco
    che faccia della salvaguardia attiva, della promozione dello sviluppo rurale,
    in chiave ecologicamente sostenibile, nonché della reinterpretazione
    del patrimonio ereditato dal passato, l’obiettivo prioritario da raggiungere;
  • si intende in questo modo non solo conservare – in quanto essenziale
    per il mantenimento della biodiversità a livello continentale – questo
    particolare “giardino di pietra”, esito della millenaria interazione fra uomo
    e natura, ma anche lavorare per far sì che la “cultura del paesaggio”
    che ha prodotto l’immagine e l’identità, ma anche la naturalità
    stessa di questo territorio possa diventare il motore stesso di un nuovo progetto
    di sviluppo sostenibile per questo territorio;
  • a questo proposito si intende promuovere, nella stessa istituzione
    del parco, in coerenza con gli obiettivi del V Programma d’azione europea,
    l’avvio di un approccio integrato che, escludendo la visione settoriale dei
    problemi esistenti, operi: per salvaguardare i caratteri geomorfologici, geologici
    e idrologici, le componenti biotiche del territorio; per valorizzare le aree
    rurali attraverso la loro qualificazione globale, ovvero sociale, ambientale,
    economica; per realizzare un equilibrio sostenibile tra l’attività
    agricola, le altre forme di sviluppo rurale e le risorse naturali dell’ambiente;
    per salvaguardare in un’ottica attiva le strutture storiche e gli assetti
    di paesaggio.

 

Precisato che

  • l’Alta Murgia aspira ad assumere un ruolo di primo piano nel
    più vasto contesto territoriale in cui si colloca e ciò risponde
    alla necessità di poter coniugare la tutela di un patrimonio di enorme
    valore storico ed ambientale con un’ipotesi di sviluppo sostenibile, in grado
    di emanciparla dalla condizione di marginalità economica e dal degrado
    in cui sempre più versa;
  • il risultato del percorso compiuto da un vasto ed eterogeneo
    movimento di forze politiche e sociali consiste nel riconoscimento dell’Alta
    Murgia prima come “area di reperimento” per nuovi parchi nazionali (L. n.
    394/91, art. 34) e poi come Parco Nazionale (L. 426/98, art. 2 comma 5, 0, 0);
  • l’istituzione del Parco, in realtà, non è altro
    che la presa d’atto di una serie di vincoli già esistenti sul territorio.
    Infatti, per la particolarità del sistema idrogeologico (vi si riscontra
    l’intera gamma dei fenomeni carsici presenti su tutto il territorio nazionale),
    l’Alta Murgia è sottoposta a vincolo [R.D. 30.12.1923 n. 3267; L. 10.5.76
    n. 319 e sue modifiche; P.R.A. (Piano Regionale Acque) del. Cons. Reg. n.
    455 del 10.5.1984];
  • l’Alta Murgia è stata individuata come Zona di Protezione
    Speciale (ZPS), ai sensi della Direttiva 79/409/CEE (Direttiva per la conservazione
    degli Uccelli selvatici – codice IT9120007; Sup. 143.152), con nota del 24.12.1998
    per SCN/DG/98/20775 del Ministero dell’Ambiente. Si tratta di un’area
    di grande importanza che ospita specie ad habitat di interesse comunitario
    già individuata come S.I.C. (Sito d’Interesse Comunitario) ai
    sensi della Direttiva 43/92 CEE "Habitat";
  • insistono inoltre sul territorio altri vincoli quali quelli
    della Legge Galasso e successive modifiche (L. n. 431/85 e L.R. n. 30/90),
    della direttiva 43/92/CEE relativa alla conservazione degli Habitat naturali
    e seminaturali nonché della flora e fauna selvatiche, del Piano Regionale
    Acque (Del. Cons. Reg. 455/84), del PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico, 0, 0);
  • la legge 426/98 art. 2 comma 5 istituisce il Parco Nazionale
    dell’Alta Murgia, previa intesa tra Ministero dell’Ambiente e Regione
    Puglia;
  • la Regione Puglia con la Legge Regionale che ha introdotto
    le "Norme per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette
    nella Regione Puglia", nell’art.5, ha individuato l’Alta Murgia come
    area protetta;
  • le associazioni di categoria ed ambientaliste (ACLI, Confcommercio
    ed i sindacati unitari CGIL, CISLI, UIL hanno espresso consenso all’istituzione
    del Parco; che quest’ultimi insieme alla COLDIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA,
    ITALIA NOSTRA, W.W.F e LEGAMBIENTE) hanno sottoscritto un documento unitario
    (Bari, 10.05.99) nel quale esprimono parere sostanzialmente favorevole all’istituzione
    del parco;
  • si registra un consenso diffuso e a più riprese rinnovato
    nella società civile ed in altri settori produttivi, da parte dell’Università,
    del mondo della scuola e della ricerca scientifica, delle associazioni culturali,
    ambientaliste e professionali, delle comunità ecclesiastiche e religiose;
  • il Ministero dell’Ambiente ha più volte sollecitato
    la Regione Puglia a sottoscrivere l’intesa (note del 6/10/99 e del 22/12/99
    del Servizio Conservazione Natura, 0, 0);
  • i Comuni inclusi nell’area dei Parco fino ad oggi hanno già
    espresso, e a più riprese, il loro assenso, presso la Regione Puglia
    e il Ministero dell’Ambiente, all’intesa per l’istituzione del Parco
    Nazionale dell’Alta Murgia (Documenti approvati dalle Conferenze di Servizi
    tenute presso il Comune di Ruvo di Puglia, il 27.02.98, ed il Comune di Andria
    il 27.10.2000, 0, 0);
  • il Ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia hanno già
    erogato fondi per uno "Studio per il Piano di Area dell’Alta Murgia",
    attualmente in fase di avanzata elaborazione da parte del Politecnico di Bari,
    Dipartimento di Architettura ed Urbanistica.

 

 

Tanto premesso, rilevato, considerato e precisato,

il Consiglio Comunale del Comune di Altamura

conferma che

  • l’obiettivo di questo Comune è di procedere, con
    gli altri comuni dell’Alta Murgia, alla costruzione del Parco Nazionale
    dell’Alta Murgia, che rappresenta un’occasione unica ed irripetibile
    per attivare, grazie alle risorse messe a disposizione dalla comunità
    nazionale e europea, un vero e proprio cantiere pilota di “produzione ambientale,
    storico-culturale, agroalimentare, turistica”,

e pertanto esprime

  • il dissenso e la contrarietà della comunità altamurana
    rispetto alla prospettiva di allocare il Deposito Nazionale di materiali radioattivi
    nel territorio della Murgia, in quanto ciò si porrebbe, per le ragioni
    suesposte, in netto contrasto con la vocazione ed il disegno di sviluppo e
    crescita che le comunità della Murgia hanno scelto ed intendono perseguire
    per sé e per le generazioni future.

MAXIDEPOSITO DEI MATERIALI RADIOATTIVI


Ecco la carta delle aree idonee elaborata dalla "Task Force – ENEA per
il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi"

(per ulteriori informazioni e dettagli: www.enzocolonna.com)

Servizio rifiuti, altra tegola. La Corte dei Conti indaga sulla transazione.

ALTAMURA. – La
transazione-Tradeco è finita nel mirino della magistratura
contabile. La Corte dei Conti pugliese ha aperto un’inchiesta sulla
procedura amministrativa che nel dicembre del 1999 ha portato il
Comune a corrispondere alla ditta la revisione prezzi del servizio
per gli anni precedenti. L’ipotesi è di aver arrecato un
danno patrimoniale alle casse del Comune. Tredici persone, tra cui
ex amministratori, sono state invitate a fornire chiarimenti.

Esplode quindi il caso che tra novembre
e dicembre di due anni fa accese i riflettori della cronaca su Altamura,
con i disordini e l’interruzione del servizio da parte della ditta
che portò all’invasione di rifiuti di cassonetti e strade.
Dopo quell’episodio, com’è noto, il Comune e la ditta si
misero intorno allo stesso tavolo e rifecero i conti.

La Tradeco chiedeva un incremento
del canone, fermo a circa 3,3 miliardi di lire annuo, causa aggiornamento
dei prezzi per gli anni dal 1992 al 1999, ossia da quando l’appalto
fu rinnovato fino alla scadenza (poi prorogata com’è tuttora).

Il Comune, visto anche il frangente,
si decise ad aprire i cordoni della borsa. Si arrivò quindi
alla transazione di circa 13 miliardi.

Ed ora quell’accordo è finito
al vaglio della Corte dei Conti, sia dopo un esposto di capigruppo
e consiglieri di minoranza che di denunce anonime. Di qui è
partita l’inchiesta che è già a buon punto ed ha già
portato ad un primo rapporto. S’ipotizza infatti un danno considerevole
per le finanze del Comune di Altamura.

Al microscopio sono stati passati
soprattutto i criteri di calcolo che portarono alla cifra conclusiva
a bonario componimento delle parti, Comune e ditta. Ebbene, ammesso
e non concesso che quella transazione fosse dovuta, secondo la Corte
i criteri utilizzati sono stati sbagliati.

Portando così ad un lievitazione
notevole della revisione. Infatti il Comune, avrebbe speso in più
almeno 7,7 miliardi del dovuto. Tutto questo emerge dalle prime
carte che circolano ad Altamura.

Infatti, il rapporto della Corte si
conclude con un invito a 13 persone a presentare motivazioni contrarie
a quanto ipotizzato dalla Corte. L’inchiesta quindi continua.

Tra gli interessati a fornire chiarimenti,
a quanto si è appreso, gli ex amministratori della giunta
che deliberò la transazione, tecnici e funzionari comunali,
revisori ed un consigliere comunale di minoranza interessati nel
1999 a quelle vicende.

* * *

Il documento della Corte
dei Conti

In questi termini dette la notizia
la Gazzetta del Mezzogiorno.

Altamura2001 è
in grado ora – in quanto l’atto è stato notificato da
alcuni interessati agli attuali amministratori del Comune (quindi
chiunque può averne accesso e prenderne visione) – di riportare
alcuni stralci delle contestazioni mosse dalla Procura Regionale
presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti a tredici
persone che, a vario titolo (amministratori, funzionari, ecc.),
hanno avuto un ruolo nella transazione sottoscritta il 3 dicembre
1999 tra i rappresentanti del Comune di Altamura e la Tradeco s.r.l.,
una transazione a totale "bonario componimento" di tutte
le controversie fino a quel momento insorte con riferimento al servizio
di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani (r.s.u.)
ed ai connessi servizi complementari, svolti dall’1.12.1992
al 30.11.1999.

Detto accordo, ricorda il Procuratore
Regionale presso la Corte dei Conti (dott. Francesco Lorusso), "ha
comportato una spesa complessiva di -£ 15.468.399.000 — al netto
dell’acconto di -£ 1.250.000.000, già corrisposto con
delibere di giunta nn. 282 e 651 del 1996 — di cui -£ 10.839.267.000
e -£ 1.556.184.000 per revisione dei prezzi afferenti rispettivamente
i servizi principali e quelli complementari (al netto della riduzione
accordata dalla predetta appaltatrice in ragione di -£ 1.050.000.000),
e -£ 1.114.545.000 per IVA".

L’atto inviato dalla Procura
Regionale contabile è tecnicamente un "invito a dedurre";
i destinatari, cioè, sono invitati, "quali presunti
responsabili dei fatti esposti, a far pervenire le proprie deduzioni
ed eventuale documentazione entro il termine improrogabile di trenta
giorni dalla notificazione" dell’atto.

Nei confronti di queste tredici persone,
destinatari per ora solo di una contestazione formale di fatti,
solo successivamente e ad esito di un’ulteriore fase istruttoria
in contraddittorio con gli stessi interessati potrebbe essere eventualmente
avviata una procedura giurisdizionale diretta ad accertare l’effettiva
sussistenza di un danno erariale (vale a dire un danno alle casse
comunali) e ad addebitare loro la relativa responsabilità
di natura strettamente patrimoniale e contabile. Per tale motivo
omettiamo i loro nomi; ciò che rileva, infatti, è
la sostanza dei fatti.

L’iniziativa della Procura della
Corte dei Conti ha preso le mosse da "vari esposti anonimi"
pervenuti, mesi addietro, "direttamente alla Procura o per
il tramite del locale Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della
Guardia di Finanza, nonché da una formale denuncia da parte
di alcuni consiglieri comunali di Altamura".

Ecco la ricostruzione della vicenda
e le argomentazioni della Procura Regionale presso la Corte dei
Conti:

"… Poiché in materia
di revisione prezzi dei contratti pubblici era sopravvenuta la normativa
contenuta nell’art. 3 della legge 8.8.92 n. 359 (di conversione
del D.L. 11.7.92 n. 333) e nell’art. 15 della legge 23.12.92
n. 498 — i quali avevano abrogato, quanto meno in parte, il
previdente art. 33 della legge 28.2.86 n. 41 — nell’ambito
dell’ente comunale di che trattasi s’erano affacciati
vari dubbi e perplessità, proprio in ordine alla debenza
o meno di tale compenso, seppur con riferimento a quest’ultima
pattuizione specifica, tanto da sospenderne la corresponsione in
forma periodica e continuata, come avvenuto in passato.

Ciò nondimeno la TRADECO alla
scadenza di ciascuno dei sette anni di durata del contratto, ossia
ogni 1° dicembre dal 1993 al 1999, aveva avanzato, come concordato
in origine, le rispettive richieste in tal senso, divenute però
via via sempre più pressanti e sfociate, peraltro, tra febbraio
1996 e l’ottobre 1997, in vari giudizi da essa intentati presso
vari organi dell’Autorità giudiziaria ordinaria; cui
ritenne oltremodo di aggiungere altre pretese più antiche,
susseguenti ad un precedente loto arbitrale intervenuto in data
18.4.90, ed alle quali aveva, peraltro, già rinunciato sin
dal 12.3.1993, al momento cioè di sottoscrivere il rinnovo
del contratto dal 1.12.1992.

Ecco perché gli Amministratori
di Altamura dell’epoca decisero di richiedere un parere pro-veritate
ad un noto esperto giurista. Costui, in ben tre responsi (di gennaio,
giugno e luglio ’96), per un verso, aveva invero sottolineato
costantemente la nullità o inutilità o in operatività
di diritto di siffatta clausola patrizia… mentre, per l’altro,
… aveva tuttavia prospettato in via residuale il riconoscimento,
in favore dell’appaltatrice, del diritto ad ottenere in ogni
caso la predetta revisione dei prezzi, per via di quanto previsto
dall’art. 1664 c.c. (ndr: l’articolo del codice
civile dispone che "qualora per effetto di circostanze imprevedibili
si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali
o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una
diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto,
l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione
del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo
per quella differenza che eccede il decimo
"). Le prescrizioni
contenute in quest’ultima norma fissano in proposito, come
noto, la misura dell’alea al 10% applicata giustappunto nella
specie in fase di liquidazione, in favore della TRADECO, del compenso
revisionale attribuito sui canoni corrisposti a far tempo da 1.1.2.1992
e fino al 30.11.99, mediante il più volte richiamato atto
transattivi del 3.12.99.

Da quanto s’è andato innanzi
esponendo emergerebbe, prima facie, una considerazione essenziale:
le finanze del Comune di Altamura avrebbero subito un danno in misura
considerevole.

Esso potrebbe tuttavia assumere due
differenti connotazioni, tra loro alternativamente gradate ovvero
in rapporto di reciproca complementarietà, a seconda di come
s’intenda configurare sul piano giuridico e/o aritmetico la
presente fattispecie: 1) inapplicabilità assoluta negli appalti
pubblici dell’istituto della revisione prezzi, dopo le più
recenti novelle legislative intervenute; 2) oppure, in caso di rispettiva
acclarata debenza, criterio di deduzione della relativa alea.

Esso potrebbe, infatti, corrispondere
alla somma erogata in totale a siffatto titolo, pari a -£ 13.509.996.600,
mentre in realtà non era affatto dovuta. …

Potrebbe ammontare, invece, a -£ 7.727.009.000,
in via alternativa e/o gradata, ove venisse recepito il corollario
dai riflessi tuttaffatto trascurabili per le finanze comunali, secondo
il quale se nel corso di quello stesso settennio dal 1.12.92 al
30.11.99 l’alea del 10% fosse stata effettivamente, epperciò
correttamente, detratta, il compenso revisionale da corrispondere
alla TRADECO per i servizi principali sarebbe stato di certo inferiore,
pari cioè a -£ 3.112.258.000 e non a -£ 10.839.267.000".

"1) … l’aver quindi,
gli amministratori e funzionari del Comune di Altamura, deciso di
liquidare alla TRADECO, dopo molti tentennamenti, peraltro non del
tutto ingiustificati, al suddetta somma di oltre tredici miliardi,
per revisione prezzi, costituisce un indebito aggravio per l’erario,
che questa P.R. reputa prioritario, in via quantitativa e qualitativa.
E’ infatti indubbio che già dal 12.7.92, allorquando
entrò in vigore il surrichiamato D.L. 11.7.92 n. 333 …
quella clausola revisionale doveva ritenersi ormai eliminata di
diritto, per motivi di ordine pubblico finanziario, giusta art.
1339 c.c., come del resto riconosciuto dallo stesso esperto consultato
nel ’96 dall’Amministrazione municipale. …

2) Qualora detto compenso fosse però
in ogni modo dovuto, i motivi di censura non verrebbero meno, benché…
sul piano oggettivo si comprimano, incentrandosi essenzialmente
sul metodo usato per quantificare il credito riconosciuto, come
dianzi riferito, in favore di tale impresa privata, in ragione di
-£ 10.839.267.000, per il medesimo compenso revisionale attinente
ai servizi principali e concernente quest’ultimo settennio
(1.12.92 — 30.11.99). Da indagini in seguito esperite s’è
potuto infatti appurare che il Comune avrebbe in ogni modo subito
un altro indubbio aggravio pari a -£ 7.727.009.000, alternativo e/o
gradato rispetto al primo, e tuttavia ad oggi già verificatosi,
nonostante che in sede di transazione sia stata concordata la corresponsione
immediata solo della somma di -£ 2.000.000; cui però va aggiunta
l’altra somma di -£ 1.250.000.000, già liquidata in acconto
e la rateizzazione della differenza di -£ 11.993.096.700 — rettificata
poi a -£ 11.988.093.300 — in trentasei mensilità successive
decorrenti dal 1.1.2000.

In altri termini, se i connessi calcoli
fossero stati eseguiti correttamente dagli uffici interessati, vagliati
attentamente dagli amministratori ed infine verificati accuratamente
dai revisori dei conti — prima rispettivamente di redigere
le relazioni del 29.12.97 e 3.12.99 ovvero di fornire in conformità
i pareri tecnici e contabili favorevoli (propedeutici sia all’approvazione
delle delibere di giunta n. 833 del 3.12.99 e del consiglio n. 194
del 23.12.99 ed alla susseguente firma dell’accordo transattivi
e sia alla disposizione di qualsiasi pagamento allo stesso titolo)
— si sarebbe sicuramente accertato che alla TRADECO sarebbe
al più spettata, al ridetto titolo revisionale, la somma
complessiva, di molto inferiore, pari a -£ 3.112.258.000.

Ad avviso di questo requirente ai
XXXXX andrebbe ascritto il marchiano errore, da loro personalmente
commesso, di aver rispettivamente determinato e/o confermato, deliberato
ed avallato, con estrema negligenza, perché contraddistinta
da evidente superficialità e leggerezza, l’an, il quo
modo ed il quantum debeatur del medesimo compenso revisionale alla
TRADECO.

Detto errore, al di là di quanto
già osservato innanzi, consisterebbe invero nell’aver
messo sempre a confronto le due aliquote di variazione dei costi,
terminale ed iniziale — in quanto rispettivamente minuendo
e sottraendo di una normale operazione aritmetica di sottrazione
— enorme al netto del 10 % per la suddetta alea sterilizzandone
quindi in concreto ogni effetto, nella fase di determinazione del
se, come e quanto dovuto per siffatta revisione prezzi. Il procedimento
più esatto avrebbe imposto, invece, accedendo al metodo prescelto
di effettuare il medesimo raffronto tra queste due aliquote, ma
al lordo dell’alea, da sottrarre poi dal resto, sicché
la ridetta revisione prezzi sarebbe spettata, anche a voler essere
in linea con l’art. 6 del capitolato d’oneri (che questa
P.R. ritiene in ogni modo abrogato, come già detto, di diritto),
nell’esclusiva ipotesi di una differenza finale superiore all’aliquota
del 10% e soltanto in ragione della misura ad essa eccedente; mentre
qualora detto risultato finale fosse risultato inferiore al 10%
non sarebbe spettato alcunché. …

Ordunque, sommando tutti e sette gli
importi innanzi specificati, che sarebbero stati liquidati in più
e/o indebitamente, si perviene alla somma complessiva dianzi riferita
di -£ 7.727.009.000…

Il totale di tutte queste cifre di
mancato risparmio per il Comune di Altamura costituirebbe senz’ombra
di dubbio, a parere di questa P.R., seppur in via gradata, il danno
che in tal guisa sarebbe stato arrecato all’erario…

Né da parte degli attuali invitandi
si potrebbe oggi sostenere di aver allora agito, deciso e verificato
il tutto in assoluta fretta, perché sollecitati dall’onda
emotiva e/o dallo stato di necessità che in quei giorni di
dicembre ’99 venivano determinati da alcuni frangenti, avveratisi
in quel Comune a causa di talune manifestazioni di protesta di piazza,
poste in essere, da un lato, dai cittadini, per ragioni di igiene
pubblica, in quanto si vedevano privati all’improvviso del
servizio di raccolta e smaltimento dei r.s.u. e, dall’altro,
dai 98 dipendenti della TRADECO che, dopo l’intervenuta scadenza
(al 30.11.99) di questo appalto…, vedevano seriamente messo
in pericolo il proprio posto di lavoro. Infatti, i funzionari comunali
avrebbero avuto a disposizione molti anni per poter asseverare schede
e calcoli predisposti annualmente al riguardo dall’appaltatrice,
anche perché fino ad allora era stata molto controversa la
spettanza di tale revisione; mentre gli amministratori, invece di
farsi trovare ancora una volta impreparati e dover quindi soggiacere
a tutte le ulteriori intemperanti pretese della società privata,
non solo avrebbero ben potuto predisporre tempestivamente tutte
le iniziative per bandire una nuova gara d’appalto, quanto
avrebbero dovuto anche oculatamente sincerarsi dell’esattezza
delle procedure amministrative e tecniche seguite fino a quel momento
dagli uffici comunali, per giungere a quell’abnorme risultato,
in termini di futuro immediato indebitamento dell’ente da essi
governato. Così come i revisori dei conti del Comune…,
avendo avuto diversi giorni a disposizione, avrebbero dovuto esaminare,
com’era loro preciso ed indeclinabile obbligo istituzionale,
tutte le operazioni contabili compiute dagli impiegati, per giungere
alla determinazione della spesa totale da erogare allo stesso titolo.
Eppure non ci voleva molto; sarebbe stato sufficiente prestare maggiore
attenzione ai calcoli, pervero abbastanza semplici, eseguibili a
mano o tutt’al più con una semplice calcolatrice e nel
breve volgere di qualche ora.

Ciò nondimeno si trovarono
tutti perfettamente d’accordo, ad arrendersi alle pressanti
esazioni della TRADECO, senza sollevare alcuna obiezione od eccepire
alcunché, ancorché si trattasse di una somma considerevole
ammontante a oltre tredici miliardi di lire, oppure quanto meno
a oltre sette miliardi. …"

”MAXIDEPOSITO DI SCORIE
Ecco la carta delle aree idon


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Notizia pubblicata da www.e-gazette.it.

“Roma, 13 giugno 2001 – L’Enea ha fatto l’analisi dei territori
italiani dove sarà  possibile costruire il deposito delle
scorie nucleari. Ed e-gazette ha il documento integrale. I luoghi
adatti sono soprattutto nella Maremma grossetana e viterbese e nelle
Murge. Dopo l’analisi, emerge che lo 0,5% del territorio italiano
si presta a ospitare il deposito.”

Il documento integrale dell’ENEA è consultabile al seguente
indirizzo:
http://www.casaccia.enea.it/taskforce/main3.htm
(Paragrafo 4. File “sintesi GIS-nov00-rev1.doc”)

Oppure nella pagina Approfondimenti di e-gazette all’indirizzo:
http://www.e-gazette.it/strument/ap192.htm

La storia e la cronaca di una battaglia di legalità , civiltà  e difesa degli in

Anno 1994 — Le associazioni
culturali denunciano per la prima volta il problema della chiusura
del Teatro Mercadante. In particolare, il Centro Studi Torre di
Nebbia pubblica un volume dal titolo "Teatro Mercadante:
l’eredità dimenticata". Una decina di associazioni,
assieme allo schieramento politico dei Progressisti, prendono
posizione con un documento comune ("Mercadante. Per un teatro
di tutti, un teatro per tutti") in cui si suggerisce di istituire
una fondazione con l’apporto del Comune, del Consorzio Teatro
Mercadante e di altri soggetti pubblici e privati interessati.
Il periodico Carta Libera, nell’ottobre 1994, pubblica
un dossier ("Mercadante: cento anni e tre statuti")
ed organizza un convegno ("Mercadante: idee per un teatro"),
entrambi curati da Enzo Colonna, in cui vengono espresse le prime
perplessità ed i primi dubbi di legittimità in ordine
alle modifiche apportate allo Statuto consorziale nel 1993 con
cui ai singoli consorziati venivano attribuite quote di proprietà
sul teatro.

Novembre 1997 — La Soprintendenza
per i Beni Artistici e Storici di Bari notifica al Consorzio Teatro
Mercadante l’esito di un sopralluogo effettuato il 21 ottobre
1997. Nel documento si rileva che da tale sopralluogo "si
è verificato che l’immobile versa in stato di abbandono
e che il permanere di tale situazione non può che determinare
condizioni di progressiva fatiscenza"

Giugno 1998 — Quaranta
associazioni cittadine, su iniziativa del periodico Carta Libera,
sottoscrivono un documento-appello indirizzato all’Amministrazione
comunale ed al Consorzio. Nel documento, dal titolo "Il Teatro
di Tutti", le associazioni sollecitano la restituzione del
teatro alla sua piena funzionalità ed alla città,
un bene — sottolineano — che "è stato e
deve rimanere dell’intera comunità".

Settembre 1998 — Viene
raggiunta un’intesa di massima tra Amministrazione comunale
e Consorzio: il Comune finanzia i lavori di ristrutturazione per
un miliardo e mezzo; il Consorzio cede al Comune una quota di
un terzo della proprietà del teatro. Il Comitato "Il
Teatro di Tutti" (costituito da poco su iniziativa di Enzo
Colonna e Lello Rella) contesta a più riprese, attraverso
comunicati ed articoli di stampa, l’illegittimità
di un simile accordo che si basa sull’idea sbagliata che
i consorziati siano titolari di quote di proprietà del
teatro.

Maggio 1999 — Il Comitato
"Il Teatro di Tutti" predispone e sottoscrive insieme
ad altre undici associazioni culturali di Altamura un atto/ricorso
(di trenta pagine) indirizzato all’Amministrazione comunale
in cui si denunciano tutti i motivi che rendono illegittimo e
nullo giuridicamente l’accordo sottoscritto pochi mesi prima
dal Comune e dal Consorzio.

Giugno 1999 — L’Amministrazione
comunale si convince che le argomentazioni illustrate a più
riprese dal Comitato "Il Teatro di Tutti" sono ben fondate
e ritira dall’ordine del giorno del Consiglio comunale la
proposta di ratifica dell’accordo.

Giugno 1999 — Dopo aver
partecipato il 27 maggio 1999 ad un convegno organizzato a Prato
("Teatri aperti: sì grazie! Teatri da riaprire cercansi")
in cui i rappresentanti del Comitato "Il Teatro di Tutti"
hanno illustrato il caso del Teatro Mercadante di Altamura, il
Comitato propone di seguire il modello del Politeama di Prato:
una public company, ovvero una società ad azionariato
diffuso sostenuta da enti pubblici e privati e da semplici cittadini.

Agosto 1999 — L’Amministrazione
comunale, dopo aver congelato l’accordo sottoscritto pochi
mesi prima, affida all’avvocato Antonio Ventura l’incarico
di esprimere un parere legale in merito alle argomentazioni giuridiche
addotte dal Comitato "Il Teatro di Tutti": in particolare
si chiedono chiarimenti sulla natura e sul ruolo del Consorzio
Teatro Mercadante, nonché sulla proprietà del Teatro.

Settembre 1999 — Il
Comitato "Il Teatro di Tutti" pubblica sul periodico
Piazza un ampio articolo dal titolo "Teatro Mercadante:
rovistando tra le carte", a firma di Enzo Colonna. Si presentano
i risultati di una ricerca di archivio e si riportano passi di
documenti storici del tutto inediti che confermano la tesi sostenuta
da anni dal Comitato: i singoli consorziati non sono titolari
di quote di proprietà del Teatro, ma solo del diritto ad
essere preferiti nell’acquisto dell’abbonamento teatrale
stagionale (cosiddetto diritto di palco o di poltrona).

Novembre 1999 — L’avvocato
Ventura deposita in Comune il parere pro veritate: in sostanza,
il parere conferma la ricostruzione storico-giuridica del Comitato
"Il Teatro di Tutti" e avanza le medesime perplessità
in ordine alla legittimità delle modifiche apportate allo
Statuto consorziale nel 1993.

Gennaio 2000 — L’Amministrazione
comunale torna a parlare di un possibile accordo con il Consorzio
(Gazzetta del Mezzogiorno del 25 gennaio 2000): il Comune
prenderebbe in fitto il Teatro per 15 anni e si accollerebbe le
spese di ristrutturazione per una somma di un miliardo e mezzo.
Il Comitato "Il Teatro di Tutti", in un comunicato del
25 gennaio, critica le condizioni di un simile accordo ritenuto
illogico e dannoso per gli interessi della collettività:
l’accordo infatti, non solo non risolverebbe il problema
del completo recupero dell’immobile (la cifra necessaria,
a detta di molti tecnici, ammonta in realtà a circa 4-5
miliardi), ma avrebbe come unico risultato economico e giuridico
"quello di obbligare il Comune a riconsegnare alla parte
privata il Teatro restaurato senza aver avuto la possibilità
concreta di utilizzarlo per un tempo adeguato e sufficientemente
lungo". Non se ne fa più nulla; l’ipotesi della
locazione tramonta, fortunatamente, in breve tempo.

Gennaio 2000 — Promossa
dal Comitato "Il Teatro di Tutti", parte la raccolta
di firme in calce ad un Atto di iniziativa amministrativa
(ai sensi della legge n. 241/90) con cui si chiede a diverse Autorità
(Ministro, Prefetto, Sindaco) di procedere all’acquisizione
al patrimonio pubblico del Teatro Mercadante. L’iniziativa,
il cui slogan è "La tua firma per salvare il Teatro
Mercadante", raccoglie in poche settimane l’entusiasmo
e l’adesione di migliaia di cittadini.

Febbraio 2000 — I responsabili
del Comitato "Il Teatro di Tutti", Enzo Colonna e Lello
Rella, consegnano al Sindaco l’Atto di iniziativa popolare
sottoscritto da circa 6000 cittadini. Lo stesso Comitato avvia
una parallela raccolta di firme tra i consiglieri comunali per
un’autoconvocazione del Consiglio affinché affronti
e deliberi in merito alla richiesta dei 6000 cittadini. Venti
consiglieri (di quasi tutti i partiti) sottoscrivono la richiesta
di convocazione.

Marzo 2000 — Il Consiglio
è convocato per il 9 marzo 2000. Il 5 marzo il Comitato
"Il Teatro di Tutti" pubblica un dossier ("Teatro
Mercadante: un teatro di tutti. Ecco perché") in cui
viene ricostruita tutta la vicenda. Nell’editoriale di apertura,
i due portavoce del Comitato (Enzo Colonna e Lello Rella) chiedono
al Consiglio comunale "una risposta chiara a 6000 cittadini"
ed illustrano, nel dettaglio, le (dieci) ragioni per l’esproprio.
Tra queste, in particolare, si fa riferimento all’imperdibile
occasione offerta dal POR 2000-2006 che, una volta adottato e
pubblicato, destinerà decine di miliardi per il recupero
di contenitori culturali: "è appena il caso di evidenziare
— scrivono i due — che ciò significa riaprire
il teatro a costo zero per il Comune, alla duplice condizione
però che il "bene sia pubblico e che il destinatario
dei finanziamenti sia un’amministrazione pubblica".
I tempi sono stretti: entro la fine di quest’anno —
avvertono i due responsabili del Comitato cittadino — la
Regione individuerà i progetti da ammettere al finanziamento.
Chi (privato o forza politica) si opporrà all’acquisizione
al patrimonio comunale del Teatro o ne tarderà l’acquisizione
si assumerà dunque una gravissima responsabilità
nei confronti della città". Il Consiglio comunale,
nella seduta del 9 marzo, dopo aver ascoltato la relazione del
prof. avv. Gagliardi La Gala (nel frattempo incaricato dalla Giunta
comunale di prestare "assistenza e consulenza necessarie
per la attivazione dei procedimenti e/o azioni idonee a conseguire
con la acquisizione coattiva la fruizione collettiva del Teatro
Mercadante"), delibera, con il voto unanime dei venti consiglieri
presenti, di "affermare e formalizzare le condizioni per
promuovere la procedura di esproprio" del Teatro Mercadante
e di "impegnare la Giunta comunale ad attivare i procedimenti
e le iniziative idonee ad acquisire detto immobile al patrimonio
pubblico, stante l’evidente e oggettivo interesse pubblico
e generale ad evitare l’ulteriore deterioramento di detta
struttura, inattiva da circa dieci anni e quindi per la tutela
dell’immobile e delle suppellettili e beni mobili ivi esistenti".

Aprile 2000 — Il consulente
legale del Comune, prof. Gagliardi La Gala, invia una lettera
al Consorzio sollecitandolo ad un atto di cessione del teatro
a favore del Comune, a fronte del quale il Comune — ipotizza
il legale — potrebbe farsi carico degli oneri assunti per
la manutenzione dal Consorzio ed inserire un suo rappresentante
nella istituzione che sarà chiamata a gestire il Teatro.
La lettera non ha alcun esito e non riceve alcuna risposta.

Maggio 2000 — L’avvocato
Gagliardi trasmette al Comune lo schema dell’atto da inviare
al Ministero ed alla Soprintendenza per i Beni culturali.

Giugno 2000 — La Giunta
delibera, il 9 giugno, di far proprie le conclusioni del prof.
avv. Gagliardi e di impegnare il Sindaco a sottoscrivere ed inviare
l’atto necessario ad attivare il procedimento espropriativo;
delibera pure di conferire incarico all’avvocato Ventura
di intraprendere azione giudiziaria per l’accertamento "della
nullità ed illiceità delle determinazioni assunte
dal Consorzio in ordine alla modifica dello Statuto, con cui i
consorziati hanno ritenuto di attribuirsi impropriamente il diritto
di proprietà del Teatro". Il 16 giugno il Sindaco
firma ed invia l’atto con cui sollecita Soprintendenza e
Ministero per i Beni e le Attività culturali ad attivare
la procedura espropriativa del teatro.

Settembre 2000 — Il
Comitato "Il Teatro di Tutti" torna a sottolineare la
grande opportunità offerta dai fondi europei che saranno
messi a disposizione con la pubblicazione imminente del POR 2000-2006
(Piano Operativo Regionale). In un documento del 20 settembre
si legge: "sebbene noi del Comitato siamo stati i promotori
della raccolta di firme a sostegno dell’esproprio, continuiamo
a non rassegnarci all’idea che non ci siano nelle parti coinvolte
nella vicenda (Comune, Consorzio) il buon senso, la voglia e la
capacità necessari ad addivenire ad una soluzione concordata,
chiara, legittima e rispettosa ad un tempo degli interessi pubblici
e privati legati al teatro. Realisticamente — crediamo —
una sola è la soluzione giuridicamente perseguibile: il
consorzio cede gratuitamente l’immobile al Comune (già
proprietario del suolo su cui insiste) e quest’ultimo, come
contropartita, continua a riconoscere ai singoli consorziati ciò
che a loro legittimamente spetta in base allo statuto originario
del 1895 (i diritti di palco e di poltrona), si accolla il debito
maturato dal consorzio nei confronti di una banca locale e si
obbliga a creare un’istituzione di gestione del teatro comunale
nel cui consiglio di amministrazione siedano anche rappresentanti
del consorzio… Questa sarebbe la soluzione più lineare
che consentirebbe di rispondere appieno alle condizioni di accesso
ai fondi previsti dal POR". Anche questo appello resta inascoltato.

Ottobre 2000 — La Provincia
chiede al Comune le schede tecniche riguardanti progetti e proposte
articolate sui Musei e sui Teatri al fine di poter fruire dei
finanziamenti previsti nel POR 2000-2006. Il Comune non trasmette
nulla per il semplice motivo che non ha nulla da trasmettere:
il Teatro dovrebbe essere già di proprietà comunale
per poter beneficiare dei fondi europei.

Novembre 2000 — Il Comitato
cittadino "Il Teatro di Tutti" tenta ancora una volta
la strada del dialogo. Con un’istanza formale, presentata
il 7 novembre, i due portavoce del Comitato (Enzo Colonna e Lello
Rella) sollecitano il Sindaco Plotino a convocare tutte le parti
coinvolte nella vicenda affinché si possa "verificare
quanto concrete e realistiche siano la possibilità giuridica
e soprattutto la disponibilità da parte del Consorzio che
si addivenga in tempi brevi ad una cessione concordata del Teatro
a favore del Comune di Altamura. Non le nascondiamo — scrivono
al Sindaco — l’impressione e la più viva preoccupazione
che si stia vivendo una fase di impasse (in riferimento
sia alla procedura espropriativa avviata dal Comune, sia alle
azioni giudiziarie a tutela degli interessi della collettività
che il Comune aveva mesi orsono deciso di intraprendere, ma di
cui, ad ora, non si hanno notizie alcune) o, peggio, che si stia
assistendo al solito valzer di manovre dilatorie che rischiano
unicamente di far perdere al Comune l’opportunità,
unica ed irripetibile, di accedere ai fondi POR 2000-2006 a disposizione
degli enti locali per il recupero di beni appartenenti al patrimonio
culturale pubblico". Tutte le parti del procedimento amministrativo
(Comitato compreso) vengono in effetti convocate dal Sindaco per
il giorno 23 novembre. Prima di quella data (esattamente il 12
novembre), il Comitato "Il Teatro di Tutti" pubblica
e distribuisce per la città il testo di una "lettera
aperta" indirizzata ai consorziati: "Vi rivolgiamo —
si legge nella parte finale della lettera — l’invito
a non sprecare l’ulteriore occasione di incontro e confronto
che il nostro Comitato ha richiesto con decisione affinché,
tutti insieme, si possa verificare in tempi rapidi se ci sono
le condizioni per procedere ad una cessione concordata e volontaria
del Teatro alla Città di Altamura". L’appello
ed il tentativo cadono nel vuoto, l’incontro salta a causa
dell’assenza dei rappresentanti del Consorzio che, in una
nota del 22 novembre, annunciano la mancata partecipazione alla
riunione in quanto da loro considerata un’iniziativa "solo
di disturbo al perseguimento del tanto decantato e auspicato obbiettivo
comune e pubblico che è quello della riapertura del Teatro".
Amara ed allarmata la reazione del Comitato "Il Teatro di
Tutti": in un lungo ed argomentato comunicato alla città
del 26 novembre denuncia ancora una volta il "rischio concreto
di perdere i fondi del POR".

Novembre 2000 — Mentre
si consuma, senza esito, questo ennesimo tentativo di dialogo
da parte del Comitato cittadino, si verifica la svolta: il Soprintendente
per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici di Bari
risponde al Comune di Altamura ed al Comitato "Il Teatro
di Tutti". In una nota del 10 novembre, il Soprintendente
rileva che "il permanere dello stato di abbandono del teatro
rende sempre più indifferibile l’esecuzione dei lavori
di restauro al fine di migliorarne le condizioni di tutela. In
tal senso questa Soprintendenza concorda con codesta Amministrazione
sulle opportunità che il teatro sia oggetto di provvedimento
di esproprio. Tale iniziativa risponderebbe inoltre al preminente
interesse generale alla concreta valorizzazione del Teatro medesimo,
peraltro auspicata dai cittadini di Altamura e non solo".
E’ il tanto atteso via libera all’esproprio. Ma, aggiunge
il Soprintendente, è necessario che l’Amministrazione
comunale produca gli atti necessari per l’emissione del decreto
ministeriale di esproprio. Atti di competenza del Comune, dunque,
e di cui il Soprintendente fornisce un elenco dettagliato. "Non
appena codesto Comune avrà trasmesso quanto richiesto,
questo Ufficio — conclude il Soprintendente — provvederà
a trasmettere all’Ufficio Centrale del Ministero per i Beni
e le Attività culturali la predetta documentazione unitamente
al proprio parere di competenza. Si resta in attesa di riscontro".

Dicembre 2000/Gennaio 2001 —
Mesi di completa inattività in Comune: l’Amministrazione
non sembra interessata alla vicenda, né si preoccupa di
dare una risposta alla Soprintendenza. Eppure numerose sono le
sollecitazioni dei responsabili del Comitato "Il Teatro di
Tutti" e del consulente legale del Comune, il prof. avv.
Gagliardi La Gala.

Febbraio 2001 — I portavoce
del Comitato cittadino (Enzo Colonna e Lello Rella) rompono gli
indugi ed in un articolato documento diffuso il 5 febbraio si
domandano retoricamente "Che fine ha fatto il Teatro Mercadante?".
Denunciano: "Lo si dica chiaramente: del Teatro Mercadante
non ci importa nulla. Ce lo dicano chiaramente: dei diritti e
degli interessi della collettività non ci importa nulla.
Esattamente un anno fa il nostro Comitato si è fatto promotore
di una raccolta di firme che non aveva precedenti. In poche settimane,
6000 cittadini altamurani hanno sottoscritto un atto di iniziativa
amministrativa ai sensi della legge n. 241 del 1990 in cui si
chiedeva: 1) al Sindaco ed all’amministrazione comunale di
Altamura, nonché al Ministro per i beni e le attività
culturali di promuovere la procedura di esproprio del Teatro Mercadante;
2) al Prefetto di Bari di constatare l’indisponibilità
di fondi propri e l’impossibilità a perseguire il
proprio scopo statutario da parte del Consorzio Teatro Mercadante
(l’associazione che detiene il teatro con l’unico scopo
di “conservarlo, amministrarlo e gestirlo”: art. 1 dello Statuto
consorziale) e di conseguenza di provvedere, ai sensi dell’art.
42 del codice civile, a sottrarre il bene al consorzio e ad affidarlo
ad altro ente in grado di provvedere al suo recupero e alla sua
riapertura. Nulla di tutto questo è sinora avvenuto e non
comprendiamo il perché; eppure, a seguito di quella mobilitazione
popolare, i nostri amministratori sono stati costretti a prendere
impegni precisi e ad adottare atti ufficiali". Scorrono poi
in rassegna tutti i ritardi dell’Amministrazione comunale.
Quest’ultima denuncia pubblica ottiene questa volta un parziale
risultato: l’Amministrazione comunale dà finalmente
il via libera all’avvocato Ventura che, il 27 febbraio, può
depositare presso la cancelleria del Tribunale di Altamura un
atto di citazione indirizzato al Consorzio per far accertare la
illiceità e nullità delle modifiche statutarie del
1993 con cui si attribuivano ai singoli consorziati quote di comproprietà
del teatro.

Marzo 2001 — Il 5 marzo,
dopo un’ulteriore sollecitazione dell’avvocato Gagliardi
La Gala, in Comune si tiene un incontro che, nelle intenzioni,
doveva servire a fare il punto della situazione e a riattivare
l’iter amministrativo dell’esproprio dopo mesi di immobilismo.
Nel frattempo, la Regione pubblica i primi bandi per la presentazione
dei progetti da ammettere ai fondi del POR 2000-2006. I tempi
sono ormai ridotti al minimo: la scadenza è per la metà
di aprile, ma è già chiaro che il Comune non farà
in tempo a presentare alcun progetto che interessi il Teatro Mercadante.
Infatti, la procedura di esproprio è ancora bloccata in
Comune ed il Consorzio, anziché concordare una cessione
a favore del Comune (che potrebbe quindi consentire di fruire
dei finanziamenti europei), preferisce avviare una trattativa
con un privato.

Aprile 2001 — E’
la cronaca di questi giorni: la campagna elettorale con gli assessori
troppo occupati ad organizzare il proprio futuro politico, piuttosto
che a pensare al futuro della città. Al di là delle
solite promesse e dei soliti annunci, si profila una sola certezza
ormai: Altamura perderà i fondi europei stanziati con il
POR 2000/2006. Chi pagherà il conto di questa situazione?

La vicenda storica e giuridica del Teatro S.Mercadante di Altamura.

Le celebrazioni per il
centenario della nascita di Saverio Mercadante e la costruzione
del Teatro.

Si avvicinava il 1895 e nel Consiglio
comunale del 27 ottobre 1894 il maggiore Virgilio Lerario poneva
all’attenzione dei rappresentanti della città la necessità
di celebrare il centenario della nascita di Saverio Mercadante
"onore e vanto non solo di Altamura, ove ebbe i natali, ma
ancora gloria d’Italia e di tutti i paesi civili, perché
i genii hanno per patria il mondo".

Per quanto potevano consentire le
ristrettezze economiche che per il 1895 penalizzavano pesantemente
il bilancio comunale e senza imitare lo sfarzo con cui Pesaro
aveva celebrato Rossini, Lerario proponeva "un ricordo marmoreo
che dica ai posteri che essa (Altamura) non obliò colui
che elevò la coscienza umana all’altezza divina".
La sua proposta fu accolta all’unanimità dal Consiglio
comunale e ben presto la Giunta nominò una commissione
"composta dai rappresentanti di tutte le classi sociali",
cui era affidato il compito di elaborare un programma di massima.
L’iniziativa ottenne immediato risalto sulla stampa regionale
e nazionale.

Insediatasi, la "Commissione
per le onoranze a Mercadante" dovette presto scontrarsi con
l’esiguità delle risorse finanziarie, accentuata dalla
crisi economica che investiva l’Italia meridionale e che
imponeva pesanti limiti a qualsiasi slancio celebrativo.

Mentre all’interno della Commissione
un chiaro programma stentava ad emergere e la discussione registrava
solo una ridda di proposte ancora troppo confuse, un gruppo di
giovani professionisti si incontrava nella farmacia Fiore e vagheggiava
la costruzione di un nuovo teatro cittadino. Esso, scrive De Napoli,
"ritenne che solennizzare il centenario di un sommo musicista
senza che gli venisse eretto un teatro stabile, sarebbe stata
ben poca cosa, e coltivando tale idea, si costituì un comitato
proponendosi di offrire per la sera del 17 settembre, un nuovo
teatro dove si sarebbe rappresentata l’opera mercadantesca".

L’irrompere sulla scena culturale
della città di nuovi personaggi dotati di una fervida capacità
propositiva associata alla chiarezza delle scelte e ad una spregiudicata
determinazione nel realizzarle, decretò una sensibile inversione
di tendenza. Ai notabili che esercitavano il controllo amministrativo
della città, si sostituivano i rappresentanti dei nuovi
ceti urbani, giovani professionisti formatisi all’Università
di Napoli e che nel volgere di pochi anni andranno a costituire
il fulcro della compagine giolittiana locale.

Mancavano circa nove mesi al 17
settembre (giorno del centenario della nascita di Saverio Mercadante)
ed i tempi molto ristretti non consentivano ulteriori esitazioni.

Il Corriere delle Puglie
dell’ 8 gennaio 1895 anticipa le notizie sulla svolta data
alle iniziative per le celebrazioni e preannuncia lo scossone
che investirà il Consiglio comunale, chiamato ad esprimersi
su un preciso progetto di edificio teatrale: un nuovo teatro rispondente
ai requisiti di comodità, decoro e sicurezza imposti dalle
mutate esigenze, la cui realizzazione risultava però condizionata
dalle limitate disponibilità finanziarie. Esprimendo perplessità
sull’esito dell’impresa, sorretta da una previsione
di entrata di lire trentamila e garantita da una sottoscrizione
cittadina ancora da lanciare, il corrispondente avanza il dubbio
che la grandiosa opera possa restare incompiuta e si fa promotore
dello stridente conflitto di cultura urbanistica che lo vede schierato
a favore di quanti sostenevano l’ubicazione centrale del
nuovo edificio, all’interno delle mura della città,
nei pressi dei luoghi di Mercadante (la casa paterna, le scale
di S. Nicola , la chiesa di S. Biagio).

Il "Comitato provvisorio per
la costruzione del Teatro Mercadante" costituito da Filippo
Baldassarra medico, Michele Tangari medico, Antonio Cornacchia
fotografo, Massimo Franco farmacista, Vincenzo Striccoli ingegnere
e Carlo Manfredi medico, aveva elaborato un progetto e sottoscritto
il 10 gennaio 1895 lo Statuto per la fondazione del teatro
consorziale Saverio Mercadante,
subito dato alle stampe per
favorire la massima diffusione.

Lo statuto rifletteva la formazione
culturale dei giovani promotori, intenti a svolgere una missione
positiva per la civiltà e animati da quell’ottimismo
tipicamente tardo-ottocentesco che teorizzava la crescita armonica
del corpo sociale. Lo statuto aveva l’aspetto di una magna
charta
: un accordo che definiva gli ambiti di intervento e
le competenze delle parti interessate (comitato, municipio, cittadini)
e un programma per raggiungere il massimo risultato nel più
breve tempo possibile.

Edificare un nuovo teatro e celebrare
degnamente il centenario di Mercadante con la rappresentazione
di un suo capolavoro, era l’obiettivo da perseguire: "Essendo
il nostro Teatro Comunale insufficiente a ciò, si è
riconosciuto di costruire un’altro più ampio, affinchè
un massimo numero di spettatori possa prendere parte ad una festa
così solenne. E, perché la memoria di sì
grande festa rimanga imperitura, si è pensato di edificare
un teatro, non provvisorio, ma definitivo, il quale, non solo
ricorderà ad ogni altamurano una gloria cittadina, ma servirà
a colmare un vuoto finora deplorato da ogni persona amante della
civiltà e del progresso".

La realizzazione del progetto sarebbe
stata assicurata da una gara tra i cittadini che si sarebbero
aggiudicati il posto a sedere più prestigioso del teatro
ed avrebbero acquisito il diritto di precedenza ad occuparlo durante
le rappresentazioni. La sottoscrizione era aperta a tutti i ceti
sociali e conferiva diritti proporzionati all’entità
ed alle modalità di erogazione della quota versata, che
variava in relazione alla disposizione del palco, della poltrona
e della sedia di platea. I sottoscrittori entravano così
a far parte di quello che sarebbe poi divenuto il Consorzio del
Teatro Mercadante e avrebbero espresso un’assemblea costituita
da quanti avevano versato una somma non inferiore alle cinque
lire.

Il nuovo teatro che accoglie e rappresenta
tutti i ceti sociali, è un tempio laico della cultura aperto
a tutti, ma in cui la distinzione di ruoli e delle funzioni resta
fortemente marcata.

L’ingegnere Vincenzo Striccoli
redasse una relazione, significativamente intitolata La ubicazione
del Teatro Consorziale Saverio Mercadante in Altamura,
che
lesse nella seduta del Consiglio comunale del 15 gennaio 1895
e successivamente diede alle stampe. In essa espose gli assunti
generali su cui si fondava la proposta di costruire un nuovo teatro:
"Dare immediatamente lavoro agli operai altamurani, visto
che la maggiorparte di essi è in ozio e priva dei mezzi
necessari di sussistenza: e questo è un bisogno impellente,
al quale i rappresentanti la cittadinanza nel Consiglio municipale
devono assolutamente provvedere, qualunque sia lo stato della
pubblica finanza; … scrutinando tutti i mezzi capaci a fare
il massimo possibile con la minima spesa". Il suo progetto
rispettava tutte le esigenze estetiche e tecniche richieste da
un moderno teatro: "In questi tempi di civiltà e progresso,
il teatro è il tempio dell’arte come la chiesa lo
è della religione; quindi l’estetica madre delle arti
belle, deve su di esso regnare sovrana, dominatrice di tutto;
la decorazione interna, quella esterna e la topografia del fabbricato
messa in rapporto con tutto ciò che lo circonda, devono
a loro volta concorrere indispensabilmente ad assicurarle tale
dominio". Altro requisito fondamentale era la centralità
del sito che aveva destato un vivace dibattito nella città.
Essa doveva essere considerata, come scriveva Striccoli, "in
relazione allo sviluppo che una città piccola, come la
nostra, topograficamente tende a prendere. Non bisogna aggirarsi
nella stretta cerchia, ove abitarono i nostri padri e restarvi,
poco curandosi del crescere della popolazione e del rapido avanzarsi
del progresso e della civiltà, ma è doveroso pensare
all’avvenire, ai nostri figli, i quali, per la facile viabilità,
che permette i più lunghi viaggi, si informeranno a criteri
ben diversi da quelli dei loro predecessori". Al tempo spettava
esaltare la centralità:"Un sito diventa centrale appunto
col contenere degli edifici pubblici, ove tutti sono costretti
ad accorrere per necessità o diletto; la centralità,
se non esiste, si crea e, se non si crea non esisterà giammai".
Ebbene, l’area che meglio rispondeva ai requisiti elencati
era il largo Panettieri, di proprietà comunale, vicino
al pubblico passeggio, a quel tempio dell’educazione che
era il Collegio Cagnazzi e accolto dal "sorriso della natura,
che viene dalla più pittoresca veduta, che vanti la nostra
città". Il 15 febbraio si giungeva così alla
stipulazione della convenzione tra il nuovo comitato ed il Sindaco
di Altamura con la quale il Consiglio comunale concedeva il suolo
a nord della villa comunale di 1851 mq. e del valore di lire ottocento,
che non figurava in catasto essendo "mondezzaio". Allo
stesso tempo il Municipio acquistava il diritto di scelta sul
palco centrale di seconda fila, "che è il migliore
e il più degno per la rappresentanza di questo comune".
Il 17 marzo veniva stipulato il contratto di appalto a trattativa
privata, aggiudicato per la somma di lire venticinquemila e con
un ribasso del 12% ai fratelli Natale, maestri muratori. Garantivano
in qualità di sostituti solidali Michele Bolognese e Pasquale
dei conti Sabini.

La consegna dei lavori, escluse
la decorazione e la tappezzeria, era fissata al 31 agosto con
una penale di lire cinquanta per i primi 10 giorni e di lire cento
per i successivi. I lavori in legno (i palchi) sarebbero stati
consegnati, invece, il 31 luglio per eseguire la dipintura.

Il 25 marzo alle ore 17 fu collocata
la prima pietra sotto il pilastro di sinistra del primo arco scenico.
Il discorso ufficiale fu pronunciato dal presidente del comitato,
il dottor Baldassarra. Una pergamena celebrativa fu sistemata
nell’incavo di un macigno di mazzaro di Gravina su cui era
scolpita la data 1895. In essa era scritto: "Gli altamurani,
auspice una schiera di giovani ardimentosi, mercè pubblica
sottoscrizione, vollero innalzarlo, e per onorare la memoria del
loro illustre concittadino Saverio Mercadante nel primo centenario
della sua nascita e per alleviare col lavoro la miseria degli
operai, disoccupati per l’ostinata crisi economica dominante.
Nel porre le basi di questo edificio arrise agli altamurani la
speranza che, col volgere degli anni, i posteri avrebbero sacro
rispetto e gelosa cura di questo monumento, il quale, colla sua
muta ma significativa eloquenza, varrà ad ispirare nell’animo
loro gli alti ideali da cui ebbe origine il culto dell’arte
e la carità cittadina". Sollevato da terra con una
carrucola, il macigno fu benedetto dal cantore don Diego Labriola,
mostrato agli intervenuti e successivamente fissato al suolo.
Un telegramma fu inviato a Sofia Mercadante, vedova del maestro,
che prontamente trasmise il suo ringraziamento.

Intanto sorgevano le fabbriche del
teatro Mercadante e proseguivano i lavori.

Giuseppe Marvulli ne "La cronaca
dei valorosi" che firma con lo pseudonimo Quidam,
sul periodico Altamura del 29 settembre, ricostruirà
con dovizia di particolari e con un fraseggio concitato le fasi
dell’edificazione del teatro: dalle riunioni "serotine"
del Comitato provvisorio nella farmacia Franco, alla scelta dell’ubicazione,
ai sentimenti filantropici per procurare lavoro agli operai, alla
sottoscrizione cittadina, alle maestranze impiegate: "Gli
operai costruttori della tettoia furono i fratelli Mezzina da
Molfetta, l’impresario per la dipintura del teatro e per
il rivestimento fu Domenico Pappalepore da Rutigliano. Autore
delle belle scene e del sipario fu il signor Matteo Casella scenografo
del San Carlo di Napoli; macchinista del teatro fu Nicola Grossi
del "Piccinni" di Bari. Il prof. Pasquale Rossi, nostro
concittadino, modellò le mensole del secondo e terzo ordine
dei palchi, i festoni ed i mascheroni collocati sul parapetto
del loggione e dipinse con tanta naturalezza e verità il
ritratto di Mercadante messo sul frontone dell’arco scenico.
Così nello spazio di circa sei mesi Altamura si è
arricchita di una nuova opera d’arte, ergentesi nella sua
mole grandiosa in un luogo fino a ieri tradizionalmente ingombro
di macerie, che costituì l’immondezzaio della città".

Il 31 agosto, come da contratto,
il teatro è pronto. La città è in fibrillazione
per i preparativi e non v’è rivista o periodico che
non ne segua le sorti (Il Meridionale, Roma, Altamura,
La Rassegna Pugliese
).

Il 17 settembre, narrano le cronache
dell’epoca, "sin dalle 19 una straordinaria folla di
curiosi assiepata all’ingresso del teatro, rendeva difficile
il passaggio alle persone che vi entravano malgrado gli sforzi
delle guardie che si ingegnavano di tenerla indietro". La
sala "presentava un aspetto bellissimo ed imponente, perché
piena zeppa di quel pubblico non sempre prodigo di sè in
ogni occasione, la cui presenza è chiaro indizio e sicura
promessa di eletti piaceri dello spirito". Il cronista riferisce
di "moltissime signore leggiadramente aggruppate nei palchi,
in ricche toilettes", della presenza di tutte le autorità
civili e militari, di "parecchi ufficiali nelle loro brillanti
uniformi, numerosi forestieri ospiti della nostra città,
molti buongustai od appassionati cultori della musica: quello
insomma che c’è di più nobile, di più
illustre e di più colto trovavasi ivi riunito. Sembrava
che la grazia, la bellezza e l’eleganza si fossero dato convegno
in quella festa di colori, di luce e di suoni".

Con l’inaugurazione del teatro
Mercadante e con le celebrazioni in onore dell’illustre musicista
si registrava nella città un importante mutamento non solo
urbanistico, ma soprattutto socio-culturale: il nuovo edificio
diventava il riferimento segnaletico del nuovo rione, mentre le
serate mondane a teatro divenivano il fiore all’occhiello
di un’aristocrazia che ancora controllava il potere locale
e di una dinamica borghesia, espressione dei ceti urbani, che
aveva introdotto nella città le redditizie attività
di trasformazione.

 

 

Lo Statuto per la fondazione
del Teatro Consorziale Saverio Mercadante in Altamura del 1895.

Con lo "Statuto fondamentale"
datato 10 gennaio 1895 il comitato provvisorio poneva le condizioni
e le modalità di costituzione del consorzio cittadino che
avrebbe avuto lo scopo di edificare il nuovo teatro, "consentaneo
ai nuovi bisogni del paese e al progresso dei tempi" (come
si legge nella convenzione con cui il comune di Altamura concesse
al comitato promotore il suolo su cui edificare).

Entrerà a far parte di detto
Consorzio ogni cittadino che "sottoscriverà un foglio
in carta legale, nel quale, accanto alla propria firma, segnerà
in lettere ed in numeri il decimo della somma, che egli intende
versare" (art. 2).

In ragione della loro prestazione,
i signori sottoscrittori acquisteranno, il "diritto di proprietà
per palchi, poltrone e sedie", specificando nell’atto
di sottoscrizione il posto che intendono acquistare (art. 9).

Tale diritto di proprietà,
afferma l’art. 10, può essere relativo ed assoluto:
è relativo, quando i sottoscrittori verseranno la loro
prestazione in più rate (art .3, 0, 0); è assoluto "quando
i sottoscrittori verseranno in una sola volta alla chiusura del
foglio di sottoscrizione tutti i dieci decimi quantuplicati".

I titolari del diritto di proprietà
"relativo" godranno del diritto di preferenza ad essere
interpellati nel giro del foglio di abbonamento per una serie
di rappresentazioni o per le rappresentazioni uniche (diritto
che si estingue col rifiuto di sottoscrivere il foglio medesimo
nelle ventiquattro ore successive), oltre che nel diritto ad un
ribasso del 10% sul prezzo di abbonamento fissato dalla Commissione
teatrale.

I titolari del diritto di proprietà
"assoluto" avranno, invece, facoltà di assistere
gratuitamente dal loro posto a qualunque rappresentazione e di
trasmettere tale diritto ad un erede "come per qualunque
altro bene stabile".

La "destinazione imparziale"
dei posti avrà poi luogo, ai sensi dell’art. 11, a
favore in primis dei proprietari assoluti, poi di coloro
che avranno versato a sottoscrizione compiuta tutti i decimi in
una sola volta; in seguito verranno coloro che avranno versato
solo i cinque decimi a sottoscrizione finita in una sola volta,
mentre per i restanti sottoscrittori si procederà al sorteggio
dei posti, cominciando dai migliori.

Un curioso e differenziato trattamento
è riservato poi ai "non altamurani" domiciliati
in Altamura per i quali si prevede una sottoscrizione su "un
foglio a parte, nel quale indicheranno la prestazione annuale,
che intendono fare per tutto il tempo che sono in Altamura. Con
ciò essi temporaneamente acquistano i medesimi diritti
degli altri sottoscrittori" (art.12).

"Essendo scopo del Comitato
far sì che gli operai altamurani trovino lavoro nella costruzione
di tale opera, per quanto più è possibile, senza
produrre confusione", i lavori saranno suddivisi in lotti
e " tutti i capi d’arte altamurani che intendono concorrere"
saranno invitati a formulare le offerte di appalto (artt. 14 e
15). I sottoscrittori per una somma non inferiore alle lire cinque
per ogni decimo saranno elettori ed eleggibili per la costituzione
del Comitato permanente per l’amministrazione teatrale, composto
di un presidente, un vice presidente, un cassiere e cinque consiglieri
(artt. 20 e 21). Spetta a detto comitato dare "particolareggiato
rendiconto della sua gestione per mezzo di manifesti da affiggersi
nei luoghi pubblici" (art. 23) e riunire i soci in assemblea
generale tutte le volte che crederà necessario ed obbligatoriamente
almeno due volte l’anno per discutere ed approvare tutto
quello che riguarda il miglioramento dello stabile e le operazioni
finanziarie occorrenti (art. 24). La risposta e l’adesione
della città all’iniziativa promossa da quel "nucleo
di cittadini", volenterosi ed intraprendenti, fu eccezionale:
oltre duecento furono le sottoscrizioni pecuniarie, tanto da richiedere
una variante al progetto del teatro e l’inserimento nello
Statuto di un "Articolo aggiunto".

Alla stipulazione dello Statuto
seguì poi "l’adesione immediata" del Comune
di Altamura, definita giuridicamente con la citata Convenzione
del 15 febbraio 1895, con la quale il Comune nella persona dell’allora
sindaco Pietro Priore, dichiarava, in esecuzione di una delibera
adottata all’unanimità dal Consiglio comunale il 15
gennaio 1895, di voler concorrere "come tutti gli altri sottoscrittori
alla costruzione del teatro" e di fare "espressa concessione
al Comitato definitivo … di tutta la zona di fronte alla villa
comunale". La concessione di tale suolo del valore stimato
di lire ottocento era inscindibilmente connessa con l’obbligo
del Comitato "di far eseguire le opere indicate nel progetto
dell’egregio ingegner Striccoli". Il Comitato, da parte
sua, accettava la concessione e ringraziava per il "concorso
e l’adesione immediata alla sua proposta": "per
effetto di tale prestazione – si legge nella Convenzione – il
Municipio parteciperà a tutti i diritti e obblighi, come
socio, risultanti dallo Statuto speciale e da tutte le altre disposizioni
relative; e perciò avendo in una sol volta soddisfatta
irrevocabilmente la promessa, acquista sin da ora il dritto relativo,
come risultato di scelta, sul palco centrale di seconda fila,
che è quello sovrapposto alla porta d’ingresso alla
platea, che è il migliore e più degno per la rappresentanza
di questo Comune. Tale dritto sarà sempre continuativo
e trasmissibile ai rappresentanti che si succederanno in ogni
tempo come proprietà relativa del Comune, giusta le disposizioni
dello Statuto".

Il teatro Mercadante doveva, dunque,
sorgere nelle intenzioni dei cittadini promotori ed, effettivamente
sorse con energie altamurane e come bene culturale, economico
e sociale della comunità altamurana.

 

Lo Statuto del Teatro Consorziale
Saverio Mercadante di Altamura del 1955.

Nello Statuto del 1955 è
evidente il mutamento di prospettiva: il Consorzio è costituito
ed ha lo scopo di gestire, amministrare e conservare il teatro
(art. 1). Di esso fanno parte i proprietari dei palchi delle poltrone
e delle sedie del detto Teatro che siano già riconosciuti
come tali dall’Amministrazione in carica al momento dell’approvazione
del medesimo Statuto, o che per diritto di eredità si faranno
riconoscere in seguito (art. 2).

Anche qui si specifica il contenuto
del diritto dei singoli consorziati sulla base della bipartizione
tra diritto di proprietà assoluto e relativo del palco,
poltrona o sedia (art. 3). In più si precisa che il primo
è riconosciuto per il palco n. 10 di seconda fila alla
persona del Sindaco e dei componenti la Giunta municipale o a
chi per legge li sostituisce, e per la poltrona di seconda fila
n. 11 alla persona che si farà riconoscere dal Consiglio
di Amministrazione del Consorzio quale erede, sempre del ramo
maschile, dell’ingegner Striccoli Vincenzo, progettista e
direttore dei lavori nella costruzione del Teatro (art. 4). All’art.
6 si sancisce una decadenza, di dubbia legittimità, dei
diritti di proprietà suddetti, nel caso in cui siano trascorsi
dieci anni dalla morte del titolare senza che si sia provveduto
ad indicare l’unico erede titolare o senza che gli eredi
abbiano provveduto "a che uno solo di essi venisse riconosciuto
come tale dall’Amministrazione": trascorso tale periodo,
il diritto "sarà trasferito di diritto e di fatto
al Consorzio".

Si provvede poi all’art. 7
a limitare la circolazione dei diritti di proprietà sottoponendo
la cessione alla preventiva approvazione del Consiglio di Amministrazione
e alla stipulazione per atto scritto. Al Consiglio di Amministrazione
è riservata ancora la valutazione circa l’ammissione
al Consorzio di nuovi soggetti che intendano acquistare il relativo
diritto: previa domanda sottoscritta del richiedente e dichiarazione
di conoscenza ed accettazione dello Statuto, l’organo deciderà
insindacabilmente in merito, fissando il prezzo di acquisto, che
sarà in termini versato al Cassiere del Consorzio (art.
8).

Scompaiono, dunque, dalla nuova
versione dello Statuto, principi, ideali, programmi, impegni per
la città e per il suo progresso: il nuovo atto è
in gran parte (artt. dal 9 al 27) dedicato all’organizzazione
interna (organi, funzioni, nomine, competenze etc.). Si istituiscono,
infatti, l’Assemblea dei Consorziati (artt. 11-18) e soprattutto
il Consiglio di Amministrazione (artt. 19-27). La prima è
chiamata a dare il suo parere per ogni cessione di gestione del
Teatro stesso, per ogni innovazione ai locali dell’edificio,
per ogni lite che eventualmente si dovesse intentare o sostenere
contro terzi ed in ogni altra attività, che non sia di
ordinaria amministrazione (art. 17, 0, 0); l’Assemblea deve, infine,
nella seduta ordinaria approvare il rendiconto della gestione
e potrà eventualmente a maggioranza assoluta, proporre
un diverso impiego del capitale del Consorzio, sempre però
che tale impiego sia attinente al Teatro Mercadante (art. 18).

Ruolo centrale è, invece,
assunto dal ristretto gruppo (nove membri) che forma il Consiglio
di Amministrazione. Ad esso non solo sono attribuiti i "più
ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria del teatro"
(art. 20), ma anche una serie di prerogative che permettono ai
consiglieri di amministrazione un controllo su quella che è
la composizione del Consorzio: esso decide insindacabilmente sulle
domande di alienazione del diritto di proprietà, sulle
domande di acquisto di proprietà di posti disponibili del
Teatro (art. 21, 0, 0); risponde del buon andamento del Teatro. Pertanto
i suoi componenti hanno diritto di libero accesso in esso, in
qualunque ora del giorno ed in qualsiasi posto, hanno il diritto
e il dovere di vigilare l’ordine, il buon andamento degli
spettacoli, la manutenzione del Teatro e l’osservanza di
tutte le norme di decenza e moralità, nonché di
far rispettare i diritti dei Consorziati eventualmente reclamati
o violati (art.23). Il Consiglio di Amministrazione potrà
poi concedere il teatro in gestione a terzi, previa approvazione
dell’Assemblea, e ancora dovrà provvedere oltre che
al pagamento di tutti gli oneri gravanti sul teatro, anche a tutte
le riparazioni necessarie, sia ordinarie che straordinarie.

 

 

Lo Statuto del Teatro Consorziale
Saverio Mercadante in Altamura del 1993.

Con lo Statuto del 1993 alla preoccupazione
espressa nel 1955 per la difesa (affidata al Consiglio di Amministrazione)
da fastidiose intrusioni, degli interessi del gruppo, del suo
controllo, della sua omogeneità, si aggiungeva quella dell’affermazione
e tutela di un asserito status proprietario del Consorzio
in ordine al Teatro.

In grandi linee l’ultimo Statuto
ripropone il regolamento del 1955. La tecnica di redazione è
certamente più raffinata. Sono eliminate alcune improprie
ed ambigue previsioni: ad esempio, pur lasciando intatta la disciplina
sostanziale, i poteri prima riconosciuti al Consiglio di Amministrazione
in ordine alla decadenza dal diritto di proprietà (art.
8), alla trasferibilità del diritto (art. 9) ed all’ammissione
al Consorzio di nuovi soggetti per effetto di compravendita (art.
10), sono ora attribuiti all’Assemblea dei Consorziati.

Innovativa certamente rispetto ai
precedenti Statuti è l’affermazione contenuta nell’art.
2: "L’intero complesso, con ogni accessione, pertinenza
e adiacenze appartiene al Consorzio e per esso in comproprietà
ai soli consorziati proprietari assoluti di palchi, poltrone e
sedie, pro correlativa proporzionale quota".

Del Consorzio fanno allora parte
per esplicita dichiarazione dell’art. 3 "i comproprietari
dell’immobile, i proprietari assoluti dei palchi, delle poltrone
e delle sedie del detto Teatro che siano già riconosciuti
come tali dall’Amministrazione in carica al momento dell’approvazione
del presente Statuto, o che per diritto di eredità si fanno
riconoscere in seguito, e come aggregati, i titolari del diritto
di palco, poltrona e sedia, che acquisteranno tale diritto successivamente".

Scompare quindi la caratteristica
bipartizione comune agli Statuti precedenti, tra diritto di proprietà
assoluta e proprietà relativa e fa ingresso una nuova tra
diritto di proprietà "pieno e completo" e diritto
di palco per i palchi, poltrone e sedie disponibili privi di titolare,
non comprensivo del "correlativo diritto di proprietà
del posto" (art .4).

Al titolare del diritto di proprietà,
e ad esso esclusivamente, spetta la facoltà, in prelazione
e con le modalità e termini di cui al successivo art. 7,
di accedere ed usare del palco o posto in ogni specie di rappresentazione
o manifestazione da chiunque organizzata. Ai proprietari del palco
n. 10 (Comune) e della poltrona di seconda fila n. 11 (eredi V.
Striccoli) ed ai componenti del Consiglio di Amministrazione è
assicurato in ogni manifestazione l’ingresso gratuito (art.
5).

Il diritto di palco, invece, con
esplicito riferimento dell’art. 6 all’art. 2 della legge
26 luglio 1939 n. 1336, si concretizza "nella sola facoltà
di godere e disporre, in prelazione, in modo esclusivo del palco,
poltrona o sedia, durante ogni spettacolo o manifestazione, facendone
uso conforme allo scopo al quale il teatro è destinato".
I titolari di tale diritto di palco, poltrona o sedia, godranno
specificamente "del diritto di preferenza ad essere interpellati
se intendono godere del loro diritto nel giro di foglio di abbonamento
per una serie di rappresentazioni od anche per unica rappresentazione
sia essa di prosa, di lirica, di rivista o di qualsiasi genere
…". Il diritto medesimo cessa sia rinunziando a sottoscrivere
il foglio di adesione, sia nel caso di abbonamento, trascorse
48 ore dall’invito a dare la propria adesione, senza che
questa sia pervenuta al gestore del teatro.

Il richiamo alla legge n. 1336 del
1939 recante "Norme sul condominio dei teatri e sui rapporti
tra proprietari dei teatri ed i titolari del diritto di palco"
è dunque finalizzato nella nuova disciplina statutaria
a "declamare", con dubbia rilevanza giuridica, l’appartenenza
in comproprietà del teatro ai Consorziati, proprietari
assoluti di palchi. Asserzione evidentemente in disarmonia con
le precedenti definizioni statutarie. Il Consorzio doveva, in
effetti, costituirsi in base al dettato dello "Statuto fondamentale"
del 1895, con pubblica sottoscrizione, "fra tutti i cittadini
allo scopo di edificare il detto Teatro Consorziale" (art.1,
Statuto 1895). Sottoscrivendo una quota "ogni cittadino"
avrebbe avuto non solo la possibilità di entrare a far
parte del Consorzio (art. 2), ma avrebbe acquisito anche il "diritto
di proprietà per palchi, poltrone e sedie" (art. 9).

Disposizione quest’ultima in
linea con i tempi, ove si guardi ad esempio alle statuizioni contenute
nello Statuto sociale del teatro di Lodi del 1840, che all’art.
5 dichiarava che la società del teatro era costituita dai
proprietari dei palchi e, ancora, nel documento pubblico del 1778
con cui venivano definiti i diritti spettanti al demanio e ai
palchisti sul teatro della Scala di Milano, costruito col concorso
dell’uno e degli altri, nel quale mentre non si faceva alcuna
menzione di condominio del teatro, i palchisti venivano dichiarati
proprietari dei rispettivi palchi.

Più chiara si fa certamente
l’asserzione dell’art.2 dello Statuto del 1955: "Del
Consorzio fanno parte i proprietari dei palchi, delle poltrone
e delle sedie del detto Teatro". Affermazione netta che,
letta alla luce della disciplina posta dalla legge n. 1336 del
1939 è in grado di rivelare la posizione giuridica dei
consorziati nei confronti del Teatro. Questo, infatti, è
composto da un complesso di beni coordinati per il perseguimento
dello scopo al quale esso è destinato: il suolo su cui
è edificato il Teatro, l’immobile, il marchio "Teatro
Mercadante", la sala-conferenze, i palchi, le poltrone, le
sedie etc.

È appunto la legge del 1939
che ha distinto e regolato i rapporti tra proprietà (privata
o pubblica) dell’edificio-teatro e proprietà (privata
o pubblica) dei palchi. Ha definito gli ambiti, ha stabilito in
capo ai rispettivi titolari facoltà, obblighi e divieti
(Capo I), prevedendo addirittura che "l’accesso ai palchi
di proprietà privata" avrebbe comportato sempre il
pagamento del biglietto di ingresso (art. 10).

Se, dunque, appare lineare la distinzione
legislativa tra proprietà dell’edificio e proprietà
dei palchi, nonchè evidentemente conforme alla disciplina
normativa la posizione espressa al riguardo dai consorziati nello
Statuto del 1955, risulta poco chiara ed in contrasto con i precedenti
statutari e legislativi la confusione compiuta nello Statuto del
1993 tra proprietà dell’immobile e quella dei palchi:
"L’intero complesso, con ogni accessione, pertinenza
e adiacenze appartiene al Consorzio e per esso in comproprietà
ai soli consorziati proprietari assoluti di palchi, poltrone e
sedie, pro correlativa proporzionale quota" (art. 2). Ugualmente
poco chiara e priva di fondamento normativo appare poi la ripartizione
tra una proprietà assoluta ed una relativa, posta col palese
obiettivo dei consorziati partecipanti alla redazione dell’ultimo
Statuto, di confinare in una posizione di secondo piano, come
semplici "aggregati" i titolari del diritto di palco,
poltrona e sedia che "acquisteranno tale diritto successivamente"
(art. 3). Gli eventuali acquirenti dei posti "disponibili,
privi di titolare" (art.4) si ritroverebbero, infatti, nella
condizione di partecipare "all’assemblea con solo parere
consultivo e non con voto deliberativo" (art. 12) e di essere
esclusi dalla gestione del teatro (art.11).

Accogliendo in ogni caso la tesi
di un Consorzio tra proprietari, argomentando sulla base
dell’art. 5 dell’ultimo Statuto, si deve desumere che
la posizione del consorziato-Comune di Altamura sia quella di
proprietario assoluto. E allora, qualora fosse possibile quantificare
la quota di comproprietà sull’immobile-teatro spettante
al Comune e nel caso in cui tale quota fosse pari ad un quarto
o ad un terzo o alla metà addirittura del valore dell’intero
edificio teatrale, si presenterebbe a favore del Municipio l’opportunità
di ricorrere alle peculiari procedure espropriative disciplinate
rispettivamente dall’art. 1 del R.D.L. n. 579 del 1937, convertito
nella legge n. 1221 del 1937 ("Norme per disciplinare la
risoluzione da parte dei comuni ed enti pubblici in genere, dei
condominii teatrali") e dagli artt. 12 ss. della legge n.
1336 del 1939.

 

 

Considerazioni conclusive.

La lettura delle norme statutarie
susseguitesi nell’arco di un secolo mostra come nel corso
del tempo sia mutato ed in parte sia stato alterato il primitivo
e fervido proposito dei promotori dell’iniziativa della costruzione
del teatro, nonchè di quanti ad essa avevano aderito apportando
il loro contributo, prestando la loro opera o accrescendone la
fama.

"Altamura – affermò
il presidente del comitato promotore nel suo discorso inaugurale
– mettendosi davvero sul cammino del progresso, volendo mostrarsi
città, che degnamente partecipa della vita moderna, getta
come per incanto le prime fondamenta di un monumento alla civiltà.
Questo sorgere repentino di tale opera d’arte non solo sarà
per i nostri nipoti un esempio incancellabile di abnegazione cittadina,
ma dimostrerà ad evidenza l’indole generosa degli
altamurani".

Ricordare ad ogni altamurano "una
gloria cittadina" e "colmare un vuoto deplorato da ogni
persona amante della civiltà e del progresso" fu il
"nobile scopo" perseguito con l’atto di fondazione
del Teatro Mercadante e fatto proprio dai cittadini sottoscrittori
e componenti del Consorzio sorto per l’edificazione di detto
Teatro.

Una sottoscrizione pubblica fu all’origine
della costruzione del nuovo Teatro "cittadino", come
già era accaduto cinquant’anni prima (nel 1839) per
il vecchio Teatro Comunale, quando erano stati realizzati palchi
e sedili, era stato arricchito di nuove macchine il palcoscenico,
decorata la sala, realizzati un nuovo scenario ed un sontuoso
sipario.

Per la costruzione del Teatro si
offriva però ai cittadini sottoscrittori, in ragione della
loro prestazione, il diritto di usufruire delle rappresentazioni
teatrali con i vantaggi e le modalità specificamente disposti
nello Statuto fondamentale. Il "Consorzio per la gestione,
amministrazione e conservazione del Teatro" attribuiva così
ai propri componenti, adeguandosi ad una consuetudine comune a
quei tempi a molti teatri, quel "multiforme" diritto
di palco che quarant’anni più tardi avrebbe ricevuto
univoca consacrazione giuridica e riconoscimento legislativo con
la legge 26 luglio 1939 n. 1336.

Il Teatro Mercadante sorto un secolo
fa grazie al contributo di quanti sottoscrissero la propria quota
in cambio di un peculiare "diritto di proprietà per
palchi, poltrone e sedie", all’ "adesione immediata"
del Comune di Altamura che concesse al Comitato il suolo su cui
fu edificato il Teatro, acquistando per effetto di tale prestazione
lo status di socio del Consorzio medesimo, grazie anche
al generoso apporto del progettista ingegner Striccoli, deve ritenersi
appartenente culturalmente, idealmente e funzionalmente alla comunità
cittadina.

Al di là, dunque, di ogni
disputa sul carattere privato o pubblico di tale Teatro, che potrebbe
definirsi privato con funzioni ed interessi pubblici o ben dirsi,
con formula speculare e altrettanto appropriata, bene pubblico
su cui gravano interessi privati, si auspica che dall’esperienza
involutiva che lo ha riguardato (è chiuso da quasi un decennio!)
si possa pervenire ad una comprensione attenta ed ad una revisione
completa della vicenda storica e giuridica, in grado di individuare
e raccordare interessi privati, collettivi e pubblici.

Solamente tenendo ben fermo il proposito
che informò l’agire dei nostri avi e la mai sopita
speranza "arrisa", oltre un secolo fa, agli altamurani
"nel porre le basi di questo edificio" che i posteri
avrebbero avuto "sacro rispetto e gelosa cura di questo monumento,
il quale, colla sua muta ma significante eloquenza, varrà
ad ispirare nell’animo loro gli alti ideali da cui ebbe origine
il culto dell’arte e la carità cittadina", sarà
possibile restituire alla fruibilità pubblica un piccolo
ma nobile gioiello di provincia, irrinunciabile centro di propulsione
culturale e di aggregazione sociale.

 

 

Fonti consultate:

AA.VV., Teatro Mercadante 1895-1995
L’eredità dimenticata,
Ediz. Torre di Nebbia,
Altamura 1994.

Cristallo, Teatri di Puglia,
Bari 1993.

E. Colonna, articoli pubblicati
su Carta Libera del 16 ottobre 1994 e del maggio 1998.