CI CREDIAMO DAVVERO?

In tanti si sono commossi alle parole del Papa, nella piazza vuota. In tanti le hanno riprese nelle proprie bacheche Facebook:
«Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme».
Ci crediamo davvero? O sono solo quattro parole che fanno tendenza un giorno? Perché non si spiega se, alla prima occasione, non manchiamo di dimostrare che il timone vogliamo tenerlo noi e di pretendere che a remare siano sempre gli altri.
Nessuno si salva da solo. È così. È verità per me antica. E significa non solo che ognuno di noi ha bisogno dell’altro, ma anche essere consapevoli che anche l’altro ha bisogno di noi. E soprattutto essere consapevoli che non possiamo pretendere dall’altro ciò che noi per primi non siamo in grado di assicurare.
Significa riconoscere l’imperfezione che è nel mondo, perché noi siamo imperfetti, fragili, incompleti. In quella imperfezione dobbiamo riconoscerci, è la nostra. E rispettarla, comprenderla, amarla. E così compresa, avendola compresa, aiutarci tutti a superarla. Insieme. Ecco, questo è il “nessuno si salva da solo”.
Questi sono i miei fondamentali da sempre.
Quindi non mi chiedete cosa penso di questo o quel problema, di cosa ha scritto Tizio o Caio.
Mi occupo dei problemi e delle difficoltà, non ne faccio oggetto di lamento o commento e soprattutto mi occupo di chi non ha voce o forza. E ci sto male quando mi scopro impotente, quando i problemi soverchiano le mie forze e le forze di tutti quelli al lavoro. Ma non mi consegno alla rassegnazione, all’apatia, alla retorica declamazione di principi, soprattutto non mi consegno alla pretesa, sollevandomi da fatica, sforzi, tentativi, responsabilità. La lotta, ogni giorno, è con la realtà, con il suo carico di problemi, piccoli e grandi. Ci provo. E sono in tanti, davvero tanti, a provarci, senza risparmiarsi, in questa fase di un’emergenza senza precedenti, a partire da Michele Emiliano che ha in sorte il dovere di governarla a livello regionale. Ma non basta mai!
Quindi non mi chiedete di commentare questa o quella esternazione, come mai un secondo tampone di controllo (che si effettua in situazioni specifiche decorsi quattordici giorni dall’accertamento di un caso positivo) non sia stato fatto allo scoccare della ventiquattresima ora del quattordicesimo giorno di quarantena.
Oltre ad affrontare questo tipo di problemi e tanti altri, tutti i giorni, a tutte le ore del giorno, con e senza alcun input, soprattutto se riferiti a chi è più fragile e indifeso, e prim’ancora che spiegare se, come e quando viene effettuato un secondo tampone… beh, oltre e prima di tutto questo, c’è la gratitudine – come ha ricordato nella medesima occasione Papa Francesco – per quelle «persone comuni, solitamente dimenticate», che «stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori» e «tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo».
Tra queste, tra quelle che hanno effettivamente compreso e a cui va la gratitudine, ci sono le persone di quello che usualmente chiamiamo Ufficio Igiene di Altamura, in piazza De Napoli, che sta gestendo e coordinando tutta la materia dei tamponi sul territorio (non quelli in ospedale). Da settimane stanno facendo un lavoro enorme, centinaia di situazioni da affrontare, centinaia di verifiche, riscontri, comunicazioni, un lavoro che copre praticamente tutte le ore del giorno, senza sosta. A gestire emergenza e non solo. E non sono un esercito. In pianta stabile sono due persone, compresa la dottoressa che lo dirige, con il supporto di altri due amministrativi e due infermieri.
Sono perfetti? No! È una situazione perfetta? Ovviamente no! La pubblica amministrazione è perfetta? No! Che facciamo, ci mettiamo ad inveire contro? Quale dirigente, direttore generale, governatore, non avrebbe voluto 100 laboratori sparsi per la Puglia, centinaia di migliaia di kit tamponi e reagenti, uffici con migliaia di dipendenti al lavoro, decine di migliaia di medici e infermieri a disposizione? Sarebbe perfetto. È questo il nostro mondo? Siamo, noi, così perfetti? O si richiede da parte di tutti noi disponibilità, solidarietà, comprensione dei problemi, della loro dimensione e complessità senza pari, degli sforzi enormi in atto.
Nessuno si salva da solo. Per davvero, però.