La Classe morta di Genova

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La
Classe morta di Genova

di enzo colonna
(consigliere comunale indipendente del gruppo DS)

 

Una premessa.

Pur avendo ancora saldamente impresse
negli occhi le immagini raccapriccianti degli episodi di Genova,
credo che non si possa ragionevolmente dubitare della natura e funzione
democratica delle forze dell’ordine italiane, nel loro complesso;
sono composte infatti dai nostri fratelli, padri, figli, da gente
soprattutto di questo Sud che in quel lavoro riesce a trovare l’unica
chance di vita e di futuro. Ciò che non mi convincono,
invece, sono i ragionamenti e le direttive dei vertici di queste
forze dell’ordine: i vertici di apparato ed i vertici politici.

Una considerazione.

Un tragediografo polacco, Tadeuz Kantor,
è passato alla storia del teatro di questo secolo con una
sua bellissima opera titolata “La Classe morta”. Nell’opera
compaiono ormai adulti ed invecchiati, ricoperti di ragnatele ed
impolverati, una serie di personaggi raffiguranti i suoi vecchi
compagni di classe, nel Liceo di Cracovia, tutti seduti sui banchi
a raccontarsi durante una nuova, ultima ed improbabile giornata
di scuola. Vi compaiono simboli, linguaggi, attitudini ed abitudini,
rappresentanti la galleria degli orrori di questo secolo: la prima
guerra mondiale, il nazismo, lo stalinismo, i campi di sterminio
ed i gulag, la Seconda Guerra Mondiale, Hiroshima e Chernobyl. Tutta
la classe vive questa giornata e compaiono sulla scena tutti i loro
vecchi insegnanti altrettanto impolverati, e con odor di vecchio.
Danzano scomposti tutti e sulle spalle reggono manichini/fantocci
raffiguranti i bambini che non sono più; alla fine, un grande
telone li ricopre, per il “grande imballaggio di fine secolo”. Il
regista autore, si muove per tutta l’opera come un estraneo
dentro la scena guardando dall’esterno questa rappresentazione
di ciò che una volta era realtà, ed oggi appare come
la decrepita e polverosa rappresentazione del passato. Lo spettacolo
appare un vero e proprio incubo con i colori ed i rumori dell’incubo
e dagli altoparlanti voci tetre che ricordano gli avvisi dettati
nei campi di sterminio, sirene, radio con voci d’epoca ravvivano
episodi già noti e vissuti, che riascoltati oggi appaiono
semplicemente ridicole rappresentazioni, purtroppo umane.

In questi giorni mi è tornata
alla mente la forza di quell’opera vista qualche anno fa’.

Non riesco ad immaginare diversi dai
personaggi della “classe morta”, gli uomini che insieme hanno pensato,
programmato e vissuto le giornate del G8 a Genova. Polvere, ragnatele,
ed odor di vecchio riavvolge questi uomini (tute nere e bianche,
da una parte; tute azzurre e grigie dall’altra) e credo che
a torto s’intraveda affacciarsi alle porte una nuova stagione
del terrorismo, per un verso, e del fascismo, per l’altro.

Si tratta solo di personaggi in vena
di apparizioni strumentali, che non si accorgono di portare con
se sulla scena l’orrida rappresentazione di una classe morta,
ridicola e scomposta, di maschere che accennano ad una danza che
appare macabra e parla un linguaggio che sembra urlato da vecchi
e gracchianti altoparlanti.

Dovevano essere solo delle belle giornate
di incontro, di protesta, di dialogo e di parole quelle che si apprestavano
a vivere le decine di migliaia di persone riunite a Genova e partite
da ogni parte del mondo, anche da Altamura, ed invece hanno incontrato
per strada molotov e lacrimogeni, estintori e pistole, bastoni e
manganelli, insomma una impolverata e decrepita “classe morta” che,
impaurita delle parole, ritiene ancora che si possano soffocarle
con una bastonata o una manganellata.