Proposta di OdG contro la discarica nucleare.

Alla cortese attenzione del
Presidente del Consiglio Comunale
dott. Luigi Lorusso
– Palazzo di Città –

Egregio Presidente,

La prego di sottoporre all’attenzione del
Consiglio comunale, in occasione della prossima riunione fissata per il giorno
27 luglio 2001, l’allegato Ordine del Giorno che ho predisposto
in vista dell’esame del punto "Quale futuro per la Murgia? Quali
forme di sviluppo e di salvaguardia per il nostro territorio? — Atti di
indirizzo
".

Con il menzionato OdG il Consiglio comunale andrebbe
ad esprimere:



" … il dissenso e la contrarietà
della comunità altamurana rispetto alla prospettiva di allocare il
Deposito Nazionale di materiali radioattivi nel territorio della Murgia,
in quanto ciò si porrebbe, per le ragioni suesposte, in netto contrasto
con la vocazione ed il disegno di sviluppo e crescita che le comunità
della Murgia hanno scelto ed intendono perseguire per sé e per le
generazioni future
".



Le porgo i miei più cordiali saluti.

Altamura, 20 luglio 2001

Dr. Vincenzo
Colonna

(Indipendente del
gruppo consiliare DS)

Il Consiglio Comunale di Altamura,

premesso che

  • in Italia, dopo la decisione di rinunciare definitivamente
    al nucleare da fissione come fonte energetica, si è posto il problema
    della definitiva messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi
    e dello smantellamento
    degli impianti nucleari;
  • nel novembre 1997, il Ministro Bersani assunse l’impegno
    della costituzione di un tavolo. fra tutti gli attori interessati alla dismissione
    degli impianti nucleari in Italia per la definizione di un Piano di azione
    comune per la gestione degli esiti del nucleare;
  • ad aprile 1998 lo stesso Ministro ha proposto al Presidente
    della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome di
    Trento e Bolzano l’attivazione di un percorso partecipativo che permettesse
    una scelta concertata del sito e che consentisse la partecipazione delle Autonomie
    locali, sulla base di una corretta e completa informazione, scientificamente
    fondata, in quanto la disponibilità di un sito nazionale di smaltimento
    e deposito dei rifiuti radioattivi costituiva l’elemento essenziale e
    condizionante per la realizzazione del Piano. La proposta doveva concretizzarsi
    in un accordo di programma da stipularsi nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni
    e Province autonome;
  • nel luglio 1998 il Ministro ha istituito il “Tavolo
    Nazionale per la gestione degli esiti del nucleare”, composto da Governo,
    Regioni, UPI, ANCI, Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL e UIL nazionali e
    di categoria, ENEL, ANPA ed ENEA, con il quale è stata avviata una
    fase di concertazione strategica sulle iniziative conseguenti alla chiusura
    del nucleare e sono state promosse le condizioni necessarie all’attuazione
    delle fasi operative della corretta gestione dei rifiuti radioattivi Al completamento
    della fase informativa, il Ministero dell’industria si attende che le regioni
    o gli enti locali possano manifestare un eventuale interesse a mettere a disposizione
    del Paese un sito che risponda, in via preliminare, ai requisiti di sicurezza
    necessari alla realizzazione di un centro di smaltimento;
  • a febbraio 1999, il Ministro Bersani durante un’audizione
    da parte della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti
    si impegnò a presentare, entro 5-6 mesi, un piano di gestione degli
    esiti del nucleare, anticipando già nella riunione alcuni punti sui
    quali si erano già consolidate opinioni certe;
  • a marzo 1999 è stato pubblicato il decreto legislativo
    n. 79 che ha dato attuazione alla direttiva 96/92/CE recante norme comuni
    per il mercato interno dell’energia elettrica. Il decreto all’art. 13 prevede
    che l’ENEL costituisca, fra l’altro, una “Società per lo smaltimento
    delle centrali elettronucleari dismesse, la chiusura del ciclo del combustibile
    e le attività connesse e conseguenti, anche in consorzio con altri
    enti pubblici o società che, se a presenza pubblica, possono anche
    acquisirne titolarità”. Tale società, denominata SoGIN, è
    stata costituita a luglio 1999 e ad essa sono state conferite le quattro centrali
    elettronucleari ENEL, le risorse finanziarie accantonate nei fondi previsti
    a suo tempo per fare fronte ai futuri costi del decommissioning e della chiusura
    del ciclo del combustibile;
  • il 4 novembre 1999 è stato approvato l’Accordo
    di programma Stato-Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano riguardante
    la definizione e l’allestimento di alcune misure volte a promuovere la
    gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia, nel cui
    ambito è anche previsto un percorso partecipativo, trasparente e consensuale
    per arrivare ad individuare e selezionare un sito per la realizzazione del
    deposito nazionale per i rifiuti radioattivi;
  • il 14 dicembre 1999 è stato presentato il Piano
    per la gestione degli esiti del nucleare in Italia, ‘Documento di Indirizzi
    Strategici’, che il Ministro dell’Industria intende portare all’approvazione
    del Governo e del Parlamento, affinché, pur nei loro ruoli diversi,
    affrontino la sistemazione della eredità del nucleare con assunzione
    delle conseguenti responsabilità e decisioni. Il documento riporta
    gli obiettivi da conseguire, le risorse finanziarie necessarie e gli strumenti
    normativi e di gestione da adottare;
  • il 16 dicembre 1999 è stato costituito presso
    la Conferenza Stato — Regioni un Gruppo di lavoro composto da sette membri
    (designati dalle amministrazioni centrali e dalla conferenza dei presidenti
    delle regioni e delle province autonome) con il compito di sottoporre alla
    Conferenza stessa "un documento contenente: a) lo stato dell’arte
    degli studi e delle ricerche prodotti in ordine alla localizzazione e realizzazione
    del deposito, con eventuale prospettazione dei punti critici e degli argomenti
    di approfondimento; b) le proposte inerenti: le iniziative di informazione
    e gli strumenti di confronto e coinvolgimento delle popolazioni e degli Enti
    Locali; le procedure per la scelta del sito e gli strumenti di raccordo, con
    eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione strutturali
    e/o funzionali, che consentano la collaborazione e l’azione coordinata
    tra i diversi livelli di governo e di amministrazione, con evidenziazione
    delle soluzioni atte ad assicurare una maggiore semplificazione ed efficacia
    dell’azione amministrativa; le soluzioni e gli strumenti volti a promuovere
    e realizzare le condizioni per l’armonico inserimento del deposito nel
    contesto territoriale circostante";
  • tale Gruppo di lavoro avrebbe dovuto concludere le proprie
    attività entro luglio 2000 ma — si è appreso dalla risposta
    fornita il 13.03.2001 dall’allora Ministro dell’Industria Enrico
    Letta all’interrogazione 4-25621 presentata dall’On.le Zaccheo –
    essendo "risultata l’istruttoria richiesta più complessa ed impegnativa
    di quanto previsto in sede di approvazione dell’accordo di programma si è
    deciso, in sede di Conferenza Stato-Regioni, di prorogare la durata dell’incarico
    fino a marzo 2001".

 

Rilevato altresì che

  • già all’inizio degli anni ’90 presso
    "l’allora ENEA-DISP, un gruppo di qualificati specialisti ha svolto
    una indagine preliminare sui siti del demanio militare, allo scopo di verificare,
    in tale ambito, l’esistenza di siti potenzialmente idonei ad ospitare
    il deposito centralizzato nazionale di smaltimento definitivo dei rifiuti
    a media e bassa attività e a media-breve vita media. Dallo studio effettuato,
    che ha comportato anche indagini in situ mediante prelievi e carotaggi, sono
    risultati potenzialmente candidabili un sito nell’Italia meridionale
    e, in via subordinata, un sito nell’Italia centro-settentrionale"
    (così si legge nell’Appendice 2 del Documento di "Indirizzi
    Strategici per la gestione degli esiti del nucleare" elaborato dal Ministero
    dell’Industria e diffuso il 14 dicembre 1999, 0, 0);
  • nella seduta del 23 giugno 2000, rispondendo alla interrogazione
    3-03260 presentata dal Senatore Prof. Ferdinando Pappalardo in ordine alla
    prevista installazione di un deposito di scorie radioattive nel territorio
    della Murgia barese, il Sottosegretario di Stato per l’industria, il commercio
    e l’artigianato e per il commercio con l’estero Senatore Passigli ha riconosciuto
    che l’ENEA ha eseguito nel recente passato uno studio di fattibilità
    volto alla individuazione di un sito idoneo ad ospitare un deposito di rifiuti
    radioattivi, prendendo in considerazione "due siti del demanio militare,
    uno in provincia di Piacenza e uno in provincia di Bari, nel territorio della
    Murgia", anche se ha subito dopo affermato che "detti siti non sono
    stati presi in considerazione in quanto il primo è di estensione troppo
    limitata mentre, nel secondo, è in uso un deposito militare";
  • nel corso del 1996 l’ENEA ha costituito una Task
    Force
    per individuare il sito nazionale di deposito dei rifiuti radioattivi;
    in particolare l’Ente è stato incaricato di intraprendere le azioni
    di natura sitologica e progettuale dirette all’individuazione e alla caratterizzazione
    di uno o più siti idonei ad ospitare il centro di deposito ed alla
    definizione concettuale del sistema ingegneristico. La priorità assegnata
    alla task force è stata quella di avviare le azioni preliminari,
    volte alla scelta del sito nel quale realizzare le strutture necessarie allo
    smaltimento dei rifiuti radioattivi di media e bassa attività;
  • dal "Documento su una strategia d’intervento per la
    disattivazione degli impianti nucleari e per la sistemazione dei rifiuti radioattivi
    di media e bassa radioattività, inclusi quelli derivanti dallo smantellamento
    degli impianti nucleari"
    approvato dalla ‘Commissione parlamentare
    d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad
    esso connesse
    ’ il 29 aprile 1999, si evince che "a tutt’oggi
    la task force ha svolto le seguenti attività: 1) completamento
    ed analisi critica dell’inventario nazionale di rifiuti e materiali destinati
    al sito di smaltimento, al fine di acquisire i dati per il dimensionamento
    del centro di deposito; 2) elaborazione di un progetto concettuale per l’individuazione
    di un sito di smaltimento proponibile, sulla base delle caratteristiche qualitative
    e quantitative dei rifiuti italiani [il lavoro è stato commissionato
    all’agenzia francese ANDRA (Agenzia nazionale per i rifiuti radioattivi),
    che ne ha verificato l’adattabilità a due siti italiani indicati dall’ENEA];
    3) avvio di uno studio di performance assessment, avente per oggetto
    l’individuazione e l’applicazione di una metodologia di calcolo per la valutazione
    del comportamento ai fini del contenimento della radioattività, di
    un sistema di strutture modulari e del sito relativo nelle condizioni di esercizio
    normale ed in quelle incidentali; 4) caratterizzazione più dettagliata
    diretta a meglio definire le caratteristiche geochimiche ed idrogeologiche,
    antropiche, climatiche, eccetera, al fine di disporre di dati più precisi
    per la valutazione quantitativa di performance assessment e, quindi,
    meglio qualificare il programma ed il modello di calcolo. Inoltre la task
    force
    sito dell’ENEA ha messo a punto un sistema informativo geografico,
    SIG, riferito all’intero territorio nazionale per l’individuazione di siti
    potenzialmente idonei allo smaltimento di rifiuti a bassa e media radioattività.
    Il metodo si avvale di un sistema multiparametrico a punteggi e pesi che vengono
    assegnati alle diverse caratteristiche del sito. La caratteristica maggiormente
    valorizzata è quella socioeconomica: uso del suolo, distribuzione e
    densità della popolazione, vie di comunicazione. Le altre caratteristiche
    che attengono alla valutazione della sicurezza, sia a breve che a medio e
    lungo termine, sono: la quota, la pendenza, la precipitazione, le caratteristiche
    idrogeologiche, la sismicità. La metodologia adottata che può
    essere rivisitata ha permesso di assegnare ad alcune regione del centro e
    del sud dell’Italia (con esclusione delle isole) la classe di idoneità
    alta. Le stesse regioni presentano anche caratteristiche litologiche di tipo
    argilloso, marnoso o argilloso/marnoso di notevole interesse tecnico";

 

  • il Documento di "Indirizzi Strategici per la gestione
    degli esiti del nucleare"
    elaborato dal Ministero dell’Industria
    e diffuso il 14 dicembre 1999 informa che "il quantitativo totale
    dei rifiuti radioattivi italiani, inclusi quelli derivanti dal completo smantellamento
    di tutte le installazioni nucleari dismesse, è stimato attualmente,
    in forma condizionata, in circa 120-150.000 m3. La maggior parte di essi (circa
    il 98% in termini volumetrici) è costituita da quelli di bassa attività,
    o a vita breve (II categoria). Per questo tipo di rifiuti lo smaltimento avviene
    in tutto il mondo mediante il deposito definitivo in speciali strutture ingegneristiche
    (solitamente di superficie), localizzate in un sito con caratteristiche naturali
    e antropiche adeguate e custodito per periodi dell’ordine di qualche
    secolo… I rifiuti ad alta attività o a vita lunga (III categoria,
    secondo la classificazione italiana) sono costituti essenzialmente dai rifiuti
    ad alta attività vetrificati… Per questa tipologia di rifiuti,
    la soluzione presa in considerazione in tutto il mondo è lo smaltimento
    in speciali formazioni geologiche profonde che ne garantiscano l’isolamento
    dalla biosfera per periodi molto lunghi (migliaia di anni ed oltre). Il reperimento
    e la qualificazione di un sito simile richiede, oltre a investimenti ingenti,
    diversi decenni di studi e valutazioni, come dimostra il fatto che paesi con
    massicce produzioni di rifiuti a vita lunga (Francia, UK, USA) sono, nei casi
    più avanzati, ancora nella fase di costruzione di laboratori o impianti
    sperimentali sotterranei. La soluzione di breve-medio termine che si ritiene
    di adottare in Italia per questi rifiuti è lo stoccaggio temporaneo
    in strutture ingegneristiche di superficie". La conclusione, si legge
    nel medesimo Documento, è che "considerando la situazione logistica
    e l’inventario dei rifiuti italiani, le azioni da intraprendere con priorità
    riguardano: per i rifiuti di Seconda Categoria, la predisposizione di un deposito
    definitivo di tipo superficiale e quindi il reperimento di un sito adeguato
    per la sua localizzazione; per i rifiuti di Terza Categoria (includendo in
    essi anche i combustibili nucleari irraggiati non inviati all’estero per il
    ritrattamento), la predisposizione di una adeguata struttura ingegneristica
    per il loro immagazzinamento temporaneo (dell’ordine di alcune decine
    di anni), localizzata nello stesso sito di deposito definitivo dei rifiuti
    di Seconda Categoria";
  • lo stesso Documento di Indirizzi Strategici illustra le
    caratteristiche richieste per il deposito
    : "Il deposito definitivo
    dei rifiuti radioattivi a bassa attività è costituito da un
    sistema di strutture ingegneristiche che assicurano un confinamento completo
    della radioattività. Oltre alle unità di deposito vere e proprie,
    un sito di questo tipo è destinato ad ospitare installazioni ausiliarie
    costituite da stazioni di condizionamento locale dei rifiuti, laboratori di
    analisi e controllo, sistemi remotizzati di movimentazione e trasporto, edifici
    di servizio e amministrativi, un centro accoglienza, locali per il personale,
    ecc. Il sito, per le sole esigenze del deposito dei rifiuti radioattivi, dovrebbe
    avere un’estensione di un centinaio di ettari. La superficie addizionale per
    l’installazione del sistema di immagazzinamento dei rifiuti di III categoria
    è dell’ordine di qualche ettaro, incluse le aree di servizio.
    Per quanto riguarda le caratteristiche geologiche richieste, esse non
    sono particolarmente critiche, dato che l’isolamento totale dei rifiuti è
    assicurato dalle strutture artificiali. Sono tuttavia necessari alcuni prerequisiti
    di base che riguardano sia l’area geografica, nel suo complesso, che il sito
    stesso. Alcuni di questi sono necessari per dimostrare, nel Rapporto di Sicurezza
    che dovrà essere presentato all’autorità licenziante (MICA e
    ANPA), che il deposito è sicuro nel lungo periodo (almeno trecento
    anni) ed in tutte le condizioni normali e perturbate prese a base per il progetto.Come
    sopra indicato, depositi di questo tipo sono in realtà centri di attività
    tecnologiche connesse con la gestione e custodia dei rifiuti e sono compatibili
    con altri tipi di attività, in particolare tecnico-scientifica, che
    possa insediarsi in un sito e in un’area con le caratteristiche sopra viste.
    Essi possono in una certa misura costituire poli di sviluppo e persino di
    attrazione per un’area, come è avvenuto all’estero";

 

  • per la realizzazione del deposito, il Documento di Indirizzi
    Strategici ha previsto che venga rispettato il seguente programma temporale:
    • dichiarazione di eventuale interesse da parte degli Enti
      locali 06/2000
    • caratterizzazione dei siti proposti 06/2001
    • indicazione del sito da parte della Conferenza Stato-Regioni 12/2001
    • qualificazione del sito e preparazione del Rapporto di Sicurezza
      06/2003
    • presentazione del Rapporto di sicurezza al Ministero dell’Industria 12/2003
    • autorizzazione e inizio della costruzione del deposito e
      avvio




interventi orientati sul territorio 06/2005



    • termine costruzione e interventi orientati sul territorio 06/2008
    • avvio dell’esercizio 12/2008
  • la "Task Force per il sito nazionale di deposito dei
    materiali radioattivi
    " operante presso l’Enea ha presentato
    nel novembre 2000 un primo rapporto che ha illustrato il Sistema Informativo
    Geografico (GIS) per l’individuazione di aree potenzialmente idonee alla
    localizzazione del Deposito Nazionale dei Materiali Radioattivi. Le tecniche
    GIS (Sistema Informativo Geografico) agevolano l’analisi contestuale dei fattori
    e dei requisiti territoriali (superficie topografica, idrogeologia, vie di
    comunicazione, reticolo idrografico, distribuzione della popolazione, attività
    socioeconomiche, idrogeologia regionale, uso del suolo, sismicità,
    climatologia, ecc.). Tale analisi permette di individuare le aree sul territorio
    nazionale che rispondono ai principali requisiti fisici e di contesto territoriale
    per la localizzazione dell’impianto di progetto. La selezione avviene
    attraverso l’applicazione di una serie dei criteri di esclusione che
    sono stati preventivamente individuati in relazione al dettaglio dei dati
    disponibili. Il Sistema Informativo ha prodotto la Carta Nazionale delle Aree
    Potenzialmente Idonee alla scala 1:200.000. Le aree in essa rappresentate
    sono attualmente oggetto di una ulteriore selezione (GIS di terzo livello)
    attraverso una estensione dei dati e un approfondimento delle analisi;
  • il risultato ottenuto dalle elaborazioni GIS di 1° e 2°
    livello è rappresentato dalla Carta delle Aree Potenzialmente Idonee
    riportata nella Fig. 1. "Queste aree — si legge nel rapporto della
    Task Force – manifestano i requisiti fisici e territoriali che è stato
    possibile valutare attraverso l’applicazione dei criteri di esclusione
    esposti in precedenza. La potenziale idoneità risiede quindi nel fatto
    che su di essa non sono presenti condizioni sfavorevoli rispetto a ciò
    che è valutabile da analisi a scala regionale. La verifica della effettiva
    idoneità è oggetto delle attività ancora in corso".
    Nella Fig. 1 sono riportate tutte le aree potenzialmente idonee: "queste
    hanno estensioni molto diverse e sono comprese tra 4 e 8700 ha; le aree con
    estensione inferiore a 300 ha non sono state considerate nella attuale fase
    di analisi (GIS 3) in quanto l’ordine di grandezza della superficie che
    dovrà essere occupata dagli impianti del deposito e dei suoi annessi
    è di 300 ha; il numero totale delle aree individuate sul territorio
    nazionale è di 8107 per 330000 ha delle quali soltanto 214 superano
    l’estensione di 300 ettari… Le 214 aree selezionate sono ora oggetto
    di verifica e quindi di ulteriore selezione attraverso l’esecuzione delle
    analisi GIS di terzo livello";

 

  • la metodologia selettiva adottata è così
    riassunta dalla stessa Task Force:
    • Definizione e applicazione della serie di criteri di esclusione
      implementabili in un sistema informativo territoriale e coerenti con le
      informazioni territoriali disponibili su tutto il territorio nazionale (analisi
      GIS di primo livello).
    • Iterazione della definizione e applicazione di criteri di
      esclusione su porzioni più ristrette del territorio nazionale ma
      a livelli di maggiore dettaglio di scala (analisi GIS di secondo livello).
    • Definizione e implementazione nel sistema informativo di
      una procedura di analisi parametrica sui singoli fattori fisici che determinano
      l’idoneità e descrivono le condizioni antropiche e infrastrutturali
      delle aree. Ciò utilizzando dati a scala locale e inserendo giudizi
      professionali (analisi GIS di terzo livello).
    • Selezione e classificazione delle aree potenzialmente idonee
      applicando una procedura appositamente sviluppata per il calcolo del grado
      di idoneità
      e dell’indice di inserimento territoriale.




Il lavoro delle analisi territoriali è
stato quindi svolto per gradi ed è stato strutturato su tre livelli
di dettaglio per scendere dall’analisi dell’intero territorio
nazionale alle valutazioni a scala locale sulle aree individuate. In particolare:



    • le analisi GIS di I livello sono state effettuate con dati
      e cartografia a scala 1:250.000 – 1:500.000;
    • al II livello sono stati utilizzati dati a scala 1:100.000
      – 1:250.000;
    • al III livello la scala di analisi sale a 1:10.000 – 1:100.000



Criteri di esclusione adottati
I criteri di esclusione sono stati definiti singolarmente per le analisi
automatizzate di I e II livello. Nel complesso della loro applicazione
risultano, a valle delle analisi di II livello, escluse le aree:
– insulari;
– entro 50 km dai confini nazionali continentali;
– entro:



    • 15 km da centri abitati con più di 100.000 abitanti
    • 10 ” 20.000-¸ 100.000 ”
    • 5 ” 20.000-¸ 10.000 ”
    • 3 ” 10.000-¸ 1.000 ”
    • 2 ” 200-¸ 1.000 ”



– entro:



    • 2 km da autostrade e superstrade
    • 1 km da strade statali
    • 1 km dalle ferrovie



protette, i parchi e le riserve naturali;
– prossime ai corsi d’acqua;
– che insistono su formazioni rocciose fratturate o solubili o sedimenti
alluvionali recenti ed attuali;
– con pendenza > 5°;
– ad altitudini < 20 m s.l.m. e > 600 m s.l.m.;
– boscate e le zone umide;
– ad elevata pericolosità sismica (valore di accelerazione al suolo,
comprensiva degli effetti di sito, pari o superiore a 0,3 g per una probabilità
di occorrenza del 90% in 300 anni ovvero tempo medio di ritorno di circa
3000 anni).



  • dalla Carta delle Aree Potenzialmente Idonee elaborata dalla
    Task Force e riportata nella Fig. 1, nonché da notizie diffuse da organi
    di stampa, si è tratta la convinzione che la Murgia, insieme
    alla Maremma, sia una delle aree verso cui, con maggiore convinzione e plausibilità,
    si sta indirizzando la scelta tecnica di individuazione del sito per il Deposito
    Nazionale dei materiali radioattivi.

 

Considerato che

  • l’Alta Murgia rivela un fascino raro e prezioso. La sua
    specificità consente una molteplicità di prospettive che invitano
    a scrutare curiosi un universo ancora non del tutto esplorato: innanzitutto
    lo spazio che si apre su uno scenario di rara primitività e bellezza
    e percorribile in lungo e in largo in tutte le direzioni; poi il clima che
    corona la sua altitudine e la sua posizione strategica sia rispetto al mare
    che alle montagne. Lo spazio e il clima dell’Alta Murgia dovrebbero essere
    posti nel novero di terapie efficaci e guarire particolari malattie della
    nostra civiltà moderna, prima fra tutte la congestione di uomini e
    cose;
  • l’Alta Murgia presenta un paesaggio duro, ma anche delicato
    e puro che estende i suoi colori e i suoi profumi su un’area che rappresenta
    l’unico residuo di vegetazione spontanea della provincia barese e in
    cui si riscontrano quasi tutti i maggiori fenomeni del carsismo. In queste
    dune calcaree si dispongono e si confondono, senza distonie con l’ambiente
    circostante, le opere varie e complesse dell’ingegno e dell’arte
    contadina e pastorale, frutti di un lavoro secolare. Chilometri di muri a
    secco, tratturi, trulli, cisterne, neviere, splendidi jazzi e masserie, casali
    e castelli testimoniano un fenomeno di altissimo valore storico e culturale
    che, oltre a sancire l’equilibrio tra attività agro-silvo-pastorali
    ed esigenze abitative, ha implicato un’esemplare assetto sociale che
    si prefiggeva il controllo dell’ambiente. Un patrimonio architettonico
    rurale dunque dislocato in vario modo sul territorio che, pur registrando
    oggi un relativo stato di abbandono, è necessario sottrarre al progressivo
    degrado perché sia recuperato e riutilizzato. Infine, le scoperte dell’Uomo
    di Altamura e delle Orme dei Dinosauri avvenute nel territorio di Altamura,
    arricchiscono un patrimonio di rilevanza mondiale che attende ancora di essere
    studiato e valorizzato ai fini turistici con la prevedibile e positiva ricaduta
    economica su ampi settori della produzione e dei servizi locali;
  • l’Alta Murgia rappresenta, allora, un connubio straordinario
    ed unico di valori paesaggistici, naturalistici e storico-culturali destinato
    a crescere negli anni a venire. Questa consapevolezza contribuisce a rimuovere
    le troppe ambiguità che la parola "sviluppo" porta con sé:
    lo sviluppo cui si vuole tendere non consiste in una mera espansione della
    capacità produttiva del territorio o nella definizione di sparuti interventi
    di tutela ambientale. La sperimentazione che si vuole progettare è
    nella direzione di uno sviluppo socio-economico compatibile che salvaguardi
    l’integrità fisica, biologica e paesaggistica dell’Alta Murgia,
    uno sviluppo che operi su questo patrimonio per arricchirlo e tutelarlo creando,
    nel contempo, concrete opportunità di lavoro nei settori dell’agricoltura
    biologica, delle nuove tecniche di allevamento zootecnico, del turismo rurale,
    della produzione scientifica e culturale;
  • alla luce di quanto esposto precedentemente, la salvaguardia
    delle risorse naturali di questo territorio non può limitarsi ad una
    semplice logica di conservazione passiva, ma deve semmai passare attraverso
    un processo complessivo di rivitalizzazione dei suoi complessivi assetti territoriali.
    Le qualità di quest’area richiedono pertanto un intervento non settoriale
    di semplice istituzione di un’area protetta, ma piuttosto una strategia complessa
    capace di avviare, insieme ad una politica di attenta salvaguardia delle risorse
    ambientali, un processo di riequilibrio territoriale;
  • l’importante valore ecologico, storico e culturale del paesaggio
    altomurgiano e la stessa difesa del patrimonio di diversità biologica
    non possono prescindere, anzi in questo caso dipendono, da una attenta salvaguardia
    dei paesaggi agricolo-pastorali prodotti dalla millenaria azione dell’uomo;
  • si intende attraverso l’istituzione di un parco creare le condizioni
    affinché questo territorio possa diventare il laboratorio di una convivenza
    tra uomo e natura; un laboratorio in cui sperimentare un progetto concreto
    di valorizzazione e di promozione della straordinaria ricchezza umana, culturale
    e naturale presente in questo contesto, in grado di realizzare l’obiettivo
    del riequilibrio territoriale, attraverso la gestione sostenibile delle risorse
    naturali e territoriali;
  • a tal fine, si intende promuovere l’istituzione di un parco
    che faccia della salvaguardia attiva, della promozione dello sviluppo rurale,
    in chiave ecologicamente sostenibile, nonché della reinterpretazione
    del patrimonio ereditato dal passato, l’obiettivo prioritario da raggiungere;
  • si intende in questo modo non solo conservare – in quanto essenziale
    per il mantenimento della biodiversità a livello continentale – questo
    particolare “giardino di pietra”, esito della millenaria interazione fra uomo
    e natura, ma anche lavorare per far sì che la “cultura del paesaggio”
    che ha prodotto l’immagine e l’identità, ma anche la naturalità
    stessa di questo territorio possa diventare il motore stesso di un nuovo progetto
    di sviluppo sostenibile per questo territorio;
  • a questo proposito si intende promuovere, nella stessa istituzione
    del parco, in coerenza con gli obiettivi del V Programma d’azione europea,
    l’avvio di un approccio integrato che, escludendo la visione settoriale dei
    problemi esistenti, operi: per salvaguardare i caratteri geomorfologici, geologici
    e idrologici, le componenti biotiche del territorio; per valorizzare le aree
    rurali attraverso la loro qualificazione globale, ovvero sociale, ambientale,
    economica; per realizzare un equilibrio sostenibile tra l’attività
    agricola, le altre forme di sviluppo rurale e le risorse naturali dell’ambiente;
    per salvaguardare in un’ottica attiva le strutture storiche e gli assetti
    di paesaggio.

 

Precisato che

  • l’Alta Murgia aspira ad assumere un ruolo di primo piano nel
    più vasto contesto territoriale in cui si colloca e ciò risponde
    alla necessità di poter coniugare la tutela di un patrimonio di enorme
    valore storico ed ambientale con un’ipotesi di sviluppo sostenibile, in grado
    di emanciparla dalla condizione di marginalità economica e dal degrado
    in cui sempre più versa;
  • il risultato del percorso compiuto da un vasto ed eterogeneo
    movimento di forze politiche e sociali consiste nel riconoscimento dell’Alta
    Murgia prima come “area di reperimento” per nuovi parchi nazionali (L. n.
    394/91, art. 34) e poi come Parco Nazionale (L. 426/98, art. 2 comma 5, 0, 0);
  • l’istituzione del Parco, in realtà, non è altro
    che la presa d’atto di una serie di vincoli già esistenti sul territorio.
    Infatti, per la particolarità del sistema idrogeologico (vi si riscontra
    l’intera gamma dei fenomeni carsici presenti su tutto il territorio nazionale),
    l’Alta Murgia è sottoposta a vincolo [R.D. 30.12.1923 n. 3267; L. 10.5.76
    n. 319 e sue modifiche; P.R.A. (Piano Regionale Acque) del. Cons. Reg. n.
    455 del 10.5.1984];
  • l’Alta Murgia è stata individuata come Zona di Protezione
    Speciale (ZPS), ai sensi della Direttiva 79/409/CEE (Direttiva per la conservazione
    degli Uccelli selvatici – codice IT9120007; Sup. 143.152), con nota del 24.12.1998
    per SCN/DG/98/20775 del Ministero dell’Ambiente. Si tratta di un’area
    di grande importanza che ospita specie ad habitat di interesse comunitario
    già individuata come S.I.C. (Sito d’Interesse Comunitario) ai
    sensi della Direttiva 43/92 CEE "Habitat";
  • insistono inoltre sul territorio altri vincoli quali quelli
    della Legge Galasso e successive modifiche (L. n. 431/85 e L.R. n. 30/90),
    della direttiva 43/92/CEE relativa alla conservazione degli Habitat naturali
    e seminaturali nonché della flora e fauna selvatiche, del Piano Regionale
    Acque (Del. Cons. Reg. 455/84), del PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico, 0, 0);
  • la legge 426/98 art. 2 comma 5 istituisce il Parco Nazionale
    dell’Alta Murgia, previa intesa tra Ministero dell’Ambiente e Regione
    Puglia;
  • la Regione Puglia con la Legge Regionale che ha introdotto
    le "Norme per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette
    nella Regione Puglia", nell’art.5, ha individuato l’Alta Murgia come
    area protetta;
  • le associazioni di categoria ed ambientaliste (ACLI, Confcommercio
    ed i sindacati unitari CGIL, CISLI, UIL hanno espresso consenso all’istituzione
    del Parco; che quest’ultimi insieme alla COLDIRETTI, CIA, CONFAGRICOLTURA,
    ITALIA NOSTRA, W.W.F e LEGAMBIENTE) hanno sottoscritto un documento unitario
    (Bari, 10.05.99) nel quale esprimono parere sostanzialmente favorevole all’istituzione
    del parco;
  • si registra un consenso diffuso e a più riprese rinnovato
    nella società civile ed in altri settori produttivi, da parte dell’Università,
    del mondo della scuola e della ricerca scientifica, delle associazioni culturali,
    ambientaliste e professionali, delle comunità ecclesiastiche e religiose;
  • il Ministero dell’Ambiente ha più volte sollecitato
    la Regione Puglia a sottoscrivere l’intesa (note del 6/10/99 e del 22/12/99
    del Servizio Conservazione Natura, 0, 0);
  • i Comuni inclusi nell’area dei Parco fino ad oggi hanno già
    espresso, e a più riprese, il loro assenso, presso la Regione Puglia
    e il Ministero dell’Ambiente, all’intesa per l’istituzione del Parco
    Nazionale dell’Alta Murgia (Documenti approvati dalle Conferenze di Servizi
    tenute presso il Comune di Ruvo di Puglia, il 27.02.98, ed il Comune di Andria
    il 27.10.2000, 0, 0);
  • il Ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia hanno già
    erogato fondi per uno "Studio per il Piano di Area dell’Alta Murgia",
    attualmente in fase di avanzata elaborazione da parte del Politecnico di Bari,
    Dipartimento di Architettura ed Urbanistica.

 

 

Tanto premesso, rilevato, considerato e precisato,

il Consiglio Comunale del Comune di Altamura

conferma che

  • l’obiettivo di questo Comune è di procedere, con
    gli altri comuni dell’Alta Murgia, alla costruzione del Parco Nazionale
    dell’Alta Murgia, che rappresenta un’occasione unica ed irripetibile
    per attivare, grazie alle risorse messe a disposizione dalla comunità
    nazionale e europea, un vero e proprio cantiere pilota di “produzione ambientale,
    storico-culturale, agroalimentare, turistica”,

e pertanto esprime

  • il dissenso e la contrarietà della comunità altamurana
    rispetto alla prospettiva di allocare il Deposito Nazionale di materiali radioattivi
    nel territorio della Murgia, in quanto ciò si porrebbe, per le ragioni
    suesposte, in netto contrasto con la vocazione ed il disegno di sviluppo e
    crescita che le comunità della Murgia hanno scelto ed intendono perseguire
    per sé e per le generazioni future.

MAXIDEPOSITO DEI MATERIALI RADIOATTIVI


Ecco la carta delle aree idonee elaborata dalla "Task Force – ENEA per
il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi"

(per ulteriori informazioni e dettagli: www.enzocolonna.com)