L’Indecorosa Guerra da Studio

di Antonio Padellaro

Per noi de l’Unità  c’è sicuramente un aspetto positivo nel far parte della lista nera dei giornali e dei giornalisti che, per ordine superiore, non devono per nessunissima ragione apparire su Raiuno (vicenda di cui la Commissione parlamentare di vigilanza dovrà , prima o poi, occuparsi; sempre che la Rai sia ancora almeno formalmente un servizio pubblico e non come ogni giorno di più essa è, il servizio privato di Berlusconi, Fini e Bossi).
Il nostro motivo di soddisfazione consiste nel potere stare alla larga da trasmissioni tipo «Porta a Porta», in modo particolare il «Porta a Porta» andato in onda martedì sera. Riassumiamo. Dopo che il generale Arpino non ha reso un servizio alla sua onorata carriera, continuando ad armeggiare con soldatini e cannoncini intorno al plastico-risiko, Bruno Vespa redarguisce un signore del pubblico, scudo umano reduce dall’Iraq, reo di non avere difeso gli sciiti dal massacro del 1991. Vespa è indignato: «Ah, è colpa degli americani! Mai vista una marcia allora! Marciate, marciate e vedrete che bel risultato!». Per par condicio, chiede la parola il ministro Marzano: «Vespa ha detto quello che volevo dire io». Vespa: «Sentiamo adesso il giornalista di “Repubblica”?, Magdi Allam». Allam: «Sì, volevo dire che di sciiti Saddam ne ha ucciso un milione».
Siamo convinti che questo vivace contrasto di opinioni faccia parte della assoluta normalità  di un talk-show progettato e orchestrato per dare sempre e comunque il più ampio sostegno alle tesi del governo. Speriamo sinceramente che Vespa non si offenda di nuovo. In fondo, questo è l’unico vero, grave punto di dissenso che abbiamo con lui. Lo consideriamo un giornalista attento e un conduttore preparato. Ma, per carità , assolutamente lontano da quel ruolo di giornalista oggettivo e conduttore equidistante, che invece si ostina a rivendicare. E non pensiamo neppure lontanamente che all’origine di questa sua, diciamo così, inclinazione ci siano ragioni meno che nobili. Insomma, vedere Vespa che sta sempre da una certa parte, fa ormai parte del paesaggio circostante. Ci siamo abituati. Come siamo abituati al cavallo di viale Mazzini. Che non pretende, però, di essere Varenne.
Come tutte le sere, l’altra sera a «Porta a porta» si parlava di guerra. Un’altra serata di bombe su Baghdad e di battaglie sanguinose. Un’altra serata con Lilli Gruber, Giovanna Botteri e gli altri inviati al fronte, a cui va tutta la nostra ammirazione. Era una normale sera di orrenda guerra, eppure non era una sera normale. Infatti, martedì sera, in tutte le redazioni dei giornali, di tutti i giornali del mondo, i migliori reporter stavano scrivendo della spaventosa strage di civili straziati ad Hilla dagli elicotteri americani, della carneficina di donne e bambini uccisi, per errore, dai marines al check point di Najaf. E allora abbiamo pensato: «Porta a Porta» è una trasmissione orientata a favore della guerra; Bruno Vespa ritiene che la fine del sanguinario dittatore Saddam giustifichi l’invasione degli angloamericani; sicuramente, però, questa sera Vespa dedicherà  l’intera «Porta a Porta» alla strage degli innocenti. Lo farà , cercando magari di spiegare, di giustificare il comportamento di quei soldati impauriti da una guerra che si è improvvisamente rivelata molto più pericolosa del previsto, terrorizzati dalle trappole di un territorio ostile, dagli agguati mortali dei kamikaze. Ma Vespa lo farà . Perché è un bravo giornalista che ha rispetto, innanzitutto, per la notizia. Anche per quella orrenda notizia, che certamente non accresce la popolarità  della guerra di Bush, ma che domani sarà  il titolo di apertura di tutti i grandi giornali del mondo. Anche dei giornali americani che stanno con la guerra di Bush. Lo farà , pensavamo, approfondirà  il tema delle vittime senza colpa della guerra, perché Vespa ha intuito politico e sa bene che ammettere con la dovuta schiettezza gli errori dell’esercito Usa, costituisce il modo più diretto ed efficace per esaltare la superiorità  morale di una grande democrazia, che anche nei momenti più difficili sa essere trasparente. Se Vespa, martedì sera, avesse dedicato «Porta a Porta» al massacro di Hilla, alla strage di Najaf, avrebbe con un colpo d’ala di grande giornalismo spazzato via tutto lo stupido chiacchiericcio dei salotti televisivi, le vane esibizioni di esperti e giornalisti, sulla pelle degli altri. E avrebbe meritato l’applauso anche di chi non è d’accordo con lui.
Ma Vespa non lo ha fatto. Non ha mostrato le foto mostrabili dei bambini uccisi per errore. Non ha raccontato, prendendola da «El Pais» come l’indomani faranno molti quotidiani, la storia del piccolo Alì Smain, 12 anni che ha perso le braccia e tutta la sua famiglia. Non ha letto in diretta la cronaca, già  su tutte le agenzie, dell’inviato del “Washington Post”? che ha sentito l’ordine del capitano Ronny Johnson e ha visto la Toyota con i quindici civili saltare in aria. No, martedì sera, «Porta a Porta» è andata in onda come al solito. Con un generale alle prese con i cannoncini di plastica.
Con un giornalista immerso nei suoi risentimenti, e che se l’è presa con uno scudo umano.