IERI, IN CONSIGLIO COMUNALE. ABBANDONARE I BASSIFONDI DEL POSSIBILE.

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foto_consiglio.jpgNonostante le amarezze di ogni genere provenienti da più fronti (anche da quelli che si presumono più sensibili e ispirati), non mi rassegno: continuo a ripetere che ci possiamo salvare, come Comunità intendo, se ognuno di noi, nel suo piccolo, si ostina a fare sino in fondo il proprio dovere.
Mi muovo, come amo ripetere, con “scienza e coscienza” e – molti fanno finta di ignorarlo, strumentalmente – con i limitatissimi strumenti che il mio ruolo di semplice consigliere comunale di minoranza mi assegna da anni. Resto profondamente fedele ad un articolo bellissimo e spesso dimenticato della nostra bellissima Costituzione, che disvela continuamente la sua assoluta e moderna ricchezza. È l’art. 54: "Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". Mi aggrappo, per affrontare difficoltà e nefandezze, all’idea che “non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie, lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità” (Oriana Fallaci).
In Consiglio, appunto, con "disciplina e onore". Spero, anche ieri, di essere stato fedele a tale precetto – giuridico, morale e politico ad un tempo – durante la discussione delle due interpellanze sulla Tares (salasso imminente: leggi qui) e Cava Pontrelli (questione ancora imbrigliata in un coacervo di incapacità, inettitudini, inadempienze: leggi qui). In proposito ho ricordato ieri, citando Heidegger nonostante i ghigni e le ironie di taluni, dentro e fuori il consiglio, che “il domandare è la pietà del pensiero”: se chi interpella, domanda, compie un atto di “pietà”, è necessario che da parte di chi è chiamato a rispondere ci sia volontà, impegno, energia, soprattutto un “pensiero”. Non pigrizia intellettuale o insignificante e apatica arroganza.
Spero di essere stato fedele a tale precetto anche durante la discussione, l’ennesima, sul provvedimento di variante urbanistica per l’insediamento di oltre 13000 mc nell’area archeologica di via Vecchia Buoncammino, durante la quale mi sono permesso, nonostante i già citati ghigni, di menzionare un altro pezzo bellissimo della Costituzione come l’art. 9 ("La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.").
In consiglio, sempre ieri, mi sono permesso di ricordare, nonostante le omertose, vigliacche e complici ironie, che "l’Italia è le sue Città storiche, l’Italia è la sua dimensione civica" (Montanari). Mi sono permesso di ribadire che ci salviamo, come istituzioni e come Comunità, se ripartiamo da qua, da questi fondamentali: la nostra Costituzione, la nostra Nazione, la Conoscenza, il Paesaggio e il Patrimonio identitario (civico, storico, culturale). Carne e pelle del nostro Paese. Mi sono permesso di ribadire che a noi tocca tener fede al patto che lega le generazioni, quelle del passato e quelle che devono ancora venire.
Tutto ciò passa da un modo di essere e fare Politica che abbandoni i “bassifondi del possibile” (slums of possible), cioè quella rassegnata, pigra, maligna e impotente rassegnazione cui buona parte della classe dirigente della nostra Città, del nostro Paese sembra essersi consegnata da lungo tempo.
Altamura, 17 aprile 2013

ENZO COLONNA
(consigliere comunale – Movimento Aria Fresca)