La vicenda TAP è irrazionalità allo stato puro.

Non può essere in buona salute un Paese che ha subito inerme o accettato indifferente innumerevoli mutilazioni e scempi con pesanti impatti sulla salute e sull’ambiente e che ora non riesce a sistemare un tubo che corre via nel sottosuolo senza compromettere la possibilità di coltivare in superficie, quindi anche il reimpianto di ulivi, e che preclude solo la possibilità di edificare per una fascia di poche decine di metri. Non può essere in buona salute un Paese che non ha valutato e sviluppato l’unica proposta sensata, concreta e positiva emersa da un paio d’anni a questa parte, quella avanzata dalla Regione Puglia di individuare come approdo la zona di Cerano, vicino alla rete nazionale (da Mesagne parte la dorsale della Snam), molto più vicino (una ventina di chilometri) rispetto al progettato approdo di San Foca a Melendugno (che dista invece circa 70 chilometri). Quella di Cerano è una zona già compromessa: l’arrivo di TAP avrebbe potuto determinare interventi di riqualificazione del territorio (come misure compensative) e soprattutto all’arrivo di TAP si sarebbe potuta collegare la riconversione da carbone a gas della centrale elettrica di Cerano con indubbi e importanti vantaggi sulla salute e sull’ambiente.
Niente da fare. Domina l’irrazionalità. Domina l’inconcludenza del potere fine a se stesso, delle grida, degli slogan, delle frasi fatte. Arroganza e ignoranza, tra capaci di tutto e buoni a nulla, un mix micidiale e mortale. Intanto i problemi restano irrisolti e si aggravano. E, tra non molto, il nostro Paese rischierà di rimanere con il tubo in mano e con miliardi e miliardi di euro di penale da pagare al consorzio TAP.