NON È UNA DICHIARAZIONE DI VOTO

L’elettorato, più precisamente un suo nucleo decisivo, diciamo un 15-20% circa, è estremamente volubile e volatile (a cui si aggiungono, in forme e direzioni variabili, i delusi di tutti i fronti). Segue folate improvvise e impetuose. Era quello che determinò il 46% di Berlusconi del 2008, il 40% di Renzi del 2014 alle Europee, sarà forse, domenica prossima, il 33-35% dei 5S (il 38-40%, qui da noi e al Sud).

Le stagioni politiche si accorciano. Si cerca la via breve, la risposta più immediata. Non mi rispondi subito, cambio. L’orizzonte è sempre più corto. Il respiro, breve.

Il fragore, la schiuma, le capriole delle onde sollevate da tempeste e venti furiosi, non fanno per me. Non fanno per me le onde tumultuose, quelle con una energia tanto grande quanto improvvisa e rapida nel decadimento, quelle che assumono direzioni molto variabili in rapporto all’irregolarità del vento. Il più delle volte possono determinare effetti distruttivi sulle coste, sulle imbarcazioni in mare, sui naviganti.

Per indole, per scelta, sono per le onde lunghe, quelle che arrivano in profondità, che scavano e modellano i fondali della politica, quelle che si propagano in assenza di vento, proprio quando è più necessario, quelle la cui origine è lontanissima, antica direi, e sono capaci di arrivare più lontano.

Sarà anche questa volta. Oggi, come ieri, probabilmente con la conseguenza di passare nel presente dalla parte del torto, non riescono a travolgermi queste ondate che cambiano di stagione in stagione.

Preferisco i fondali della politica. Attendere che la superficie si acquieti; augurarsi che la tempesta passi senza danni e anzi possa portare qualche effetto benefico; continuare, in profondità, dal basso, con altri, a sostenere il moto lento e paziente del lavoro quotidiano.

L’unico che arriva da lontano e ci porta lontano. Dentro e soprattutto fuori le istituzioni. Un passo alla volta, come ripeto sempre. In avanti. Tutti i giorni. Nella politica, come nella vita. Nel tempo. La durata, d’altronde, è la forma delle cose.

È un fatto, peraltro, che nessuna forza politica, pur proponendo mirabolanti e costose soluzioni e misure, ha proposto la revisione e il superamento del principio del “pareggio di bilancio”, introdotto nella nostra Costituzione nel 2012, con cui fanno i conti tutti i giorni comuni, regioni, asl, governo centrale, enti pubblici in generale. D’altro canto, la stragrande maggioranza delle forze politiche ha omesso di fare i conti con le coperture finanziarie, consegnando quindi le proprie proposte al registro dei sogni e delle false promesse (leggi qui).

Allora, il mio voto, domani, anche questa volta, andrà a chi si è offerto di guardare negli occhi la realtà e il futuro con questa serietà, anche proponendo cose che non condivido, verità scomode, sgradevoli o poco “popolari”.

Soprattutto, spero che siano sempre di più quelli consapevoli che non basta un voto a salvarci, a cambiare o migliorare la nostra condizione.

Comunque e sempre, la sorte della nostra Repubblica, il presente e il futuro, dipende da noi, da quanto impegno ci mettiamo nella vita di tutti i giorni, nel lavoro, nel studio, nella famiglia, nel volontariato, nella politica. Migliorando noi stessi, miglioriamo la realtà che ci circonda e il futuro di chi verrà dopo di noi.

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«Apri gli occhi e guarda in faccia la verità. È più complessa la verità e non grida. Ti guarda negli occhi e ha occhi proprio uguali ai tuoi. Quelli di chi non si arrende alla rabbia … la politica non è per niente tutta uguale. C’è quella che esclude e quella che include. C’è quella che odia e quella che ama. C’è quella che stagna e quella che sogna ad occhi aperti e lotta e cambia le cose, un pezzo alla volta