DAL 4 MAGGIO, CONGIUNTI PER DAVVERO!

Buona giornata a tutti. Non voglio che questo post ve la rovini, ma da un paio di giorni ho un magone di cui un po’, condividendolo, mi voglio alleggerire.

Diciamocelo con franchezza, il cosiddetto lockdown, a mio parere, è finito di fatto con il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nel momento in cui, a partire dal 4 maggio (a dire il vero, dalle nostre parti sembra che tutto sia stato ampiamente anticipato), il decreto ammette gli spostamenti per raggiungere i propri “congiunti” (oltre che per ragioni di lavoro, salute o necessità), il controllo della situazione salta completamente e rende difficile spiegare a diverse attività le ragioni, che pure ci sono, per cui debbano restare ancora ferme (barbieri parrucchieri, estetiste, commercio al dettaglio in alcuni settori merceologici, cinema e teatri, centri ludici ed educativi per l’infanzia, centri sportivi, biblioteche musei e luoghi di cultura in generale).

Ammettiamolo, dire che è possibile raggiungere i propri congiunti significa tutto. Il termine è tecnicamente indefinito (se non limitatamente alla legge penale) e indefinibile. Tra i congiunti ci sono tutti, ancor più con i “chiarimenti” che si forniscono: “ogni relazione affettiva stabile”. Genitori, nonni, nipoti, zii, cugini, prozie, fidanzati, persone unite di fatto o giuridicamente. Non è corretto politicamente, giuridicamente ed eticamente, ma perché no, anche, per chi voglia fare outing, comare e compari!

E allora? Allora, un paio cose.

1) Come non mai, vorrei avere torto marcio. Ma sono sinceramente preoccupato per come rischia di mettersi la situazione. Una cosa ho imparato, purtroppo, in queste settimane, per essere diventato un quasi esperto della materia, avendo seguito decine di situazioni (ricoveri, tamponi, esami, quarantene, terapie intensive, aree Covid preCovid noCovid, sintomaticitá asintomaticità e paucisintomaticità, curve, letalità, fattore di contagiosità, ecc.). Questo virus è altamente contagioso (v., da ultimo, cosa è successo in un’azienda di Palo, oltre settanta contagiati tra dipendenti e contatti indiretti) e soprattutto ha esiti del tutto diversi e imprevedibili: persone che sono state portate in terapia intensiva per settimane e, in alcuni casi, alla morte e, sul fronte opposto, persone contagiate senza alcun sintomo, nemmeno qualche linea di febbre. Che succede, dunque, se tutti ci “congiungiamo” con tutti? Non so.

2) So bene che il Paese non può restare bloccato per mesi. Impossibile. La sofferenza economica e sociale è già tanta. Mi auguro che le mie preoccupazioni siano eccessive e infondate, che la convivenza con il virus non porti con sé sofferenza e morti, mi auguro che possa trovare conferma nei fatti, non essendoci alcuna evidenza scientifica al momento, l’ipotesi che il caldo possa aiutare a bloccare il virus.

3) Tutto questo per dire che, ancora, dipenderà da Noi. Dalla nostra capacità, responsabilità e sensibilità. Individuale e collettiva. Questo significa che non possiamo permetterci di considerare la data del 4 maggio come un “liberi tutti”, che contenimento e limitazioni negli spostamenti, negli incontri e nelle aggregazioni, non imposti più per ordine, dobbiamo sentirli noi come doveri verso gli altri, i più fragili in particolare, e verso i propri cari e, infine, se stessi. Significa che ai primi sintomi (febbre, tosse, ecc.) o se abbiamo avuto contatti a rischio, dobbiamo essere noi i primi presidi di controllo e prevenzione, le prime sentinelle, cautelando chi ci sta vicino e chi incontriamo, contattando subito il proprio medico e il servizio di igiene pubblica, senza trascurare nulla per superficialità o “per non avere problemi”. Se qualcuno vicino a noi è nella stessa condizione, dobbiamo suggerirgli di comportarsi nello stesso modo. Significa che dobbiamo usare mascherine, cautela, stare a distanza [asporto, ad esempio, reso possibile dal decreto per il settore della ristorazione, non significa intrattenersi al bar a fare conversazione]. Significa, insomma, avere responsabilità, sensibilità, essere capaci di convivere con gli altri e gestire e controllare un rischio che il 4 maggio non sarà spazzato via.

4) Dobbiamo tener presente un altro importante elemento. L’ultimo DPCM dispone che le regioni procedano a monitorare giornalmente l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e le relative condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale, comunicando i dati al Ministero della Salute, all’Istituto superiore di sanità e al Comitato tecnico-scientifico nazionale. In caso di aggravamento del rischio sanitario, saranno adottate misure restrittive necessarie e urgenti per le attività produttive delle aree del territorio regionale specificamente interessate dall’aggravamento. Quindi, se la nostra capacità di contenimento non dovesse funzionare, oltre alla emergenza sanitaria, ci ritroveremo a vivere un nuovo blocco delle attività.

5) Ultima cosa. Stiamo vicini a chi è più in sofferenza, più di altri e di noi. Chi è in difficoltà economica e lavorativa (ricordate, il mio “adotta il prossimo” di un paio di settimane fa), chi è più fragile fisicamente (e soffre ancor più ora per la sospensione di servizi di assistenza, cura, riabilitazione, che spero presto possa essere superata). Stiamo vicini a chi non può ancora riprendere la propria attività lavorativa (barbieri, parrucchieri, estetiste, commercianti al dettaglio in alcuni settori merceologici, operatori nei settori del cinema, teatro, turismo, dei centri ludici ed educativi per l’infanzia, centri sportivi, di biblioteche musei e luoghi di cultura in generale, diverse figure di professionisti e lavoratori a partita iva). Lo dico a me stesso, alla Regione (che spero a giorni possa pubblicare alcuni avvisi come microcredito e titolo II sulla liquidità circolante – pronti, ma in attesa di alcuni ineludibili passaggi amministrativi – e spero altro ancora). Lo dico a tutti i rappresentanti delle istituzioni, Stato e Comuni, chiedendo misure di sostegno specifiche per questi lavoratori e operatori economici (esenzioni o riduzioni nei tributi, contributi sugli affitti, ecc.). Lo dico a quanti possono assicurare una qualche forma di sostegno, ad esempio, anche ai proprietari degli immobili concessi in locazione a questi lavoratori e operatori economici (un po’ di pazienza, capisco che i proprietari hanno tasse e oneri a cui far fronte, ma un po’ di pazienza, non è il momento di incalzare i conduttori con attività commerciali, professionali o artigianali sospese, esigendo, come se nulla stia succedendo, il pagamento dei canoni di locazione; basta attendere qualche settimana, non si perde nulla… non si mortifica nessuno dando solo la possibilità di riprendere il lavoro e i primi incassi).
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Essere “congiunti”, prim’ancora che fisicamente, significa sentire l’altro come noi stessi, avvertire insieme affetti e paure, gioie e pericoli. Un sentire e un destino comuni. E questo, infine, a mio parere, vale anche per chi si riconosce in una parola, in una religione.
Se “senti”, ritrovarsi vicini fisicamente non serve.