Applausi

So bene che non bisogna mai sottovalutare la percezione. È un errore clamoroso in politica. Bisogna tenerne conto e farci i conti, senza spocchia. Ma guai a farsi travolgere, condizionare. E vale sia per il politico rappresentante che per il cittadino rappresentato. Un tempo, però, c’erano luoghi, processi, tipo di comunicazione, che consentivano di tenere collegati sentimento e umore, sostanza e rappresentazione.
Questo collegamento è pericolosamente saltato, da tempo. Gli strumenti di comunicazione che utilizziamo tutti – così massivi, pervasivi, performanti, modellanti – ci inducono a reagire e a giudicare mossi dagli umori, da folate emotive, da rappresentazioni, di cui non sappiamo più quanto studiate o naturali.
Non ho la minima idea di come si possa riprendere la trama che tenga ancora unite le reazioni ai ragionamenti, le emozioni ai sentimenti. So solo (e non sono certo il primo) che questa è una condizione decisiva per poter immaginare la rinascita di una politica impegnata nel reale a costruire percorsi, trovare soluzioni, immaginare futuro, concentrata sui progetti e ben centrata sulla realtà, anziché presa dallo sguardo falsato e frammentato della cittadinanza virtuale, quindi da un’ansia di prestazione consegnata ad un selfie, ad una diretta, ad una battuta ad effetto resa in un’intervista. Una politica così distratta, disperde energie e capacità decisionale, resta paralizzata dalla ridotta capacità di conoscenza dei problemi e della loro complessità, che invece richiede studio, metodo, concentrazione, umiltà.
Giusto per fare un esempio. Ci sono argomenti e motivi per apprezzare un presidente del consiglio, come l’uscente (e ne ho anch’io). Ma l’applauso che oggi il personale e i collaboratori di Palazzo Chigi gli hanno riservato all’uscita, è stato caricato di una valenza senza precedenti, proprio grazie all’uso sapiente e alla viralità dei social. Si è innescata una carica emozionale (con topos abbastanza collaudati: l’addio, l’applauso, i saluti, la stretta di mano, la lacrima, ecc.) che progressivamente e rapidamente si è autoalimentata in rete facendo perdere di vista la realtà e facendo dimenticare a tutti che il personale di quel Palazzo, l’applauso, lo ha riservato, per restare all’ultimo decennio, anche all’uscita di Berlusconi, Letta, Renzi, Gentiloni.