Alta Murgia, parco di pace.

di Francesco Nicoletti

La grande mobilitazione c’è stata davvero. La marcia Gravina-Altamura ha superato ogni aspettativa. Alla fine erano 15.000 le persone che hanno invaso la statale 96 che collega i due comuni murgiani: una grande festa in movimento, un corteo lungo a perdita d’occhio, colorato dalle bandiere delle diverse sigle presenti e animato da canti e balli e slogan urlati a squarciagola. Secondo le intenzioni degli organizzatori, è stata innanzittutto la marcia della gente comune. Centinaia di pullman hanno riversato nell’area fieristica di Gravina migliaia di persone. Giovani venuti in macchina per conto proprio si sono dati appuntamento sabato pomeriggio per marciare insieme. «Non vogliamo diventare la pattumiera nucleare d’Italia – dice Nicola Vigliotti del comitato anti nucleare di Bitonto – Noi siamo qui per dire basta ad ogni forma d’inquinamento sull’Alta Murgia».

«Mi fa piacere vedere che è una manifestazione di cittadini qualunque – afferma Giovanni Moliterni, libraio di Matera, non iscritto a nessun movimento o associazione – Dobbiamo tutti puntare su questa terra». Come lui ce ne sono migliaia che ingrossano il serpentone di ora in ora. In testa i politici: sindaci che sfilano con la fascia, delegazioni delle provincie e delle regioni di Puglia e Basilicata. Chiudono il corteo i trattori e gli agricoltori. In mezzo una sarabanda di bandiere e striscioni variopinti. Non manca nessuno: Legambiente, Wwf, Lipu, le Acli, i sindacati, le associazioni cattoliche. Ci sono soprattutto gli studenti, le scolaresche dell’elementari con cartelloni disegnati che raffigurano i mostri dell’inquinamento.

L’arcobaleno delle bandiere della pace prevale su tutto. In mezzo ad esse sfila attorniato da gente che gli va a stringere la mano Alex Zanotelli. «Partecipare a marce così, fa bene a me prima di tutto – scherza il padre comboniano – Questa marcia potrebbe diventare un’ideale continuazione della marcia della pace Perugia-Assisi, anzi lo sta già  diventando. Ma mentre quest’ultima va letta in chiave europea, la marcia di oggi guarda al Mediterraneo, al Nord-Africa, ai paesi del Medioriente. È la marcia del riscatto del Sud, che rivendica la sua identità  e il diritto a riappropriarsi del proprio futuro».

La gente lo sente, si può partire da oggi, lo grida a gran voce: l’Alta Murgia può diventare terra di pace e di sviluppo compatibile con l’ambiente. I simboli per affermarlo ci sono tutti. I volontari di Legambiente Matera piantano a bordo strada alcuni giovani ulivi. Il loro presidente Erwan Gueguen traduce questo gesto a parole :« Il Parco dovrà  essere uno strumento per uno sviluppo alternativo». Che bisogna propagandare questa visione, lo dice anche Luciano Violante, anche lui sabato nel corteo: «Il significato della marcia di oggi è quello di fare delle vicende dell’Ata Murgia una questione nazionale e del Parco il modello migliore di risoluzione».

All’arrivo a piazza Matteotti ad Altamura il serpentone si sfilaccia e va a riempire ogni angolo della piazza. Gli stand di prodotti tipici sono presi d’assalto. Mestolate colme di ceci e funghi cardoncelli prese da padelle enormi e fumanti riempiono piatti che girano di mano in mano. Giovani, anziani, donne e bambini sui gradini delle case, sui muretti, per terra in cerchio resi indistinti dalla stanchezza riprendono fiato dopo la lunga marcia. La piazza è diventata un grande bivacco colorato: alle sue estremità  i titolari degli stand fanno affari d’oro vendendo pane e focaccie, carne, olio, vino e tutto quanto serve a rifocillare la folla affamata.

Intanto, sul palco allestito al centro, sul quale campeggia la scritta “Alta Murgia, Parco di pace”, slogan della marcia, si avvicendano gli interventi accompagnati dalle note vellutate di un sassofono. Parla Alex Zanotelli, poi Gianni Fabbris, portavoce di Altragricoltura. Alla fine tocca a Piero Castoro, principale artefice della manifestazione. Nel suo discorso le parole si fondono diventando un unico flusso di fuoco e di emozione. L’attenzione sullo scopo dell’essere qui oggi deve restare alta. La marcia non è un punto d’arrivo, l’apatia e l’indifferenza non devono riprendere il sopravvento.

«Non dobbiamo abbassare la guardia – grida nel microfono Castoro – La marcia è solo una tappa, dobbiamo continuare ad essere uniti». L’invito è rivolto al popolo murgiano, ma anche alla gente venuta dalla Lucania e dalle zone costiere della Puglia «perché i loro problemi, sono i nostri problemi», dice Castoro. L’importante è mantenere viva la speranza, tenersi in contatto, continuare a marciare anche quando ognuno tornerà  alle proprie occupazioni quotidiane. Per tornare a incontrarsi «magari tra un mese – propone – dopo l’Immacolata, per vedere quello che nel frattempo è cambiato».

10 novembre 2003