ISTITUITO IL PARCO: LE VALUTAZIONI DEI COMITATI ALTA MURGIA E DI LEGAMBIENTE

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LE VALUTAZIONI DEI CAM

È nato, adesso bisogna farlo crescere
Sono passati quindici anni dalla prima proposta di istituzione del parco nazionale dell’Alta Murgia, una proposta che, aprendosi pian piano un varco nell’indifferenza generale e proseguendo a marciare sempre dal basso, ha finito per coinvolgere ampi schieramenti sociali e istituzionali, fino a interessare lo stesso Parlamento italiano che, prima nel 1991 (L.394) e poi nel 1998 (L.426), ha legiferato l’istituzione del parco nazionale dell’Alta Murgia.
L’ultima tappa di questo lungo e tormentato percorso è stata raggiunta: dopo la grande Marcia Gravina-Altamura la Conferenza Unificata del 26.11.03 che ha ratificato definitivamente l’intesa tra Regione Puglia e Ministero dell’Ambiente in ottemperanza alla L 426/98 e, finalmente, il 5 marzo, l’approvazione del Decreto istitutivo varato dal Consiglio dei Ministri. Il parco attende ora solo la firma del Presidente della Repubblica.

Non è stato un percorso facile, soprattutto perché le dinamiche che hanno nel frattempo interessato il territorio hanno rischiato e rischiano tuttora di cancellarne il patrimonio. Abbiamo, con franchezza e fin dall’inizio, sostenuto che costruire il Parco significava realizzare “pezzo per pezzo”? un progetto politico di grande portata per le sue implicazioni sociali, economiche e culturali; che tale progetto, inoltre, poteva realizzarsi solo come “costruzione collettiva”?, coinvolgendo cioè direttamente, dal basso, le comunità  locali e le forze produttive e valutando attentamente i costi e i benefici che necessariamente si dovranno ridistribuire su ampie categorie di cittadini. Il dibattito nazionale sui parchi ma ancor più le realtà  locali che affrontano concretamente e da tempo questi temi, dimostrano come non esista una ricetta che prescriva le modalità  di costruzione di un parco.

Ogni realtà  possiede specifiche caratteristiche che derivano dalla sua particolare storia e dalle sue condizioni socio economiche. Per quanto riguarda l’Alta Murgia si deve sottolineare come i problemi che si stanno affrontando in questa fase (servitù militari, salvaguardia ambientale e tutela delle attività  produttive compatibili, allargamento del consenso e valutazione delle prospettive…) coinvolgono il cuore stesso di quello che chiamiamo per brevità  il “Parco”?, e cioè l’elemento che più di ogni altro può frenare o al contrario alimentare le possibilità  di programmare un più oculato uso del territorio: la cultura.

Scardinare pregiudizi, abitudini, sterili scetticismi, riuscire insomma a ribaltare una cultura obsoleta della delega incondizionata o del mero assistenzialismo, diviene ora il compito più difficile ed insieme più indispensabile da svolgere.
Non si tratta infatti solo di convincere, per esempio, gli operatori agricoli che il Parco così concepito salvaguarda e incentiva innanzi tutto la loro attività  e che quindi non devono continuare a spietrare dissennatamente il territorio oppure a sostenere progetti equivoci come la costruzione di capannoni in zona agricole, in deroga ai piani regolatori, come si fatto per gli accordi di programma (L.R. 34). Né si tratta solo di bloccare attività  equivoche che possono danneggiare l’ambiente e la salute e compromettere investimenti futuri da parte della collettività  (come il riversamento dei fanghi tossici riversati sull’Alta Murgia).
Non si tratta in definitiva di schierarsi con disinvoltura da una parte o dall’altra di eventuali contrapposizioni ma occorre invece affilare le armi della pazienza e del coraggio e contribuire al dialogo, al confronto, alle mediazioni possibili tra le parti in gioco, siano queste ultime istituzioni, partiti, associazioni ambientaliste o forze produttive. Il parco bisogno di tutte le energie sane, di fare diventare tutti protagonisti, altrimenti potrà  restare solo una vuota parola o peggio la nuova maschera per vecchi (e disonesti) lupi della politica e dell’economia.

Se anche le finanze dello Stato ci permettessero di dimostrare che i benefici potranno compensare i costi derivanti dal rispetto di una normativa di salvaguardia territoriale, non avremmo risolto il problema.

Non si vuole sostituire, infatti, alcune forme di assistenzialismo con altre perché in questo modo potremmo forse tutelare un pezzo di natura, snaturando però un progetto attivo di sviluppo che si intende mettere in moto sull’Alta Murgia. Allora bisogna sottolineare che molto dipenderà  dal tipo di Parco che si riuscirà  a costruire, dal suo grado di autorità  sui beni ambientali, dal consenso e dalla partecipazione ma anche dal tipo di impresa e dalla diversificazione delle sue attività . La storia dell’Alta Murgia conferma che il territorio, con la sua natura e i suoi manufatti, è sempre stato al centro di un processo sinergico di continua elaborazione, trasformazione e produzione.
Qualità  estetiche, organizzazioni produttive, uso dell’ambiente hanno da sempre costituito termini inscindibili di un unico sistema di relazioni. Le qualità  intrinseche ai singoli elementi come la bellezza di una masseria o la tessitura dei muri non rappresentano altro che l’espressione piຠpropriamente formale di una complessa organizzazione. Le stesse componenti fisiche dell’ecosistema biologico, dai caratteri del suolo alle qualità  del microclima, non possono essere considerate se non in rapporto alle interazioni prodottesi nel corso dei secoli tra uomo e ambiente. Affrontare, quindi, il problema nella sua globalità  significa trovare nuove regole di riproduzione del complesso sistema territoriale.
La scommessa su cui cimentarsi diventa, allora, quella di mettere in moto nuovi processi economici e culturali in grado di valorizzare le risorse territoriali e garantirne la loro riproducibilità , anche attraverso una loro reinterpretazione funzionale.

Per questo ci rendiamo conto delle difficoltà  esistenti nel tradurre questi concetti in un usuale strumento di pianificazione (P.T.C, P.I, P.R.G., Piano Paesistico, Parco). La logica esemplificante che ad essi sottende, infatti, anche quando riesce a superare i grossi problemi della gestione, del conflitto pubblico-privato e della frantumazione delle competenze non riesce ad andare oltre la politica normativo-vincolistica e la pratica dello zoning (divisione in aree diversamente normate). Nonostante la sua indispensabilità  lo strumento urbanistico, da solo, non è sufficiente a garantire la riuscita di una operazione di pianificazione, in quanto le istanze e i principi da esso promossi, spesso, risultano essere del tutto estranei e non comprensibili a coloro i quali, nella loro quotidianità , vivono sul territorio, modificandolo.

Solo se si riuscirà  a far si che ogni individuo come singolo, sia esso politico amministratore, operatore economico o semplice cittadino, partecipi attivamente alla costruzione della propria territorialità , si può pensare di mettere in moto gli elementi generatori di qualsiasi proposta di riorganizzazione del territorio: solo una rinnovata cultura dell’abitare può produrre nuova territorialità .

Nonostante la consapevolezza dei limiti che la pianificazione corrente, e la politica dei parchi in particolare, ha a riguardo, la proposta della istituzione del Parco Rurale Nazionale sull’Alta Murgia potrebbe offrire risposte concrete alle esigenze di vasti settori della società  civile che in questo territorio vivono e lavorano.

Questa proposta, infatti, si è posta in continuità  con le tensioni, le volontà , le battaglie epresse in tutti quest’ultimi anni.

Ma quali sono le iniziative che possono concretizzare questi obiettivi? Rispondere a questa domanda significa di fatto progettare il parco, e in ogni caso non può esservi una risposta chiusa ed univoca: si tratta piuttosto di innescare un processo in grado di costruire gradualmente e in maniera autocorrettiva le risposte giuste. Gli elementi fondamentali di questa azione non potranno non comprendere alcune essenziali strategie di intervento. Innanzitutto un piano di tutela, bonifica e manutenzione del patrimonio naturale e storico architettonico.

In secondo luogo un vasto programma di riconversione delle pratiche agricole correnti basate ormai quasi esclusivamente su di una monocultura cerealicola perennemente in crisi, le cui politiche di sviluppo, decise a migliaia di chilometri di distanza, sono spesso attuate con criteri completamente avulsi dalla realtà  locale e che si sono dimostrati capaci di provocare danni enormi all’ambiente: impoverimento del patrimonio genetico locale, inquinamento delle acque e del suolo, rischi per la salute umana, semplificazione del paesaggio naturale ed agricolo, spietramento.

Si tratta allora di promuovere un processo di riqualificazione dell’agricoltura locale, basato sulla diversificazione spaziale e temporale delle colture (anche attraverso il recupero, ove possibile, di pratiche e di colture tradizionali), l’impiego di tecniche biologiche per la concimazione e la lotta ai parassiti e alle infestanti, la produzione, la promozione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità . Si tratta di sperimentare nuovi approcci alla produzione agricola e zootecnica capaci di integrare le attività  tradizionali con mezzi e strumenti non solo compatibili con l’ambiente, ma tali da determinarne il miglioramento e la ricostituzione.

La strategia delineata potrà  attrezzare la nostra agricoltura a competere con successo nel futuro mercato globale europeo, anticipando tra l’altro quelle che saranno le future politiche agricole della UE.

Parte integrante del Parco dovrà  dunque essere tutta quella infrastruttura di servizi in grado di sostenere e promuovere il processo di riconversione produttiva delineato: laboratori di ricerca scientifica, stazioni sperimentali, uffici di consulenza tecnica e finanziaria, servizi di marketing e di promozione; offrendo cosà­ anche opportunità  di lavoro qualificato per i giovani.

In terzo luogo la creazione di una offerta turistica non tradizionale e non speculativa che, evitando gli stereotipi del turismo consumistico di massa, proponga soluzioni originali in grado di soddisfare una domanda turistica nuova che nei prossimi anni è destinata a crescere sempre piàº: quella domanda di soluzioni non preconfezionate, il piຠpossibile articolate e ricche di stimoli eterogenei.

Da questo punto di vista l’Alta Murgia può realmente offrire qualcosa di estremamente nuovo ed originale, con il suo ricchissimo e peculiare patrimonio di storia, di cultura, di natura. Non si tratta dunque di creare mega strutture all’insegna del “tutto compreso”? che il piຠdelle volte deturpano il paesaggio e le strutture storiche in cui sono spesso ospitate, ma di attivare piuttosto una rete di strutture diversificate, realizzate recuperando la funzionalità  degli antichi jazzi e masserie, con criteri rispettosi dell’ambiente e dei manufatti storici ed in sinergia con un utilizzo agro-zootecnico delle strutture stesse.

Un discorso a parte ad integrazione del progetto occorrerebbe fare sulla gastronomia locale, recuperando e valorizzando la genuinità  degli alimenti prodotti sul territorio (carni, latticini, erbe selvatiche, pane, pasta, olio).
Si potrebbe cosà­ configurare una offerta estremamente articolata, in grado di dare risposte originali al turismo sportivo e naturalistico (equitazione, escursionismo, speleologia, cicloturismo), all’agriturismo e al turismo culturale (le masserie storiche, il patrimonio archeologico, i centri storici, …), privilegiando i piccoli gruppi ed il turismo giovanile e scolastico.

I riflessi occupazionali ed economici di queste attività  sarebbero da non sottovalutare, anche in virtຠdell’impulso che il turismo darebbe a tutta una serie di altre attività  quali l’artigianato locale, le agenzie turistiche, le aziende agroalimentari, il commercio, la ristorazione ecc.

Infine, la promozione di attività  originali di ricerca scientifica sui temi del restauro ambientale, del carsismo e della speleologia, dell’agricoltura biologica e di nuove tecniche di allevamento; nonché la promozione di attività  culturali e didattiche tese alla conoscenza e alla valorizzazione della cultura materiale del territorio.

In questa direzione molte sono le cose che le Amministrazioni comunali possono fare, sia autonomamente o consorziate tra loro, sia di concerto con la Regione Puglia, sia attraverso la promozione di consorzi misti, cui chiamare a partecipare l’imprenditoria privata e cooperativa e l’associazionismo giovanile, sia mediante interventi di largo respiro che vedano nella Unione Europea un interlocutore di primo piano.

Una cosa tuttora è certa, ed è quella che senza la messa in atto di interventi concreti, anche a scala locale, che puntino a pianificare in modo omogeneo le aree dei diversi comuni interessati, salvaguardandone l’integrità  e promuovendone un riuso sostenibile, si rischia di non avere piຠun territorio sul quale proporre un intervento organico.

Restano tuttavia in piedi anche altre questioni, prime tra tutte la presenza dei cinque poligoni di tiro militari sull’Alta Murgia. Dai primi anni Ottanta un variegato e consistente movimento di base, insieme alle Amministrazioni locali, ha più volte ribadito, anche con le tre grandi marce Gravina ”“ Altamura, la decisa e unanime contrapposizione all’uso militare di questa terra. La presenza del parco ora rende ancora più esplicita l’incompatibilità  delle servitù militari con la vocazione d’uso non violento del territorio. Occorre perciò impegnarsi per risolvere una buona volta e con urgenza questa vertenza.

L’uso militare del territorio è stata da noi denunciata anche a proposito della vicenda delle scorie nucleari destinate, da quell’assurdo Decreto del Consiglio dei Ministri, a Scanzano. La lotta per ora ha pagato, ma appunto solo per ora, perché sia chiaro a tutti che la segretezza, le ambiguità  e la superficialità  con cui il Governo ha gestito la vicenda restano tutte ancora in piedi, e allora bisognerà  vigilare, aprendo un confronto più largo possibile sugli scenari futuri che ci attendono.

Un altro grande e urgente problema è quello di procedere alla bonifica dei siti inquinati sulla Murgia e impegnare la Provincia di Bari a revocare l’autorizzazione all’impianto, superdimensionato, di trattamento di rifiuti speciali che si sta realizzando sulla SS. 96. Lo diciamo ancora una volta: noi non siamo contro le strutture che possono migliorare la qualità  della vita, come i centri di produzione di Compost, ma siamo decisamente contrari a che si smaltisca lì ogni genere di rifiuti speciali e di affidare ad un privato, specie alla Tersan ”“ Puglia, un simile compito. Non ci fidiamo e abbiamo molte ragioni fa far valere in proposito.

Naturalmente molte sono le emergenze cui dovremo far fronte nell’immediato futuro e non mancheranno occasioni per esplicitare le nostre proposte e il nostro impegno, come abbiamo fatto in tutti questi lunghi anni e come ancora abbiamo fatto, con grande evidenza l’8 novembre 2003, coinvolgendo più di quindicimila voci per rivendicare obiettivi comuni nella grande marcia Gravina – Altamura. Quest’ultimo evento ha dimostrato che esiste un soggetto politico, radicato nelle forme di organizzazione di base del territorio, che rivendica una attiva partecipazione alle decisioni politiche, al governo del territorio.

Questo movimento deve continuare a crescere, sostenuto da una consapevolezza più matura e più ampia delle interconnessioni dei sistemi territoriali e dalla necessità  di coagulare alleanze più strette tra la murgia e i paesi costieri del nord barese, tra la murgia e i paesi pugliesi e lucani che si affacciano sul sistema carsico delle gravine.

La firma del Presidente della Repubblica, che speriamo non si faccia attendere, ha smorzato l’amarezza dei più scettici. Vogliamo augurare a tutti di far tesoro di quanto abbiamo conquistato. Ora dobbiamo costruire.

Comitati Alta Murgia