Poco di Buono

INDICE:
Editoriale

Pubblico e privato. Questioni urbanistiche
Traffico: Una città  che scoppia
Il punto sull’Uomo di Altamura
Orme di dinosauri
Beni culturali Recupero e fruibilità  dei beni culturali.
Ospedale della Murgia. Un’opera già  “incompiuta”??
Teatro Mercadante: l’eredità  dimenticata
Parco nazionale dell’Alta Murgia. Norme di salvaguardia.
Fuori la guerra dalla tua spesa

Editoriale
È trascorso più di un anno da che ci permettemmo di fare i nostri “auguri sinceri”? su un foglio vagante come questo. Lo facemmo in modo pulito, senza ingenuità  ma anche senza cattiveria. Era appunto un augurio affinché alcune questioni ritenute da noi prioritarie potessero trovare una soluzione rapida ed efficace. Da un governo di centro-sinistra, allora da pochi mesi eletto dopo “l’era Plotino”? (otto anni!), ci si augurava almeno una tregua allo sfascio politico e al degrado civile e culturale che da lungo tempo governa questa città  e che con Plotino e i suoi seguaci era divenuto più fremente e persino più normale. Ci si augurava perciò almeno una prova di volontà  fondamentale: che in tutto le scelte riguardanti le questioni di interesse pubblico fossero, appunto, gli interessi generali a prevalere.
A parte l’emergenza che si invocò, non proprio a ragione, per l’appalto della raccolta dei rifiuti urbani, restavano (e restano) insoluti una serie di altri importanti problemi. Il rispetto della legalità  e del buon senso impedivano la costruzioni di capannoni industriali a 360° in zone agricole”¦; indicammo perciò una strada da seguire per dare, in riferimento al Piano regolatore, una risposta concreta agl’uni e agl’altri, a tutti. La questione del parco, invece, si presentava piuttosto come una sfida all’intelligenza e al coraggio di guardare un po’ più in là  dell’oggi, perché il parco, lo si comprenda una buona volta, serve proprio a garantire che si attui uno sviluppo sostenibile piuttosto che di rapina.
Infine, per non allungare l’elenco, l’estrema necessità  di creare spazi ai corpi e alle idee, sempre più imprigionati nel caos e nell’indifferenza generale.
Per questo bisognava affrontare seriamente tali problemi e impedire i “trucchi”? per cambiare la destinazione delle aree, trucchi oggi purtroppo ancora in pieno vigore nella città  e nel territorio; approvare finalmente un piano dei servizi e delle aree verdi, impegnarsi seriamente per rendere fruibili, coinvolgendo attivamente forze e capacità  di base che non mancano in questa città , i beni artistici, archeologici e culturali… o mettere solo un dito nel caos da primato del nostro traffico cittadino.
Sono trascorsi due anni dall’insediamento dell’attuale Giunta di governo di Altamura e pensiamo sia un tempo sufficiente per tirare una mezza riga e fare delle verifiche, non per ergerci a giudici bensì per testimoniare, come facciamo da tempo, il diritto alla partecipazione, alla circolazione delle opinioni, ad interessarci insomma al destino dei beni comuni.
Ad essere sinceri, abbiamo l’impressione che il governo eletto due anni fa non si sia mai veramente insediato, che sia rimasto nel pantano delle emergenze imposte dai soliti poteri forti e che non abbia avuto perciò la forza e neppure la volontà  di voltare una sola vera pagina. Troviamo singolare, tra l’altro, che anche la modifica della maggioranza di governo ”“ con il passaggio all’opposizione del prc ”“ sia stata accettata nel silenzio generale. È, certo, solo la nostra impressione, eppure tutto o quasi appare ancora capovolto come l’Uomo arcaico o esposto all’usura e alla rapina nella completa indifferenza dei più, oltre che dei responsabili istituzionali, come le Orme dei Dinosauri…
E nel dire queste cose non vogliamo affatto prestare il fianco e favorire qualche ghigno maldestro da parte di quelle figure che insieme formano il blocco dell’opposizione di centro-destra; perché per dirlo con chiarezza e senza perdere tempo, questa opposizione di governo cittadino è infinitamente più pericolosa di quanto essa stessa possa immaginare, essendo formata da individui che calpestano semplicemente l’idea che possa esistere un bene comune.
Non vogliamo perciò mescolare tutto e tutti nello stesso calderone, ma vogliamo dire a quella parte di questa città  che presume essere anche la maggioranza, di darsi una mossa, di uscire fuori dall’immobilismo o dal balbettio di una politica frammentaria, confusa e pericolosa i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Perché accade questo? Diciamolo realisticamente: perché si stenta o si è incapaci di misurarsi con i problemi reali, e quel poco che si cerca di fare risponde perlopiù a delle logiche di intervento effimero (come quello che si intendeva insensatamente realizzare nell’area del Circolo scolastico iv Novembre), non di rado favorendo o soggiacendo ai sempre più diffusi interessi equivoci dei signorotti locali, i quali anche per questo diventano più forti e si diffondono. Questo è uno dei grandi limiti della nostra città  e delle sue forme di gestione politica.
Poco di buono si propone perciò come un modestissimo contributo per denunciare la gravità  di problemi verso cui non è più possibile ostentare indifferenza e cecità , convinti come abbiamo più volte dimostrato, che molte cose si possono fare, a volte con rapidità  oppure indicando una direzione chiara e decisa nelle scelte progettuali di più lungo respiro, cui occorre porre mano però con altrettanta rapidità  e impegno. Le proposte non mancano.

Pubblico e privato. Questioni urbanistiche
Il 25 maggio 1999, un tale che chiameremo Kappa, si rivolge al tar puglia chiedendo l’annullamento della variante generale di adeguamento alla Legge Regionale 56/1980 del p.r.g. nella parte in cui prevede che un’area di sua proprietà , posta in Altamura nei pressi di v. Matera, venga destinata a zona F3, ovvero alla realizzazione di un parco urbano.
Nelle zone F3, secondo il disposto delle norme tecniche di attuazione, “saranno curate le alberature esistenti e la posa a dimora di nuovi piantamenti. In queste zone potranno essere ubicate attrezzature per lo svago quali chioschi, bar, giochi per bambini e attrezzature sportive e di allenamento”¦ Le aree possono essere di proprietà  sia pubblica che privata, in tal caso l’uso pubblico va garantito”?.
Nel ricorso Kappa lamenta che il suo diritto di proprietà  è stato leso poiché la destinazione a parco urbano impressa dal vigente p.r.g. alla sua proprietà  avrebbe determinato una limitazione della possibilità  di sfruttamento edilizio e della facoltà  di disposizione e godimento dei fondi in relazione alla loro normale destinazione economica. Sempre secondo il ricorrente i Comuni non avrebbero l’obbligo di dotarsi di zone F3 e, in particolare ad Altamura, la comunità  non avrebbe un bisogno concreto di dotare il proprio territorio di attrezzature pubbliche del tipo di quelle previste nelle zone F3. Ciò secondo Kappa sarebbe confermato dalla mancata sistemazione di dette aree da parte dell’Ente Comunale.
In sintesi Kappa partendo dall’assunto per cui la normale ed unica destinazione economica dei fondi sia la loro utilizzazione edificatoria, sostiene che destinare delle aree a zona F3 sia equiparabile ad un esproprio dei diritti che spetta a qualsiasi proprietario sui suoi fondi, ancor più in un territorio che a suo dire non ha alcun bisogno di avere zone da destinare a parco urbano F3, ma solo aree con alti indici edificatori. Il tar puglia pronunciandosi su detto ricorso ha, invece, ritenuto che la destinazione impressa al vigente p.r.g. alle aree di proprietà  di Kappa non costituisce un vincolo di natura espropriativa “ma mera zonizzazione, che consente ai privati proprietari l’uso del bene conforme alla sua destinazione urbanistica”?. I giudici amministrativi hanno affermato che il diritto di proprietà  non viene svuotato del suo contenuto solo perché il fondo non ha quella potenzialità  edificatoria che consentirebbe maggiori profitti ai proprietari, ma viene limitato in virtù dell’esistenza su di esso di un interesse generale non sempre “coincidente con le aspettative dei proprietari delle aree”?.
Il caso riportato rappresenta un modo alquanto diffuso di percepire il diritto di proprietà : vivere il bene esclusivo ”“ la proprietà  immobiliare ”“ con tutta la sua carica di unicità  e di individualismo. Il proprietario, cioè, è convinto di poter usare ed abusare del suo diritto rifiutandosi di riconoscere qualsiasi altro interesse generale individuato dall’ordinamento ed insistente sul bene che ne costituisce l’oggetto.
Tale falsata concezione del diritto di proprietà  si è manifestata in tutto il suo vigore nella vicenda relativa agli accordi di programma (l.r. 34/1994). Negli ultimi anni, infatti, proprietari di terreni agricoli ed imprenditori nostrani hanno utilizzato tutti gli spazi politici e materiali a disposizione per piegare a loro piacimento i dettati legislativi in materia urbanistica. Tutto ciò in vista dell’ottenimento di facili profitti mediante la compravendita di terreni agricoli da trasformare in suoli edificabili, dietro il vecchio e ipocrite ricatto occupazionale.
Né mancano, o sono mancati, taciti consensi a questa idea del diritto di proprietà  da parte degli enti pubblici ”“ dalle amministrazioni locali all’attuale governo ”“ che, invece, dovrebbero tendere a salvaguardare l’interesse della collettività  e a contemperare le esigenze dei privati con quelle di ogni altro cittadino. In ciò, l’ente pubblico diventa sempre più centro di potere esercitato da pochi nell’interesse di pochissimi, sempre più lontano da quello che comunemente si chiama democrazia e partecipazione politica. Esperienze molto comuni quando il liberismo domina e la solidarietà  sociale recede.
Salvaguardare l’interesse della collettività  non è e non deve essere una formula astratta da usare a scopo elettoralistico o per quietare le coscienze, ma un vero è proprio obbligo per l’ente pubblico. Ciò è ancor più vero in materia urbanistica, in cui, sin dal 1968, un decreto ministeriale ha individuato alcuni limiti inderogabili che devono essere rispettati nella pianificazione urbana. Questo decreto prevede che ogni città  abbia 18 metricubi per abitante quale dotazione minima da riservare a spazi pubblici o per attività  collettive.
È forse questa la dimensione degli spazi pubblici a disposizione di ogni singolo abitante di Altamura? Evidentemente no! Secondo alcune stime (non ufficiali) sembra che ad Altamura vi siano solo 0,5 metricubi per abitante riservati agli spazi per attività  collettive. Naturalmente ciò non è solo frutto della peculiare idea di proprietà  che Kappa ha espresso nel suo ricorso, ma soprattutto delle indicazioni errate che molti tecnici forniscono con disinvoltura ai loro clienti, raggirando o interpretando in modo distorto la legislazione urbanistica. Infine le amministrazioni comunali, negli anni, non hanno mai elaborato un concreto progetto per liberare e rendere fruibili questi spazi.
Ancora oggi le aree destinate in qualche modo alla fruizione collettiva vengono utilizzate per realizzare uffici, centri commerciali e quant’altro adatto ad accrescere i profitti dei proprietari. Emblematico il caso delle zone S2A, zone destinate a servizi di quartiere in cui è consentita, in generale, la realizzazione di edifici per “attrezzature di interesse comune”? (art. 26, n.t.a.). E’ accaduto che in dette zone i proprietari, una volta ottenuta la concessione edilizia, abbiano destinato gli edifici realizzati unicamente per uffici privati, esercizi commerciali o, peggio, abitazioni civili infischiandosene di qualsiasi interesse comune.
Ci piace pensare che tali abusi si siano verificati a causa di una inesatta interpretazione delle norme urbanistiche e non di una compiacente pratica amministrativa. Da ora in poi sarebbe bene uscire da questa prospettiva urbanistica e giuridica: la proprietà , intesa quale diritto assoluto, ha per effetto la ricchezza e la povertà , entrambe senza limiti: ricchezza per pochi, povertà  per tutti.
Amministrare l’urbanistica non significa compiere delle scelte che accontentino solo l’interesse dei proprietari. Essere proprietario non significa tentare in ogni modo di ottenere il massimo profitto dallo sfruttamento del bene, ignorando le regole e gli altri individui. Se così continuerà  ad essere ed un Kappa. qualsiasi diventasse un giorno sindaco di questa città  cosa altro potrebbe accadere?
Probabilmente tutte le aree aventi una qualche destinazione ad uso collettivo sarebbero definite inutili compressioni del diritto di proprietà . Probabilmente al grido ”˜arricchitevi’ tutti sarebbero pronti a costruire case, palazzi e capannoni.
Per fortuna sono ancora molti quelli che dissentono da queste idee e da questi metodi. Negli anni passati soggetti politici ed individualità  hanno articolato numerose e valide proposte, senza che le amministrazioni abbiano saputo farne tesoro. Proposte tendenti a rispondere alle comuni esigenze di individui.
Senza l’intenzione di riproporre un lunghissimo, forse inutile, elenco di ciò che manca in questa città , quello di cui si sente il bisogno è prima di ogni altra cosa la realizzazione di spazi socializzanti, il recupero di una città  per tutti e per tutte. Il tempo è quasi scaduto, ma non è mai troppo tardi per cominciare. Un asilo, un parco, uno spazio per le arti”¦ osservate ogni cosa e ritenete il bene.
Tre casi emblematici:
1) La Stazione di servizio in via Mura Megalitiche (angolo via IV Novembre)
Con una concessione edilizia del 9 novembre 2001 ed una autorizzazione petrolifera del 24 novembre 2001, il Comune di Altamura consentiva la realizzazione e l’esercizio di una stazione di carburanti in un’area tipizzata dal Piano Regolatore Generale come S2B, destinata cioè a “verde attrezzato di quartiere”?. In questo tipo di aree è consentita solo la “costruzione di attrezzature per il gioco, costruzioni provvisorie per chioschi da adibire a bar ristoro e ricoveri, impianti sportivi per allenamento”? (art. 27 delle Norme Tecniche di Attuazione). Su sollecitazione di numerosi cittadini, del “Coordinamento per lo sviluppo e la qualità  della vita”? e di alcuni consiglieri comunali l’Amministrazione comunale, i primi giorni di dicembre, disponeva l’annullamento della concessione edilizia precedentemente rilasciata. La ditta interessata ricorreva al Tribunale Amministrativo Regionale che, con sentenza del 19 settembre 2002, ha ritenuto illegittimo l’annullamento della concessione. Allo stato, quindi, la stazione di carburanti potrebbe essere realizzata. Spetta ora all’Amministrazione comunale decidere di impugnare la sentenza di primo grado al Consiglio di Stato. Intanto, il 18 marzo scorso un avvocato, residente in quella zona, ha nuovamente e formalmente invitato Sindaco e Dirigenti comunali a riesaminare (e quindi annullare) le due autorizzazioni (quella edilizia e quella petrolifera) alla luce del putt (Piano Urbanistico Territoriale Tematico) della Regione Puglia che, entro una fascia di 100 metri dalle zone archeologiche (in questo caso, le Mura Megalitiche), non consente interventi di trasformazione territoriale e nuovi insediamenti residenziali e produttivi, mentre consente solo di attrezzare aree verdi capaci di mantenere ed accrescere la qualità  paesaggistica dei luoghi.
2) La Struttura polifunzionale di via IV Novembre
Nella riunione del 17 febbraio 2003, la Commissione Edilizia Comunale esamina un progetto, presentato nella medesima giornata, che prevede la realizzazione di una “struttura polifunzionale”? privata in un’area (sempre in via iv Novembre, di fronte ad una nota gelateria della zona) tipizzata dal Piano Regolatore come F1, destinata cioè “alle attività  rivolte ad assicurare alla comunità  sia servizi relativi alla vita sociale e culturale (scuole, asili, teatri, ecc.), sia servizi di tipo tecnico (attrezzature tecnologiche, trasporti) e diretti ad assicurare il controllo dell’ambiente (caserme)”? (art. 28 delle Norme Tecniche di Attuazione). Nonostante che un precedente progetto di intervento sulla medesima area (presentato dagli stessi proprietari, ma elaborato da altro progettista) fosse stato ritirato dall’esame della medesima Commissione in precedenti riunioni, poiché l’Amministrazione comunale riteneva di dover predisporre preliminarmente un piano generale dei servizi con il quale si sarebbero individuati gli interventi edilizi realizzabili nelle “aree a servizi”? e davvero necessari per la collettività , la Commissione esprime parere favorevole all’opera progettata dai privati. In merito, tre consiglieri comunali (Enzo Colonna, Giacinto Forte e Vito Menzulli) hanno chiesto formalmente al Sindaco, Segretario Comunale e Dirigente dell’Ufficio Tecnico l’avvio di un procedimento diretto ad accertare e dichiarare la nullità  dell’intera seduta della Commissione del 17 febbraio, quindi degli atti e dei pareri prodotti in quella occasione, in quanto la Commissione era già  decaduta dalle sue funzioni da qualche giorno. Hanno pure chiesto di sapere “come sia stato possibile, nell’arco della medesima giornata (17 febbraio) e nel giro di poche ore, protocollare la richiesta, istruire la relativa pratica ed infine sottoporre il progetto all’esame, conclusosi con esito favorevole, della Commissione Edilizia”? e “perché non si sia ritenuto di subordinare l’esame e l’eventuale autorizzazione alla realizzazione di interventi urbanistici ed edilizi proposti da privati nelle zone destinate «ad attrezzature ed impianti di interesse generale» alla preliminare redazione di un piano generale dei servizi destinati alla collettività  ed all’uso pubblico”?. I tre consiglieri, a distanza di tre mesi, attendono ancora una risposta. Anche per questo intervento edilizio dovrebbero valere le prescrizioni del putt (fascia di rispetto di 100 metri dalle Mura Megalitiche).
3) La Struttura commerciale nel Parco Urbano
Nel bel mezzo di un’area destinata a “parco pubblico”?, situata nei pressi di via Treviso (accanto al “Boschetto”? recentemente inaugurato), sta sorgendo una struttura commerciale (con una base di circa 40 metri per 40 ed un’altezza di circa 9 metri). Tecnicamente si tratta di un intervento di ristrutturazione edilizia (autorizzato con concessione edilizia rilasciata il 19 marzo 2003) di alcuni immobili che costituivano pertinenze di una masseria ben visibile da Via Matera. Tali immobili erano stati precedentemente oggetto di un condono edilizio con il quale si era sanato un cambio di destinazione d’uso: da magazzini agricoli a locali per attività  commerciale. La città  avrà  dunque un’ulteriore struttura commerciale e sarà  privata di un’area destinata a parco pubblico, una di quelle rare zone in cui il Piano Regolatore prevede che siano “curate le alberature esistenti e la posa a dimora di nuovi piantamenti”? e che possano “essere ubicate attrezzature per lo svago quali chioschi, bar, giochi per bambini e attrezzature sportive e di allenamento”? (art. 30 delle Norme Tecniche di Attuazione).


Traffico: Una città  che scoppia
Il caos di piazza Duomo e di corso Federico è solo la punta dell’iceberg e forse l’aspetto più grottesco. È tutta la situazione del traffico che presenta aspetti inquietanti ad Altamura. E in maniera inquieta la vivono i cittadini. Tanto che, se si chiede a un altamurano quale problema sentono come più assillante, risponderà : il traffico.
Ma chi sono i responsabili? Per primi gli automobilisti e le loro abitudini. Non aiuta, inoltre, la conformazione urbanistica della città  tutta addossata al centro storico e a un’estramurale che si percorre a senso unico. Tutti i quartieri, centrali o periferici, non hanno respiro. Provate ad andare dalle parti di via Quintino Sella, alle spalle della villa comunale. Strade storte o cieche e a larghezza variabile, case addossate l’una sulle altre. Tutto frutto, lì come da altre parti, della speculazione edilizia degli ultimi trenta-quaranta anni. Dove avevi il terreno lì costruivi e non importa se la futura abitazione doveva sorgere nel bel mezzo di una strada.
Ma cosa si è fatto in questi anni per tentare di alleviare il problema? Niente o quasi. Nulla ha combinato la giunta Plotino in otto anni. E nulla ha messo in cantiere la giunta Popolizio in due. Completamento della circonvallazione che eviti l’attraversamento della città  da parte dei camion sbuffanti? Chi l’ha vista? E i rondò, i rallentatori, i semafori intelligenti, i parcheggi? Boh!
Ma com’è l’aria che si respira nella nostra città ? Da alcuni anni il circolo Legambiente sta monitorando la qualità  dell’aria con le operazioni Mal’Aria. I risultati sono scoraggianti. La famosa aria “fina”? di Altamura, quella che quando torni da Bari riesci ancora a sentire, non è più così gradevole specie in certe arterie dell’abitato: via dei Mille, piazza Matteotti, Porta Matera, Porta Bari, viale Martiri, corso Vittorio Emanuele. I dati del 2002 e del 2003 li potete leggere nel grafico allegato. Il livello di benzene dell’ultimo rilevamento raggiunge i 30 microgrammi per metrocubo ovvero il triplo del valore limite fissato dalla legge. È addirittura cresciuto rispetto al 2002.
Tanto per capirci il benzene è un idrocarburo volatile classificato come cancerogeno prodotto principalmente dagli scarichi delle automobili ed è responsabile di 10 casi di leucemia ogni milione di abitanti.
Di fronte al caos delle arterie principali un cittadino pensa di trovare per corso Federico o in piazza Duomo dei posti tranquilli dove farsi una bella passeggiata e magari portare i bambini. No, non è possibile. Una delle poche aree “pedonabili”? della città  ogni sera viene invasa dalle macchine. E per i pedoni è notte fonda. Piazza Duomo, Corso Federico, Piazza Repubblica e Piazza Municipio, secondo una delibera comunale, sono aree a traffico limitato. Il passaggio è consentito solo ai residenti, ai disabili, ai mezzi di soccorso e di carico e scarico ed è vietato a tutti gli altri senza esclusione di giorni o fasce orarie.
Finchè c’è (e se c’è) il vigile, cioè fino alle 21.30, la situazione è, più o meno, sotto controllo. Dopo, la legge è quella del far west. Legambiente lo ha gridato sabato 5 aprile nell’Operazione Piazza Pulita quando, anche con l’ausilio di persone sensibili, ha cercato di convincere i cittadini in auto a non parcheggiare in piazza, spiegando loro che bisogna tutelare e valorizzare lo spazio più antico ed importante della città  e non ridurlo ad un drive-in. Ma già  l’anno scorso un gruppo di cittadini, in maniera spontanea, prima raccolse migliaia di firme e poi segnalò al Prefetto il mancato rispetto della legge. L’iniziativa ebbe un riscontro immediato. I carabinieri intervennero in piazza Duomo. L’amministrazione trovò una soluzione temporanea rafforzando la presenza dei vigili urbani e poi con l’ausilio della vigilanza privata. Tutti escamotages artigianali. È vero i vigili sono pochi e i turni finiscono alle 22.00. Non si capisce perché non si fanno controlli a sorpresa con ordini di servizio appositi.
Fortunatamente apprendiamo recentemente che il comandante della Polizia municipale ha presentato alla giunta un progetto che prevede l’installazione di colonnine a scomparsa, i cosiddetti dissuasori retrattili, che consentirebbero il transito solamente a coloro che sono autorizzati e quindi dotati del sistema di comando necessario per entrare in quelle aree del centro storico. Nella proposta di delibera si parla anche di parchimetri e della gestione degli spazi destinati a parcheggio distribuiti lungo diverse vie dell’abitato. Si prevede che la ditta aggiudicataria provveda a sistemare i dissuasori ed i parchimetri e ad assumere personale per il controllo delle aree destinate al parcheggio. La gara si basa su un sistema di attribuzione di punteggi per il miglior servizio e per la migliore percentuale delle somme introitate dalla gestione dei parcheggi da versare al Comune. Il Comune, insomma, farebbe questa operazione a costo zero, anzi parteciperebbe agli utili derivanti dalla gestione degli spazi parcheggio (in tutto, sono circa 390 posti auto).
Soluzioni attuabili per una mobilità  sostenibile, insomma, ce ne sono: da tempo, ormai, Legambiente si batte per l’applicazione del Piano Urbano del Traffico, ovvero un accurato studio urbanistico sulla nostra città , che prevede sistemi di decongestionamento del traffico, una maggiore e più ampia validità , soluzioni per eliminare l’inquinamento acustico l’introduzione di nuove aree verdi ecc. Sarebbe fondamentale inoltre incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici, dopo averne naturalmente potenziato e migliorato il servizio rendendo, ad esempio, più leggibili e comprensibili le tabelle con gli orari e le fermate degli autobus cittadini. Ma quel Piano, redatto da un anno dall’ingegner Civitella, è fermo. Ed è inquietante un aspetto: più passa il tempo e più si impongono integrazioni e modifiche a quel piano. Anche perché nel frattempo la città  cresce e le esigenze cambiano. L’ostacolo maggiore sembrano essere le risorse. Servono una decina di miliardi, ma, come dicevamo all’inizio: è o non è uno dei problemi più sentiti dalla città ?
Adottare una politica rivolta alla mobilità  sostenibile, come quella che suggerisce Legambiente, non implica necessariamente scelte impopolari, bensì fondamentali per la qualità  della vita di tutti.


Il punto sull’Uomo di Altamura
Gli altamurani sono indifferenti o ignorano del tutto il destino dei beni culturali della propria città .
Sicuramente più grave e perniciosa per la salvaguardia dei nostri beni culturali è l’indifferenza di politici e amministratori che si avvicendano e che a parole si apprestano ad occuparsi con solerzia dei mali che affliggono il nostro patrimonio culturale. Alla prova dei fatti, l’attenzione verso i problemi e le emergenze dei nostri beni culturali sbandierata dall’attuale amministrazione comunale in campagna elettorale, non si è ancora concretizzata in atti reali.
Qual è la situazione in cui versano al momento i nostri principali beni culturali, ossia l’Uomo di Altamura e le Orme dei Dinosauri? Per quanto riguarda la vicenda dell’Uomo di Altamura, gioverà  sintetizzare quanto è avvenuto dal 1993, anno della scoperta, ad oggi. Il Comune di Altamura (prima giunta Plotino) finanziò con un P.O.P. (PUGLIA 2° triennio 1997-’99, Misura 4.2.3 lett. A, Ristrutturazione e valorizzazione del patrimonio rurale) un progetto elaborato dal prof. Pesce Delfino, per un importo di circa 2 miliardi e mezzo di lire. Il progetto, denominato SARASTRO (Sistema teleoperAto integRAato di teleoSservazione e Telemetria per la fRuizione scientifica e culturale dell’UOmo Arcaico di Altamura) prevedeva la sistemazione di alcune telecamere all’interno della grotta dell’Uomo e altrettante postazioni telematiche, collocate in superficie per la teleosservazione. Lo stesso progetto precedentemente non era stato ammesso ai finanziamenti del Ministero dell’Università  e della Ricerca Scientifica, in quanto non rispondente ai requisiti richiesti sul piano degli aspetti tecnologicamente innovativi.
Inizialmente, si intendeva destinare le postazioni telematiche nei locali del Monastero del Soccorso (di proprietà  comunale), ma poi misteriosamente gli amministratori decisero di allogare le stesse in una masseria nei pressi della grotta. Tale opzione avrebbe comportato per il Comune di Altamura l’onere dell’affitto oltre che quello della vigilanza. Identificati i locali della masseria idonei ad ospitare le attrezzature, si procedette con il quantificare l’importo del canone di locazione. Con una delibera di Giunta furono accantonati 350 milioni di lire (stornati dal capitolo riguardante i Lavoratori Socialmente Utili), che dopo la stipula di una apposita convenzione furono corrisposti anticipatamente dal Comune, versati direttamente ai proprietari perché ristrutturassero urgentemente i locali suddetti. La convenzione stabiliva che il contratto di locazione avesse durata decennale e a conclusione s’intendeva tacitamente rinnovato di triennio in triennio. Insomma, un affare veramente interessante per il Comune di Altamura, pagare un canone di locazione di circa 3 milioni al mese per 300 mq in campagna! Stranamente, i proprietari non consentirono l’accesso alla masseria tramite la strada già  esistente. Quale logica sottende ad una tale irrazionale decisione? Quale dispositivo di legge impone ad un locatario di costruire a proprie spese una strada d’accesso autonoma per raggiungere l’immobile locato? Il Comune di Altamura dunque finanziò, attraverso il G.A.L., per una cifra di 1 miliardo e mezzo di lire, la costruzione di una orrenda strada con annessa area di sosta pavimentata con ciottoli fiumani, sul fondo di Lamalunga. L’enorme esborso di danaro pubblico per costruire una strada inutile (ce n’era già  una!), nonché a tutt’oggi incompiuta, è scandaloso, ma ancor più è scandaloso avere sbancato il fondo di una lama lungo la quale si snodava un tratturo medievale. I luoghi percorsi nel Paleolitico dal cacciatore finito nella grotta erano gli stessi luoghi attraversati dai primi cittadini dell’Altamura medievale per raggiungere la costa adriatica. Perché allora non sistemare il tratturo, in modo da renderlo percorribile a piedi o in bicicletta? Purtroppo, spesso i dilapidatori di danaro pubblico si circondano di incapaci e così questa ipotesi di recupero compatibile con l’ambiente sarà  apparsa economicamente irrilevante. Lo scempio di Lamalunga non è stato segnalato purtroppo da nessun mezzo di informazione né da alcuna associazione ambientalista. Tutto questo è avvenuto anche in barba al vincolo paesaggistico, al quale l’intera zona è sottoposta.
La giunta Popolizio ha ereditato due anni or sono una situazione compromessa, che non è riuscita a risolvere nonostante l’entusiasmo iniziale, stretta tra la pressione dei cittadini, la passione del pubblico che agogna una visita al “Museo dal campo”?, l’esosità  di Pesce Delfino che pretende fantomatici risarcimenti da capogiro e gli oscuri condizionamenti di chi non ha a cuore il bene della collettività . Il nodo della questione sta nella gestione del cosiddetto Museo virtuale o Museo dal campo. Quanto fosse scarsa la potenzialità  di sfruttamento turistico del Museo virtuale, nessuno l’aveva considerato, come non era un problema neanche chi e con quali risorse dovesse intervenire nella gestione. L’importante era alimentare un’enorme, indecorosa speculazione, col falso pretesto di “studiare e valorizzare”? l’Uomo di Lamalunga. Il Comune di Altamura avrebbe potuto spendere i propri soldi in maniera più efficace e utile. Per esempio il miliardo e mezzo di lire speso dal Comune attraverso il G.A.L. per stuprare Lamalunga avrebbe potuto essere impiegato, assieme ai 900 milioni di lire adoperati sempre tramite il G.A.L. per il recupero parziale del Monastero del Soccorso, per la ristrutturazione dell’intero edificio. Altri fondi, quali quelli dissipati per affittare la masseria, avrebbero potuto finanziare progetti di studio, datazioni, scavi archeologici (niente di tutto questo è stato realizzato finora). In tal modo, dopo l’acquisizione di dati scientifici relativi a quel deposito paleontologico e paleoantropologico di rilevanza mondiale si sarebbe potuto concepire e dar vita ad un vero (e non virtuale) Museo dell’Uomo da allestire eventualmente nel Monastero del Soccorso per attrarre centinaia di migliaia di visitatori in città . Insomma, l’amministrazione Popolizio deve sbrogliare un groviglio di questioni, consegnatele dalla precedente amministrazione, sta cercando goffamente di adoprarsi per risolverle ma i tempi sono veramente lenti: si sono ormai accumulati dieci anni per nessun progresso, troppi rispetto ai due anni impiegati dagli amministratori di Bolzano per creare uno splendido, visitatissimo Museo incentrato sulla mummia del Similaun. Persino nella vicina Gravina, dove la Fondazione Pomarici Santomasi con la sua Biblioteca e il suo Museo costituivano già  una realtà  culturale vivace e produttiva anche economicamente, l’amministrazione comunale ha compiuto recentemente una operazione culturale degna delle città  europee più evolute, creando dal nulla un nuovo Museo Archeologico Civico, il cui nucleo principale è costituito da corredi tombali di età  classica. Il Comune di Gravina impiega una congrua parte del proprio bilancio per finanziare non solo la fondazione Pomarici Santomasi (per l’A.B.M.C., istituzione analoga, il Comune di Altamura spende appena la decima parte) ma anche il nuovo Museo Civico e a quanto pare si tratta di una scelta condivisa dai cittadini gravinesi e apprezzata dai turisti. Altamura, invece, scellerata, pur vantando ricchezze di rilevanza mondiale si scopre immobile davanti allo schermo spento del “Museo virtuale”? di Pesce Delfino in attesa che comincino le trasmissioni, con la meschina prospettiva di poter un giorno ammirare solo l’inutile “monoscopio”? del teschio capovolto di Ciccillo.


Orme di dinosauri
Intanto tutto tace anche sul fronte “Dinosauri”?. Le impronte sono esposte al degrado e il sito dall’estate scorsa è ormai chiuso al pubblico. La salvaguardia delle impronte è compito dello Stato e in particolare della Soprintendenza archeologica della Puglia. Le risorse economiche a disposizione del Ministero sono però limitatissime.
Due anni orsono, poco prima di concludere il suo mandato, il ministro Melandri, grazie alle sollecitazioni del senatore Pappalardo, stanziò la somma di 600 milioni di lire per i primi urgenti interventi di conservazione sulla paleosuperficie. Finora quella cifra, irrisoria rispetto alle necessità  reali di un sito così ampio, risulta ancora inutilizzata.
A quattro anni dalla scoperta, la Soprintendenza non è riuscita a spendere neanche uno dei 600 milioni per studiare il modo per salvare le impronte, avvalendosi delle professionalità  che pur sono presenti all’interno del Ministero. Quella cifra sarà  ancora disponibile, oppure abbiamo sprecato un’opportunità ? L’immobilismo di coloro che hanno il dovere di intervenire per la tutela dei beni culturali condanna al degrado le impronte dei dinosauri di Altamura. Infatti, se lo scheletro dell’Uomo di Lamalunga può essere lasciato in pace nel suo sepolcro di pietra, le impronte sono esposte ininterrottamente agli agenti atmosferici e soprattutto, essendo contenute in uno strato calcareo, subiscono l’azione del gelo, che frattura la roccia e della pioggia che la erode, la dissolve, la dilava disperdendone i frammenti. Ecco quindi l’urgenza di interventi conservativi su quelle impronte che denotano un precario stato di conservazione e la necessità  di interventi preventivi sulla parte restante del giacimento, anche a costo di adottare soluzioni drastiche (eventuale copertura della paleosuperficie).
In ogni caso, la questione della conservazione e della valorizzazione del sito devono essere considerate strettamente connesse, tenendo conto che non ha senso investire nella valorizzazione di un bene che non sia stato prima preservato dal degrado. D’altronde valorizzare significa attivare un ciclo virtuoso che genera risorse per proteggere il sito. Infatti, per quanto attiene la valorizzazione e quindi la fruizione e il conseguente inserimento del sito delle impronte (unitamente alla grotta di Lamalunga e a tutti i misconosciuti beni culturali di Altamura) nei circuiti turistici nazionali ed internazionali, esistono ampie possibilità  di ottenere finanziamenti europei, a condizione però che intervenga l’ente pubblico e cioè il Comune.
La cava Pontrelli è di proprietà  privata ma vincolata ai sensi della legge vigente. Subito dopo la scoperta, si cominciò a discutere intorno alla formazione di un Consorzio pubblico-privato che attingesse ai fondi europei per realizzare un “parco dei Dinosauri”?. Tramontata quella ipotesi, è ora allo studio una Fondazione, costituita da Regione, Provincia, Comune, Università , Politecnico, Soprintendenza ed eventuali privati, che comprenda sia la grotta di Lamalunga che le Orme dei Dinosauri, per ovvie ragioni di integrazione e complementarità  degli interventi. Sarebbe quindi possibile, con i fondi europei, programmare e finanziare non solo opere di conservazione e valorizzazione, ma addirittura prevedere un complesso di strutture didattiche, espositive e ricettive tali da catalizzare un notevole flusso di visitatori. A Rovereto, in Trentino, hanno musealizzato poche decine di impronte di dinosauri, visitate ogni anno da centinaia di migliaia di turisti. Le trentamila impronte di Altamura possono totalizzarne altrettanti se non di più, se si agisce opportunamente. Qualcuno però lamenta la titolarità  privata del sito, le difficoltà  economiche e di natura imprenditoriale come problemi insormontabili. D’altro canto, c’è chi stigmatizza l’incapacità  o la pigrizia degli amministratori che si sono di volta in volta cimentati in queste situazioni, peraltro poco familiari ai non addetti ai lavori. Ebbene: per quanto riguarda la scarsità  di risorse economiche, basta richiedere attraverso un progetto valido, commissionato a professionisti esperti, i fondi europei disponibili. Se non ci sono mezzi o cultura specifici nell’ambito altamurano, si procurino altrove le professionalità  necessarie. Se la titolarità  privata della cava costituisce un problema e ci sono risorse sufficienti nel Bilancio comunale, lo si risolva con l’esproprio, consapevoli dei tempi “geologici”? richiesti da simili procedure e della necessità  di dover poi reperire fondi diversi da quelli europei, che presto non saranno più erogati per le opere di conservazione e valorizzazione. Diversamente, si apra un tavolo di trattative col privato, e si giunga ad un accordo decente per tutti, nell’interesse della collettività .


Beni culturali Recupero e fruibilità  dei beni culturali.
È urgente riaprire il Museo etnografico in Piazza Santa Teresa. Si potrebbe stipulare una convenzione, da parte dell’Amministrazione comunale, con una cooperativa giovanile o con una associazione culturale. La sede di quel Museo va ripulita. Va promossa una campagna pubblicitaria per favorirne la visita.
Va trovata una sistemazione decorosa, più civile e più sicura, al patrimonio non solo librario dell’abmc. “Inventare”? una nuova sede che possa fungere da Biblioteca Pinacoteca. In tanti ritengono che, a tale fine, occorra annettere i locali prima occupati dall’Istituto Professionale; così come è necessario creare altri contenitori culturali impegnandosi concretamente per recuperare tutto l’edificio del “Margherita di Savoia”? e completare la ristrutturazione di “Palazzo Baldassarra”?.
Nello stesso tempo occorre impegnarsi per non spostare da una adeguata sede centrale il crsec che con la sua biblioteca è il luogo culturale della città  più frequentato soprattutto da giovani e giovanissimi studenti.
Sono stati spesi soldi per il Pulo, ma le stradine di accesso sono dissestate: non è impossibile sistemarle in modo accettabile senza compromettere l’esistente.
Gli affreschi della chiesa rupestre di Jésce (comunale) necessitano di restauri come quelli della cripta di S. Michele (di proprietà  dell’abmc).
Va finalmente varato e attuato il piano di recupero del Centro storico, il quale è irrimediabilmente deturpato da sciagurati interventi di ristrutturazione (chiusura dei claustri, aumenti di volume, abbattimenti e ricostruzioni, intonaci inopportuni, alluminio anodizzato, scossaline multicolori, pluviali dei materiali più vari ecc.).
Le Mura Megalitiche soffocano tra i rifiuti, le aree archeologiche si riducono a sterpaglie o immondezzai, l’aria di Pisciulo è appestata dalla fogna,
Bisogna trovare una soluzione adeguata che scongiuri l’ipotesi della perdita per la nostra Comunità  dell’antica tipografia Portoghese, essa costituisce, non solo la naturale sede di un museo dell’archeologia industriale, ma anche un importante pezzo della storia di Altamura attraverso l’archivio delle sue pubblicazioni.
Nei giorni festivi, magari a turno, grazie ad un protocollo d’intesa con le Associazioni interessate, alcuni forni devono essere aperti: tanti vengono ad Altamura per poter acquistare il nostro ormai famoso pane.
Va aperto con urgenza un chiosco, un piccolo prefabbricato (che si può sempre togliere) per realizzare un “Punto i”?, punto di informazione per orientare, dentro e fuori città , i tanti visitatori che arrivano. Va pubblicato e diffuso un depliant che riporti una mappa delle tante località  agrituristiche che vivono da noi. Abbiamo moltissimo da offrire agli ospiti, a partire dal Museo archeologico statale di Via Santeramo.
Va attuato un patto, un accordo con le città  di Matera, Gravina, Ruvo per realizzare una sorta di atlante di tutti i Beni di questo quadrilatero, con il concorso di specializzate agenzie turistiche. Un piccolo atlante da far circolare in Italia e in Europa.
La cornice naturale a tutto questo è il Parco dell’Alta Murgia, l’istituzione del quale ”“ purtroppo ”“ va ancora conquistata.
Ci rivolgiamo a chi ci legge: quello che qui, in estrema sintesi e in modo approssimativo, proponiamo vi pare una sciocchezza, un’utopia, una fuga astratta dalla realtà ? O può essere un ulteriore elemento di sviluppo, di progresso della nostra comunità ?


Ospedale della Murgia. Un’opera già  “incompiuta”??
Nel 1997 fu dato avvio ai lavori per la realizzazione, lungo l’arteria viaria statale 96 Altamura”“Gravina, di un nuovo ospedale, il cosiddetto Ospedale della Murgia. Lo Stato lo finanziò con 28 miliardi e cinquecento milioni delle vecchie lire. La Regione aggiunse una quota compartecipando con 1 miliardo e cinquecento milioni. Totale dell’investimento: trenta miliardi delle vecchie lire. Per contratto, l’opera doveva essere consegnata a fine 1999. Intervennero ”“ come al solito ”“ ritardi, sospensioni, proroghe, perizie di varianti. Fu promesso che l’opera sarebbe stata ultimata nell’agosto 2002.
È arrivato il 2003 e pare che questa volta l’opera sia finita per davvero. I cittadini della Murgia vedranno funzionare finalmente il nuovo Ospedale? Le Autorità  dicono che per ora non sia possibile. Perché mai? Perché mancano gli allacciamenti idrico-fognanti-elettrici, i collegamenti telefonici-telematici, l’arteria viaria per accedere all’edificio, la sistemazione del piazzale antistante. E’ persino inquietante constatare che la Città  di Matera, pur iniziando i lavori tanto tempo dopo, da molti mesi vede il proprio nuovo ospedale operare a pieno regime. E a ritmo intenso procede anche il nuovo grande ospedale di Acquaviva.
Queste note sono sostenute da un unico intento: mettere in funzione una nuova struttura sanitaria, efficiente e moderna. Per ovvie ragioni. Ma anche per evitare un altro, nuovo, ennesimo ”˜’scandalo murgiano”.
(Apprendiamo mentre scriviamo che per l’Ospedale della Murgia la Regione Puglia ha stanziato 20 milioni di euro. Bene. Staremo a vedere quello che concretamente si farà ).


Teatro Mercadante: l’eredità  dimenticata
Da 13 anni si consuma l’attesa di vedere riaperto il Teatro Mercadante; un’intera generazione di altamurani non lo conosce o addirittura non ne conosce l’esistenza.
Da 13 anni viene mortificata e tradita l’opera di un’intera cittadinanza che oltre un secolo fà  si mobilitò, con il proprio lavoro ed il proprio denaro, per la costruzione del suo teatro.
Da anni la Città  segue, con civile partecipazione e trepidante attesa, i tentativi che questa e le precedenti amministrazioni comunali hanno avviato per raggiungere una soluzione che consenta la riapertura del Teatro Mercadante, il suo recupero ed il suo ritorno alla piena disponibilità  e fruibilità  dei cittadini.
Da anni si rinnovano, da parte dei rappresentanti del Consorzio, dichiarazioni di volontà  e di disponibilità  a raggiungere un’intesa con il Comune, sistematicamente smentite al momento della sottoscrizione di impegni formali, documenti o contratti.
Anche questa volta ed ancora una volta, i rappresentanti del Consorzio Teatro Mercadante, dopo aver preso parte a trattative durate mesi che si erano concluse, nel luglio 2002, con una bozza di intesa tra il Comune ed il Consorzio stesso, hanno scelto la strada del silenzio, del rifiuto e dell’isolamento rispetto alla Città , dimenticando che il mandato affidato da quelle centinaia di altamurani che contribuirono alla costruzione del Teatro era di “conservare”? quel bene collettivo e non di considerarlo una “proprietà  privata”?, personale ed intoccabile.
Da luglio 2002, infatti, il Consorzio non ha dato alcun tipo di risposta ai numerosi inviti rivolti dall’Amministrazione comunale a sottoscrivere l’intesa raggiunta.
Una soluzione di compromesso, certo, ma che poteva sicuramente essere accettata e condivisa da tutti coloro che attendono da 13 anni di rivedere il Teatro recuperato ed in attività . A quell’intesa aveva faticosamente e meticolosamente lavorato il consigliere comunale Enzo Colonna (delegato dal sindaco a seguire la vicenda), il quale, dopo numerosi solleciti andati a vuoto, si è visto costretto ad interpretare il silenzio del Consorzio come un sostanziale rifiuto a sottoscrivere il documento finale di intesa ed a presentare, l’undici marzo scorso, alla Giunta una proposta di deliberazione con la quale si disponeva la preparazione degli atti tecnici preliminari richiesti dalla Soprintendenza di Bari per procedere all’esproprio del Teatro.
Ritenevamo che fosse ormai inevitabile, in tal modo, prendere atto, ancora una volta, dell’indisponibilità  del Consorzio a raggiungere intese plausibili, serie e giuridicamente possibili, ma incertezze e divisioni all’interno dell’Amministrazione comunale hanno avuto ancora la meglio e paralizzato ogni decisione. È bastata una semplice lettera fatta recapitare dal Consorzio all’ultimo minuto (il 24 marzo, dopo un silenzio durato otto mesi!) con la quale comunicava, per la prima volta, di essere in trattativa con altri soggetti privati (da un anno, nel mentre si trattava con il Comune!), di “porre nel nulla”? l’intesa precedentemente raggiunta con i rappresentanti del Comune e di ritenere solo “possibile”? il coinvolgimento del Comune con una nuova trattativa da avviare su basi e condizioni completamente differenti da quelle di qualche mese prima [secondo questa nuova ipotesi avanzata dal Consorzio, la proprietà  del teatro resterebbe dei consorziati ed il Comune potrebbe entrare a far parte (con pari quote) di una società  per la gestione delle attività  teatrali, assieme a Consorzio ed altri soggetti privati, a condizione che si assuma l’intero onere delle spese di manutenzione e di gestione ordinaria del Teatro], ad indurre Sindaco e Giunta a non adottare la proposta deliberativa presentata dal consigliere delegato (sostenuta anche da tutti i membri, di maggioranza e di minoranza, della Commissione Consiliare “Cultura”?).
Nulla di nuovo, dunque.
Ancora una volta e ormai da anni, assistiamo ai tentennamenti di amministrazioni comunali che ”“ dinanzi ad un bene di interesse collettivo, ad un teatro sottratto alla pubblica fruizione da 13 anni, ad un teatro dichiarato nel 1984 di notevole interesse storico ed architettonico e che presenta evidenti segni di degrado, ad un teatro (è bene ricordarlo) realizzato nel 1895 su un suolo di proprietà  comunale grazie alle sottoscrizioni ed al lavoro di centinaia di altamurani ”“ dimenticano o trascurano di considerare che il Comune non può indugiare: è semplicemente obbligato ad intervenire con tutti gli strumenti e le risorse che la legge mette a disposizione.
Se tale circostanza non interessa, se il Teatro Mercadante risulta un problema “troppo arduo”? da superare per questa Amministrazione, se di esproprio qualche amministratore pubblico non ne vuol sentir parlare, se l’unica soluzione per garantire la riapertura e la fruizione di quel bene sembra essere, per qualcuno, quella di continuare a considerare il teatro un bene personale, di proprietà  privata e gestito da privati, ma recuperato con finanziamenti statali e gestito grazie al denaro delle casse comunali, ebbene”¦ si lasci perdere”¦ si abbandoni quel bene al controllo, ma anche ai soldi, dei privati. Non si sprechi denaro pubblico e si pensi a progettare altro: un nuovo e moderno teatro comunale (fors’anche un teatro-tenda) su una di quelle aree che il nostro Piano Regolatore destina a servizi per la collettività  e non certo a stazioni di carburanti o a strutture commerciali private.


Parco nazionale dell’Alta Murgia
Norme di salvaguardia

Disciplina di tutela del Parco Nazionale dell’Alta Murgia approvata con Delibera di Giunta Regionale (n. 290 del 20.03.2003)
Art. 1 – Zonazione interna
L’area del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, così come delimitata dalla cartografia allegata, è suddivisa nelle seguenti zone:
zona 1, di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e/o storico-culturale, caratterizzata da prevalente paesaggio “steppico”? e rupicolo;
zona 2, di valore naturalistico, paesaggistico e/o storico-culturale, caratterizzata da prevalente paesaggio agricolo;
zona 3, di connessione ecologica e di promozione di attività  economiche compatibili con le finalità  del Parco. In tale zona sono comprese le aree interessate da Accordi di Programma ai sensi delle norme regionali in materia.
Art. 2 – Tutela e promozione per lo sviluppo sostenibile
Nell’ambito del territorio di cui al precedente articolo 1, sono assicurate:
a) la conservazione di specie animali e vegetali con particolare riguardo alla Direttiva 79/409/CEE “Uccelli”? e 92/43/CEE “Habitat”?, di singolarità  geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità  biologiche, di biotopi, di processi naturali, di equilibri idraulici ed idrogeologici;
b) la salvaguardia e la valorizzazione di valori paesaggistici del territorio, di testimonianze storiche dell’antropizzazione, di manufatti e sistemi insediativi rurali, di paesaggi;
c) l’applicazione di metodi di gestione e di restauro ambientale idonei a mantenere un’integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività  agro-silvo-pastorali e tradizionali;
d) la promozione di attività  di educazione e di formazione ambientale, di ricerca scientifica, nonché di attività  ricreative compatibili;
e) la difesa e la ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici, superficiali e sotterranei;
f) lo sviluppo delle attività  produttive agro-silvo-pastorali, e agroturistiche e la valorizzazione dei prodoti tipici;
Art. 3 – Divieti generali
Sono vietati su tutto il territorio del Parco nazionale dell’Alta Murgia le seguenti attività :
a) la cattura, l’uccisione, il danneggiamento e il disturbo delle specie animali ad eccezione di quanto eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell’Ente Parco. Sono comunque consentiti prelievi faunistici e abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’Ente Parco sulla base di appositi piani di intervento approvati dall’Ente stesso;
b) la raccolta e il danneggiamento della flora spontanea ad eccezione di quanto eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell’Ente Parco, sono consentiti anche in attuazione dell’art. 6 comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1993, n.352, il pascolo, la raccolta di funghi e di altri prodotti della vegetazione, nel rispetto delle vigenti normative, degli usi civici e delle consuetudini locali;
c) l’introduzione in ambiente naturale non recintato di specie e popolazioni estranee alla flora e alla fauna autoctona;
d) il prelievo di materiali di rilevante interesse geologico e paleontologico, ad eccezione di quello eseguito, per fini di ricerca e di studio, previa autorizzazione dell’Ente Parco;
e) l’apertura e l’esercizio di cave, miniere e discariche. La prosecuzione fino ad esaurimento delle autorizzazioni delle attività  di cave, miniere e discariche in esercizio e regolarmente autorizzate, è condizionata al rispetto di specifici piani di coltivazione, dismissione e recupero autorizzati dall’Ente Parco;
f) La realizzazione di impianti e di opere tecnologiche che alterino la morfologia del suolo e del paesaggio, gli equilibri ecologici e la morfologia del paesaggio, salvo quanto disposto dall’articolo 8, comma 1 lettera b);
g) L’introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi o di qualsiasi mezzo di distruzione o di cattura se non autorizzata, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 21, comma 1, lettera g) della legge 11 febbraio 1992 n. 157;
h) il campeggio al di fuori delle aree destinate a tale scopo e appositamente attrezzate, è consentito il campeggio temporaneo appositamente autorizzato in base alla normativa vigente;
i) il sorvolo non autorizzato dalle competenti autorità , secondo quanto espressamente regolamentato dalle leggi sulla disciplina del volo;
j) il transito dei mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali e dalle piste forestali gravate da servizi di pubblico passaggio, e privato, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività  agro-silvo-pastorali;
k) la costruzione di qualsiasi tipo di recinzione, ad eccezione di quelle necessarie alla sicurezza delle costruzioni, degli impianti tecnologici e di quelle accessorie alle attività  agro-silvo-pastorali, purché realizzate secondo tipologie e materiali tradizionali, e delle delimitazioni temporanee a protezione delle attività  zootecniche;
l) lo svolgimento di attività  pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall’Ente Parco;
m) la trasformazione dei terreni coperti da vegetazione spontanea in particolare mediante interventi di dissodamento e scarificatura del suolo e frantumazione meccanica delle rocce calcaree;
n) la trasformazione e la manomissione delle manifestazioni carsiche, di superficie e sotterranee;
o) il taglio dei boschi, degli alberi isolati e della vegetazione spontanea ad eccezione di quanto previsto dall’art. 6, comma 1, lettera c);
p) la demolizione, il danneggiamento, l’asportazione di parti e l’alterazione tipologica di manufatti rurali e strutture del paesaggio storico-culturale appartenenti alla tradizione storica locale.
Art. 4 – Divieti in zona 1
Nelle aree di zona 1 e di cui al precedente art. 1, oltre ai divieti generali di cui all’art. 3, vigono i seguenti ulteriori divieti:
a) la realizzazione di nuovi edifici e il cambio di destinazione d’uso di quelli esistenti. Resta ferma la possibilità  di eseguire interventi di cui all’art. 31, comma 1, lettera a), e b) della legge n. 457/78;
b) lo svolgimento di attività  sportive con veicoli a motore;
c) la realizzazione di opere che comportino la modificazione del regime naturale delle acque, fatte salve le opere necessarie alla difesa del suolo e alla sicurezza delle popolazioni;
d) l’apposizione di cartelli e manufatti pubblicitari di qualunque natura e scopo, con esclusione della segnaletica stradale di cui alla normativa vigente e di quella informativa del parco;
e) la realizzazione di nuove opere di mobilità  e di nuovi tracciati stradali ad eccezione di quanto stabilito dall’art 7 comma 1 lettera c);
f) l’utilizzo di fitofarmaci e pesticidi; per le colture in atto la Regione Puglia, d’intesa con l’Ente Parco, entro 2 anni dall’istituzione dell’Ente stesso redigerà  un programma di riconversione verso metodi di riconversione biologica;
g) l’interruzione e impermeabilizzazione dei tracciati viari rurali esistenti.
Art. 5 – Divieti in zona 2
Nelle aree di zona 2 e di cui al precedente art. 1, oltre ai divieti generali di cui all’art. 3 vigono i seguenti ulteriori divieti:
a) l’apertura di nuovi tracciati stradali ad eccezione di quanto stabilito dall’articolo 8 comma 1 lettera a);
b) la realizzazione di nuovi edifici, fatto salvo quanto disposto all’art. 8, comma 1 lettera e) e lettera f);
Art. 6 – Regime autorizzativo generale
1. Sono sottoposti all’autorizzazione dell’Ente Parco:
a) le opere che comportano modifiche al regime delle acque finalizzate alla difesa del suolo o alla sicurezza delle popolazioni;
b) le opere di mobilità  di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c) e all’articolo 8, comma 1, lettera a);
c) gli interventi selvicolturali tendenti a favorire il mantenimento e il ripristino dei boschi e della restante vegetazione arborea e arbustiva, nonché i rimboschimenti da effettuarsi in ogni caso con l’impiego di specie autoctone;
d) piani forestali.
2. L’adozione dei nuovi strumenti urbanistici generali e le loro varianti generali o parziali per la parte ricadente nel territorio del Parco, deve essere preceduta dal parere obbligatorio dell’Ente Parco;
3. Tutti gli interventi e le opere da realizzare nei Siti proposti e nelle Zone designate ai sensi delle Direttive comunitarie 92/43 CEE e 79/409 CEE compresi in tutto o in parte nei confini del Parco nazionale dell’Alta Murgia sono sottoposti alla necessaria valutazione di incidenza ai sensi dell’art. 5 del Decreto del Presidente della Repubblica dell’8 settembre 1957 n. 357.
4. Per gli interventi di rilevante trasformazione del territorio che siano in corso d’opera alla data di entrata in vigore delle presenti norme, i soggetti titolari delle opere trasmettono all’Ente Parco entro e non oltre i trenta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, secondo quanto disposto dal successivo art.10, l’elenco delle opere accompagnato da una relazione dettagliata sullo stato dei lavori e contenente le indicazioni del luogo dove sono depositati i relativi progetti esecutivi. In caso di mancata comunicazione delle informazioni predette, l’Ente Parco provvederà  ad ordinare, in via cautelativa, la sospensione dei lavori. Decorsi novanta giorni dalla data di ricevimento di tale documentazione, il parere si intende espresso favorevolmente.
Art. 7 – Regime autorizzativo in zona 1
Salvo quanto disposto dai precedenti articoli 3 e 4 sono sottoposti ad autorizzazione dell’Ente Parco i seguenti interventi:
a) interventi di restauro conservativo, di risanamento igienico-edilizio e di ristrutturazione edilizia finalizzata al riuso dei manufatti esistenti, così come definiti dall’art. 31, lettera c) e d) della legge 5 agosto 1978, n. 457;
b) interventi di ampliamento degli edifici rurali esistenti, nella misura massima del 15% della loro superficie utile, previa valutazione e approvazione di apposito Piano di Miglioramento Aziendale redatto in attuazione degli strumenti di programmazione adottati ai sensi della vigente regolamentazione comunitaria. Dal computo della superficie utile sono escluse le superfici occupate dalle costruzioni strumentali all’agricoltura (quali costruzioni per la conservazione dei prodotti agricoli, ricoveri per attrezzi e ricoveri per animali). Dovranno essere utilizzate e rispettate le tipologie edilizie, i materiali e le tecnologie costruttive della tradizione storica locale;
c) i tracciati stradali interpoderali e le nuove piste forestali previste dai piani di assestamento forestale. È vietata in ogni caso la loro impermeabilizzazione.
Art. 8 – Regime autorizzativo in zona 2
Salvo quanto disposto dai precedenti articoli 3 e 5, sono sottoposti ad autorizzazione dell’Ente parco i seguenti interventi di rilevante trasformazione del territorio:
a) l’apertura di nuove strade destinate ad attività  di fruizione naturalistica, i tracciati stradali interpoderali, nonché di quelle che, alla data di entrata in vigore delle presenti norme, siano già  state autorizzate da parte delle competenti autorità  e per le quali non sia stato dato inizio ai lavori;
b) gli impianti e le opere tecnologici;
c) le opere di trasformazione e bonifica agraria;
d) interventi di manutenzione straordinaria, di restauro conservativo, di risanamento igienico-edilizio e di ristrutturazione edilizia finalizzati al riuso dei manufatti esistenti, così come definiti dall’art. 31 lettere b), c) e d) della legge 5 agosto 1978 n. 457;
e) la realizzazione di nuovi edifici ad uso abitativo o connessi ad attività  agricole su suoli di cui si abbia la disponibilità  ed in assenza sugli stessi suoli, alla data di entrata in vigore delle presenti norme, di edifici preesistenti da ristrutturare allo scopo. Dovranno essere utilizzate e rispettate le tipologie edilizie, i materiali e le tecnologie costruttive della tradizion storica locale.
f) La realizzazione degli edifici per i quali, pur in presenza di approvazione definitiva alla data di entrata in vigore delle presenti norme, non si sia ancora proceduto all’avvio dei lavori;
g) il cambio di destinazione d’uso degli edifici esistenti alla data di entrata in vigore delle presenti norme;
h) gli interventi di ampliamento degli edifici rurali esistenti, nella misura massima del 20% della loro superficie utile previa valutazione e approvazione di apposito piano di miglioramento aziendale redatto in attuazione degli strumenti di programmazione adottati ai sensi della vigente regolamentazione comunitaria, nel rispetto delle tipologie edilizie, dei materiali e delle tecnologie costruttive della tradizione storica locale.
Art. 9 – Regimi autorizzativi in zona 3
1. Nelle aree di zona 3 di cui al precedente articolo 1 comma 1 in quanto aree di connessione ecologica e di sviluppo tra il Parco Nazionale dell’Alta Murgia ed il territorio esterno ad esso si applicano comunque le disposizioni contenute negli strumenti urbanistici vigenti. Tutte le opere di trasformazione del territorio sono consentite previo parere obbligatorio dell’Ente Parco. Sono fatti salvi gli Accordi di Programma stipulati ai sensi della normativa regionale vigente in materia e per i quali siano stati emanati, alla data di entrata in vigore delle presenti norme, i relativi decreti del Presidente della Giunta regionale.
2. È consentito svolgere l’attività  agricola secondo le metodiche in uso all’entrata in vigore delle presenti Norme, nonché le attività  di manutenzione del territorio. La Regione Puglia d’intesa con l’Ente parco, adotta un programma di riconversione verso metodi di riconversione biologica.
3. L’Ente Parco e la Regione Puglia elaborano e sottoscrivono accordi e intese finalizzate a rendere compatibili con le finalità  del Parco le attività  presenti in tali zone, anche mediante l’utilizzazione di risorse finanziarie derivanti da piani e programmi regionali, nazionali e comunitari con l’applicazione di quanto disposto dall’articolo 7 della Legge 6 dicembre 1991, n. 394 e successive modificazioni ed integrazioni.
4. Per quanto non espressamente ivi disciplinato, si rinvia alle disposizioni generali del presente Decreto.

Art. 10 – Modalità  di richiesta e di rilascio delle autorizzazioni
L’eventuale rilascio di autorizzazioni da parte dell’Ente Parco, per quanto disposto dai precedenti articoli 6, 7 e 8, è subordinato al rispetto, da parte del richiedente, delle seguenti condizioni:
a) gli elaborati tecnici relativi alle istanze prodotte dovranno essere corredati di tutte le autorizzazioni, i nulla osta, i pareri, comprese le eventuali prescrizioni, da parte degli Enti istituzionalmente competenti per territorio secondo quanto richiesto dalla normativa vigent