LA CORTE DEI CONTI CONDANNA GLI AMMINISTRATORI COMUNALI. PER STACCA È TUTTO NORMALE!

DANNI PER 13 MILIARDI E MEZZO DI LIRE AL COMUNE CHE ORA, IN PICCOLA PARTE, DOVRÀ ESSERE RISARCITO.

LA CORTE DEI CONTI CONDANNA GLI AMMINISTRATORI COMUNALI.

PER STACCA È TUTTO NORMALE!

 

Dopo 8 anni, si conclude una vicenda incresciosa. Alcuni amministratori comunali, tutti ancora al centro della scena politica, con le loro scelte sciagurate hanno causato, nel 1999, un danno di 13 miliardi e mezzo di lire alle casse comunali.

Si tratta delle somme riconosciute alla Tradeco nel dicembre 1999. L’azienda chiedeva al Comune soldi in più per il servizio di raccolta rifiuti svolto dal 1992 al 1999. Avviò diversi contenziosi, finché non fu stipulata una transazione con la quale la seconda Giunta Plotino concesse la somma richiesta. Nel 2002, la Corte dei Conti – su segnalazione dell’opposizione di centrosinistra (CLICCA QUI per leggere le contestazioni mosse dal Procuratore Regionale presso la Corte dei Conti, dott. Francesco Lorusso) – giudicò che la somma fosse stata illecitamente ed ingiustificatamente sborsata dal Comune, accertò la responsabilità di amministratori (l’intera giunta) e funzionari (in tutto tredici persone) e li condannò al risarcimento dei danni a favore del Comune [CLICCA QUI per leggere la sentenza del 2002].

Gli assessori coinvolti (Antonello Laterza, Vito Dibenedetto, Nico Dambrosio, Angela Cornacchia e Michele Colonna), grazie ad una legge votata dal Parlamento nel dicembre 2005, hanno potuto condonare buona parte del risarcimento dovuto (pagheranno il 30% della somma, 325 milioni di vecchie lire, a cui erano stati condannati). Dovranno dunque versare entro 150 giorni al Comune circa 58.000 euro ciascuno. Così ha deciso la Corte dei Conti centrale con un decreto notificato al Comune l’8 ottobre scorso [CLICCA QUI per leggere il provvedimento].

LA SITUAZIONE, SE NON FOSSE SPIACEVOLE SUL PIANO PERSONALE E GRAVISSIMA SUL PIANO ISTITUZIONALE E MORALE, FAREBBE RIDERE.

I CONDANNATI A RISARCIRE, IN PARTE, I DANNI CAUSATI AL COMUNE SONO GLI STESSI CHE ATTUALMENTE, DI NUOVO, LO AMMINISTRANO!!!

Infatti: Antonello Laterza è il vicesindaco in carica, Vito Dibenedetto è il presidente (indicato dal sindaco Stacca) del GAL (società controllata e finanziata dal Comune), Nico Dambrosio e Angela Cornacchia consiglieri comunali di maggioranza, Michele Colonna è stato vicesindaco fino a pochi mesi fa. Stacca, da sempre al corrente di tutto, cosa fa? Anche in questo caso, nulla! Il sindaco non vede, non sente, non parla.

Per lui è tutto normale. È normale che ad amministrare la Città ci sia chi è stato giudicato responsabile di un grave danno alle casse comunali, chi ha concesso, come nulla, 13 miliardi e mezzo di lire non dovuti ad una azienda privata. La stessa azienda che svolge tuttora il servizio di raccolta rifiuti ad una cifra capogiro (6 milioni di euro all’anno) ed a cui il sindaco non contesta alcune inadempienze da noi denunciate [CLICCA QUI]. Lo stesso gruppo imprenditoriale a cui l’attuale maggioranza ha concesso una dubbia (a nostro parere illegittima) lottizzazione in via Santeramo per una megastruttura commerciale (un ipermercato?! CLICCA QUI per saperne di più sull’affaire Setra). Lo stesso gruppo imprenditoriale nei cui confronti questo sindaco non osa muovere un dito per i diversi abusi edilizi contestati dalla Procura di Bari [ad esempio, l’abuso all’interno della cava dei dinosauri (su questa vicenda CLICCA QUI), le tre villette in via Santeramo (su questa vicenda CLICCA QUI), ecc.].

Come si può governare la Città dopo averla così pesantemente danneggiata? Cosa ancora dovrà sopportare questa Città prima che il suo sindaco abbia la decenza di prendere una posizione e di assumere decisioni serie e responsabili?

Altamura, 18 ottobre 2007

 

MOVIMENTO ARIA FRESCA – DEMOCRATICI DI SINISTRA – ITALIA DEI VALORI – LA MARGHERITA – PARTITO DEI COMUNISTI ITALIANI – RIFONDAZIONE COMUNISTA – SINISTRA DEMOCRATICA – SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI – VERDI PER LA PACE

 

Sull’argomento v.:

l’articolo, a firma di Giuliano Foschini, pubblicato da Repubblica Bari del 20 ottobre 2007 (CLICCA QUI);

l’articolo, a firma di Donato Fiorenzo, pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 21 ottobre 2007 (CLICCA QUI).

STOP AGLI ACCORDI DI PROGRAMMA SALVA L’ITALIA DA PESANTE CONDANNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA CE

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Fonte: http://curia.europa.eu

In particolare per leggere le contestazioni della Commissione Europea all’Italia e per il testo della sentenza: CLICCA QUI

 

SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSITIZIA CE (Quarta Sezione) del 4 ottobre 2007

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche – Valutazione di incidenza ambientale»

 

Nella causa C”‘179/06,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 5 aprile 2006,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra D. Recchia, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. E. Juhász, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. G. Arestis e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 giugno 2007,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo il Comune di Altamura e la Regione Puglia approvato, a partire dal dicembre 2000, una modifica del piano urbanistico costituita da una serie di interventi di edilizia industriale suscettibili di avere un impatto significativo nella zona di protezione speciale (in prosieguo: la «ZPS») e nel sito di importanza comunitaria proposto (in prosieguo: il «SICp») IT9120007 di Murgia Alta senza effettuare una previa procedura di valutazione dell’incidenza almeno per quanto riguarda l’impatto sulla ZPS, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del combinato disposto degli artt. 6, n. 3, e 7 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).

 CONTESTO NORMATIVO COMUNITARIO

2        La direttiva 92/43 ha come scopo di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri a cui si applica il Trattato CE.

3        L’art. 4 della citata direttiva disciplina la procedura ai sensi della quale è costituita la rete denominata «Natura 2000», prevista all’art. 3 della medesima, così come l’identificazione delle zone speciali di conservazione da parte degli Stati membri.

4        L’art. 6 della detta direttiva, che stabilisce le misure di conservazione per tali zone, prevede:

«(…)

2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

(…)».

5        L’art. 7 della direttiva 92/43 prevede che gli obblighi derivanti dall’art. 6, nn. 2”‘4, di quest’ultima sostituiscono gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1), per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’art. 4, n. 1, di quest’ultima direttiva o analogamente riconosciute a norma dell’art. 4, n. 2, della medesima, a decorrere dalla data di entrata in vigore della direttiva 92/43 o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409, qualora essa sia posteriore.

 ZONA DI MURGIA ALTA

6        Nel 1998 il sito di Murgia Alta è stato classificato come ZPS, in conformità all’art. 4, n. 1, della direttiva 79/409 (codice: IT9120007). Detto sito appartiene alla regione biogeografica mediterranea. La sua superficie è pari a 143 152 ettari.

7        Tale ZPS ospita numerose specie di uccelli elencate nell’allegato I alla direttiva 79/409, in particolare la più importante popolazione, in Italia, della specie Falco naumanni.

8        Due habitat prioritari menzionati nell’allegato I alla direttiva 92/43 sono presenti nella detta ZPS, l’habitat 6210, denominato «Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)», e l’habitat 6220, denominato «Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea», nonché una pianta prioritaria, menzionata nell’allegato II alla direttiva 92/43, la Stipa austroitalica Martinovsky.

9        Il sito di Murgia Alta è descritto nel formulario predisposto in forza della decisione della Commissione 18 dicembre 1996, 97/266/CEE, concernente un formulario informativo sui siti proposti per l’inserimento nella rete Natura 2000 (GU L 107, pag. 1), come segue:

«Caratteristiche generali sito

Tipi di habitat                                                        % coperta

Heath, Scrub, Maquis and Garrigue, Phygrana [brughiere, boscaglie,

macchia, garighe, frigane]                                                       20

Dry grassland, Steppes [praterie aride, steppe]                            65

Evergreen woodland [foreste di sempreverdi]                             15

Copertura totale habitat                                                       100%

Altre caratteristiche sito

Paesaggio suggestivo costituito da lievi ondulazioni e da avvallamenti doliniformi, con fenomeni carsici superficiali rappresentati dai puli e dagli inghiottitoi. Il substrato è di calcare cretaceo, generalmente ricoperto da calcarenite pleistocenica. Il bioclima è submediterraneo.

Qualità e importanza

Subregione fortemente caratterizzata dall’ampio e brullo tavolato calcareo che culmina nei 679 m del monte Caccia. Si presenta prevalentemente come un altipiano calcareo alto e pietroso. È una delle aree substeppiche più vaste d’Italia, con vegetazione erbacea ascrivibile ai Festuco brometalia. La flora dell’area è particolarmente ricca, raggiungendo circa 1 500 specie. Da un punto di vista dell’avifauna nidificante sono state censite circa 90 specie, numero che pone quest’area a livello regionale al secondo posto dopo il Gargano. Le formazioni boschive superstiti sono caratterizzate dalla prevalenza di Quercus pubescens spesso accompagnate da Fraxinus ornus. Rare Quercus cerris e Q. frainetto.

Vulnerabilità

Il fattore distruttivo di maggiore entità è rappresentato dallo spietramento del substrato calcareo che viene poi sfarinato con mezzi meccanici. In tal modo vaste estensioni con vegetazioni substeppiche vengono distrutte per la messa a coltura di nuove aree. L’operazione coinvolge spesso anche muri a secco e altre forme di delimitazione, con grossi pericoli di dissesto idrogeologico. Incendi ricorrenti, legati alla prevalente attività cerealicola. Insediamento di seconde case in località a maggiore attrattiva turistica. Uso improprio delle cavità carsiche per discarica di rifiuti solidi urbani e rifiuti solidi».

 FATTI

10      Il 27 dicembre 2000 il Comune di Altamura, attraverso plurime deliberazioni della sua giunta comunale, ai sensi dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, relativa all’ordinamento delle autonomie locali (Supplemento ordinario alla GURI n. 135, del 12 giugno 1990), ha approvato accordi di programma per circa un centinaio di interventi edilizi di tipo industriale, la gran parte dei quali ricadrebbe all’interno della ZPS e del SICp di Murgia Alta. Tali accordi riguardavano in particolare 34 opifici, per una superficie di ha 60, previsti in seno al progetto del Consorzio di Sviluppo Murgiano, e 11 opifici, per una superficie di ha 8, previsti dal progetto del Consorzio San Marco. Gli accordi in parola sono stati successivamente approvati mediante decreto dalla Giunta regionale della Regione Puglia.

11      Al fine di incentivare l’occupazione nel settore produttivo a carattere industriale e artigianale, i sindaci dei comuni interessati possono chiedere alla Giunta regionale la definizione di un accordo di programma per autorizzare la realizzazione di complessi che attivino immediatamente importanti livelli di occupazione.

12      La sottoscrizione di un accordo di programma, che deve essere autorizzata dalla Giunta regionale, è ammissibile solo qualora il piano urbanistico vigente non preveda aree idonee con destinazione specifica operante e giuridicamente efficace per le opere da realizzare o qualora sia indispensabile l’ampliamento di strutture esistenti in aree contigue non destinate alle attività industriali e artigianali.

13      Nel periodo dal 1998 al 2001, numerose imprese hanno presentato al Comune di Altamura istanze dirette ad ottenere accordi di programma di tipo industriale e artigianale, alcuni dei quali comportavano una variante al piano urbanistico generale. I procedimenti avviati sulla base di dette istanze non prevedevano alcuna fase di programmazione generale, bensì implicavano singole procedure di variante al citato piano.

14      L’amministrazione regionale ha sottoposto i progetti di competenza del Consorzio di Sviluppo Murgiano ad una procedura di verifica con riferimento alla necessità di valutazione dell’impatto ambientale, ritenendo, tuttavia, che non occorresse sottoporre ad una tale procedura altri progetti, come quelli del Consorzio San Marco. Sulla base di tali accordi, il Comune di Altamura ha concesso un certo numero di licenze edilizie.

 FASE PRECONTENZIOSA

15      Ai sensi dell’art. 226 CE, il 9 luglio 2004 la Commissione inviava una lettera di diffida alla Repubblica italiana, invitandola a trasmettere le proprie osservazioni in merito alla situazione della zona in questione riguardo agli obblighi enunciati agli artt. 6, n. 3, e 7 della direttiva 92/43.

16      La Repubblica italiana rispondeva alla suddetta lettera mediante comunicazioni del 14 ottobre 2004 e del 9 giugno 2005, alle quali erano allegate diverse note del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.

17      Successivamente, in data 13 luglio 2005 la Commissione inviava alla Repubblica italiana un parere motivato, invitando tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro due mesi dal suo ricevimento.

18      La Repubblica italiana rispondeva al detto parere mediante la trasmissione di due nuove note ministeriali, datate 3 ottobre 2005 e 7 ottobre 2005.

19      Ritenendo persistesse una situazione insoddisfacente, la Commissione proponeva il presente ricorso.

 SUL RICORSO

 ARGOMENTI DELLE PARTI

20      La Commissione deduce che non è stata effettuata alcuna procedura di valutazione di incidenza di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43 relativamente all’insieme degli interventi previsti negli accordi di programma in parola, che possono avere un impatto significativo sulla zona in esame.

21      Essa rileva che le svariate decisioni amministrative mediante le quali sono stati approvati gli interventi controversi contrastano con il citato art. 6, n. 3, in quanto, pur essendo tali interventi atti ad avere un impatto significativo sulla ZPS e sul SICp di Murgia Alta, essi non hanno costituito oggetto di una procedura di valutazione di incidenza ambientale.

22      La Commissione sottolinea che la natura giuridica degli accordi di programma e dei conseguenti atti è irrilevante rispetto agli obblighi che incombono agli Stati membri in forza di tale disposizione.

23      Essa afferma inoltre che esiste contiguità tra le parti del territorio interessate dai progetti in questione e che, pertanto, possono prodursi significativi impatti complessivi.

24      La Commissione deduce altresì l’irrilevanza del fatto che il Comune di Altamura abbia rilasciato solo un limitato numero di licenze edilizie, che nessun’altra licenza sia stata concessa nel 2003, che le altre richieste di licenza siano sottoposte a procedura di valutazione di incidenza e che sia stata avviata un’azione per procedere a una valutazione di incidenza globale sui siti oggetto degli insediamenti produttivi già programmati.

25      Essa constata anche che non si è affatto provveduto a motivare l’omessa valutazione di incidenza e che nessuna informazione è stata fornita per dimostrare che gli interventi di edilizia industriale e artigianale di cui trattasi non potessero avere effetti significativi sulla zona protetta.

26      La Repubblica italiana rileva che un accordo di programma non è né un atto che definisce una situazione giuridica, né un atto amministrativo, né un contratto, bensì costituisce un modulo procedurale nel quale soggetti pubblici e privati predeterminano i comportamenti e gli impegni da rispettare per giungere ad un risultato finale. Di conseguenza, a suo giudizio occorrono altri provvedimenti amministrativi affinché le iniziative oggetto del ricorso, previste negli accordi di programma, siano effettivamente realizzate.

27      Questo Stato membro osserva inoltre che le disposizioni di legge relative all’incentivazione dell’occupazione non possono derogare alle norme in materia di tutela del territorio e dell’ambiente. Orbene, nell’ordinamento italiano, le ZPS e i siti di importanza comunitaria godrebbero di un regime molto simile a quello dei parchi e delle altre aree naturali vincolate ex lege.

28      La Repubblica italiana osserva che il Comune di Altamura ha rilasciato solo un numero limitato di licenze edilizie per singole iniziative, in parte riferite ad ampliamenti di opifici esistenti, in parte ricadenti in zone destinate ad insediamenti industriali. Successivamente al giugno 2003 non risultano concesse ulteriori licenze, né risulta che sia stata rilasciata alcuna autorizzazione per le iniziative proposte dal Consorzio di Sviluppo Murgiano nonché dal Consorzio San Marco.

29      Tale Stato membro sottolinea che sono stati effettivamente attivati solo quindici progetti, ognuno dei quali ha riguardato parti distinte del territorio e distinte modalità di realizzazione, consistenti, ad esempio, in costruzioni ex novo o in ampliamenti. Esso sostiene che non esiste alcuna contiguità tra tali progetti, né tanto meno un piano generale o territoriale che li riguardi. Alcuni di essi sono stati sottoposti a preventiva valutazione d’incidenza, mentre per altri era previsto il rilascio di diverse autorizzazioni in relazione agli aspetti ambientali e paesaggistici.

30      La Repubblica italiana rileva che, per l’insieme dei progetti, il Comune di Altamura si appresta ad effettuare una valutazione globale di incidenza e a promuovere iniziative di mitigazione di eventuali effetti sull’ambiente.

31      Essa deduce inoltre che sono stati sospesi tutti i procedimenti relativi alle istanze per insediamenti industriali previsti nel Comune di Altamura nelle more della definizione degli esiti di studi scientifici relativi alla valutazione di incidenza ambientale dei progetti interessati.

 GIUDIZIO DELLA CORTE

32      In via preliminare occorre osservare che la disposizione di cui la Commissione invoca la violazione rientra in un complesso insieme di norme che vertono, come risulta dal terzo, quarto, quinto e sesto ‘considerando’ della direttiva, sull’istituzione e la gestione delle zone appartenenti alla rete europea Natura 2000.

33      L’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43 subordina l’obbligo di effettuare un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto su un sito protetto alla condizione che questo sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato (v. sentenza 7 settembre 2004, causa C”‘127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I”‘7405, punto 40; in prosieguo: la sentenza «Waddenzee»).

34      La Corte ha altresì sottolineato, al punto 43 della detta sentenza, che l’avvio del meccanismo di tutela dell’ambiente previsto dall’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43 richiede l’esistenza di una probabilità o di un rischio che un piano o un progetto pregiudichi significativamente il sito interessato.

35      Per quanto attiene a quest’ultimo criterio, la Corte ha precisato, ai punti 46”‘48 della stessa sentenza, che, come emerge dal combinato disposto dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva e del decimo ‘considerando’ della stessa, la significatività dell’incidenza su un sito di un piano o di un progetto deve essere messa in relazione con gli obiettivi di conservazione del sito stesso. Di conseguenza, quando un tale piano o progetto, pur avendo un’incidenza sul detto sito, non rischia di comprometterne gli obiettivi di conservazione, il piano o il progetto non può essere considerato idoneo a pregiudicare significativamente il sito in questione. La valutazione di un siffatto rischio deve essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto.

36      Al fine di verificare la fondatezza dell’addebito formulato nei confronti della Repubblica italiana, occorre collocare l’obbligo risultante dall’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, come precisato ai punti precedenti della presente sentenza, nell’ambito del ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione ai sensi dell’art. 226 CE.

37      A tale proposito occorre ricordare anzitutto che, per giurisprudenza costante, nell’ambito di un procedimento del genere, la Commissione ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato. Essa è infatti tenuta a fornire alla Corte tutti gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione (v. sentenza 14 giugno 2007, causa C”‘342/05, Commissione/Finlandia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

38      Inoltre, l’onere della prova gravante sulla Commissione nell’ambito di un ricorso per inadempimento deve essere individuato in funzione del tipo di obblighi imposti dalle direttive agli Stati membri e, dunque, quanto ai risultati che debbono essere raggiunti da questi ultimi (v., in tal senso, sentenza 18 giugno 2002, causa C”‘60/01, Commissione/Francia, Racc. pag. I”‘5679, punto 25).

39      Per quanto riguarda l’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, spetta pertanto alla Commissione fornire la prova che un piano o un progetto, alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto, possa pregiudicare significativamente il sito in questione, in relazione agli obiettivi di conservazione stabiliti riguardo a quest’ultimo.

40      Quanto alle misure su cui verte il ricorso e al fine di valutarne la fondatezza, occorre distinguere i vari accordi di programma dalle opere realizzate successivamente alla concessione, da parte del Comune di Altamura, di licenze edilizie.

41      Riguardo, in primo luogo, agli accordi di programma, che si trovano a livelli differenti di elaborazione, e considerato l’argomento della convenuta, secondo cui tali accordi non presentano le caratteristiche giuridiche di un piano o di un progetto di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, occorre osservare che la Commissione, nell’ambito di un ricorso per inadempimento relativo agli obblighi previsti dalla norma menzionata, non può limitarsi a invocare la mera esistenza di tali accordi, ma deve anche fornire elementi sufficientemente concreti per poter dichiarare che questi accordi vanno al di là della fase di una riflessione amministrativa preliminare e comportano un livello di precisione nella pianificazione di cui trattasi che richiede una valutazione in termini ambientali dei loro effetti.

42      Orbene, senza che occorra stabilire la portata e le conseguenze giuridiche derivanti dagli accordi di programma controversi in forza del diritto nazionale, si deve constatare che la Commissione, limitandosi a invocare tali accordi, non ha dimostrato l’esistenza di elementi sufficientemente precisi per consentire alla Corte di dichiarare che fossero in questione misure in grado di pregiudicare significativamente il sito interessato ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43.

43      Per quanto attiene, in secondo luogo, alle opere realizzate e agli elementi sui quali verte l’onere della prova relativo all’obbligo di effettuare una valutazione di incidenza ambientale, è d’uopo constatare che la Commissione non ha fornito alla Corte precise indicazioni in merito alla collocazione geografica e alla portata degli interventi edilizi posti in essere riguardo al sito. Essa d’altronde, in udienza, ha ammesso di non disporre di tali informazioni.

44      La Commissione non ha nemmeno trasmesso dati relativi alla natura tecnica delle opere in parola né ha precisato in quale misura queste ultime, alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito, potrebbero pregiudicare quest’ultimo in modo significativo.

45      Alla luce di tali circostanze, si deve concludere che la Commissione non ha adempiuto l’onere probatorio relativo all’invocato inadempimento.

46      Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto in toto.

 SULLE SPESE

47      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica italiana ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

A PROPOSITO DI RIFIUTI… I CITTADINI FANNO LA LORO PARTE?!

E’ un grido continuo quello che sento ogni giorno. La tassa sui rifiuti è aumentata del 20%!!!
Stupore, meraviglia e indignazione… ci stanno rubando i nostri soldi!
Ma facciamo finta, per un attimo soltanto, che i responsabili siamo noi. "Come noi! Noi paghiamo e i servizi non ci sono!!! La colpa è di quei ladri che hanno firmato contratti capestro! La colpa è di quell’amministratore della Tradeco che hanno anche arrestato!"
… ma siamo veramente certi che ognuno di noi fa la sua parte? Io credo di no, o perlomeno non fino in fondo. Nessuno si indigna e si prende la briga di scrivere al Comune se non ha la serie dei cassonetti "differenziati" vicino a casa… anche perchè ci fa schifo avere cassonetti di fianco al portone!
Dal 2005 al 2006 la produzione di rifiuti è aumentata del 12% (così come la tassa sui rifiuti PER LEGGE DELLO STATO). Quest’anno, invece la discarica deve chiudere. E i rifiuti dove li mettiamo? Li trasporteremo altrove, più lontano, impiegando più gasolio per far muovere i camion, e pagando di più!
Forse dovevamo pensarci prima… visto che in quattro anni siamo ancora sotto al 9% nella differenziazione dei rifiuti. Significa che il 91% della popolazione non fa la raccolta differenziata. E questo non è un problema della amministrazioni locali, ma della mancanza di cultura civica nella popolazione. Io credo che dovremmo TUTTI impegnarci in questo senso, altrimenti i minori costi dovuti alla pratica del riciclo o della rivalorizzazione non arriveranno MAI.
Accusare chi si riempie le tasche di soldi è facilissimo. Ma accusare non basta… per quello ci sono le elezioni! Se rubano non li rivotiamo! Ma i rifiuti nel frattempo crescono e nessuno li differenzia. Ho visto gente che di notte apre il tombino della fognatura davanti a casa e getta via l’olio motore esausto che si è cambiato in proprio, nel proprio garage. NESSUNO GLI HA MAI DETTO CHE LO PUO’ FAR SMALTIRE GRATUITAMENTE PRESSO UN QUALUNQUE DISTRIBUTORE? E’ questa la cultura che manca ed è secondo me la causa principale delle cose, di tutte le cose, che se ne vanno a rotoli. Rimbocchiamoci le maniche NOI per primi e solo DOPO, se le cose non migliorano, impiccheremo il Re nella piazza della Bastiglia!
Scusate per lo sfogo… forse non verrò pubblicato, ma questo è il mio pensiero: usatelo come meglio credete!
A presto e complimenti per il portale!
Altamura, 7 ottobre 2007
Michele B.

ABUSO EDILIZIO NELLA CAVA DEI DINOSAURI. A DICEMBRE INIZIA IL PROCESSO

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CLICCA QUI PER LA SEQUENZA FOTOGRAFICA PUBBLICATA DAL PERIODICO OTTO NEL NUMERO DI OTTOBRE-NOVEMBRE 2004.

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CLICCA QUI PER LEGGERE IL PROVVEDIMENTO DEL PUBBLICO MINISTERO.

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Di seguito il testo pubblicato dal periodico Otto, ottobre-novembre 2004.

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IL FOTOROMANZO DELLA CAVA DEI DINOSAURI.

I CAPANNI CRESCONO,

LE ORME PROPRIO NO.

Alcuni scatti in sequenza cronologica dimostrano crescite e deperimenti.

 

Siamo all’interno del recinto della Cava dei Dinosauri, ad un paio di metri dalle straordinarie piste di orme fossili, sulla strada provinciale che collega Altamura a Santeramo.

Vi proponiamo una galleria fotografica che, accanto ad una dedicata ai preistorici bestioni, ben potrebbe essere ospitata nel futuro centro visite turistiche. La potremmo titolare "Storia dell’evoluzione della specie… edilizia".

Illustra come, nel giro di pochi mesi ed in un ambiente particolarmente favorevole come quello altamurano (nessuno vede, nessuno controlla, tutti autorizzano tutto), un manufatto rozzo e di modeste dimensioni si possa trasformare in una lucente, spaziosa, ricca struttura destinata, nelle intenzioni di proprietari ed assessori provinciali e comunali alla cultura, ad accogliere con guide, depliant, "pane e olio", i turisti in arrivo.

Tecnicamente e giuridicamente, l’intervento è stato proposto come ristrutturazione edilizia. Questa, dice la legge, si può anche realizzare attraverso la demolizione e la ricostruzione del manufatto esistente, purché siano conservate la "stessa sagoma" e la "stessa volumetria". A corredo dell’istanza – presentata dalla società Ecospi, proprietaria della cava e riconducibile all’onnipresente patron della discarica – si allegavano fotografi e dell’immobile da ristrutturare. A differenza di quelle che ora pubblichiamo (e che abbiamo ricevuto da un anonimo lettore di OTTO), per dimensioni qualità e chiarezza, sembravano essere state effettuate da una distanza di chilometri, con una luce crepuscolare ed utilizzando probabilmente una macchina fotografica ritrovata in un pacco di patatine.

Naturalmente la concessione edilizia è stata rilasciata: è la n. 90 del 10 giugno 2003. Con il via libera anche del Sovrintendente per i Beni Archeologici della Puglia, Giuseppe Andreassi.

Stessa sagoma e volumetria? Lasciamo ai lettori ogni valutazione.

Lasciamo invece che siano il Sindaco e l’assessore all’urbanistica a verificare che sia tutto in regola e chiarire come sia possibile – in un’area vincolata dal Ministero per i Beni Culturali, ricadente in una Zona di Protezione Speciale (ZPS) proposta come Sito di Importanza Comunitaria (pSIC), in un luogo qualifi cato anche dalla magistratura bellezza naturale – procedere a simili interventi edilizi. Nel mentre – lo ricordiamo – dall’altro lato della strada per Santeramo e al di fuori del recinto della Valle dei Dinosauri, alcuni capannoni ad uso artigianale ed industriale sono da anni sotto sequestro su disposizione della magistratura penale.

STACCA STANGA E NON RISOLVE I PROBLEMI

AUMENTO VERTIGINOSO DELLA TASSA SUI RIFIUTI.
CI FANNO PAGARE PURE UN SERVIZIO CHE NON C’È!!!

VE LO AVEVAMO DETTO:

STACCA STANGA E NON RISOLVE I PROBLEMI

I cittadini altamurani stanno ricevendo in questi giorni i bollettini di pagamento della tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU). Come da noi anticipato ad aprile [clicca qui ed anche qui], i cittadini stanno conoscendo ora la stangata di Stacca, quanto salato sia il conto presentato da questa amministrazione per una fallimentare e costosissima gestione dei rifiuti nel nostro territorio. Fallimentare – sia chiaro – tanto quanto quella condotta dalla precedente Amministrazione Popolizio.

Con un ULTERIORE AUMENTO DEL 20% DELLA TARSU continuiamo a pagare sempre più il conto di un appalto capestro (preparato dal centrodestra e portato a termine dal centrosinistra: per un DOSSIER online sull’argomento CLICCA QUI) che non ha garantito alcuna partecipazione e concorrenza tra le ditte e non ha assicurato alcun risparmio di spesa per il Comune, come il nostro consigliere comunale Enzo Colonna rilevò e contestò nell’indifferenza dei più.

Paghiamo un servizio che ci costa ora oltre 6 milioni di euro all’anno. Un servizio che non garantisce il pieno rispetto di obiettivi e patti fissati nel contratto firmato nel 2002 dal Comune e dalla Tradeco.

Ricordiamo in particolare che:

  1. il livello attuale di raccolta differenziata si attesta a poco più del 7% [in riferimento ai dati disponibili al 31 dicembre 2006, CLICCA QUI], tra i più bassi d’Italia, quando invece l’obiettivo da raggiungere entro il 31 dicembre 2003 fissato nel contratto era 40,9%;
  2. sebbene sia prevista nel contratto, la raccolta separata della frazione umida dei rifiuti, in particolare degli scarti derivanti dalle attività mercatali e dalle manutenzioni del verde pubblico e privato, non viene effettuata.

Su queste circostanze (ed altre ancora: v. ad esempio qui) il sindaco Stacca tace quando lo interpelliamo e sollecitiamo. Fa finta di nulla; dice che il problema non è suo, ma di Provincia e Regione o della vecchia amministrazione. Spesso ci attacca con arroganza.

La verità è che, ora come prima, ci ritroviamo a pagare il conto di una classe politico-amministrativa che non sente il dovere di difendere la cosa pubblica e gli interessi collettivi.

Allora, siamo costretti ancora una volta a chiedere al sindaco (che, tra le mille cose che controlla, ha mantenuto la delega in materia di ambiente e rifiuti e presiede l’autorità di bacino sui rifiuti) che si contestino alla ditta tali inadempienze. Non possiamo continuare a pagare un servizio che non c’è (la raccolta separata della frazione umida) e non possiamo tacere di fronte ad evidenti inadempienze contrattuali (il livello scandaloso di raccolta differenziata) che portano a smaltire tutto nella discarica di Altamura, con pesanti costi ambientali ed economici.

Con urgenza, immediatezza e decisione. Come pure auspichiamo che tutti gli organi e le autorità di controllo verifichino la regolarità di tali rapporti contrattuali.

Sindaco Stacca, se ci sei, batti un colpo. Tra una riunione di maggioranza e l’altra, tra una crisi e l’altra, tra un’intervista e l’altra, tra una delega assessorile e l’altra, impegnati su questi argomenti che toccano gli interessi della gente comune.

Altamura, 24 settembre 2007

MOVIMENTO CITTADINO ARIA FRESCA