processare il nemico

La giustizia, in questo senso, si oppone alla faziosità  della politica perché è la ricerca di uno spazio di imparzialità , è il ricorso a principi giuridici capaci di dirimere e neutralizzare il conflitto. Se la metafora della politica è la spada, quella della giustizia è la bilancia. Per questo c’è chi ritiene che l’istituzione di tribunali speciali a conclusione di una guerra ”“ internazionale o civile ”“ può essere il primo passo verso la pace, non diversamente dalla amnistia, classico strumento di pacificazione della memoria collettiva e di inibizione della vendetta generalizzata.
I processi internazionali di Norimberga di Tokyo ”“ è stato il massimo giurista del secolo scorso a sostenerlo, Hans Kelsen ”“ hanno stravolto l’idea di giustizia, annullandone ogni distinzione rispetto alla politica e alla guerra. Sono stati una resa dei conti, il regolamento delle pendenze, la vendetta dei vincitori sui vinti. E’ stata una parodia giudiziaria con una letale valenza simbolica. Essere sconfitti e uccisi in guerra è cosa normale e persino onorevole. Ma essere giustiziati dopo essere stati sottoposti alla giurisdizione del nemico è una sconfitta irreparabile, è la degenerazione estrema della propria dignità  e identità . Hedley Bull, bert Rà¶ling e Hannah Arendt hanno condiviso questo rifiuto della “giustizia politica” e della sua manichea contrapposizione della moralità  dei vincitori alla malvagità  degli sconfitti.
Oggi gli U.S.A., potenza occupante dei territori dello stato iracheno, stanno allestendo un processo contro Saddam Hussein, che nel frattempo tengono prigioniero, esibiscono come una vittima sacrificale e sottopongono a pesantissimi interrogatori, in flagrante violazione di una serie di Convenzioni internazionali, a cominciare da quella di Ginevra del 1949. Di più, per bocca del loro presidente Bush, fervido sostenitore della pena di morte, raccomandano l’applicazione della “pena estrema” contro il dittatore. Ritorna dunque lo spettro di Norimberga ”“ al quale non pochi osservatori occidentali si richiamano come a un modello da imitare ”“ e ritorna la logica della stigmatizzazione, della vendetta e del sopruso. In questo caso il sopruso è di proporzioni conclamate.
Gli U.S.A., con la complicità  della Gran Bretagna e di altri paesi occidentali, inclusa l’Italia, occupano militarmente l’Iraq in palese violazione della Carta delle U.N. e del diritto internazionale generale. Alla luce dek diritto degli occupanti meriterebbero sanzioni severissime e tuttavia accade esattamente il contrario. Sono gli aggressori a erigersi a giudici degli aggrediti in nome di valori universali ”“ la libertà , la democrazia, il rispetto della vita ”“ che essi hanno sistematicamente calpestato. E si richiamano al diritto nonostante il loro rifiuto di sottomettersi alla giurisdizione della Corte penale internazionale che è stata istituita proprio a difesa di questi valori.
Per opera del “proconsole” Paul Bremer e con la complicità  dell’Iraqi Governing Council, da essi istituito, gli U.S.A. hanno frettolosamente addestrato un certo numero di giudici iracheni che dovrebbero dar vita ad un Tribunale speciale, composto di 5 membri, incaricato di giudicare Saddam Hussein e altri esponenti del suo regime. Si tratta di una procedura illegale per una lunga serie di ragioni: perché gli U.S.A. detengono illegalmente Saddam Hussein, perché il Governing Council è privo di ogni legittimità  politica, sia internazionale che interna, perché l’istituzione di un tribunale speciale per volontà  delle forze occupanti è illegale, perché il tribunale non offrirebbe le minime garanzie di autonomia nei confronti della potenza occupante e di imparzialità  verso l’accusato, è infine perché, rebus sic stantibus, mancano le norme di diritto positivo iracheno sulla base delle quali giudicare i crimini dell’ex-dittatore. L’anomia giuridica e il vuoto di potere legittimo provocati dalla guerra sono tali che il processo finirebbe in una teatralizzazione propagandistica con il solo scopo di coprire i misfatti dei vincitori, di disumanizzare l’immagine del nemico e di legittimare nei suoi confronti, in quanto nemico dell’umanità , comportamenti ostili sino all’estrema disumanità .
Un’esigenza minima di legalità  internazionale esigerebbe l’immediata consegna di Saddam Hussein a una autorità  internazionale neutrale, sotto l’egida delle U.N., e la sua custodia in condizioni di dignitosa detenzione preventiva. Al momento opportuno potrebbe essere decisa la sua consegna alle autorità  irachene che la richiedano, a condizione che queste autorità  siano del tutto emancipate dalla occupazione straniera e siano democraticamente sostenute dalla maggioranza della popolazione. E a condizione che, nel caso che l’ex-dittatore venga sottoposto a processo, sia esclusa la sanzione capitale, una sanzione che i 3 tribunali penali internazionali oggi operanti hanno abolito. L’assassinio rituale di Saddam Hussein offrirebbe un contributo non alla pacificazione dell’Iraq ma causa dell’odio e del terrore.

Un progetto innovativo per Santeramo.

Ad un anno dall’inizio di “Un Progetto per Santeramo” si vuole creare l’occasione di condividere con la città , ancora una volta, i risultati del lavoro del Laboratorio.

Il Progetto per Santeramo, commissionato dal Comune, è guidato dallo Studio Acito and Partners di Matera e sponsorizzato dalla Natuzzi.

Si tratta di un progetto che intende ricostituire un intimo legame tra il territorio e la comunità  che lo abita, attraverso la conoscenza del proprio ambiente e una sua gestione diretta e collettiva, con la partecipazione di cittadini, enti, associazioni ed istituzioni.

La mostra è organizzata per sezioni tematiche:

1) la storia del progetto

dodici mesi di studi e di ricerche

via Netti e le due piazze

il Manuale del Recupero

l’eco-quartiere

2) Santeramo verso l’esterno

gli eventi

la rassegna stampa

le mostre e i convegni

il sito web

3) progetto educazione

il Concorso “Dai un nome alla tartaruga”

la Città  dei bambini

il Laboratorio e la scuola

il “bello e il brutto”

4) infopoint

gli archivi del Comune e del territorio

la memoria storica

l’architetto condotto

La mostra è visitabile nei giorni feriali dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00, la domenica dalle 11.00 alle 13.00. Rimarrà  chiusa nei giorni 25/26 dicembre e 01 gennaio.

PER ULTERIORI INFORMAZIONI:

“unprogettopersanteramo”

Tel./Fax. 080 3032946
www.progettosanteramo.com

info@progettosanteramo.com

Acitoandpartners
Tel. 0835 256372

Fax. 0835 240122

www.acitoandpartners.it

acitoandpartners@acitoandpartners.it

Ufficio Stampa Natuzzi

Tel. 080 8820124
Fax. 080 8820508
www.natuzzi.com

relazioni.esterne@natuzzi.com

Scarica la locandina da qui.

CRISI DISPERATA E DISPERANTE AL COMUNE. FINO A QUANDO ANCORA?!

SAPPIAMO ORMAI DI ESSERE DINANZI AD UN VUOTO (di idee, di idealità , di passione, di amministrazione) IN UN CIRCOLO DI AMBIZIONI ED INTERESSI PERSONALI.


SAPPIAMO CHI SONO I RESPONSABILI DI QUESTA SITUAZIONE. SONO POCHI, BEN INDIVIDUABILI, CINICI NEI LORO OBIETTIVI.


SAPPIAMO CHE COSTORO NON HANNO PIU’ SEGUITO TRA LA GENTE DI BUON SENSO ED IN BUONA FEDE.


ANCORA UNA VOLTA, APPENA IERI, 18 dicembre 2003, LA SOLUZIONE ALLA CRISI OFFERTA DAL SINDACO – CHE PURE PREVEDEVA IL COINVOLGIMENTO DI PERSONE IN GRADO DI DARE NUOVE IDEE, SLANCIO, ENTUSIAMO E PASSIONE A QUESTA ESPERIENZA AMMINISTRATIVA – HA AVUTO IL SAPORE AMARO DI UN’ENNESIMA BEFFA (confermando un assessore della precedente giunta nonostante i DS e la Margherita si fossero pronunciati per il rinnovamento totale della compagine di governo) ED  IL TONO ACRE DI UNA PROVOCAZIONE (attribuendo al medesimo assessore una superdelega).


I DS E LA MARGHERITA NON POTEVANO FARE ALTRO CHE LASCIAR PERDERE ED ABBANDONARE L’AULA CONSILIARE.


IL SINDACO E’ RIUSCITA INSOMMA NELL’ARDUA IMPRESA DI SCONTENTARE TUTTI. TRANNE UNO!!


DOMANDIAMO: PERCHE’? A CHI GIOVA TUTTO QUESTO?


(seguono due articoli di stampa)


 


______________________________________


 


L’ultima notizia sulla crisi amministrativa al Comune pubblicata da www.notizie-online.it (19 dicembre 2003).


IL CONSIGLIO VA MALE. E LA SINDACA ORA CHE FARA’?


E’ andato a vuoto il consiglio comunale di ieri sera, con il bilancio all’ordine del giorno. E’ iniziato regolarmente, ma è finito anzitempo dopo l’uscita di tutti i gruppi, a cominciare dalla Margherita che  non ha gradito la nomina di Antonio Cardano (Udeur) ed ha ritirato la propria terna di papbili assessori. Stamattina il sindaco cosa farà ? La domanda è innanzitutto revocherà  i 7 decreti di nomina perché il consiglio di ieri in pratica è stato una bocciatura di quelle scelte soprattutto per la conferma di Cardano. I 7  nominati sono Enzo Colonna, Massimo Iurino, Onofrio Pepe (DS); Nicola Basile, Vincenzo Lorusso, Francesco Berloco (Margherita); Antonio Cardano (gruppo consigliare Udeur). Nomi scelti sulla base delle indicazioni dei partiti. “Sospesa” la scelta per i Socialisti. Circolano voci insistenti di dimissioni del primo cittadino. Ma la notizia, almeno fino ad ora, alle 11 di stamane, non trova conferme. Seguiremo l’evolversi della situazione. (Onofrio Bruno)





Questo è invece l’articolo pubblicato oggi (19 dicembre 2003) dalla Gazzetta del Mezzogiorno (www.gdmland.it/quotidiano).


I sette decreti di nomina redatti dal sindaco non sono stati controfirmati
GIUNTA, FUMATA GRIGIA

C’è solo sulla carta, è ancora in carica la vecchia


Le nomine ci sono, la nuova giunta no. Nodi ancora irrisolti nella crisi del centrosinistra. E ieri una giornata tra suspence e thriller, con l’incognita del consiglio comunale.
Andiamo con ordine. Finché non entrerà  in carica la nuova giunta politica, resta in piedi quella dei tecnici che da due mesi sta supportando il sindaco
Rachele Popolizio
per evitare il vuoto di gestione amministrativa.
E quindi i tecnici sono ancora in carica. La nuova giunta politica in realtà  ci sarebbe, ma solo sulla carta.
Il sindaco ha infatti redatto 7 decreti di nomina assessorile che, per varie ragioni, per il momento non sono state controfirmate. E quindi non sono operanti. Se lo fossero, verrebbe fuori una giunta completamente nuova con una sola eccezione,
Antonio Cardano, espressione del gruppo consiliare dell’Udeur che resiste dall’inizio del mandato a rimpasti e crisi. Gli altri, dei Ds e della Margherita, sono tutti nuovi. Per i Ds si tratta dei consiglieri comunali Massimo Iurino e Vincenzo Colonna (ieri comunque in aula per capire il da farsi e conoscere il fragile scenario politico) e di Onofrio Pepe, conosciuto sia per i suoi trascorsi politici che per gli eventi culturali e culinari che organizza. Tutti nuovi anche nella Margherita: Vincenzo Lorusso, Nicola Basile, Francesco Berloco
.
Resta il nodo dei Socialisti autonomisti. La nomina in quota a questo partito è stata per ora congelata. Il partito, comunque, ha continuato a ribadire che spetta «alle singole forze politiche della coalizione, nella propria autonomia e prerogativa, trovare al proprio interno le modalità  e le condizioni con cui poter offrire il proprio contributo di idee e di uomini, con intento di reciproco rispetto e solidarietà .
D’altronde un rinnovamento i Socialisti lo hanno già  offerto alla coalizione solo un anno e mezzo fa. Sicchè è evidente a tutti che, ogni altro tipo di soluzione, adottata o solo prospettata, costituirà  una forzatura, che determinerà  una totale dissociazione dalla e della maggioranza». Il riferimento è al fatto che per i Socialisti va bene il precedente assessore,
Antonio Delucia
. Ma, com’è noto, per Ds e Margherita va cambiato tutto. Così la sola conferma di Cardano ha riproposto i «balletti» di queste settimane.
E questa incertezza è perdurata dalla mattina fino al momento di entrare in aula. Ieri si è tenuto infatti un importante consiglio comunale con il bilancio all’ordine del giorno. Una seduta-lampo, sciolta per mancanza di numero legale. Oggi altra puntata… 


Onofrio Bruno

i DS di Altamura: subito la nuova Giunta o fuori dalla Maggioranza.

Il passaggio chiave è questo, in cui i Ds chiedono al sindaco “di nominare, prima della celebrazione del prossimo consiglio comunale convocato per il 18 dicembre, una giunta radicalmente rinnovata che ritrovi il pieno consenso dei partiti e delle espressioni consiliari della maggioranza” perché “se ciò non dovesse accadere, in quello stesso consiglio i Ds, per rispetto nei confronti della città , si dissoceranno dalla maggioranza”.
Una decisione maturata a fronte del fatto che “non sono state date sinora risposte definitive e soddisfacenti” mentre “si continua a rinviare giorno dopo giorno con contraddizioni ed ambiguità ” nonostante i Ds abbiano presentato “proposte operative per uscire da questa situazione”. Il sindaco ed i partiti del centrosinistra sono stati informati di questa decisione. In questi giorni, peraltro, c’erano stati anche incontri di coalizione per sciogliere i nodi con i partiti di centro ma non del tutto fruttuosi.
Il consiglio comunale, con il bilancio all’ordine del giorno, è convocato per domani sera.

Onofrio Bruno

La meno peggio gioventà¹

Sono andato qualche giorno fa a vedere il malloppometraggio di sei ore di Marco Tullio Giordana, e ho capito un sacco di cose non tanto su questo paese (a quello c’ha pensato il mio presidente che finalmente ha detto chiaro e tondo qual è il genio italico: pane al pane e vino al vino… i tedeschi sono tutti nazisti, gli arabi inferiori, i morti rompicoglioni, i filosofi puttanieri…).

Ho capito un sacco di cose su quella cosa chiamata sinistra in cui (spesso senza volerlo) mi sono tante volte identificato (stesso tavolo al ristorante, stessi libri sullo scaffale, stessa fila al cinema…). Ecco la cosa che ho capito: che questa sinistra è una roba che si è dimenticata abbastanza del passato, e che per il futuro campa alla giornata, meno peggio dell’orizzonte degli eventi rappresentato dalla destra a cui si contrappone, ma ugualmente evanescente. Massimalisticamente parlando, è così.
Quello che ho visto è un film mortalmente noioso, con un senso storico che non si innalza oltre una preparazione da secondo liceo, ideologicamente violento senza dirlo. Insomma un manifesto di quella che è la sola proposta culturale omogenea della sinistra oggi: il veltronismo. (Avete letto il libro su Luca Flores?, avete letto la prefazione la libro delle barzellette di Totti?… l’epoca della Nutella, sappiatelo, era il pensiero forte…) E il veltronismo ha una suo firmamento di riferimenti, ha i suoi idoli che nel film compaiono tutti:
1. La letteratura come amuleto. Uno dei due fratelli protagonisti, quello più tormentato che finisce a fare il celerino e poi si ammazza, si porta appresso sempre un sacco di libri che non hanno nulla a che fare con l’interpretazione della realtà , anzi gli sono per lo più di ostacolo/danno nei rapporti con gli altri. L’equazione è letteratura=schizofrenia che porta al suicidio (presente Accorsi che fa Campana? Presente tutti i serial killer pseudo-colti?). Leggere sì, ma con cautela, che la vita è una partita di calcetto.
2. L’assoluta rimozione di un’interpretazione minimamente marxista, storicista, qualsiasi cosa. Perché si diventa celerini e non psichiatri? perché ci si dà  alla lotta armata? Nel film di Giordana non esiste conflitto di classe (l’operaio Claudio Gioè licenziato alla Fiat finirà  a fare l’operaio specializzato per restaurare il casale dell’amico ricco), non esistono neanche ideali contrapposti. Le distanze tra le persone (manifestanti contro polizia, pacifisti contro terroristi) sono dettate solamente da tic caratteriali. Perché la lotta armata? Per nervosismo. Uno gli gira il culo, e diventa clandestino.
3. L’idolatria per la psicologia, la psichiatria (in questo caso l’antipsichiatria di Basaglia). Nello sterminio ormai incruento delle ideologie (non si ricorda proprio più di cos’era l’una cosa o l’altra) l’unico valore positivo (che non sia tautologicamente la vita) è la psicologia. Le altre possibilità  ermeneutiche sono totalmente azzerate. Le persone non sono convinte di quello che fanno ma sono in assoluta preda al loro portato. A quel punto il protagonista non può che essere un Luigi Lo Cascio, versione aggiornata e normalizzata del Sergio Castellitto del Grande Cocomero. Un personaggio che semplicemente non può sbagliare (perché non ha nessun aut aut che gli si presenti).
4. L’inconsistenza del Sessantotto, a cui vengono dedicati un paio di minuti per cui sembra che le lotte del periodo avessero l’inconsistenza giovanile di un’occupazione. Il Settantasette è ancora più ridotto a rimosso. Gli scontri ormai si svolgono nell’indefinitezza totale, sono fumo e corse tra i portoni, stare di qua o di là  significava la stessa cosa, una spruzzata (giusto una spruzzata) di Pasolini su Valle Giulia e passano gli squilibri. Ed ecco una Genova antelitteram come l’abbiamo vista raccontata dalla tv.
5. L’ideologia di una gioventù senza alcun fascino. Il giro in Europa, le scopate con le svedesi che ci stanno facile, le corse in macchina, le corse sulla Vespa. Sapore di mare finalmente rivendicato. E tutto questo viene evocato per tutte le cinque ore successive del film come un paradiso perduto. Un’età  stupenda che la nostra vita non potrà  mai uguagliare. Ho vissuto un’adolescenza incasinata io, ma se ve ne racconto due minuti mi state a sentire di più.
6. Il vero successful man del libro è l’economista di sinistra, ciampiano, che realizza alla fine il vero ideale di sinistra: il villone in Toscana, dove da vecchi rievocare ancora per fare girare a Bertolucci Io ballo da sola. La fine del film è lì. In un villone fra tanti amici: in un villone (con la gente che voglio io, con la mia sinistra selezionata), non in una manifestazione. Non è un particolare. Scola (v. sotto) era radicale: Gassman nella villa se ne stava ricco e solissimo alla fine del film, Manfredi con la Sandrelli a fare la fila per iscrivere i figli a scuola insieme al mondo.
7. La sudditanza nei confronti dei modelli che non si è riusciti a omaggiare. L’ombra opprimente che schiaccia La meglio gioventù a una nientepiùcheunafiction è appunto quella di Scola di C’eravamo tanto amati. Laddove per Scola il brodo primordiale che univa le menti e i cuori era la Resistenza, Giordana sceglie l’alluvione di Firenze. Da quel punto in poi perché le sorti si separano. Per Scola perché ognuno fa le sue scelte, per Giordana per nessun motivo. Il fratello tormentato Alessio Boni (un po’ deluso un po’ incazzato) diventa poliziotto (“Volevo delle regole”? dice due ore e mezza dopo, quando lo spettatore continua a non capire proprio perché si è ficcato in un ruolo insensato per le cose che pensa e che fa). Per Scola narrare la storia di quel paese voleva dire mettere in scena le file per iscrivere i bambini a scuola, per Giordana lo sciopero alla Fiat dell’80 viene detto (e non mostrato) attraverso la lettera di licenziamento che Gioè l’operaio tira fuori a un certo punto dalla tasca del vestito buono.
8. La morbosità  della regia. Primi piani, musichine, iperfinali (il fantasma del fratello morto che ricompare alla fine), dettagli risibili per fare capire che un film che ricostruisce una storia: ritagli di giornali, e telegiornali dappertutto.
Forse sì non è giusto accanirsi, perché ci sono cose da salvare: gli attori (a parte un Lo Cascio spaesato a fare un Cristo laico completamente privo di angoli) sono bravi o almeno professionali e costruiscono quanto meglio possono dei personaggi che hanno delle battute che restano a mezz’aria. E poi, è vero, la scena del processo coi malati di mente che accusano il loro ex-aguzzino ha un che di toccante ”“ in mezzo anche lì a cumuli non di retorica ma di esplicitazione forzata. Perché è come se il dubbio di Giordana alla fine fosse semplicemente questo: si capisce da che parte sto, sì? Sì, si capisce benissimo. Dalla parte di Jovanotti, dalla parte di chi può essere recensito bene dal Guardian e andare poi da Vespa. Dalla parte in cui non voglio stare io.

IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO: AVVIATO IL RIESAME DELL’AUTORIZZAZIONE





LA REPUBBLICA – BARI”, VENERDàŒ, 12 DICEMBRE 2003, Pagina IV.


____________


L-´annuncio alla Conferenza dei servizi. I titolari della società  abbandonano i lavori: impugneremo la delibera.


CONGELATE LE LICENZE DELLA TERSAN


La Provincia: per i rifiuti speciali normativa da rivedere. L-´avvio della procedura dopo la scoperta dei fanghi tossici sulla Murgia: “Le ispezioni hanno accertato che alcuni scarti provenivano da questi impianti”.


Si sono alzati. Hanno girato i tacchi e sono usciti sbattendo la porta. È stata un pugno nello stomaco per Domenico delle Foglie, titolare della Tersan Puglia e per il suo legale, la Conferenza dei servizi, aperta ieri dal presidente Marcello Vernola. La Provincia ha deciso di avviare la proceduta per il riesame delle autorizzazioni, concesse nel 2000 e nel 2001, alla Tersan Puglia e alle società  vicine alla famiglia delle Foglie, per il trattamento di rifiuti speciali non pericolosi. In altre parole ha deciso di mettere sotto esame sia l-´attuale impianto di compostaggio di Modugno, intestato alla Tersan, sia quello che deve ancora nascere, sulla statale 96, in territorio di Grumo Appula della «Prometeo 2000», società  satellite della famiglia delle Foglie. E così i signori Tersan hanno abbandonato la Conferenza di Servizi tuonando e annunciando minacciosi: “impugneremo la delibera”. Nonostante il plateale abbandono la Conferenza, a cui partecipavano l-´assessore provinciale all-´Ambiente, Paolo Rotondo, il dirigente del servizio rifiuti della Provincia, Francesco Luisi, e i sindaci di alcuni dei Comuni interessati, quelli dei territori tra Altamura e Gravina in Puglia, è andata avanti.


Tutto parte dallo scandalo Murgia avvelenata, che lo scorso settembre ha portato al sequestro di 300 ettari di terreno e di tonnellate di grano contaminate dal cromo. Secondo la delibera provinciale del 4 novembre 2003 e in base alle relazioni portate ieri da Rotondi e Luisi risulta che: «A seguito delle ispezioni e dei controlli con cui si sono accertati fenomeni di smaltimento abusivo di rifiuti tra i territori di Altamura e Gravina e poiché alcuni di questi rifiuti provengono proprio dalla ditta Tersan Puglia, l-´ufficio provinciale ha adottato in via cautelativa alcuni provvedimenti di sospensione dell-´attività  della ditta riservandosi di adottare ulteriori e definitivi provvedimenti». Ieri sono arrivati gli ulteriori provvedimenti: il riesame delle autorizzazioni. E Vernola ha dato tempi strettissimi per la fase istruttoria: un mese. La conclusione della procedura è stabilita per il 7 gennaio 2004.


Il riesame delle autorizzazioni è partito dall-´inchiesta giudiziaria, ma anche da un documento con dieci domande (CLICCA QUI PER LEGGERE IL DOCUMENTO INTEGRALE, scritte da Enzo Colonna consigliere del Comune di Altamura, e presentato a Vernola, dieci giorni fa dai Comitati dell-´Alta Murgia (Cam). Dieci domande verità  sull-´impianto di compostaggio di Grumo. Cinque sono le più scottanti: «perché la Provincia, prima di rilasciare l-´autorizzazione alla Tersan, non ha aspettato il “Piano di gestione dei rifiuti”, adottato da lì a pochi mesi (6 marzo 2001) dal Commissario per l-´emergenza ambientale, Raffaele Fitto?» si legge nel documento. «Perché Provincia e Regione non hanno considerato che il nuovo impianto sarebbe sorto a ridosso del Parco Nazionale dell-´Alta Murgia»? «Quali valutazioni hanno suggerito l-´autorizzazione al trattamento giornaliero di 800 tonnellate di rifiuti (di cui 500 di soli fanghi); perché la giunta provinciale ha autorizzato il trattamento di rifiuti speciali dell-´industria conciaria e tessile (tra cui “fanghi contenenti cromo”), che sono riconducibili a cicli produttivi lontani dalla Puglia; la Provincia sa che, dopo la sua deliberazione (4 settembre 2000), la Tersan ha ceduto tutto alla società  Prometeo?».


E i sindaci ieri hanno rincarato la dose dei dubbi. Rachele Popolizio, sindaco di Altamura, ha chiesto chiedendo di capire la natura dei materiali e la tipologia dei trattamenti per i quali l-´Ausl competente rilasciò le autorizzazioni alla Tersan. Il progetto iniziale prevedeva uno smaltimento di 600 tonnellate al giorno di rifiuti alle quali poi sono state aggiunte 200 tonnellate di fanghi. Il sindaco di Toritto, Nicola Tarullo, ha chiesto invece che «si indaghi su chi ha rilasciato le autorizzazioni» date dalla Provincia. Secondo il legale del Comune di Grumo Appula, Pierluigi Balducci, «la Provincia dovrebbe fare più attenzione quando si parla di materiali altamente pericolosi».


cristina zagaria


– 


_________


Sull’argomento v. anche:


L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO PIà™ GRANDE D’EUROPA


index.php?option=com_content&task=view&Itemid=26&id=385


– 

QUALE COMUNE VOGLIAMO!



– 


QUALE COMUNE VOGLIAMO?


QUALE COMUNE DISEGNIAMO OGGI PER ALTAMURA?


La rappresentanza aziendale della F.P. C.G.I.L. del Comune di Altamura–  e la segreteria territoriale, dopo due anni e mezzo dall’insediamento dell’attuale amministrazione, ha il dovere di formulare delle osservazioni e delle proposte affinché si cerchi di imprimere, se ancora possibile, “una svolta” nelle scelte politiche future per l’organizzazione della struttura.– 


Occorre, innanzitutto, soffermarsi su alcune premesse.



Dopo diversi decenni i tradizionali principi di imparzialità  e buon andamento della pubblica amministrazione sono stati trasposti nelle recenti riforme legislative e tradotti nei moderni concetti di trasparenza e qualità  dei servizi, da misurarsi in termini di efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione.



Si è cercato, dunque, di affermare un modello aziendalistico pubblico, antitetico a quello burocratico e diverso da quello privato; di migliorare cioè la qualità  dei servizi erogati, nel rispetto, però, dell’ordinamento giuridico; cercando di realizzare la cultura del risultato con la cultura della legalità .– 


Il legislatore è intervenuto nell’ultimo decennio in tutti i campi: dall’elezione diretta del sindaco alle distinzioni delle funzioni tra politica e gestione dei dirigenti, con riconoscimento di compiti e remunerazioni, dalla semplificazione alle norme sul procedimento e sull’accesso, dal miglioramento delle relazioni con il cittadino alla istituzione di uffici per i cittadini/utenti (come gli uffici per il pubblico, quelli per le attività  produttive), dalla innovazione tecnologica alla invasione di informazione attraverso siti web e servizi on line.



Inoltre, alcune novità  conseguenti all’elezione del sindaco, alla contrazione di risorse finanziarie ed all’autonomia impositiva con l’introduzione di tassazioni locali, impongono una maggiore partecipazione ed un maggior controllo dei cittadini, sempre più attenti a come sono spesi i soldi pubblici.– 


D’altra parte l’immagine di un comune efficiente consente di attirare nuove presenze ed investimenti, offrendo più possibilità  ai suoi abitanti e più risorse all’ente.



Si è varata una nuova stagione per i comuni, ma forse non, ancora, per il comune di Altamura!– 


Non dimentichiamo che provenivamo da un lungo periodo amministrativo, delle passate amministrazioni, durante il quale non sono state realizzate, neanche gradualmente, tutte quelle novità  che la legge ed i contratti consentivano; ma, addirittura, si è depauperato l’organico, non rimpiazzandolo neanche con nuove figure professionali.



La “discontinuità ”, come detto in campagna elettorale, con la passata Amministrazione era indispensabile, non solo per una questione politica ma per una esigenza di governo necessaria per la risoluzione della grave situazione in cui versava la “macchina comunale”.


Nel documento dell’assemblea F.P. CGIL dell’11.10.02 avevamo ricordato questa situazione, ricordando che a quella data perduravano ritardi nella risoluzione dei problemi ereditati, nonostante l’insediamento di una nuova amministrazione che si era impegnata per la riorganizzazione degli uffici come punto prioritario della sua azione.– 


Pertanto, è necessario per attuare le novità  normative, soddisfare i sempre nuovi bisogni degli utenti/cittadini/contribuenti, realizzare, nell’ambito della nuova riconosciuta autonomia dei comuni, una serie di strumenti correlati tra loro.



Per avviare un processo di qualità  è fondamentale il coinvolgimento del personale, del quale, oggi, se ne parla come “risorse umane”, a significare che il “fattore umano è una risorsa”, anzi la risorsa principale, l’unica che, a parità  di risorse finanziarie, può far conseguire un salto di qualità . Inoltre, sulla base del vecchio detto il dipendente soddisfatto lavora di più e meglio, occorre investire nel personale mediante una serie di azioni comprendenti la motivazione, la preparazione, la responsabilità  e la remunerazione economica.– 


Importantissimi per il perseguimento di questi obiettivi sono:



o– – – – – –  la funzione della dirigenza, che deve saper guidare, galvanizzare ed incentivare i collaboratori;


o– – – – – –  l’organizzazione adeguata della struttura;– 


o– – – – – –  la formazione continua del personale;


o– – – – – –  la definizione ogni anno di obiettivi concreti su cui puntare, con il coinvolgimento di tutta la struttura, sulla base della programmazione di Bilancio, specificata dalla Giunta nel PEG;


o– – – – – –  l’affidare alla dirigenza la responsabilità  del risultato, sia in positivo che in negativo.


– Purtroppo, circa la dirigenza, dobbiamo evidenziare che mancano addirittura i presupposti. Infatti, le modalità  scelte per l’assunzione dei dirigenti non consentono, nemmeno, di avere dei dirigenti. Assistiamo, per adesso, ad una continua “emorragia” degli stessi dirigenti, dovuta, principalmente, alla decisione di procedere–  con assunzioni a tempo determinato (e non indeterminato tramite concorsi pubblici); scelta adottata per penalizzare, forse, anche il personale interno che aveva tutti i requisiti ed i titoli per partecipare.



A nostro avviso, la previsione legislativa dell’affidamento, da parte del sindaco, degli incarichi dirigenziali a tempo determinato, della responsabilità  dei settori, si riferisce alla scelta dei dirigenti che sono in servizio. Da operare in base alla competenza professionale ed idoneità  dei soggetti rispetto agli obiettivi programmati.– 


La moda, di molti comuni, del ricorso a dirigenti con contratto a tempo determinato che provengono da altre esperienze, da altre amministrazioni pubbliche, ma dalle quali restano in aspettativa, senza tagliare i ponti, ha comportato, specialmente nel nostro comune, che, per vari motivi, repentinamente, gli stessi lasciano l’incarico, con gravi ripercussioni sulla funzionalità  degli uffici loro affidati.



D’altra parte, si è proceduto all’assunzione di “dirigenti”, i quali, piuttosto che risolvere i problemi ne creano di altri, disattendendo quei principi di guida, di coinvolgimento e di incentivazione, sopra richiamati, utilizzano, invece, comportamenti poco consoni ad una pubblica amministrazione, con urla, escandescenze o mezzucci attuati sia con il personale che nei rapporti sindacali.– 


Se le vecchie logiche ed impostazioni organizzative, hanno determinato il collasso della macchina comunale, che è sotto gli occhi di tutti, occorreva ed occorre avere coraggio e “cambiare” tutto il passato, non solo una parte.



Nel mese di agosto di questo anno, a seguito delle tragiche, sofferte e comprensibili proteste degli autisti precari, relative ai disagi del loro rapporto di lavoro a tempo determinato, si discusse della esigenza di procedere ad una analisi dei servizi da erogare, del tipo e del numero delle professionalità  necessarie e della possibilità  della costituzione di società  di servizi sulla base di un piano di impresa, da portare a compimento, addirittura, entro sei mesi. Ma dopo tanto tempo assistiamo ancora a l’ennesima crisi politica della maggioranza e della Giunta.– 


Come saranno gestiti gli impianti sportivi, chi curerà  il museo della civiltà  rurale, quale personale curerà  il cimitero (è possibile che si negano i riposi dei giorni festivi al personale del cimitero)? Come si continueranno a gestire i tributi?



Si continua, invece, con la logica di appaltare l’affidamento di servizi frazionati, con tutto quello che ne consegue in termini di controllo, di responsabilità , di efficienza, e di costi.– 


Si procede, ancora, con l’approvazione di una dotazione organica, fotocopia ridotta di quella precedente, senza una visione diversa. Non decolla una nuova regolamentazione generale della struttura, dei concorsi, della valutazione del personale e della dirigenza, ecc.



La carenza numerica del personale è uno dei fattori di crisi oggettiva più importante in assoluto e principalmente per il nostro comune:


– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –  Non si può continuare ad avere dei servizi completamente o quasi completamente scoperti e che addirittura in alcuni periodi dell’anno sono completamente chiusi;


– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –  Non è possibile che nel Palazzo di Città  non ci sia personale di attesa, come uscieri;


– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –  Non si può continuare all’infinito con assunzioni di personale a tempo determinato, con tutto quello che ne consegue in termini di produttività , di erogazione di servizi, ecc.



Alcune mobilità  interne del personale non convincono per niente, anzi si osserva che da un lato provvedimenti di qualche anno fa sono stati impugnati dagli interessati, comportando uno strascico di contenzioso, spese, incertezza dell’attività , mentre recenti provvedimenti sono fuori da ogni logica come quello del trasferimento del responsabile del contenzioso e del responsabile della assistenza scolastica che è assegnata in più ai servizi demografici.– 


Gli attuali istituti di valutazione del personale seguono criteri ampiamente già  criticati (vedi anzianità ). Si ricorda che si proponeva, da parte della CGIL, in merito alle progressioni verticali di carriera, di slegare i corsi dai concorsi interni, che purtroppo ad oggi non sono ancora avviati, avviando per tutti i dipendenti i primi, che non dovevano essere funzionali e propedeutici solo per i concorsi.


Nella nuova organizzazione occorre operare una vera e propria rivoluzione culturale ed introdurre prima di tutto gli “sportelli al pubblico” che siano l’interfaccia del comune che sappiano colloquiare con le diverse esigenze dell’utenza. Occorre, quindi, introdurre un ufficio di relazione con i cittadini (URP che non può essere istituito da un solo Settore, vedi Comando P.M.), oltre che lo sportello per le attività  produttive o lo sportello per l’edilizia, prevedere l’istituzione di uffici per il controllo dell’ambiente, potenziare i servizi urbanistici, di progettazione di opere, investire nel settore del patrimonio, ecc.



Esistono, poi, servizi, come la Polizia Municipale, che hanno assoluta necessità  di essere potenziati nel numero di addetti (si è avviata è vero una mobilità  esterna, ma con una procedura molto dubbiosa per la previsione di un colloquio che verifichi l’idoneità ), dovendo svolgere funzioni sul territorio per le quali non possono essere sostituiti. La stessa organizzazione della Polizia è mancante da sempre di una regolamentazione che disciplini la struttura.– 


La preparazione ai cambiamenti legislativi e sociali si può avere soltanto con la formazione continua del personale. Come mai, chiediamo ancora, non vengono impegnate e spese ingenti somme destinate a tale scopo dal 2000 ad oggi?



Nel campo degli incentivi occorre introdurre dei meccanismi previsti dalle norme legislative e contrattuali per gli incentivi come i piani di lavoro, regolamenti per il personale tecnico, per il personale dei tributi,– 


Si assiste, invece, alla prosecuzione di vecchie impostazioni che non si riescono a disincrostare; non è programmata, invece, una pianificazione del lavoro con gli obiettivi da raggiungere, legata a forme di incentivo economico, facendo avanzare centinaia di milioni di vecchie lire.



Si negano, invece, indennità  a funzionari (vedi posizioni organizzative) che svolgono compiti di responsabilità  di procedimento, di imposta, di studio, ecc., che sono fondamentali per l’azione dell’amministrazione.– 


Ultimo problema, anche se il più importante, dobbiamo denunciare i ritardi sul versante della sicurezza degli ambienti di lavoro, non sappiamo chi è il datore di lavoro, chi è il responsabile della sicurezza, quali problemi contenuti nel primo documento della sicurezza del 2000 sono stati risolti, perché non procedono gli adempimenti relativi alle visite mediche, ecc.



Chiediamo, pertanto, che il Sindaco e la maggioranza pongano al primo posto del programma politico una riorganizzazione generale della struttura comunale, impegnandosi a realizzare in tempi brevi e prefissati una vera “svolta”, che possa servire–  concretamente ad una modernizzazione della struttura ed allo sviluppo della nostra città .


Altamura, novembre 2003


– 


SEGR. AZIENDALE–  Funzione Pubblica – C.G.I.L. – COMUNE DI ALTAMURA


SEGR. TERRITORIALE F.P. – C.G.I.L. – BARI


– 

Alta Murgia, manca solo la firma




Il testo dell’articolo è reperibile al seguente link:


http://www.lanuovaecologia.it/natura/aree_protette/2526.php


______


ALTA MURGIA, MANCA SOLO LA FIRMA


A questo punto non ci dovrebbero essere più sorprese. I rinvii e gli ostacoli all’istituzione del Parco nazionale dell’Alta Murgia sembrano finiti, e la sua nascita non tarderà  di molto. Nel corso della Conferenza Stato-Regioni di mercoledì scorso è stato infatti approvato lo schema istitutivo per la realizzazione dell’area protetta. L’iter si era fermato il primo ottobre, quando i Comuni che rientrano nei confini del Parco, la Regione Puglia e il ministero dell’Ambiente avevano raggiunto uno storico accordo sulle linee guida del futuro Ente. Che poneva fine a un tira e molla che durava da 15 anni. Da quel giorno la pratica si era nuovamente arenata, anche per gli attriti tra Stato e Regioni sulla Finaziaria, che avevano fatto saltare tutti gli incontri in agenda.
Ora affinchè il Parco nazionale dell’Alta Murgia (che comprenderà  13 Comuni, due Comunità  montane per un’estensione di 68.000 ettari) diventi realtà  bisognerà  attendere nei prossimi giorni il via libera del Consiglio dei ministri e, a gennaio, la firma del presidente della Repubblica. Entro 60 giorni sarà  quindi istituito l’Ente che gestirà  l’area protetta. I membri del direttivo saranno nominati dal ministero dell’Ambiente d’intesa con la Regione Puglia, i Comuni e con il mondo dell’associazionismo.
Per i Cam (comitati Alta Murgia), «la decisione della Conferenza Stato-Regioni è un risultato storico». Merito anche delle 15.000 persone scese in strada nella marcia Gravina-Altamura l’8 novembre scorso. Che, oltre a gridare basta agli scempi ambientali sull’Alta Murgia, alle scorie nucleari e ai poligoni militari, hanno invocato a gran voce l’istituzione del Parco. «Il verdetto della Conferenza Stato-Regioni è una grande vittoria – ha commentato Piero Castoro, presidente del centro Torre di Nebbia, in prima linea nella lotta per la salvaguardia dell’Alta Murgia – Ma è solo l’inizio, è ancora lunga la strada da fare prima che il Parco diventi realtà . Molti hanno interesse a che resti solo sulla carta».


Alcuni fatti recenti lo confermerebbero: ad esempio, le modifiche allo statuto istitutivo del Parco fatte approvare dalla Regione Puglia nel corso della Conferenza Stato-Regioni del 13 ottobre. A questo proposito, Enzo Colonna, consigliere comunale dei Ds ad Altamura, sottolinea le «ambiguità » presenti nel documento, come le cosiddette “opere di bonifica” e di “trasformazione agraria”, dietro cui si nasconderebbe la pratica dello spietramento, che rischia di compromettere l’habitat della futura area protetta. Ma, aggiuge, «questo è un problema superato. Una volta nato, sarà  il Parco stesso a darsi le sue regole. Spetta alle comunità  che vivranno al suo interno riempirlo di buoni contenuti».
Dal canto suo, la giunta regionale pugliese di centrodestra pensa al presente. E assapora la vottoria conseguita dopo un percorso lungo e pieno di difficoltà , come spiega l’assessore regionale all’Ambiente Michele Saccomanno, grazie «al grande impegno» della Regione che è riuscita «a far rientrare tra gli ordini del giorno urgenti della Conferenza Stato-Regioni il punto dell’istituzione del Parco dell’Alta Murgia» nel pieno dell’emergenza scorie e dei blocchi a Scanzano. Ma le polemiche e i dubbi sul metodo seguito non mancano. Rachele Popolizio, sindaco di Altamura, si dice «soddisfatta» sull’esito della Conferenza, ma ricorda gli enormi ostacoli posti alla realizzazione dell’area protetta e «l’enorme fetta di territorio sottratta alla perimetrazione del Parco».

2 dicembre 2003
Francesco Nicoletti


 

rottura di maroni

All’inizio ero seduto in camera di mia sorella e guardavo Barbie, che viveva con Ken posata su un centrino sopra il ripiano del comò.
La stavo guardando e a un tratto mi accorsi che mi stava fissando.
Era seduta accanto a Ken, che strusciava distrattamente la coscia, coperta dal pantalone beige, contro la gamba nuda di lei. lui si stava strusciando, ma lei guardava me.
“Ciao”, disse.
“Ciao”, dissi io.
“Mi chiamo Barbie”, disse lei, e Ken smise di strusciarsi contro la sua gamba.
“Lo so”.
“Tu sei il fratello di Jenny”.
Annuii. La testa mi faceva su e giù come quella di un pupazzo con dentro un contrappeso.
“Mi sta tanto simpatica tua sorella. È dolcissima”, disse Barbie. “Un amore di bambina. Specie negli ultimi tempi, si mette sempre tutta carina, e ha cominciato anche a farsi le unghie”. (”¦)
“Senti”, dissi. “Ti andrebbe di uscire un po’? Prendiamo una boccata d’aria fresca, magari ci facciamo due passi in giardino”.
“Volentieri”, disse lei.
La presi per i piedi. Suona strano ma ero troppo impietrito per prenderla per la vita. La afferrai per le caviglie e me la portai via come un lecca lecca. (”¦)
“Allora, che tipo di Barbie sei?”, chiesi.
“Come, scusa?”
“Be’, a forza di sentire Jennifer so che esistono Barbie Giorno e Notte, Barbie Movimenti Magici, Barbie Regalo, Barbie Tropical, La Mia Prima Barbie e altre ancora”.
“Io sono Tropical”, disse, con lo stesso tono con cui uno potrebbe dire “sono cattolico” o “sono ebreo”. (”¦)
Restammo lì seduti a guardarci, guardandoci e parlando e poi smettendo di parlare e guardandoci ancora. Era una serie di false partenze, ciascuno di noi diceva costantemente la cosa sbagliata, diceva una cosa qualunque, e subito si pentiva di averla detta.
Era evidente che Barbie non si fidava di me. Le chiesi se voleva qualcosa da bere.
“Una Diet Coke”, disse. E mi domandai perché l’avevo chiesto.
Entrai in casa, salii nel bagno dei miei, aprii l’armadietto delle medicine e presi un valium. Ne buttai subito giù uno. Pensai che se fossi riuscito a restare calmo e padrone di me stesso avrebbe capito che non intendevo farle del male. Ruppi un altro valium in un milione di pezzettini, ne versai qualche briciola nella Diet Coke di Barbie e la agitai per miscelare il tutto. Pensai che se fossimo riusciti a restare tutti e due calmi e padroni di noi stessi, ci avrebbe messo ancora meno a fidarsi di me. Mi stavo innamorando in una maniera che non aveva niente a che vedere con l’amore.
“Allora, cosa c’è fra te e Ken?”, le chiesi più tardi, dopo che ci eravamo sciolti un po’, dopo che lei aveva bevuto due Diet Coke e io avevo fatto un altro viaggio fino all’armadietto dei medicinali.
Fece una risatina. “Niente, siamo solo buoni amici”.
“No, dai, davvero, a me puoi dirlo. Come stanno le cose? Voglio dire, siete o non siete una coppia?”
“Sciete o non sciete una coppia?”, disse Barbie lentamente, farfugliando; sembrava tanto drogata che se fosse esistita una prova del palloncino per il valium lei lo avrebbe fuso di sicuro.
Mi pentii di averle preparato una terza Coca. Insomma, se fosse morta di overdose di sicuro Jennifer l’avrebbe detto a mamma e papà .
“Cos’è, frocio?”
Barbie rise e io quasi le diedi uno schiaffo. Lei mi guardò dritto negli occhi.
“Ma no, mi desidera eccome”, disse. “Torno a casa la sera e lui è lì in piedi che mi aspetta. Non porta le mutande, sai. Cioè, non ti pare strano? Ken non possiede biancheria intima. Ho sentito Jennifer dire alle sue amiche che per Ken non la fanno proprio. Comunque, dicevo, lui sta sempre lì ad aspettarmi e io gli faccio: Ken, siamo amici e basta, ok? Cioè, non so se l’hai notato, ma ha i capelli che sono un blocco unico di plastica. La testa e i capelli sono un pezzo solo. Non posso uscire con uno così. Oltretutto, non credo che sarebbe all’altezza, se capisci cosa intendo. Ken non è uno che definiresti ben dotato”¦Non ha altro che un bozzetto di plastica, cioè, in realtà  è più una gobbetta, e una che cazzo ci deve fare con un coso del genere?” (”¦)
Mentre tornavamo nella stanza di Jennifer feci qualcosa che Barbie quasi non mi perdonò.
Feci qualcosa che non solo spezzò l’incanto del momento, ma per poco non distrusse ogni possibilità  di avere un futuro insieme.
Nel corridoio fra le scale e la stanza di Jennifer mi ficcai la testa di Barbie in bocca, come un leone con un domatore, Dio con Godzilla.
Mi ficcai tutta la testa in bocca, e i capelli di Barbie si separarono in tanti fili come quelli argentati dell’albero di Natale, mi si impigliarono in bocca e quasi mi soffocarono. Sentii il sapore di una serie di strati di trucco, Revlon, Max Factor e Maybelline. Chiusi la bocca intorno a Barbie e sentii il suo respiro dentro il mio. Sentii le sue grida dentro la mia gola. Coi denti, bianchissimi ”“ Pearl Drops, Mentadent e tutta la famiglia Boccasana -, mi morse la lingua e l’interno della guancia, come certe volte mi capita di fare da solo per sbaglio. Chiusi la bocca intorno al suo collo e la tenni lì sospesa, coi piedi che scalciavano invano nell’aria davanti alla mia faccia.
Prima di tirarla fuori le premetti leggermente i denti contro il collo, lasciandole segni che Barbie descrisse come cicatrici dell’aggressione, ma che io immaginai come una collana new age, un pegno del mio amore.
“In vita mia non sono mai, mai stata trattata con una tale mancanza di rispetto”, disse appena la lasciai uscire.
Non era vero. Sapevo che a volte Jennifer faceva cose strane a Barbie. Non dissi che una volta l’avevo vista penzolare dalle pale del ventilatore sul soffitto della camera di Jennifer, girando in ampi cerchi come un’imitazione di Superman.
“Mi dispiace di averti spaventata”.
“Spaventata!”, squittì.
(”¦)
“Spaventata! Spaventata! Spaventata!”, squittì Barbie sempre più forte, fino a che non ebbe di nuovo la mia attenzione. “Sei mai stato tenuto prigioniero nella caverna buia del corpo di un’altra persona?”
Scossi la testa. Sembrava una prospettiva meravigliosa.
“Tipico”, disse. “È incredibile quanto è tipico dei maschi”.
Per un momento mi sentii orgoglioso.
“Perché dovete sempre fare le cose che sapete che non dovreste fare? E il bello è che quando le fate vi brillano gli occhi, come se vi dessero uno strano piacere che solo un ragazzo potrebbe capire. Siete tutti uguali”, disse. “Tanti piccoli Jack Nicholson”.
(”¦)
Sentii i passi pesanti di Jennifer sulle scale. Il tempo a mia disposizione era agli sgoccioli.
“Sai, ci tengo sul serio a te”, dissi a Barbie.
“Anch’io”, disse lei, e per un attimo non fui sicuro se intendeva che teneva a me o a lei stessa.
“Dovremmo vederci ancora”, dissi io. Lei annuì.
Mi chinai per baciare Barbie. Me la sarei potuta portare alle labbra, ma per qualche ragione non mi sembrava la cosa giusta da fare. Mi chinai per baciarla e per prima cosa mi ritrovai il suo naso in bocca. Mi sentii come un San Bernardo che faceva le feste.
(”¦)
“Mi sono divertita”, disse Barbie. Sentii Jennifer in corridoio.
“Ci vediamo”, dissi.
(”¦)
Il venerdì successivo presi un valium una ventina di minuti prima di passare a prenderla. Quando entrai nella stanza di Jennifer, stava già  diventando più facile.
“Ehi”, dissi quando arrivai davanti al comò.
Era lì sul centrino insieme a Ken: stavano appoggiati uno contro la schiena dell’altra, seduti con le gambe tese.
Ken non mi guardò. Poco importava.
“Sei pronta?”, chiesi. Barbie annuì. “Ho pensato che magari avevi sete”. Le porsi la Diet Coke che le avevo preparato.
Secondo i miei calcoli Barbie poteva prendere un po’ meno di un ottavo di valium prima di rincoglionirsi del tutto. Fondamentalmente dovevo darle briciole di pasticca, perché non c’era modo di tagliarne una in parti così piccole.
Prese la Coca e la bevve proprio lì davanti a Ken. (”¦) Ken si comportava come se non si fosse neppure accorto della mia presenza. Lo odiavo.
“Non posso camminare molto oggi pomeriggio”, disse Barbie.
Annuii. Non era certo un gran problema, dato che per la maggior parte del tempo mi pareva che fossi io a portarla.
“I piedi mi fanno un male boia”, disse.
Stavo pensando a Ken.
“Non hai un altro paio di scarpe?”
(”¦)
“Non sono le scarpe”, disse lei. “Sono le dita”.
“Ti ci è caduto qualcosa?” Il valium non mi stava facendo effetto. Avevo difficoltà  a scambiare quattro chiacchiere. Me ne serviva un altro.
“Jennifer me le ha mordicchiate tutte”.
“Che?”
“Jennifer mi morde le dita dei piedi”.
“Ti fai mordere i piedini da Jennifer?”
(”¦)
“E ti piace?”, chiesi.
“Mi ci affonda letteralmente i denti dentro, come se fossi una rosa di vitello o qualcosa del genere”, dice Barbie. “Vorrei che me li staccasse una volta per tutte e la facesse finita. Ci sta mettendo un’eternità . Mastica, mastica, praticamente mi rosicchia”.
“La farò smettere io. Le comprerò delle gomme, un po’ di tabacco, qualcosa, una matita da mordicchiare”.
(”¦)
Mi sedetti sul bordo del letto di mia sorella con la testa fra le mani. Mia sorella le stava strappando i piedi a morsi e Barbie sembrava non farci caso. Non gliene faceva una colpa, e in un certo senso questo mi piaceva. Mi piaceva il fatto che capisse che tutti abbiamo piccole abitudini segrete che a noi sembrano abbastanza normali ma di cui sappiamo che non è il caso di parlare ad alta voce. Cominciai a immaginare le cose che mi sarei potuto far perdonare io.
(”¦)
La presi in mano. Ken cadde con la schiena all’indietro e Barbie volle che lo raddrizzassi prima di andarcene. “Solo perché sai che ha soltanto un bozzetto non sei autorizzato a trattarlo male”, bisbigliò.
Rimisi a posto Ken e portai Barbie per tutto il corridoio fino in camera mia.
(”¦)
Eravamo sdraiati sul mio letto, accoccolati una dentro l’altro. Barbie era su un cuscino accanto a me e io ero su un fianco, davanti a lei. Stava parlando di uomini, e mentre parlava io cercavo di essere tutto quello che diceva. Diceva che non le piacevano gli uomini che avevano paura di se stessi. Io cercai di fare il coraggioso, di assumere un’aria spavalda e sicura. Misi la testa in una certa posizione e sembrò che funzionasse. Disse che non le piacevano gli uomini che avevano paura della femminilità , e questo mi confuse.
“I ragazzi vogliono sempre dimostrare quanto sono maschi”, disse Barbie.
(”¦)
“Tu prendi in giro Ken perché accetta di essere quello che è. Lui non nasconde niente”.
“Non ha niente da nascondere”, dissi. “Ha i capelli che sono un blocco unico di plastica, e un bozzetto al posto del cazzo”.
“Non avrei mai dovuto dirti del bozzetto”.
Mi stesi supino sul letto. Barbie rotolò via dal cuscino e mi si posò sul petto. Il suo corpo mi arrivava dal capezzolo all’ombelico. Premeva le mani contro di me, facendomi il solletico.
“Barbie”, dissi.
“Umm humm”.
“Cosa provi per me?”
Rimase in silenzio per un attimo. “Non ti preoccupare”, disse, e mi infilò una mano dentro la camicia attraverso lo spazio fra i bottoni.
Le sue dita erano come punte di stuzzicadenti impegnate in un’antica e sottile tortura, una danza di morte del maschio che mi percorreva tutto il petto. Barbie mi strisciava addosso come un insetto colpito da una spruzzata di Raid di troppo.
Sotto i vestiti, sotto la pelle, stavo impazzendo. Tanto per cominciare, ero stato rapito dalle mie mutande e non c’era modo di tentare aggiustamenti manuali senza attirare gratuitamente l’attenzione.
Con Barbie impigliata nella mia camicia rotolai lentamente su me stesso, come in una manovra di attracco dello Shuttle. Mi misi a pancia sotto, intrappolandola sotto di me. Nella maniera più lenta e discreta possibile cominciai a strofinarmi contro il letto, all’inizio nella speranza di sistemare le cose e poi continuando, continuando, in preda a una sorta di piacere-dolore.
“È un materasso ad acqua?”, chiese Barbie.
Le tenevo una mano sul seno, solo che non era davvero una mano, più che altro il mio dito indice. Toccai Barbie e lei ansimò leggermente, uno squittio a rovescio. Squittì all’incontrario e poi si fermò, e io rimasi lì bloccato con la mano su di lei, pensando a come attraversavo di continuo il confine fra gli abbienti e i non abbienti, fra i buoni e i cattivi, fra l’uomo e l’animale, e non c’era assolutamente niente che potessi fare per fermarmi.
Barbie era piazzata sul mio inguine, con le gambe rivoltate all’indietro in una posizione che non era umana.
A un certo punto dovetti liberarmi. Se avevo il cazzo gonfio, era solo perché stava soffocando. Feci gli onori di casa e lui schizzò fuori come un evaso da un carcere di massima sicurezza.
“Non ho mai visto una cosa così grossa”, disse Barbie. Era la frase dei miei sogni, ma data la gente che frequentava Barbie di solito, vale a dire il ragazzo col bozzetto, non c’era molto da stupirsi.
Era in piedi alla base del mio cazzo, coi piedi nudi affondati nei miei peli pubici. Ce l’avevo lungo quasi quanto lei. Ok, non così tanto, ma mi difendevo bene. Lei e lui avevano perfino la stessa espressione vagamente sorpresa.
(”¦)
Decisi di comprare un regalo a Barbie. Ero arrivato a quello strano punto in cui avrei fatto qualunque cosa per lei. Presi due autobus e mi feci due chilometri a piedi per arrivare da Toys R Us.
(”¦)
L’unica bambola della serie Tropical che trovai fu un Ken Tropical nero. Ma a guardarlo non avresti detto che era nero. Voglio dire, non era nero come un negro vero. Ken Tropical aveva il colore dell’uva passa, uva passa tutta stesa e senza grinze. Aveva una corta pettinatura afro che sembrava una parrucca che gli avessero fatto piovere in testa e fissato lì, un elmetto protettivo. Mi chiesi se il Ken nero non fosse altro che un Ken bianco coperto di un denso strato di plastica scura, come uvetta stirata col ferro da stiro.
Disposi otto Ken neri in fila su uno scaffale. Dalla finestra di plastica della confezione Ken mi disse che sperava di entrare alla scuola per dentisti. Tutti gli otto Ken neri cominciarono a parlare nello stesso momento. Per fortuna dicevano tutti la stessa cosa contemporaneamente. Ken sorrise. Aveva gli stessi denti bianchi da Pearl Drops, Pepsodent e famiglia Boccasana che avevano Barbie e Ken bianco. Pensai che tutta la famiglia Mattel doveva tenere molto all’igiene personale. Immaginai che fossero gli unici rimasti in tutta l’America a lavarsi davvero i denti dopo ogni pasto e poi di nuovo prima di andare a dormire.
Non sapevo cosa comprare a Barbie. Ken nero mi consigliò di scegliere qualcosa di abbigliamento, magari una pelliccia. Volevo qualcosa di veramente speciale. Avevo in mente un regalo stupendo che in qualche modo ci avrebbe avvicinati.
C’erano una piscina tropicale e un set per il giardino, ma decisi che avrebbero potuto farle venire nostalgia di casa. C’era una vacanza invernale completa, casetta col tetto a punta, caminetto, gatto delle nevi e slitta. Me la immaginai che invitava Ken a passare un weekend fuori senza di me. Il set del telegiornale della sera non era male, ma per via del suo squittio non mi sembrava che Barbie potesse avere un gran futuro come giornalista televisiva. Una palestra, un divano letto con tavolino, una piscina termale con le bollicine, una camera da letto. Scelsi il pianoforte a coda. Costava tredici dollari. Mi ero sempre imposto di non spendere mai più di dieci dollari per nessuno. Stavolta mi dissi chi se ne frega, un pianoforte a coda non si compra tutti i giorni…
“Me lo incarti, per favore”, dissi alla cassiera.

la butto lì, molto a latere. quando mi capita, se mi capita di venire qui, provo sempre un senso di estraniamento, una comunicazione mancata. sono stanco di leggere di queste pochezze, di questa numerologia, st’elenco di nati e morti, codici cifrati, frasi tendenziose, minacce, burle frittomisto. ha fatto questo ha fatto quello. non ci capisco niente. non capisco proprio il senso. già  dobbiamo sorbirci la piaga di una città  culturalmente morta. forse sono io che sono scemo ma proprio non riesco a capire perkè l’unico argomento che qui fa capolino è la politica (anche una qualsiasi forma di dialogo o civile dibattito su tematiche musicali o librarie è politico, in qualche modo…) ad ogni modo questo è un racconto. una storia. un fatto. è un modo per dire c’è dell’altro, altrove. intanto ve lo posto. ovviamente per la gran parte di voi non avrà  senso, come non ha senso quello che ho postato di “moresco” un autore italiano che trovo molto interessante. leggete quello che scrive. statevi buoni, f.

LA MEGLIO GIOVENTU’

Questo numero
di Enrico Deaglio

La meglio gioventù è il titolo di una raccolta di versi giovanili in friulano di Pier Paolo Pasolini ed è il titolo dell’ultimo film di Marco Tullio Giordana. Prodotto per la Rai, viene ora finalmente mandato in onda dopo una serie di inspiegabili rinvii, ma soprattutto dopo aver vinto il premio “Un certain regard” a Cannes e avere avuto (nonostante le sei ore di durata) un inaspettato e clamoroso successo di pubblico.

Il film, come è noto, appassiona e fa discutere. Nella storia di una famiglia attraverso gli anni Sessanta, attraverso le scelte di vita di un gruppo di ragazzi, un po’ di fili italiani vengono tirati fuori dalla terra da cui erano sommersi. E riallacciati.
Tutto ciò ha molto a che fare con un fenomeno noto come “nostalgia”. Chissà  perché la nostalgia, di questi tempi, è un movimento dell’anima piuttosto forte. Anche tra i più giovani. La nostalgia, anche se qualche volta trattata male, è un bel sentimento.
Ӣ
Da questi avvenimenti, un mese fa è nata l’idea, davvero pazzescamente impossibile, di partecipare a questo movimento raccogliendo in un numero speciale di Diario (il più voluminoso che abbiamo mai fatto in sette anni) i nomi e le storie di quelli che fecero parte di quella famosa meglio gioventù.
Un dizionario. Un atlante. Una mappa. Un omaggio. Un pezzo di storia comune a tantissimi. Ma anche un volume che si può leggere come una guida del telefono di una città  scomparsa.
Di man in mano che il lavoro procedeva (e noi, come tanti mormoni nelle caverne, che archiviano tutto il mondo pensando che alla fine si salverà  solo chi ha un nome ”“ o agenti di un ipotetico Sifar di ex capelloni ”“ producevamo liste ed elenchi) ci siamo posti alcuni problemi di non facile risoluzione.
Ӣ
Il primo: è giusto quello che stiamo facendo? Ovvero, se si fanno degli elenchi, non si stabilisce forse un criterio di esclusione? Il più noto ai danni del meno noto?
Ӣ
Il secondo, conseguenza del primo. Dal momento che dalla nostra esperienza, ogni nome ne germina altri dieci, come si fa a ridisegnare queste liste? Si aggiungono dei nomi a margine? Si fa una seconda e poi una terza edizione? Si finisce nell’utopia paurosa di Borges che immaginava mappe sempre più dettagliate fino a un’unica mappa che copre perfettamente tutta la Terra?
Ha senso tutto ciò? Argomenti di discussione: Oskar Schindler che cercava di aggiungere fino alla fine nomi alla sua lista. Yad Washem aggiunge ogni anno nuovi nomi ai suoi Giusti. Liliana Picciotto aggiorna ogni anno la lista dei deportati. E le Pagine gialle, sono forse complete? E internet, è forse il depositario di tutto?
A proposito di internet ”“ questa specie di succedaneo della memoria, di infingardo giudice ”“ è vero che Google, se digiti il nome X, ti dà  milioni di informazioni. Ma è anche vero che su tantissimi altri nomi resta muto. Muto è stato su tutti gli operai, su tutta la fabbrica. A sua discolpa si può dire che alcuni degli edifici dove si consumarono lotte e vite, adesso non ci sono più. Ground zero.
Ӣ
E così siamo andati avanti, con tanti lettori che ci hanno mandato commoventi ricordi e con telefonate a numeri disattivati da tempo. Alla fine è venuta fuori questa dilettantesca enciclopedia, che però ci rende abbastanza contenti, perché, in fin dei conti, è un piccolo mattoncino.
Mentre andavamo in macchina, con stizza, ci siamo accorti che mancano, per esempio, “I Vikinghi” di Torino, i “Tiburtaros” di Roma e un elenco di 486 studenti denunciati per la prima occupazione della sede delle facoltà  umanistiche a Palazzo Campana a Torino alla fine del 1967. 486! E dire che allora si sosteneva che i contestatori erano pochi! Tutti infilzati come farfalle dal sostituto procuratore Diego Amore, tutto l’elenco pubblicato (a uso degli uffici del personale) dal quotidiano La Stampa. Sarebbe stato bello metterli tutti, perché erano tutti ottimi e ottimi sono rimasti. Ci dobbiamo limitare, per spazio, ai primi tredici, accusati dei reati più gravi, ovvero l’occupazione della facoltà . 1) Bobbio Luigi. 2) Rieser Vittorio. 3) Viale Guido. 4) De Rossi Laura. 5) Lenite Sergio Alessandro. 6) Bosio Luciano. 7) Dragone Gianguido. 8) Friedman Alberto. 9) Mantelli Brunello. 10) Mochi Sismondi Giuliano. 11) Vaglio Mirko. 12) Avanzini Federico. 13) Donat Cattin Carlo.
Tutti nomi che dicono qualcosa, a Torino e non solo a Torino.
Ӣ
E chissà  quanti altri ne mancheranno. Però abbiamo già  detto che questo è solo il primo abbozzo.
Ӣ
E poi c’è un altro rovello, che vi giriamo, sicuri che il tema vi interesserà .
Riguarda proprio il termine “meglio gioventù”?. Prima della raccolta del giovane Pasolini, questa espressione compariva in canzoni popolari degli alpini nella prima guerra mondiale, ma vi aggiungeva “va sotto terra”?, sotto i colpi del cannone. Gioventù (e il suo mito) sono nati insieme alla coscrizione obbligatoria, agli eserciti, alle patrie. La “meglio gioventù”?”ha sempre avuto i suoi riti di iniziazione e le è sempre stato perdonato tutto, perché in fondo andava a farsi ammazzare. Dopo, solo dopo, i sopravvissuti sarebbero stati in grado di riflettere e di perpetuare.
Nella nostra storia i ragazzi (la gioventù) lottava per non andare più in guerra. Questa era la principale differenza con i tempi passati. La carne giovane si rifiutava di servire e quindi poteva occuparsi d’altro. Tutto sommato è andata così per molti decenni, in Europa perlomeno. Ora il dilemma ”“ occuparsi d’altro o servire ”“ si ripropone.
Quella generazione che apposta si faceva crescere i capelli per segnare la sua differenza con il mondo militare, quella generazione poi accusata di non aver tenuto fede alle promesse, agli ideali, di essere scesa a compromessi e tradimenti, resta comunque un precedente, ancora visibile sulla scena. Forse per questo si torna a lei con la nostalgia di cui si parlava all’inizio. Se successe una volta, potrebbe succedere di nuovo.
Ӣ
Tutta la storia che noi trattiamo si svolge tra il 1965 e il 1975, un po’ perché sono gli anni narrati dal film, un po’ perché formano un decennio abbastanza compatto, un po’ perché mettono in discussione alcune idee fisse. A cavallo del famoso ’68, si potrà  scoprire da molte biografie come i “fermenti” nacquero prima e come la politica del ’68 contribuì abbastanza a spegnerli. Dopo il 1975, la storia necessiterebbe un altro numero speciale, e sarebbe più cupo. (La nostra amica Maria Novella, intanto, ci chiede: ma perché non fate un altro libro intitolato La peggio gioventù? Lei sostiene che potrebbe diventare molto più spesso)
Ӣ
Infine, augurandovi buona lettura e aspettando valanghe di e-mail di precisazione, di aggiunte, di proteste (e anche di ringraziamento). Aspettando tutto ciò per procedere alla nuova edizione “riveduta e corretta”, ancora una cosetta.
Ӣ
Tutta questa storia della “meglio gioventù”, quando ancora non sapeva di esserlo, nacque nel 1964 in California quando uno sconosciuto studente universitario, con un discorso di pochi minuti, diede inizio al più grande esperimento di democrazia nel mondo. Poi scomparve dalla scena. Si chiamava Mario Savio, siciliano di origine, ed è qui ricordato con affetto.

Ringraziamo tutti i lettori che ci hanno aiutato. E un grazie in più a Guido Crainz, partecipe allora degli eventi, che ha appena pubblicato Il paese mancato, Donzelli editore, da cui abbiamo abbondantemente saccheggiato quando la memoria vacillava.
Ӣ
Augurandovi buona lettura, aspettandoci migliaia di commenti, un po’ stanchi per questa pazzia che però siamo riusciti a concludere, siamo pronti per la seconda edizione. Ciao.